Numero2149.

 

Ricevo da Efrem, amico recente, ma assiduo e competente lettore, questo contributo che apprezzo molto, senza piaggeria.

 

Un pensiero di Joel Dieker tratto dal romanzo “L’enigma della camera 622”.

“….La vita è un romanzo di cui si conosce già la fine: il protagonista muore.
La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire,
ma in che modo ne riempiamo le pagine.”

 

N.d.R. : Non mi rimane che ribadire il concetto:

La vita è un morso
e conta solo
ciò che provi
mentre mordi.
Il resto è un torso.

 

Numero2135.

 

Rita, che è una smanettona, e che mi sa attento e interessato a questi argomenti, mi segnala e mi passa un articolo che le è capitato sotto gli occhi, girovagando per il net.

 

Da AFFARITALIANI. IT  Il primo quotidiano digitale dal 1996

 

“Barbara D’Urso, De Filippi, Signorini: io vi accuso del decadimento italiano”

La lettera di un insegnante, Marco Galice, che attacca alcuni noti personaggi della tv che ritiene i “principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale”

IO VI ACCUSO

“Barbara D’Urso, Maria De Filippi, Alfonso Signorini, Alessia Marcuzzi e tutta la schiera della vostra bolgia infernale… io vi accuso. Vi accuso di essere tra i principali responsabili del decadimento culturale del nostro Paese, del suo imbarbarimento sociale, della sua corruzione e corrosione morale, della destabilizzazione mentale delle nuove generazioni, dell’impoverimento etico dei nostri giovani, della distorsione educativa dei nostri ragazzi. Voi, con la vostra televisione trash, i vostri programmi spazzatura, i vostri pseudo spettacoli artefatti, falsi, ingannevoli, meschini, avete contribuito in prima persona e senza scrupoli al Decadentismo del terzo millennio che stavolta, purtroppo, non porta con sé alcun valore ma solo il nulla cosmico.

Siete complici e consapevoli promotori di quel perverso processo mediatico che ha inculcato la convinzione di una realizzazione di sé stessi basata esclusivamente sull’apparenza, sull’ostentazione della fama, del successo e della bellezza, sulla costante ricerca dell’applauso, sull’approvazione del pubblico, sulla costruzione di ciò che gli altri vogliono e non di ciò che siamo. Questo è il vostro mondo, questo è ciò che da anni vomitate dai vostri studi televisivi.

Avete sdoganato la maleducazione, l’ignoranza, la povertà morale e culturale come modelli di relazioni e riconoscimento sociale, perché i vostri programmi abbondano con il vostro consenso di cafoni, ignoranti e maleducati. Avete regalato fama e trasformato in modelli da imitare personaggi che non hanno valori, non hanno cultura, non hanno alcuno spessore morale. Rappresentate l’umiliazione dei laureati, la mortificazione di chi studia, di chi investe tempo e risorse nella cultura, di chi frustrato abbandona infine l’Italia perché la ribalta e l’attenzione sono per i teatranti dei vostri programmi.

Parlo da insegnante, che vede i propri alunni emulare esasperatamente gli atteggiamenti di boria, di falsità, di apparenza, di provocazione, di ostentazione, di maleducazione che diffondono i personaggi della vostra televisione; che vede replicare nelle proprie aule le stesse tristi e squallide dinamiche da reality, nella convinzione che sia questo e solo questo il modo di relazionarsi con i propri coetanei e di guadagnarsi la loro accettazione e la loro stima; che vede lo smarrimento, la paura, l’isolamento negli occhi di quei ragazzi che invece non si adeguano, non cedono alla seduzione di questo orribile mondo, ma per questo vengono ripagati con l’emarginazione e la derisione.

Ho visto nei miei anni di insegnamento prima con perplessità, poi con preoccupazione, ora con terrore centinaia di alunni comportarsi come replicanti degli imbarazzanti personaggi che popolano le vostre trasmissioni, per cercare di essere come loro. E provo orrore per il compiacimento che trasudano le vostre conduzioni al cospetto di certi personaggi.  Io vi accuso, dunque, perché di tutto ciò siete responsabili in prima persona.  Spero nella vostra fine professionale e nella vostra estinzione mediatica, perché solo queste potranno essere le giuste pene per gli irreparabili danni causati al Paese.”

 

N.d.R. Se volete completare il panorama, cliccate sugli altri canali RAI, SKY, TV7, ecc. .
Ce n’è per tutti.

 

Numero2068.

 

Dopo aver ascoltato, su YOUTUBE, una bella canzone della mia gioventù, leggo, fra i tanti dello stesso tenore, un commento rilasciato da un utente:
“….che tempi! Non avevamo niente e avevamo tutto. Oggi i giovani hanno tutto ma, poverini, non hanno niente!”

Numero2053.

 

The more you have, the more occupied you are.

The less you have, the more free you are.

You never have to throw away that which you never buy.

You’re never too important to be nice to people.

Intelligence is the ability to adapt to change.

Clutter is nothing more than postponed decisions.

 

Più hai, più sei occupato.

Meno hai, più sei libero.

Non devi mai buttare via quello che non compri mai.

Non sei mai troppo importante per essere gentile con le persone.

L’intelligenza è la capacità di adattarsi al cambiamento.

Il disordine non è altro che decisioni posticipate.

 

Your home is living space, not storage space.     Francine Jay.

Casa tua è uno spazio dove vivere, non un magazzino.

Numero2046.

 

T H I N G S   Y O U   D O N’ T   N E E D   T O   A P O L O G I Z E   F O R.

 

01 – Loving someone.

02 – Saying no.

03 – Following your dream.

04 – Taking “me” time.

05 – Your priorities.

06 – Ending a toxing relationship.

07 – your imperfections.

08 – Standing your ground.

09 – Delay in your response.

10 – Telling the truth.

 

C O S E   DI   C U I   N O N   H A I   B I S O G N O   D I   C H I E D E R E   S C U S A.

 

01 – Amare qualcuno.

02 – Dire no.

03 – Seguire il tuo sogno.

04 – Prendere tempo “per te stesso”.

05 – Le tue priorità.

06 – Finire una relazione tossica.

07 – Le tue imperfezioni.

08 – Stare saldo sul tuo terreno.

09 – Ritardo nella tua risposta.

10 – Dire la verità.

Numero2040.

 

B E   L I  K E   A   T R E E.

 

Be like a tree.

Stay grounded.

Connect with your roots.

Turn over a new leaf.

Bend before you break.

Enjoy your unique natural beauty.

Keep growing.

 

S I I   C O M E   U N   A L B E R O

 

Sii come un albero.

Rimani con i piedi per terra.

Connettiti con le tue radici.

Trasformati in una nuova foglia.

Piegati prima di spezzarti.

Goditi la tua bellezza naturale unica.

Continua a crescere.

 

 

 

 

Numero2038.

 

P I A C E R E

 

Devo piacermi

per dare piacere.

 

Mi sono appuntato questa semplice frase, che ho sentito pronunciare, a notte inoltrata, durante una simpatica trasmissione televisiva che tratta esclusivamente di sesso e argomenti connessi, senza intenti didascalici, senza dottori o psicologi, ma che è condotta con leggerezza e senza ipocrisia, facendo parlare liberamente le persone presenti dei loro gusti, dei loro comportamenti, delle loro esperienze.
A pronunciarla era una donna che, intervistata dalla conduttrice sul tema del “piacere” e del “desiderio”, ha così, sinteticamente, espresso il proprio pensiero, che io ho percepito come illuminante, quasi folgorante. E ho tentato di prendere sonno, elucubrando e rimestando, in balia di mille considerazioni che si accavallavano nella mia mente.
Alla fine, ci ho dormito sopra, ripromettendomi di dedicare a questo argomento un numero del BLOG, per sviscerarlo meglio.

