Numero2689.

 

da WIKIPEDIA

 

L’ ESPERIMENTO  DI  ASCH

 

Un esempio di scheda utilizzata nell’esperimento. La linea di sinistra è la linea di riferimento, le tre linee a destra sono le  linee di confronto.

 

L’esperimento di Asch è stato un esperimento di psicologia sociale condotto nel 1951 dallo psicologo polacco Solomon Asch.

L’assunto di base del suo esperimento consisteva nel fatto che l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente a modificare le azioni e, in una certa misura, anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. L’esperimento si focalizzava sulla possibilità di influire sulle percezioni e sulle valutazioni di dati oggettivi, senza ricorrere a false informazioni sulla realtà o a distorsioni oggettive palesi. Il lavoro di Asch influenzò Stanley Milgram (che fu allievo di dottorato dello stesso Asch) e le sue successive ricerche.

Il protocollo sperimentale prevedeva che 8 soggetti, di cui 7 collaboratori/complici dello sperimentatore all’insaputa dell’ottavo (soggetto sperimentale), si incontrassero in un laboratorio, per quello che veniva presentato come un normale esercizio di discriminazione visiva. Lo sperimentatore presentava loro delle schede con tre linee di diversa lunghezza in ordine decrescente mentre su un’altra scheda vi era disegnata un’altra linea, di lunghezza uguale alla prima linea della prima scheda. Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici, quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni “normali”, alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e palesemente errata.

Il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un’ampia serie di casi iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui. In sintesi, pur sapendo soggettivamente quale fosse la “vera” risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione esplicitata dalla maggioranza. Solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di “dover” dire.

Risultati

Nell’esperimento originale di Asch, il 25% dei partecipanti non si conformò alla maggioranza, ma il 76% si conformò almeno una volta alla pressione del gruppo (ed il 5% dei soggetti si adeguò ad ogni singola ripetizione della prova).

 

CONFORMISMO

 

Con il termine conformismo si fa riferimento a un atteggiamento o tendenza ad adeguarsi o omologarsi a opinioni, usi e comportamenti pre-definiti e politicamente o socialmente prevalenti. Questo atteggiamento si può notare ad esempio nel modo di vestire o nel comportamento, o anche nelle idee e nei modi di pensare. Questo atteggiamento viene definito in psicologia con il termine conformità.

L’atteggiamento conformista

In ambito sociale si definisce conformista colui che, ignorando o sacrificando la propria libera espressione soggettiva in modo più o meno marcato, si adegua e si adatta nel comportamento complessivo, sia di idee e di aspetto esteriore che di regole, alla forma espressa dalla maggioranza o dal gruppo di cui è parte.

L’origine del conformismo risiede molto spesso nella radice animale dell’essere umano che attinge le sue paure dalla solitudine fuori dal branco. È una sorta di comportamento mimetico: l’individuo si nasconde nell’ambiente sociale nel quale vive, assumendone i tratti più comuni, in termini di modi di essere, di fare, di pensare. Il senso di protezione che ne deriva rafforza ulteriormente i comportamenti conformisti.

L’anticonformismo

L’atteggiamento opposto al conformismo viene definito anticonformismo e consiste quindi in un rifiuto delle idee e dei comportamenti prevalenti.

Infatti, normalmente, le persone non conformiste hanno già sviluppato un livello di coscienza diverso che permette loro di poter sfidare i comportamenti comuni senza soffrirne.

Solitamente si hanno personalità non conformiste negli artisti, negli scienziati, nei filosofi, negli intellettuali, negli statisti e nei santi, quindi in tutti coloro che si danno la possibilità di libera espressione di sé stessi fuori dalla forma già predefinita dall’ambito sociale e storico in cui vivono.

L’antropologo francese René Girard ha svolto uno studio approfondito delle dinamiche di imitazione reciproca tra gli esseri umani, che a livello sociale conducono appunto al conformismo e ad altri automatismi di notevole importanza. Nel quadro teorico di Girard, l’imitazione è la caratteristica fondamentale dell’essere umano (teoria mimetica). Girard rivela quindi che dietro ogni pretesa di anticonformismo si nasconde un altro comportamento conformista: l’anticonformista, che non sopporta di ammettere la sua somiglianza con gli altri esseri umani, si appoggia alla massa per sollevarsi al di sopra di essa, ma in questo movimento si lascia ispirare (imita, si conforma a…) quegli “anticonformisti” che lo hanno preceduto, nel suo o in altri campi e inoltre dimostra la sua dipendenza da quella massa che disprezza tanto: senza massa da cui distinguersi, non si ha niente da cui distinguersi.

