Numero2436.

 

Relata refero   (Riferisco cose riferite):

 

I O    V I    A C C U S O

 

Barbara d’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale …. io vi accuso.

Vi accuso di essere fra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi.
Voi, con la vostra televisione trash (immondizia), i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito, in prima persona e senza scrupoli, al Decadentismo del terzo millennio che, stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.
Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di se stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo.
Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazione e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano, con il vostro consenso, di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale.
Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi, frustrato, abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.

Parlo da insegnante,
che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione;

che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima;

che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che, invece, non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.

Ho visto, nei miei anni d’insegnamento, prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore, centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. e provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.

Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.

Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.

Prof. Marco Galice.

Numero2180.

 

T R O P P E   R I E V O C A Z I O N I :  POVERO  IL  POPOLO  CHE  HA  BISOGNO  DI  EROI !

 

Ne ho abbastanza! Ho bisogno di sbroccare!
Da qualche tempo (su per giù da quando si è insediato questo tipo di governi degli ultimi tempi), si è instaurata, subdolamente e surrettiziamente all’esordio, poi con frequenza dilagante e urtante, la moda delle rievocazioni.
Non passa giorno che ci viene proposta dal mondo dell’informazione, a cura di solerti giornalistini, evidentemente su incarico di dirigenti a loro volta ispirati da esponenti politici, una serie interminabile ma puntuale di ricorrenze, di anniversari di nascite o di morti, di giorni del ricordo, della memoria, riesumazioni di personaggi e rievocazioni di avvenimenti passati, con una assiduità sospetta e inconsueta.
D’accordo, lo si è sempre fatto: è persino doveroso e giusto che certe ricorrenze di fatti importanti e reminiscenze di personaggi illustri della storia patria non vengano trascurate, ma è oltremodo irritante, almeno per me, l’insistenza e l’improntitudine con cui ci vengono riproposti fatti e personaggi passati, come santi laici e celebrazioni del calendario. Per inciso, sanctus è il participio passato del verbo latino sancire, che vuol dire, come in Italiano, stabilire, fissare, dichiarare, decretare, disporre, imporre, legiferare, promulgare, statuire, approvare, confermare, convalidare, ratificare, consacrare ( quanti sinonimi, e quante diverse sfumature, di una parola o di un verbo esistono nella nostra lingua! Forse troppi! ). Il calendario contiene date e ricorrenze che devono essere ricordate, rispettate e festeggiate: scandiscono lo scorrere del tempo della convivenza civile, secondo partecipazioni collettive abitudinarie e convenzionali. E contiene anche centinaia di personaggi della storia religiosa cristiana cattolica che, in un modo o in un altro, si sono distinti meritoriamente nell’ esemplificare questa appartenenza e professione di fede. Alla stregua del calendario devozionale, vogliono forse istituire un calendario laico e secolare?
Ad essere rievocati non sono poi avvenimenti di eccezionale importanza della nostra storia passata, recente o lontana, o personaggi di grande rilievo dell’arte, della politica, della scienza e quant’altro. Vengono riesumati accadimenti, solo di un certo tipo e con una certa partigianeria, anche poco significativi, ma che, giornalisticamente e, vivaddio, anche politicamente, fanno gioco. E personaggi, positivi o negativi, paradigmatici di una ben definita appartenenza. Questo, che si sta instaurando, è un clima autocelebrativo che mi piace poco. Mi chiedo dove stia la regia occulta di questa “atmosfera”: costruire un sancta sanctorum leggendario. Forse lo posso immaginare. Ma si ricordi sempre che la leggenda penetra solo laddove i valori che vuole esaltare sono accettati dalla comunità a cui li si presenta. E che rievocare ossessivamente gli esempi del passato significa solo non aver fiducia nei valori del presente né, tanto meno, in quelli del futuro. In certe stanza dei bottoni, qualche studioso di sociologia si è accorto che stanno venendo meno i principi e i valori statuali e statali, insomma, nazionali. Appellarsi a quei principi fondanti di valori “tradizionali” è giusto, ma deleterio quando questa diventa l’unica matrice di comunicazione. Ci dovrebbe sorreggere, al contempo, lo spirito critico, la cultura dell’attualità creativa e l’attivismo innovativo che vedo, purtroppo, mancare alle generazioni che si affacciano alla storia di questo paese. Altro che partiti progressisti!
Un’ultima considerazione. Un popolo, una nazione, una comunità sociale e civile che indulgono così spesso in questa pratica di tentare di insediare su qualche piedistallo degli “eroi” del passato e di “mitizzare”, con spicciola disinvoltura, fatti o personaggi anche di secondaria importanza, e perfino negativi, sono dei perdenti.
Ricordiamo insieme certi personaggi della storia di Roma, come Attilio Regolo e Muzio Scevola, che fin dalle scuole elementari, ci venivano additati come esempi di coraggio e di abnegazione, per la salvezza del bene comune. Tito Livio ci dice: “facere et pati fortia Romanum est” ossia, “L’operare e il soffrire da forte è degno di un Romano”. Ebbene, anziché essere degli eroi positivi della storia patria, essi sono il simbolo di sconfitte militari: pur di non ammettere che le sorti dei conflitti non erano state favorevoli, si sono “mitizzati” dei personaggi sacrificali e salvifici che, in realtà, sono morti e hanno fallito e perduto.
Tecnica vecchia, quella di “celebrare” la sconfitta!

Numero1771.

DESIDERATA

Passa, tranquillamente, tra il rumore e la fretta, e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.

Finché è possibile, senza doverti abbassare, sii in buoni rapporti con tutte le persone.

Dì la verità con calma e con chiarezza, e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare.

Evita le persone volgari ed aggressive; esse opprimono lo spirito. Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine, perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.

Gioisci dei tuoi risultati, così come dei tuoi progetti.

Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile; è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.

Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli. Ma ciò non acciechi la tua capacità di distinguere la virtù; molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.

Sii te stesso. Soprattutto, non fingere negli affetti e neppure sii cinico riguardo all’amore, poiché, a dispetto di tutte le aridità e disillusioni, esso è perenne come l’erba.

Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età, lasciando, con un sorriso sereno, le cose della giovinezza.

Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna. Ma non tormentarti con l’immaginazione. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.

Al di là di una disciplina morale, sii tranquillo con te stesso. Tu sei figlio dell’Universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai diritto ad essere qui. E, che ti sia chiaro o no, non vi è dubbio che l’Universo ti si stia schiudendo, come dovrebbe.

Perciò, sii in pace con Dio, comunque tu lo concepisca, e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni, conserva la pace con la tua anima, pur nella rumorosa confusione della vita.

Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti, è ancora, e pur sempre, un mondo stupendo.

Fai attenzione.

Cerca di essere felice.

A  MIO  FIGLIO.