La prima considerazione che mi è balzata in testa è stato il parallelismo di questo aforisma con l’evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso” (Matteo, 22. 37-39). E anche  «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuorecon tutta l’anima tuacon tutta la forza tuacon tutta la mente tuae il tuo prossimo come te stesso» (Luca 10, 25-37) . Dopo il primo comandamento, quello di amare Dio, questo secondo è il comandamento più fondante di tutta la “morale cristiana”. Sappiamo che su di esso si è sviluppata la teoria etica  della Religione Cristiana, con la sottolineatura stringente e apodittica dell’amore per il prossimo. Non per niente, al primo posto, nell’enunciazione, viene “ama il prossimo tuo”. Tale e tanta è stata la preponderanza di questo concetto, che per duemila anni è stato messo in ombra, in secondo piano e, dico io, accuratamente, volutamente, intenzionalmente trascurato il “come te stesso”.
Ebbene, io intendo riesumare il paragone del vangelo, ribaltando i termini della questione: ama te stesso, per amare meglio gli altri.
La frase della signora intervistata, è la trasposizione esatta, sul piano della sessualità, di questo elementare enunciato. Al primo posto, in una sana ed equilibrata visione della vita, io ci metto l’amore per se stessi.
Non voglio mica fondare una Controreligione! Voglio solo riabilitare una esigenza primaria e naturale della personalità umana, che è quella di occuparsi della propria salute mentale, morale e fisica e, vivaddio, anche della propria felicità, prima di abbracciare supinamente ogni dettato altruistico, per quanto cogente possa essere: è l’istinto di sopravvivenza, ma di buona sopravvivenza.

Nella frase evangelica, quello che viene collocato al primo posto è l’amore per gli altri. Nella frase mia, che pur mantiene l’esortazione e l’ammonimento all’amore, al primo posto ho messo l’uomo, l’individuo pensante, responsabile, sensibile, empatico, pronto alla fraternità, alla collaborazione, alla generosità, alla misericordia. Ma solo dopo aver fatto proprio, compiutamente, il bagaglio di questi valori, inglobandolo nel proprio DNA esistenziale.
Sì, perché l’uomo non nasce, secondo natura, dotato di questi buoni principi.

L’amore per se stessi è una categoria naturale, insita nell’uomo. L’amore per gli altri è una dotazione culturale acquisita nel corso dell’evoluzione sociale ed esistenziale.

Per completare la nozione del radicamento di questi principi, nel tempo e nello spazio dell’umanità, invito il lettore a consultare brevemente il numero seguente (Numero2037.).

“Homo homini lupus” (l’uomo è un lupo per l’uomo) è una espressione latina che troviamo nella commedia di Plauto, L’Asinaria. 

Il concetto dell’ “homo homini lupus” è stato ripreso dal filosofo britannico Thomas Hobbes nella sua opera De Cive (Il cittadino); secondo Hobbes, la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione; egli ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco.
Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico.
Fuori dall’ambito puramente filosofico, l’espressione latina è ancora oggi utilizzata, talvolta ironicamente, talvolta sconsolatamente, per sottolineare la malvagità, l’egoismo e la malizia dell’uomo; in questo senso ha pressoché il valore dell’altrettanto celebre detto mors tua vita mea (la tua morte è la mia vita).

Egoismo, egocentrismo, soggettivismo, individualismo, egotismo, solipsismo, narcisismo. Sono tutti termini che, con sottili sfumature a differenziare l’uno dall’altro, si riferiscono allo stesso concetto. Ma si badi bene, non hanno niente a che fare con il contenuto del mio pensiero.
L’amore per se stessi, come lo intendo io, o amor proprio, è occuparsi di sé, non trascurando gli altri, ma per meglio occuparsi degli altri.
Una personalità equilibrata ed armonica, consapevole e partecipativa non potrà mai erigere steccati, ma solo costruire ponti verso gli altri da sé. Probabilmente, nella costruzione del proprio “taglio mentale” e nella messa a fuoco della propria “Weltanschauung”, o “concezione, visione del mondo e della vita”, il compito più difficile è quello di predisporsi un filtro critico agguerrito e ben attrezzato. Per ottenere questo, è necessaria una straordinaria serie di azioni e di impegni, che non tutti trovano né possibili, né utili, né agevoli: studi, fino ad alti livelli, esperienze, le più disparate, interessi, impegnativi e formativi, frequentazioni, a volte selettive e non facili, stili di vita, talvolta costrittivi e, comunque, di elevato spessore umano e sociale.
Insomma, amare se stessi, per prepararsi alla vita, non è una cosa da ridere, anzi, è un percorso pieno di sacrifici, di difficoltà, di rinunce. Un percorso per nulla autocelebrativo, bensì autoformativo, spesso affrontato con mezzi propri ed inadeguati, combattendo battaglie dove le sconfitte sono sempre più frequenti, ma, comunque, più illuminanti delle vittorie.
Il traguardo di arrivo è una personalità matura, consapevole, preparata ad affrontare la vita, il lavoro, la famiglia, la società con una corazza temprata, con armi affilate, non con  “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge” (Ugo Foscolo – Alla sera), ma con animo determinato e motivato, ricco della propria autostima.
Pensate che questa personalità sia ben predisposta verso gli altri, o che si manifesti e si imponga attraverso l’arroganza o la sopraffazione?
Il mio punto di vista, è quello che mi auguro di aver interpretato nella mia vita: è la prima delle due alternative appena citate. Per questo ne parlo, come esperienza personale, senza profferire sentenze o sprecare giudizi sul comportamento di altri.

D’altra parte, qualche secolo prima della frase evangelica, l’oracolo di Delfi, ripreso e sottolineato da Socrate, aveva raccomandato il “conosci te stesso”, come la chiave per aprire le porte del mondo, per interagire e misurarsi con esso. Non ho mai conosciuto, in tutto lo scibile umano, un precetto più illuminante ed esaustivo di questo.
Su quanto detto finora, segnalo e raccomando la lettura dei seguenti Numeri: 1758, 1559, 1400, 1396, 1370.

 

Tornando alla frase di partenza, mi ha stuzzicato una curiosità: ma una donna che dà piacere (sessuale) ad un uomo, dà piacere (orgasmo) anche a se stessa, perché si piace? Vuol dire perché è più disinibita, per il fatto di piacersi?
Allora, l’uomo che funzione avrebbe? E l’atto sessuale, è un darsi piacere reciprocamente, oppure è un'(auto)masturbazione attraverso il corpo del partner? Mio Dio, che guazzabuglio!
Con l’aiuto della vostra pazienza ed attenzione, tento di fare chiarezza: in realtà, non so dove questo discorso andrà a parare.
Quando una donna ha la consapevolezza di avere un bel corpo, armonioso, gradevole, curato, seducente (non solo agli occhi del partner, ma anche ai propri) è sicuramente ben disposta all’atto sessuale e predisposta a goderne lei stessa, oltre che a dare piacere sessuale al compagno. Fin qui, tutto potrebbe quadrare. E questa è la “conditio sine qua non” ( condizione imprescindibile), per instaurare un rapporto sessuale. Almeno da parte femminile.
Ribaltiamo i termini della questione. Una donna che non ha un corpo di suo gradimento, che è consapevole di non essere tanto sexy, non mi dilungo ad appurarne i motivi, ma che si concede ugualmente al proprio partner, per un’attrattiva sessuale di non precisata alchimia, vuol dire, forse, che può non essere così disinibita, come le circostanze richiederebbero? E che, pur facendo arrivare all’orgasmo il compagno, che compie decorosamente il suo dovere, senza tante fisime, può risentire di un freno inibitorio, che deriva dalla coscienza della propria condizione, e non godere appieno del rapporto, impedendosi di suo, in qualche modo, l’orgasmo?
So bene che molte donne non raggiungono mai, o quasi mai, l’orgasmo facendo l’amore col proprio compagno, e che il colpevole di questa “défaillance”, sarebbe proprio lui, il maschio egoista o inadeguato che, pensa a soddisfare le proprie voglie, senza pensare al piacere della compagna.
Ma, in presenza di un rapporto normale, come durata ed intensità, per la prestazione del maschio, può accadere che la femmina manifesti una partecipazione psicologicamente impedita da una scarsa autostima?
Dicono tutti che, nell’altro campo, quello maschile, l’eiaculazione precoce ha motivazioni sintomatiche di carattere psicologico. Perché non potrebbe essere dello stesso tipo, intendo psicologico, in campo femminile, la mancanza di orgasmo (anorgasmia)? E la causa potrebbe essere proprio la scarsa considerazione delle proprie fattezze muliebri?
Quello che, sul piano puramente fisico, la moderna medicina ha riscontrato essere una patologia autoimmune, ovvero, detto in soldoni, il corpo si fa male da solo, non potrebbe verificarsi, attraverso la somatizzazione, anche in ambito psicologico o psichiatrico? Cioè la mente cerca una espiazione, un’autopunizione, negandosi ciò che desidera, cioè la soddisfazione sessuale?