Conformismo e obbedienza

In psicologia sociale, accanto al concetto di conformismo, vi è quello di obbedienza, laddove l’obbedienza implica anche conformismo. È attraverso la socializzazione che le persone imparano a conformarsi a certe norme e a obbedire a certe figure di autorità. A tal proposito Stanley Milgram ha proposto quattro concetti chiave con i quali mettere in evidenza tali assunti. Questi concetti si ravvisano in: gerarchia (fra persone di status diseguale vige usualmente un rapporto di obbedienza, fra persone di pari status emerge il conformismo), imitazione (l’obbedienza non comporta imitazione, il conformismo sì), contenuto esplicito (comandi espliciti si associano all’obbedienza, richieste tacite ed implicite presuppongono conformismo) e volontarietà (chi obbedisce fa riferimento all’obbedienza nello spiegare il loro comportamento, chi si conforma fa riferimento alla volontarietà). Tali concettualizzazioni sono state criticate per la loro riduttività, ma al contempo danno una visione efficace del rapporto tra conformismo e obbedienza.

Conformismo indotto dai mass media

Sono oggetto di studio gli effetti della comunicazione di massa sul conformismo. Risale agli anni settanta del Novecento la teoria della spirale del silenzio sviluppata da Elisabeth Noelle-Neumann, fondatrice, nel 1947, dell’Istituto di Demoscopia di Allensbach (Institut für Demoskopie Allensbach) a Magonza. La tesi di fondo è che i mezzi di comunicazione di massa, ma soprattutto la televisione, grazie al notevole potere di persuasione sui riceventi e quindi, più in generale, sull’opinione pubblica, siano in grado di enfatizzare opinioni e sentimenti prevalenti, mediante la riduzione al silenzio delle opzioni minoritarie e dissenzienti.

Nello specifico, la teoria afferma che una persona singola è disincentivata dall’esprimere apertamente e riconoscere a sé stessa un’opinione che percepisce essere contraria alla opinione della maggioranza, per paura di riprovazione e isolamento da parte della presunta maggioranza. Questo fa sì che le persone che si trovino in tali situazioni siano spinte a chiudersi in un silenzio che, a sua volta, fa aumentare la percezione collettiva (non necessariamente esatta) di una diversa opinione della maggioranza, rinforzando, di conseguenza, in un processo dinamico, il silenzio di chi si crede minoranza.

Uno degli effetti della spirale del silenzio è l’esercizio, da parte dei mass-media, di una pervasiva funzione conformista di omologazione e conservazione dell’esistente, ostili al rinnovamento delle sensibilità, dei gusti, delle opinioni.

Rispetto al conservatorismo, si aggiunge qui un ulteriore elemento aggravante: essendo i mezzi di comunicazione di massa, per loro stessa natura, schiacciati sulla dimensione contingente del tempo presente, e incapaci di elaborare ed esprimere una visione e una coscienza storica, la spinta al conservatorismo e all’omologazione che essi sono in grado di promuovere si presentano anche privi di qualsiasi spessore e di alcuna consapevolezza storica.

 

N.d.R. : adesso abbiamo capito, io per primo, su quale mensa sono andati a gozzovigliare gli “influencer”, abili mestatori senza scrupoli, pronti e preparati a devitalizzare lo spirito critico individuale, imponendo ideologie, gusti e comportamenti standardizzati e pilotati, ovviamente, a proprio vantaggio.

Numero2671.

 

T R E   P A R O L E

 

VERUM = verità                    attiene alla conoscenza

BONUM = bene                   attiene alla morale

PULCHRUM = bello              attiene all’arte

 

…. la vita, in fondo, è tutta qui.

 

Ah, dimenticavo …. c’è anche

FIDES = fede                        attiene alla religiosità, …. per chi ci crede.

 

Numero2669.