Messa così, un po’ semplicisticamente, la cosa potrebbe riassumersi in questo modo: le donne che si piacciono, che sono contente di sé, hanno molto probabilità di soddisfare sessualmente il partner e anche se stesse.
Le donne che hanno problemi di gradimento del proprio stato fisico, pur soddisfacendo il compagno, potrebbero avere grossi problemi a provare il proprio orgasmo.
L’altra faccia della medaglia, in campo maschile, potrebbe dirci che gli uomini che sono sicuri di sé, delle proprie “performances” e delle dimensioni del loro apparato sessuale, hanno, almeno, normali rapporti, soddisfacenti per se e per la compagna; mentre gli uomini che manifestano insicurezze e problematiche di varia natura, è più probabile che cadano vittime dell’eiaculazione precoce.
Fatto sta, in entrambi i casi, che l’autostima gioca un ruolo di primaria importanza in ambito sessuale.
Ed è proprio giusto e vero che l’apparato sessuale che conta e vale, di gran lunga, di più non sta in mezzo alle gambe, ma in mezzo alle orecchie.

Sono stati scritti migliaia di libri e trattati su questi temi. Darete voi ascolto ad un povero disinformato, ma disinibito, come me? Come sempre, a me interessa gettare il sassolino nello stagno.

 

 

 

 

 

Numero2022.

 

Segnalata da Alexis

 

Quello che mi ha sempre

sorpreso di più negli

uomini dell’Occidente,

è che perdono la salute

per fare i soldi

e poi perdono i soldi

per recuperare la salute.

Pensano tanto al futuro

che dimenticano di vivere

il presente, in maniera tale

che non riescono a vivere

né il presente né il futuro.

Vivono come se

non dovessero morire mai

e muoiono come se

non avessero mai vissuto.

 

Dalai  Lama.

Numero2018.

 

S T A V O L T A   P A R L O   D I   P A N C E T T A.

 

Perché è così difficile perdere il grasso addominale, rispetto all’altro tipo di grasso che si trova nel resto del corpo?
Beh, perché è intimamente legato alla glicemia, cioè il livello di zucchero presente nel sangue.
La glicemia di una persona sana, a digiuno la mattina, dovrebbe essere intorno a 85/90 mg/dl (milligrammi per decilitro di sangue), Se misuriamo la glicemia di una persona con tanto grasso viscerale, sicuramente riscontriamo un valore sensibilmente più alto. Perché questo?

Perché il glucosio, solitamente, quando non ce n’è bisogno e quindi non viene impiegato, non viene messo in circolo nel sangue e rimane immagazzinato nel fegato, che è il grande magazzino del glucosio, sotto forma di glicogeno. Quando c’è bisogno di zucchero, il fegato viene spronato a rilasciare nel sangue il glicogeno ( che è un polisaccaride polimero del glucosio e significa “generatore di glucosio”).
Quand’è che c’è bisogno di zucchero, che si può considerare il nostro “carburante”? Quando c’è bisogno di energia e noi abbiamo bisogno di energia quando siamo sottoposti ad uno stress, parola che conosciamo bene e che si può tradurre genericamente come “impegno, pressione, tensione” e può essere acuto o cronico.
Per esempio, prendete l’uomo primitivo che si vede assalito da una belva: in questa circostanza, nel suo corpo c’è bisogno di tanto zucchero, energia pronta che va ai muscoli e al cervello, per organizzare la propria difesa ed essere reattivo, rapido, per fuggire o lottare.

Cosa succede quando sei stressato e il tuo stress è troppo alto?
Che il tuo fegato rilascia zuccheri nel sangue, che, però, non vengono bruciati, cioè utilizzati come combustibile.
Se tu fossi l’uomo primitivo, inizieresti a correre, a scappare o a combattere con grande dispendio di energie  ( a seconda che tu abbia più o meno fegato, da cui la famosa espressione “avere fegato”, cioè avere coraggio).
Se, invece, sei stressato ma seduto davanti al computer, il tuo zucchero rilasciato nel sangue non viene bruciato e si trasforma in grassi, specialmente in grassi viscerali, proprio nella zona più prossima al fegato. Anzi, è proprio il fegato che si “ingrassa” per primo (fegato steatosico), riempiendosi di tanti piccoli grumi di grasso che, a lungo andare, ne riducono anche la corretta funzionalità. Non c’è nemmeno tempo, per il corpo, di impiegare in altri modi lo zucchero rilasciato dal fegato.

Avere la glicemia alta non va bene per niente. Il corpo rispetta dei meccanismi ancestrali e vuole che quello zucchero diventi grasso per mantenerlo nei depositi, per i tempi peggiori (ad esempio, per i periodi di carestia). Ma oggi, il benessere ha cancellato le carestie e ci ha lasciato il grasso localizzato nell’addome. Con la vita sedentaria di oggi, bruciare zuccheri diventa sempre più difficile: è questa la principale, vera causa dell’ingrassamento, specialmente a livello addominale.
Il consiglio pratico migliore che posso dare è quello di muoversi il più possibile, se non di praticare qualche sport, e di implementare l’assunzione di ortaggi verdi e soprattutto di quelli a foglia verde, ricchi di magnesio, un minerale fondamentale, di cui spesso siamo in deficit.
Inoltre, è importante evitare, o almeno limitare drasticamente, tutti quegli alimenti aggressivi che creano intolleranze ed allergie: fra i più comuni, i latticini, per l’intolleranza al lattosio ed i cereali come il grano, il frumento, il mais, l’orzo, la segale ecc. La celiachia la conosciamo tutti, è una reazione allergica potente e ci sono persone che non possono toccare niente che provenga dai farinacei. È vero, inoltre, che, se anche non si è celiaci, alcuni alimenti, specialmente quelli derivati da cereali raffinati, possono creare delle reazioni di intolleranza o di allergia che sono minime, che non superano i livelli di soglia, ma che sono in grado di provocare, comunque, delle reazioni autoimmuni.
Per questo, dopo esserti mangiato quel bel piatto di spaghetti dalla nonna, ti potresti sentire appesantito, con sonnolenza, con flatulenza e, magari, correrai in bagno con la diarrea, però darai la colpa al condimento.

Ma siamo in Italia, e tu prova a demonizzare un piatto di spaghetti e ti sentirai etichettare come ignorante e menagramo. Un piatto di pasta con qualunque condimento e con una buona manciata di parmigiano o di pecorino ti fa passare la fame, è vero, ma è tutt’altro che salutare, se non hai un dispendio di energie congruo e proporzionale. Lo mangio anch’io, ma non più di una volta per settimana, in nome delle vecchie abitudini.
Ricordiamoci che gli unici zuccheri (carboidrati) che possono non nuocere sono quelli contenuti nella verdura, nella frutta e nei legumi a basso indice glicemico. E ricordiamoci del nostro microbiota, in due parole, della nostra flora intestinale. Come fai a nutrire il tuo intestino e il tuo microbiota? Mangiando quegli alimenti che arrivano proprio fino all’intestino (parte terminale). Quando ti nutri di alimenti processati, raffinati, la loro composizione è così semplice, o semplificata, che entrano nel tuo esofago e nel tuo stomaco ed, essendo semplici, vengono subito assimilati a livello gastrico e nella prima parte dell’intestino. Questo fa sì che li mangi, ma non arrivano fino in fondo, nell’intestino profondo, nell’intestino crasso vero e proprio e quindi non nutrono il microbiota.
Invece alimenti complessi come le verdure, come la frutta, come anche i legumi che il tuo stomaco fa fatica a scomporre per la presenza delle fibre insolubili che non è in grado di assimilare, ebbene, questi tipi di cibi arrivano fino al tratto terminale dell’intestino e vanno a nutrire il microbiota.
Il microbiota è oltremodo importante, perché è in questo ambiente intestinale che viene promossa la produzione della serotonina, l’ormone del benessere, del buonumore e di tutti gli altri neurotrasmettitori positivi.
Non per niente, il nostro intestino viene consideraro il “secondo cervello” del corpo umano.
E così come è importante dare al nostro cervello buone idee e buoni pensieri, così è altrettanto importante fornire al nostro intestino del cibo buono.

 

N.d:R. Chiedo scusa agli addetti ai lavori ( medici e nutrizionisti). Ho cercato di semplificare i concetti e i processi funzionali, per “rendere l’idea”, sempre a modo mio. Ma il contenuto dell’informazione…. rimane a prova di attendibilità, per chi non ci crede, ma vuole verificare.

Numero2011.

 

Chi non legge, a 70 anni

avrà vissuto una sola vita: la propria.

Chi legge avrà vissuto 5000 anni:

c’era quando Caino uccise Abele,

quando Renzo sposò Lucia,

quando Leopardi ammirava l’infinito….

perché la lettura è un ‘immortalità all’indietro.

 

Umberto Eco.

Numero1985.

 

 

 

 

 

STAVOLTA SCRIVO DI  CIBO.

 

 

Voglio anch’io dire la mia e, sempre a modo mio, riguardo ad un argomento, sul quale sono  stati scritti migliaia di libri, e che è costantemente all’attenzione di tutti noi: il cibo.
Lo farò, sulla traccia di un palinsesto preesistente (copiato e incollato, ma anche integrato e modificato), sul quale inserirò, qua e là, senza un criterio metodologico, i miei commenti, le valutazioni, le variazioni, qualche suggerimento, alcune personali esperienze, abitudini e….considerazioni.
Che titolo ho per farlo? – vi chiederete. E io vi rispondo: semplicemente in qualità di essere umano che mangia, come tutti (o quasi), tre volte al giorno, ogni giorno, e che, come tutti, ha grossi problemi a mantenere un peso decente e una “figura” umana. Del mio argomentare su questo tema, fate pure quel che volete, magari ci potrete ridere sopra, non importa. Per intanto, sarà un buon promemoria, innanzi tutto, per me che, per forza, debbo considerarmi il primo lettore interessato e il primo “apprendista” delle “buone” regole che, bene o male, verranno qui esposte.
Quello che qui scriverò, sarà focalizzato molto più sul COME e, molto meno, sul QUANTO e sul QUALE.

 

 

Come Mangiare Correttamente

 

Ci sono così tante informazioni disponibili riguardo al mangiare sano che è difficile decidere a chi dare credito. Potresti aver letto e sentito ogni tipo di indicazione sugli alimenti da preferire e su quelli da evitare, ma per non fare confusione è meglio affidarsi a poche semplici regole che aiutino a prendere le giuste decisioni a tavola. Comincia assicurandoti che la tua dieta includa bevande e cibi sani e nutrienti. Dovrai apportare alcune modifiche alle tue abitudini alimentari; per esempio: cucinare i tuoi pasti, leggere le etichette e sostituire gli alimenti dannosi per la salute con altri più sani e genuini. Puoi trarre vantaggio anche dal ripartire correttamente i pasti, nell’arco della giornata.

 

 

Migliorare le Abitudini Alimentari

 

1

Evita i cibi che fanno male e sostituiscili con altri più salutari. Con qualche piccola sostituzione puoi migliorare le tue abitudini alimentari in modo semplice e indolore. Valuta se tra i cibi che mangi abitualmente ce ne sono alcuni dannosi per la salute e cerca un’alternativa più sana per soddisfare lo stomaco senza ripercussioni. In alcuni casi sarà sufficiente scegliere una versione con meno grassi, mentre in altri dovrai trovare un alimento diverso, ma altrettanto appagante.

N.d.R.   Non che facciano male ( è nella dose che sta il veleno), ma, certamente, non aiutano due alimenti di cui pensiamo di non poter fare a meno: lo zucchero e il sale.
Noi li aggiungiamo allegramente e, crediamo, impunemente. Essi si trovano già, in dosi massicce, in tutti i cibi preparati o pronti che acquistiamo. Le aggiunte, che paiono normali, diventano eccessive; lo zucchero, notoriamente, fa ingrassare, e parecchio, il sale provoca ritenzione idrica. Insieme, garantiscono un aumento invisibile e notevole di peso.

Provate a restare senza zucchero e sale aggiunti per un mese. Vi accorgerete della differenza e, in più, acquisterete una nuova percezione dei gusti e dei sapori degli altri cibi, che non sapevate di aver perso.

Per quel che riguarda il gusto salato, cercate di sostituire il cloruro di sodio (il comune sale da cucina) con le spezie. Anche con queste basta farci l’abitudine e il cibo sarà saporito forse anche meglio.

 

 

 

2

Abituati a leggere le etichette. In questo modo potrai evitare i prodotti che contengono ingredienti nocivi per la salute, come zuccheri aggiunti e grassi trans. Leggi l’etichetta nutrizionale di tutti gli alimenti confezionati e se hanno un contenuto elevato di grassi, zuccheri o sodio, non mangiarli. Sul lato anteriore della confezione di molti prodotti è indicato se si tratta di un alimento a basso contenuto di grassi, zuccheri o sodio, ma è sempre meglio controllare l’etichetta nutrizionale sul retro per assicurarti che si tratti realmente di una scelta sana.

Leggi anche la lista degli ingredienti. Se stai cercando di evitare un ingrediente specifico, come zucchero, olio o grano, puoi capire facilmente se un prodotto è da evitare leggendo la lista degli ingredienti sul retro dell’etichetta.

 

 

3

Pesa tutto quello che mangi per non esagerare con le quantità. Sull’etichetta degli alimenti confezionati è indicato il peso di una singola porzione. Per assicurarti di non superare la quantità di grassi e calorie indicata per una persona, devi pesare o dosare ogni alimento prima di mangiarlo. Usa una bilancia o un dosatore per i liquidi e segui le indicazioni sulla confezione per misurare correttamente le porzioni. Per esempio, se vuoi preparare un piatto di pasta e condirla con un sugo pronto, leggi le indicazioni sulla confezione di pasta e sul barattolo di sugo e usa una bilancia e un dosatore per i liquidi per misurare una singola porzione.

Con il passare degli anni, non solo le porzioni nei ristoranti, ma anche quelle dei cibi confezionati sono aumentate. La dimensione di bottiglie e confezioni è cresciuta, quindi fai attenzione, leggi attentamente le etichette e assicurati di dosare bene le porzioni.

N.d.R.   Intervengo per aggiungere che una pratica da raccomandare è questa. Impariamo tutti a proporzionare il piatto che stiamo preparando alla percezione della fame che sentiamo. Meno un po’. Se possibile, è auspicabile.
La quantità del cibo deve essere discreta, modesta, minore di quanto pensiamo. Caso mai, abbiamo la possibilità di integrare all’ultimo, ma solo se necessario. Mentre se portiamo in tavola vassoi ricolmi, piatti straboccanti, porzioni MAGNUM, ci sentiremo, non solo invogliati, ma addirittura obbligati a darci dentro senza limite e senza freni. La vista del cibo è “golosa”.