 

 

I N T E L L I G E N Z A

 

l’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento.

Il peggior nemico della conoscenza non è l’ignoranza, ma l’illusione (e la presunzione) di sapere.

Ho conosciuto persone che credono nel destino, ma guardano la strada prima di attraversare.

 

Steven  Hawking    Una delle persone più intelligenti mai esistite.

Numero2641.

 

Da  QUORA

 

  • Il cervello è una macchina. La macchina più perfetta che si possa trovare. Funziona grazie agli impulsi elettrici.
  • Il cervello è plastico. Ciò significa che è in grado di cambiare in base alle esigenze e al modo in cui viene utilizzato.
  • Più lo si usa, più cresce.
  • La personalità è regolata dal cervello e cambia con l’età.
  • Gran parte del cervello è costituita dai cosiddetti neuroni specchio. Ciò significa che si può imparare una nuova abilità semplicemente guardando qualcun altro che la fa.
  • La parte che collega i due emisferi del cervello si chiama corpo calloso e crea nuove connessioni ogni volta che si impara qualcosa di nuovo.
  • È possibile resettare il cervello semplicemente non facendo nulla per 24 ore.
  • Ciò che differenzia il cervello umano da quello animale è lo sviluppo della corteccia prefrontale. Questa è la sede della nostra capacità di pianificare, ricordare, comunicare, creare e pensare in modo logico.
  • Il nostro cervello emette onde elettromagnetiche in hz.

Numero2626.

 

da QUORA

 

COSA  NON  C’È  DI  BUONO  NELL’ESSERE  INTELLIGENTI

 

Le persone intelligenti si sottovalutano,

le persone ignoranti pensano di essere in gamba.

Questo è un pregiudizio cognitivo

chiamato “Effetto DUNNUING – KRUGER”

secondo cui le persone altamente abili

presumono che le cose che trovano facili

siano facili anche per gli altri,

e le persone non qualificate sono

così incompetenti che non possono

riconoscere la propria stupidità.

 

  1. Se sei veramente intelligente (molto intelligente/intellettuale o più), il 49,5% delle persone ti scambia per stupido o pazzo e il 49,5% cerca di farti del male per pura gelosia, rivalità e insicurezza. Per incontrare l’ 1% che ti capisce davvero e ti apprezza per quello che sei potrebbe volerci molto tempo.
  2. Devi costantemente comportarti come un ignorante per apparire normale di fronte a quel 99%. Underplaying / nascondersi diventa il tuo scudo di protezione.
  3. Se fai qualcosa di buono loro (i tuoi colleghi) ottengono il merito; se fanno qualcosa di male ti prendi la colpa.
  4. Le persone fanno qualcosa di microscopicamente buono e tu lo apprezzi generosamente mentre tu fai qualcosa di enormemente buono e loro non lo vedono nemmeno. Alzare le spalle e dimenticare diventa la tua abitudine.
  5. Gli amici sono difficili da trovare. Sei troppo strano per le persone; e loro sono troppo strane per te.
  6. Tendi a sentirti solo in mezzo alla folla. La gente pensa che tu sia senza amici e ti compatisce per la tua presunta solitudine. Quando sei insieme ad “amici” ti senti solo e soffocato.
  7. In compagnia, o devi tenere la bocca chiusa o semplicemente parlare del tempo. La tua fame intellettuale è difficile da saziare.
  8. Sei più stressato dalla stupidità e dall’ignoranza delle persone intorno a te che dai problemi e dalle difficoltà. Esprimere la propria opinione è quasi sempre visto come ribellione, irritazione, indisciplina o mancanza di rispetto.
  9. La gente presume che tu sia stupido a pensare di essere intelligente quando non hai mai pensato di essere intelligente. Poi ci sono cose piccolissime in cui non sei bravo e ti inondano di sarcasmo: ‘Oh, non puoi nemmeno fare questo!’ Chi diavolo dovrebbe spiegare loro che le persone intelligenti non sono necessariamente intelligenti in tutto, specialmente in quelle piccole?
  10. È probabile che tu non possa utilizzare tutte le tue scintillanti cellule grigie in una brillante carriera superficiale che secondo la tua percezione più acuta potrebbe essere solo una sporca corsa di topi.