 

 

4

Non tenere in casa alimenti che fanno male alla salute per non cadere in tentazione. Per non cedere alle lusinghe del cosiddetto cibo spazzatura o di qualunque altro alimento dannoso per la salute, evita di comprarlo. Se non hai a portata di mano alimenti che ti fanno male, non avrai la tentazione di mangiarli. Se è necessario, vaglia il contenuto di dispensa e frigorifero e butta via tutto quello che non dovresti mangiare.

N.d.R.   Hai un certo languorino, un “buco” nello stomaco che ti piacerebbe riempire con qualcosa di sostanzioso? Inganna la tua fame con un sostitutivo utilissimo e insospettabile: l’acqua. Fresca, magari con un po’ di succo di limone. Aiuta l’idratazione del corpo e ti fa arrivare, sano e salvo, al prossimo pasto, semplicemente riempiendo e  “gonfiando” lo stomaco con zero calorie. Molte diete prescrivono pure gli spuntini fra un pasto e l’altro. Io consiglierei di evitare l’assunzione di cibi solidi e di bere, come spuntino, l’acqua.
Zero calorie e buona idratazione. Dicono pure di bere circa due litri d’acqua al giorno; e quando li beviamo se non così, in queste occasioni?

 

 

 

5

Mangia in modo consapevole per apprezzare maggiormente il cibo e accorgerti di quando sei sazio. Se a tavola rimani concentrato, hai la possibilità di rallentare il ritmo, mangiare meno, digerire meglio e gustare di più ogni piatto. Mangia seduto a tavola, mai in piedi, e cerca di mantenere un ritmo pacato che ti consenta di terminare il pasto, in non meno di una ventina di minuti. Altre strategie che possono aiutarti a mangiare correttamente sono:

Eliminare le distrazioni durante i pasti, per esempio spegni il televisore e metti via il telefonino;

Prestare attenzione all’aspetto e al profumo del cibo prima di iniziare a mangiare;

Impugnare la forchetta o il cucchiaio con la mano non dominante: ti aiuterà a rallentare i gesti.

Masticare lentamente e assaporare ogni boccone.

 

N.d.R. : Dirò qualcosa a proposito del SENSO DELLA FAME. Siccome è molto importante, mi faccio precedere da qualche spiegazione scientifica, espressa, però, in linguaggio comprensibile.
Il SENSO DELLA FAME è regolato da un ormone, la GRELINA.
La GRELINA segnala al cervello quando abbiamo fame o quando le nostre energie si stanno esaurendo. Sarebbe auspicabile che il suo segnale fosse il più accurato possibile, ma è importante notare che lo stress e la mancanza di sonno possono alterare i livelli di GRELINA e quindi aumentare il nostro senso di fame.
La GRELINA, l’ormone che stimola la fame, induce ad aumentare l’assunzione di cibo e aumenta la massa grassa.
È prodotta da cellule che si trovano sul tessuto che riveste lo stomaco e dalle cellule epsilon del pancreas.
La GRELINA viene anche prodotta dal nucleo arcuato ipotalamico del cervello, dove stimola l’ormone della crescita.
La mancanza di sonno è comunemente associata ad alti livelli di GRELINA che causano un aumento del consumo di cibo. La produzione della GRELINA è regolata dalla presenza di un altro ormone importante, perché antagonista, la LEPTINA: solo il calo di questo ormone permette alle cellule dello stomaco di produrre l’ormone specifico della fame.
La LEPTINA è un ormone (chiamato ormone della SAZIETA’) prodotto dalle cellule adipociti (del grasso), durante l’assimilazione dei lipidi trasferiti dalle lipoproteine. Questo messaggero, oltre ad inibire la produzione di GRELINA, non facendoci percepire la fame, agisce sulle funzioni della tiroide. Il meccanismo della LEPTINA è tra i più studiati dagli scienziati che si occupano dell’obesità. Infatti, le persone obese dovrebbero sentirsi sazie, mentre in effetti, sono affette da una sensazione di fame perenne.
La masticazione è una fase importantissima dell’assimilazione del cibo. “Prima digestio fit in ore” (la prima digestione si fa in bocca”), dicevano i Latini. Una mia cara amica racconta sempre che suo padre insegnava, a lei e alla sorella, a masticare ogni boccone 40 volte. Forse era un po’ troppo, il pasto sarebbe stato lunghissimo, ma diciamo che non meno di 20 volte, per andare verso le 30 volte per i cibi più consistenti, potrebbe essere una buona abitudine. Innumerevoli sono i vantaggi, mentre sono spiacevoli le conseguenze in caso contrario, quando cioè, il boccone viene ingurgitato, freneticamente e spasmodicamente per la troppa ingordigia.
Pochi sanno che il nostro cervello percepisce il senso della sazietà, attraverso la LEPTINA, non solo, ma anche proporzionalmente al numero delle masticazioni. Se abbiamo masticato per mezz’ora, mangiando 300 grammi di cibo, sentiremo lo stesso livello di sazietà che se avessimo masticato mezzo chilogrammo in dieci minuti.
Durante la masticazione, tutti abbiamo un lato privilegiato del cavo orale per triturare e ridurre il cibo in poltiglia. Proviamo ad alternarlo con quello opposto della bocca: in questo modo aumenteremo il livello di percezione del gusto del cibo, perché il numero di papille gustative in funzione è raddoppiato. E ci sentiremo sazi molto prima.
Altra tecnica che io consiglio è quella di appoggiare le posate (chissà, forse si chiamano “posate” proprio perché devono essere posate) sui lati del piatto, sempre, dopo aver messo un boccone in bocca, e non riprenderle, per preparare un altro boccone, se non prima di aver finito di masticare completamente e aver inghiottito il boccone precedente. Parlo anche dell’estetica del gesto: è bruttissimo vedere una persona che si infila in bocca un boccone, avendo però la bocca ancora piena o semipiena del boccone che sta masticando. Conta, in tal modo, solo la quantità e non la qualità, che, con poche masticazioni, non verrà gustata mai fino in fondo.

 

 

6

Prendi consapevolezza del tuo stato emotivo per sconfiggere la fame nervosa. Se tendi a mangiare per allontanare sentimenti negativi come la noia, la tristezza o la solitudine, il nervosismo e le contrarietà, devi trovare il modo di gestire le emozioni e tenere a bada la fame emotiva. La fame nervosa ti porta a mangiare anche quando non ne hai realmente bisogno, a titolo autogratificativo e consolatorio, a scegliere alimenti dannosi per la salute e a esagerare con le quantità. Imparare a gestire le emozioni negative in altro modo ti aiuterà a sviluppare delle abitudini alimentari più sane.

 

 

 

Scegliere Bevande e Alimenti Sani

 

1

Riempi metà del piatto con frutta e verdura a ogni pasto. Sono entrambe ricche di sostanze nutrienti, di fibre e sono povere di calorie rispetto alla maggior parte degli altri cibi. A ogni pasto, riempi metà del piatto con 1-2 porzioni di verdura o frutta; ti aiuteranno a sentirti sazio in poco tempo e a lungo. Puoi cuocere le verdure come preferisci, per esempio al vapore, in padella o lessate in acqua bollente.

Se preferisci mangiare le verdure crude, prepara un’insalata mista, ma non come contorno, bensì come cibo di primaria importanza. Sono le altre qualità di alimenti (carboidrati, proteine e grassi) che devono essere consumati come contorno.

N.d.R.   Qui vorrei intervenire per spezzare una lancia a favore di questa impostazione dietetica che privilegia la verdura e la frutta come parte più consistente di un pasto.
La famigerata “Dieta Mediterranea”, a mio modesto avviso, è troppo sbilanciata a favore dei carboidrati,
Le proporzioni di cui sopra sono, infatti:
50%   frutta e verdura,
25%   carboidrati (integrali)
25%   proteine.
Non indico i lipidi per semplificare.

Mentre la “Dieta Mediterranea” prevede:
30%   frutta e verdura,
55% – 60%   carboidrati,
10% – 15%   proteine.
Non indico i lipidi per semplificare.

Ricordiamo tutti la famosa piramide, in cui dal lato di base fino a oltre la metà della sezione triangolare, ci sono solo carboidrati e cereali (in genere). La verdura è quasi la metà, e i carboidrati più del doppio, rispetto all’ipotesi sopra indicata. Voglio vedere il confronto dopo, ad esempio un anno: sono sicuro che chi fa la “Dieta Mediterranea” peserà 5 – 8 Kg di più di  chi fa la prima dieta.

 

 

2

Limita i carboidrati raffinati e includi i cereali integrali nella dieta. Nella loro versione integrale, gli alimenti ricchi di carboidrati sono più sani perché hanno un contenuto di sostanze nutrienti e fibre maggiore. Ti aiutano anche a sentirti sazio più a lungo e ad avere energia per più tempo. Scegli pane, pasta e riso integrali al posto della versione raffinata tradizionale.

 

 

 

3

Includi una porzione di proteine magre in ogni pasto. Le proteine devono essere sempre presenti e occupare circa un quarto del piatto. Gli alimenti ad alto contenuto di proteine includono carne, pesce, legumi e uova. Anche alcuni latticini sono ricchi di proteine, come il formaggio ( quello stagionato è preferibile perché senza lattosio). Prediligi sempre le proteine magre, per esempio puoi scegliere tra petto di pollo, carne di tacchino macinata, fagioli, altri legumi, uova e pesce azzurro. In questo modo ridurrai l’apporto di grassi e colesterolo a favore della salute generale del corpo. Leggi le indicazioni sulla confezione per misurare correttamente le porzioni. La quantità consigliata varia in base alla fonte di proteine. Per esempio, una porzione di carne o pesce equivale a circa 90 g, mentre una porzione di fagioli o di formaggio, a circa 120 g.

N.d.R.   Chi ha mai sentito parlare del PEPTIDE YY ? Il PYY è un altro ormone che ci dice quando smettere di mangiare.
Le proteine e i grassi provocano il rilascio di un sacco di PYY e, per questo, sono molto sazianti. I carboidrati, al contrario, inducono la secrezione di quantità relativamente limitate di PYY, il che spiega perché, se fate colazione con un cappuccino e una brioche, pochissimo tempo dopo, vi trovate affamati come lupi. Come dato di fatto, i carboidrati hanno un tempo di assimilazione e digestione, sempre, entro le tre ore; mentre le proteine e i lipidi vengono digeriti non prima delle 4,5 – 5 ore. E, in questo modo, non ci fanno sentire i morsi della fame quasi fino all’ora del pasto successivo. Invece, i carboidrati, una volta digeriti ci avvertono di avere fame a causa della famigerata “calata degli zuccheri”. A parziale integrazione della nota precedente riguardante il SENSO DELLA FAME.

 

 

4

Limita il consumo di grassi e oli. Un apporto sano di grassi corrisponde a circa il 20-35% della dieta. Per esempio, seguire una dieta da 2.000 calorie, significa dover assumere circa 40-80 g di grassi al giorno dato che ogni grammo equivale a 9 calorie. Gli esperti raccomandano di scegliere grassi sani, come quelli monoinsaturi o polinsaturi (di origine non animale), e di limitare o evitare quelli nocivi per la salute come i grassi saturi (generalmente di origine animale) o trans (come i grassi idrogenati industriali). Includi 2-3 porzioni di olio extravergine di oliva, e di frutta secca, nella dieta quotidiana, per fornire al corpo la giusta quantità di grassi sani. Assicurati che le calorie che provengono dai grassi saturi non superino il 10% dell’apporto quotidiano. Per esempio, se segui una dieta da 1.700 calorie al giorno, solo 170 calorie possono provenire dai grassi saturi (l’equivalente di circa 20 g).

Leggi tutte le etichette per sapere se sono presenti grassi trans. Se un alimento contiene grassi trans, non comprarlo o non mangiarlo. Generalmente sono contenuti nella margarina, nel grasso vegetale che si usa in pasticceria, nei preparati solubili e in molti prodotti da forno confezionati, come le merendine.

N.d.R.  A proposito di dolci e di merendine. Genitori e nonni, a voi è affidato dalla natura il compito di educare i vostri bambini, anche alla percezione dei gusti. Vi prego, non “allenate” i piccoli al gusto del dolce, in particolare. Crea dipendenza, è una droga subdola, mascherata da messaggio gratificante. Non fatevi voler bene perché date loro i cibi dolci, ma perché non glieli date. Loro non lo sanno, ma lo capiranno da grandi. Conquistate la loro benevolenza e gratitudine, ricorrendo ad altri mezzi di comunicazione affettiva, confezionati, in proprio, dal cuore e non acquistati, in fretta, al supermercato.

 

5

Bevi principalmente acqua e limita o evita le bevande zuccherate. L’acqua fornisce al corpo l’idratazione necessaria e per rimanere in salute non hai bisogno di bere altro. Se ti piacciono le bibite, cerca di limitarne il consumo. Non bere più di 250 ml di succo di frutta al giorno (l’equivalente di una porzione) ed evita le bibite gassate o zuccherate. Non esiste una regola valida per tutti riguardo a quanta acqua bere ogni giorno. Dovresti bere ogni volta che hai sete. Controlla il colore delle urine; se sono pallide o trasparenti e non sei assetato, significa che il tuo corpo è ben idratato.

Elimina o modera gli alcolici. Non superare la quota di un drink al giorno se sei una donna o di due drink se sei un uomo. Un drink equivale a 330 ml di birra, 150 ml di vino o 45 ml di liquore.

 

6

Di tanto in tanto, concediti qualcosa di sfizioso e non importi divieti assoluti. È importante compiere delle scelte sane per la maggior parte del tempo, ma in alcune occasioni non c’è nulla di male nel concederti uno sfizio. A patto di avere un’alimentazione quotidiana sana, di tanto in tanto è accettabile concederti per esempio un paio di fette di pizza, un gelato o una fetta di torta. Cerca di limitare queste occasioni a 1-2 volte alla settimana e programmale in anticipo per ridurre il rischio di andare oltre i limiti. Per esempio, puoi decidere di mangiare la pizza il venerdì sera o un gelato la domenica pomeriggio.

Valuta e registra quante calorie extra comporta quella concessione se stai seguendo una dieta con un apporto calorico limitato. Puoi utilizzare un diario alimentare o una app. Per esempio, 2 fette di pizza corrispondono a circa 600 calorie, quindi il venerdì è meglio programmare un pranzo leggero per far quadrare i conti.

 

Ripartire i Pasti durante la Giornata

 

1

Impara a capire quando hai davvero fame. Se sai riconoscere i segnali della fame, non rischi di mangiare per noia o più del necessario. Quando non sei certo di essere affamato, rifletti per un istante su quando e quanto hai mangiato l’ultima volta. Se sono trascorse più di tre ore, potresti avere fame. Se invece hai mangiato meno di tre ore prima, la voglia di mangiare potrebbe scaturire da altre motivazioni. Se sono passate meno di tre ore dall’ultimo pasto, poniti alcune domande prima di mangiare. Puoi usare il metodo “HALT” per capire se è veramente la fame che ti spinge a mangiare.

“HALT” è un acronimo ( parola formata dalle lettere iniziali di altre parole) che sta per:

“Hungry”,
“Angry” (o “Anxious”),
“Lonely”
“Tired”,

ovvero per affamato, arrabbiato (o ansioso), solo e stanco. Se non si tratta di vera fame, chiediti se stai provando rabbia, ansia, solitudine o stanchezza. In tal caso, cerca un modo alternativo per superare queste emozioni negative.

Per esempio, se per qualche motivo ti senti arrabbiato (o ansioso), cerca di definire la causa del tuo stato d’animo. Se ti senti solo, chiama un amico e fissa un incontro anziché cercare conforto nel cibo. Se sei stanco, fai un sonnellino per sentirti meglio.