N.d.R.: L’espressione/premessa che, prima di una domanda, molto spesso, si sente rivolgere una persona intelligente/acculturata, è questa:
“Tu che sai tutto”.

Lungi dall’essere un complimento o un riconoscimento, è, di solito, una sarcastica manifestazione di invidia o, quasi, di disprezzo.

 

ancora da QUORA

Qualcos’altro da aggiungere sulle persone intelligenti

 

  • Rimanere alzati fino a tardi è un segno di elevata intelligenza, in quanto si registra una maggiore attività cerebrale durante la notte (ma questo non fa bene alla salute).
  • Essere divertenti e avere un elevato senso dell’umorismo è un segno di elevata intelligenza.
  • Più della metà della popolazione mondiale ha un’intelligenza media.
  • Le persone intelligenti vogliono sempre saperne di più sul mondo.
  • Gli intellettuali vanno a letto tardi e si svegliano tardi.
  • Le persone altamente intelligenti tendono ad avere meno amici della media.
  • Parlare da soli è segno di grande intelligenza.
  • Le persone intelligenti si sottovalutano più di quelle ignoranti.
  • Le persone intelligenti hanno una mentalità più aperta.
  • È meno probabile che si attengano ai valori tradizionali.
  • I voti e l’età non determinano l’intelligenza.
  • Preoccuparsi troppo è associato a un’intelligenza elevata.
  • Le persone intelligenti sono propense a evitare i conflitti. Capiscono tutto, ma tendono a non dire nulla.
  • Di solito non mentono, ma quando lo fanno sono molto bravi a mentire.
  • Le persone molto intelligenti sono socialmente impacciate.
  • Le persone molto intelligenti sono più fedeli di altre.
  • Sono molto calme, quasi troppo, innaturalmente calme.
  • Sono moto perspicaci
  • Di solito sorridono o ridono compiaciuti di ciò di cui una persona media si innamora
  • Sembrano depressi per la maggior parte del tempo, ma solo in apparenza
  • Sono eccellenti nel sottolineare i difetti di una cosa o persona
  • Si annoiano facilmente
  • Amano leggere, Non necessariamente libri, però
  • Capiscono facilmente e velocemente
  • Hanno ottime capacità di “problem solving” (risolvere un problema)
  • Possiedono un’abilità di deduzione superiore alla media
  • Si godono la solitudine

 

N.d.R.: Sia ben chiaro che tutto quanto sopra esposto è un COPIA-INCOLLA da altre fonti indicate. “Relata réfero” (riferisco cose riportate). Qualcuno potrebbe dire che il Redattore sta tentando di accreditare un autoritratto come opera sua. Quantomeno per onestà intellettuale, non lo ammetterà mai, neanche sotto tortura.

Numero2593.

 

” Io non sono come mi giudica il mondo.

A me sembra di essere un bambino

che gioca sulla riva del mare

ed è contento quando trova

un ciottolo più liscio degli altri,

una conchiglia più bella delle altre,

mentre il mare della verità

resta inesplorato davanti a lui.”

 

N.d.R. : Questa frase, attribuita a Isaac Newton, nel film di Gianni Amelio del 1988, “I ragazzi di Via Panisperna”, viene pronunciata da Enrico Fermi (nel film Ennio Fantastichini) ricordando che era spesso ripetuta dal giovane grandissimo fisico, Ettore Majorana, che la conosceva a memoria e che si identificava pienamente nel significato del suo contenuto: un’epitome e un messaggio universale alla Scienza di ogni tempo.

“Al mondo ci sono varie categorie di scienziati. Gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene Ettore Majorana era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessuno altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini, il semplice buon senso”.
Le parole di Enrico Fermi, genio della fisica sperimentale e premio Nobel, sono eloquenti: dopo Galileo e Newton, e certamente Einstein, c’era lui, Majorana. Fermi riteneva dunque Majorana il più grande fisico teorico del tempo, certamente il più geniale dei ragazzi di via Panisperna (Fermi, Rasetti, Amaldi, Segrè, Pontecorvo, Majorana).
Diceva ancora Fermi di lui:
“Se un problema è già posto, nessuno al mondo lo può risolvere meglio di Majorana”.

 

 

Numero2576.