 

 

2

Mangia a intervalli regolari. Distribuendo pasti e spuntini in modo equo nell’arco della giornata, avrai l’energia che ti serve per affrontare al meglio tutti i tuoi impegni. Fai una colazione sana appena sveglio per iniziare bene la giornata, uno spuntino a metà mattina, un pranzo nutriente e leggero, una merenda a metà pomeriggio e poi cena con almeno tre ore di anticipo rispetto all’ora in cui prevedi di andare a letto. Non saltare i pasti. Il rischio è di arrivare estremamente affamato al pasto successivo e di mangiare più del dovuto per compensare.

Suggerimento: fai una colazione abbondante al mattino seguita da pasti leggeri distribuiti equamente fino a sera. In questo modo riuscirai a mantenere alti i livelli di energia durante tutto il giorno.

N.d.R.   Eat breakfast like a king, lunch like a prince and dinner like a pauper.
Mangia a colazione come un re, a pranzo come un principe, a cena come un povero.
Questo semplice, popolare detto Inglese è molto chiaro sulla metodologia di assunzione dei pasti, per quel che riguarda la quantità. Ed è esattamente il contrario delle abitudini “mediterranee”, che noi crediamo essere il vangelo delle buone pratiche nutrizionali. No, signori: la brioche e il cappuccino, al mattino, saranno anche buoni e veloci, ma non vanno bene. Il metabolismo, di prima mattina, dopo 10-12 ore dall’ultimo pasto, è molto efficiente e ben sveglio, forse più di noi, che, invece, lo ripaghiamo con un misero apporto calorico. Ricordiamoci che il metabolismo esaurisce la sua “carica” di assimilazione e trasformazione in poche ore. Già verso le 15 del pomeriggio, non lavorerà più per noi: è un operaio “part time”. Concentriamo , pertanto, la maggiore quantità di cibo nella prima parte della giornata, per diminuirla drasticamente con l’avvicinarsi della sera e del sonno.
Per partire per un viaggio impegnativo, facciamo il pieno di carburante prima della partenza. Non sentiremo fame per tutto il giorno e arriveremo a letto leggeri.

 

3

Cena presto per concedere una pausa all’apparato digerente. L’organismo non ha bisogno di carburante mentre riposa e durante il sonno. Se la cena è troppo vicina all’ora di andare a dormire, la qualità del sonno può risentirne; inoltre, il corpo non riuscirà a processare correttamente il cibo e tenderà a immagazzinarlo sotto forma di grasso superfluo. Dovresti smettere di mangiare almeno tre ore prima di andare a letto per concedere al corpo una lunga e benefica pausa tra cena e colazione.Per esempio, programma la cena alle 19:00 se intendi andare a dormire alle 22:30 – 23:00, dopodiché non mangiare più nulla fino alla colazione del mattino dopo.

 

 

4

Prova una dieta a digiuni intermittenti. Puoi mangiare normalmente, ma entro una finestra temporale di 8-10 ore che deve corrispondere alla parte della giornata in cui normalmente sei più attivo. La dieta a digiuni intermittenti limita il periodo in cui puoi mangiare e concede più tempo al corpo per bruciare le calorie assunte. Come risultato tenderai a mangiare meno. Considera quali sono i tuoi impegni quotidiani e fissa una finestra temporale in cui inserire tutti i pasti in accordo con il tuo stile di vita. Per esempio, puoi decidere di inserire tutti i pasti in una finestra temporale che va dalle 8:00 del mattino alle 18:00. In questo caso puoi fare colazione alle 8:00, pranzare a mezzogiorno e cenare alle 6:00 del pomeriggio.

 

Consigli

  • Cerca di cucinare la maggior parte dei tuoi pasti. Quando prepari i tuoi pasti personalmente sai esattamente cosa mangi e puoi tenere sotto controllo le porzioni. È anche un buon modo per risparmiare e garantire al corpo ingredienti sani e di qualità.
  • Evita le diete che limitano l’apporto di macronutrienti importanti per la salute. Le diete molto restrittive portano buoni risultati nell’immediato, ma non sono adatte a essere seguite a lungo termine.
  • Di tanto in tanto concediti qualcosa di sfizioso. Non essere troppo rigido, quello che conta è mangiare in modo sano per la maggior parte del tempo. Occasionalmente puoi concederti qualcosa che ti piace: una pallina di gelato, un quadratino di cioccolato o un bicchiere di vino.

 

N.d.R.   Se siete arrivati fin qui, chiederò ancora un po’ di pazienza per esporre un’ultima considerazione.

Quando andiamo al ristorante per un pranzo o una cena per festeggiare qualche festività o ricorrenza, se concordiamo con il ristoratore il menù da servire, è la regola che ci venga proposto un menù unico, cioè uguale per tutti. Questo per ovvi motivi di praticità e, forse anche, di economicità. E nessuno se ne meraviglia.
Io, invece, sì. Direte che a me piacciono i paradossi: è vero. Ho una certa libidine di inoculare il dubbio nelle certezze consolidate e mai verificate, nelle consuetudini stagnanti della pigrizia mentale. Io non sono d’accordo che il pasto per 10 o 50 persone sia lo stesso uguale per tutti. Se siamo, mettiamo in venti, tutti e venti siamo diversi, per sesso, per età, per storia di salute e di malattie. Perché mai dovrebbe essere giusto e normale mangiare gli stessi cibi?
Se potessi, farei scegliere a ciascuno i piatti che più sono graditi, secondo il proprio gusto. Ma con la speranza che ognuno conosca, per bene, quali sono i cibi giusti, ciascuno per sé.
Ognuno di noi dovrebbe veramente conoscere quali sono i cibi che gli vanno bene, sia come gradimento sensoriale che come rispondenza allo stato di salute. Ma, forse è pretendere troppo.
Oggi, e non da molto, cominciano a fioccare le eccezioni: chi ha la celiachia, chi ha l’intolleranza per il lattosio, chi non può mangiare la pesca perché gli provocherebbe una reazione allergica e così via dicendo.
Io ho i miei gusti, mi piacciono determinati cibi e non ci penso proprio di mangiarne altri che mi provocano problemi e, come me, tutti gli altri hanno la loro storia alimentare da raccontare, che non dovrebbe essere riassunta e sintetizzata in un menù uguale per tutti. Ad esempio, se vengo invitato ad una cena a base di pesce, cortesemente rifiuto. A meno che, come quasi sempre accade, si prevedano espressamente alcuni piatti alternativi solo per me.
Dico questo per inquadrare un concetto più generale, cioè che ognuno dovrebbe essere informato, consapevole, anzi, addirittura, esperto dei cibi che sono adatti alla sua carta d’identità alimentare. È il miglior modo per approcciarsi ad una condizione di salute durevole e soddisfacente. Studiamoci tutti meglio.

 

 

 

 

 

 

 

Numero1948.

 

RIcevuto da un’amica.

 

PENSIERI  DI ….POI

Ne usciremo con i capelli più lunghi e più bianchi.
Con le mani e le case pulite, ed i vecchi vestiti.
Con la paura e la voglia di essere fuori.
Con la paura e la voglia di incontrare qualcuno.
Ne usciremo con le tasche vuote, e le dispense piene.
Sapremo fare pane e pizza, e non mandare sprecato il cibo che avanza.
Ci ricorderemo che un medico o un infermiere dovrebbero essere applauditi più di un calciatore, e che il lavoro di un bravo insegnante non lo può sostituire uno schermo.
E che cucire mascherine, in certi momenti è più importante che fare alta moda.
Che la tecnologia è importantissima, anzi vitale, quando viene usata bene , ma può essere deleteria se qualcuno la vuole usare per fini propri.
E che non sempre è indispensabile salire in macchina e fuggire chissà dove.
Ne usciremo più soli, ma con la voglia di stare insieme.
E capiremo che la vita è bella perché si vive .
E che siamo gocce di un unico mare.
E che solo insieme si esce da certe situazioni.
Che a volte il bene o il male, ti arriva da chi e quando meno te lo aspetti .
E ci guarderemo allo specchio. E decideremo che forse i capelli bianchi non sono così male.
E che la vita in famiglia ci piace, e impastare del pane per loro, ci fa sentire importanti.
E impareremo ad ascoltarci i respiri, i colpi di tosse, e a guardarci negli occhi, per proteggere chi amiamo.
E a rispettare alcune regole base di convivenza . E ad impararne altre, di nuove.
Magari sarà così.
Oppure no.
Ma stamattina , in un giorno di primavera, voglio sperare che tutto sia possibile e che si possa cambiare in meglio.