 

Tanta istruzione.

Nessuna educazione.

 

In strùere  vs.  E dùcere:

 

Instruere è un verbo latino che ha la stessa radice di strumento, costruire: vuol dire realizzare, insegnando o imparando, una formazione con disciplina, condizionamento, costrizione.

Educere è un verbo latino che vuol dire estrarre , condurre fuori: promuove una estrapolazione di valori insiti, in sé o in altri, con fantasia, creatività ed empatia. Come faceva Socrate  con la sua MAIEUTICA. In greco antico, la Maieutica era l’arte della levatrice. La madre di Socrate era una levatrice e lui diceva che sapeva estrarre, come la levatrice fa col neonato dal ventre delle partorienti, la verità dalla mente dei propri interlocutori. Molto spesso la verità sta dentro di noi, ma non ce ne rendiamo conto. Con l’intuito dell’immaginazione o con la logica del ragionamento, noi possiamo e dobbiamo educarci o essere educati.

Il primo verbo viene coniugato per instaurare una stabilità  morale e sociale.

Il secondo afferisce piuttosto alla facoltà e alla libertà di esprimere se stessi.

Per questo, le persone istruite non sempre sono anche educate. Mentre le persone educate non sempre sono anche istruite.

Numero2568.

 

S A P E R E   A U D E  (pronuncia: sàpere àude)

 

da un articolo pubblicato sul Berlinische Monatsschrift, 1784.

 

Nel 1784 la rivista tedesca Berlinische Monatsschrift pose ai suoi lettori la domanda: «che cos’è l’illuminismo?». Tra gli intellettuali che risposero all’interrogativo vi fu il filosofo Immanuel Kant, il quale diede una definizione destinata a fare storia, incentrata sull’idea dell’«uscita dell’uomo dallo stato di minorità». Definendo che cosa si debba intendere con il termine “illuminismo”, Kant fa riferimento al rischiaramento prodotto dall’esercizio «pubblico» della ragione, vale a dire dall’utilizzo pieno e libero di questa facoltà umana nell’ambito dello studio, della ricerca e della discussione. L’invito a diventare intellettualmente «maggiorenni» e a usare le risorse della ragione risuona nell’esortazione latina citata da Kant: sapere aude, osa sapere.

L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo. […]

È dunque difficile per il singolo uomo tirarsi fuori dalla minorità, che per lui è diventata come una seconda natura. È giunto perfino ad amarla, e di fatto è realmente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato consentito di metterla alla prova. Precetti e formule, questi strumenti meccanici di un uso razionale, o piuttosto di un abuso, delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi di una permanente minorità. Se pure qualcuno riuscisse a liberarsi, non farebbe che un salto malsicuro anche sopra il fossato più stretto, non essendo allenato a camminare in libertà. Quindi solo pochi sono riusciti, lavorando sul proprio spirito a districarsi dalla minorità camminando, al contempo, con passo sicuro. […]

Se dunque ora si domanda: «viviamo noi attualmente in un’età rischiarata?» Allora la risposta è: «no, bensì in un’età di rischiaramento». Che gli uomini presi assieme siano, per come stanno le cose, già in grado, o che possano anche solo essere posti in grado di valersi con sicurezza e bene della propria intelligenza in cose di religione, senza l’altrui guida, è una condizione da cui siamo ancora molto lontani. Ma che ad essi, adesso, sia comunque aperto il campo per lavorare ed emanciparsi verso tale stato, e che gli ostacoli alla diffusione del generale rischiaramento o all’uscita dalla minorità a loro stessi imputabile diminuiscano gradualmente, di ciò noi abbiamo invece segni evidenti.

 

N.d.R.: SAPERE AUDE è una frase rintracciabile nelle EPISTOLE di Orazio (Quinto Orazio Flacco poeta latino)

 

Numero2557.

 

C A P I R E   L A   V I T A

 

Le persone disincantate,

disilluse, un po’ ciniche,

magari quasi amorali

e talvolta un po’ beffarde,

hanno capito da tempo,

o chissà, forse da sempre,

il dramma farsesco

dell’esistenza, hanno tolto

il velo ipocrita dalla realtà:

sono le persone intelligenti.

Non odiamole troppo.

Soffrono già per conto loro.