TENIAMO  DURO !

 

Numero1938.

 

CURIOSITA  STORICHE

Cos’erano le CARAMPANE?

Mi pare intrigante ed istruttivo riportare una verità storica non molto conosciuta, se non per vago “sentito dire”, che riguarda abitudini di vita reale di non tanti secoli fa e non molto distanti da qui. A Venezia.

Trascrivo le notizie, raccogliendo e vagliando dal WEB (Wikipedia e altro).

Dalla ricerca sugli “usi e costumi” eterosessuali, si sconfina, inevitabilmente, nel campo omosessuale, per completare il quadro.

 

Venezia nel XIV secolo era all’apice della propria fortuna commerciale e delle arti che vi si svolgevano in un coacervo di navi in arrivo in porto, di merci di tutti i tipi scaricate sulle banchine, di marinai e commercianti di tutte le nazionalità che si muovevano alla ricerca di nuove e vecchie sensazioni.

Nella città giungevano ogni giorno nuovi abitanti attirati dalla facilità di guadagno, ma soprattutto perché vivere nella capitale diventava una concreta possibilità di sopravvivenza, in relazione alla scarsa disponibilità di viveri delle regioni confinanti.

In questa città sempre più caotica dove si concentravano commercianti di varie e lontane regioni per portare le mercanzie delle proprie terre, dove i marinai di tutte le navi si trovavano a terra chi perché appena sbarcato, chi per imbarcarsi per un nuovo viaggio, era naturale che si concentrasse pure un numero notevole di cortigiane che si concedevano a pagamento.

Il Senato della Repubblica di Venezia ha sempre cercato di arginare il diffondersi delle case da meretricio, imponendo, fin dal 1360, che le prostitute si ubicassero nelle vicinanze del grande mercato di Rialto, nel posto definito delle “Carampane”.

Non troppo lontano da Sant’Aponal c’è tutta una zona detta de le Carampane, corruzione (o fusione o crasi) di Ca’ (casa) Rampani, dal nome di una famiglia nobile che aveva lì la casa patrizia. Poco lontano da qui, nel 1360, fu istituito il Castelletto, un gruppo di case dove la Serenissima impose alle prostitute di radunarsi e di esercitare il mestiere. Il Castelletto era chiamato così perché custodito da sei guardiani, e governato con ordini adatti a una fortezza.

A quell’epoca, le meretrici veneziane non godevano di molte libertà, tanto sociali quanto religiose. Non potevano portare gioielli, dovevano vestire in maniera da poter essere riconosciute per strada, non potevano uscire la notte, avevano anche seri vincoli rispetto all’esercizio della loro “professione”. A dispetto delle disposizioni, comunque, molte prostitute si stabilirono in diverse zone della città, ma specialmente alle Carampane. Una specie di “quartiere a luci rosse”, nel tempo, visto che la Dominante – allo scopo di distogliere gli uomini dal “vizio” della sodomia – prescrisse che le meretrici potessero stare davanti alle porte o alle finestre, scoperte in maniera lasciva e illuminate, di sera, da delle lucerne. In pratica, l’antesignano degli odierni peep-show (esibizione erotica visibile attraverso uno spioncino, o, anche, il locale dove questo avviene). 

Non a caso, in questa zona del Sestiere, esistono anche ponte e fondamenta de le Tette, che prendono il nome dall’interessante consuetudine. A tale proposito più tardi, il 27 marzo 1511, le meretrici presentarono una istanza nientemeno che al Patriarca Antonio Contarini, affinché venisse in loro aiuto non potendo esse più vivere: “niun va li lhoro”. Nessuno va con loro, a causa dei cosiddetti peccati “contro natura”. Qualche anno prima, alcune avevano provato ad invogliare i clienti con una acconciatura particolare, detta “al fungo” (consistente nel raccogliere i capelli sulla fronte in modo da formare un ciuffo), che le faceva sembrare più simili a ragazzi. Una novità che non piacque al Consiglio dei Dieci, che la proibì con una legge il 14 marzo 1470.

Carampane ieri e oggi

Tra le curiosità, fino a pochissimi anni fa a Venezia con carampane si intendevano donne di malcostume, o – sempre spregiativamente – vecchie cui si volesse dare delle ruffiane. Ancora oggi con tale termine si fa riferimento – più genericamente – a donne che, ben oltre la mezza età, si danno arie da ragazze, nel trucco, nell’abbigliamento o negli atteggiamenti.

 

Questo delle “Carampane” era proprio una specie di quartiere a luci rosse, dal quale le prostitute non sarebbero potute uscire per non diffondere, con il loro fare lascivo, un cattivo esempio per le cittadine per bene. Nella zona della Carampane c’è il famoso Ponte delle Tette e l’adiacente fondamenta omonima dove appunto le donne potevano mostrare la propria mercanzia anche sedute sul davanzale delle finestre decisamente poco vestite.

Gli edifici loro adibiti diventarono insufficienti per il numero cospicuo delle donne che vi abitavano, quindi si diffusero in città in diversi luoghi, alle Carampane, a San Salvador, e specialmente a San Samuele.

Erano però molto numerosi in città, proprio per la presenza di molti uomini non accompagnati dalle famiglie, gli stupri o addirittura i rapimenti di ragazze, come viene ricordato dalla famosa festa veneziana che attualmente viene rivissuta in prossimità del Carnevale di Venezia, la Festa delle Marie. I Magistrati veneziani erano abbastanza accondiscendenti con le puttane di mestiere e solo in caso di particolari atti gravi, intervenivano contro le signore di strada, spesso solo con sanzioni pecuniarie o corporali. Lo erano molto meno con gli stupratori tanto che “se alcun desverzenerà per forza alcuna zovene, over haverà violentemente da far con Donna maritata, o con femmina corrotta…., tutti doi li occhi perda”.

Venivano pure puniti gli sfruttatori del meretricio, tanto che i papponi subivano sanzioni corporali, ammende e pure la reclusione. Non venivano assolutamente tollerati gli omosessuali e coloro che si prestavano ad atti di sodomia; la punizione, per coloro che fossero risultati colpevoli dei reati loro ascritti, era la decapitazione in Piazza San Marco tra le colonne del Marco e del Todaro ed il loro corpo veniva successivamente bruciato.

Nel ‘500 Venezia manteneva una floridezza che le altre città del mondo non potevano permettersi. Il numero degli abitanti prima della peste del 1575 superava le 175 mila unità, che diventano cospicue se confrontate alle 55 mila di Roma del 1526.

 

OMOSESSUALITA’  A  VENEZIA.

 

La parola omosessualità e stata creata fondendo il termine greco omoios, che vuol dire “simile”, e il termine latino sexus, che vuol dire “sesso”, e si riferisce ad “una disposizione all’esperienza sessuale, affettiva o di romantica attrazione verso le persone dello stesso sesso”.

 

Per l’uomo la penetrazione rettale è il modo più efficace per stimolare la radice del suo membro e la prostata, zona altamente erogena. Qualcuno raggiunge l’orgasmo solo così, mentre altri lo raggiungono affiancando contemporaneamente la masturbazione. L’omosessualità si riscontra in molte specie animali. La diffusione dell’omosessualità nella specie umana è difficile da determinare accuratamente, benché in molte antiche culture le relazioni omosessuali fossero altamente diffuse.

La storia dell’omosessualità

è anche una storia degli atteggiamenti sociali possibili verso un comportamento percepito come “deviante”. L’atteggiamento sociale verso i comportamenti omosessuali ha conosciuto momenti di relativa tolleranza, durante i quali la società ammetteva un certo grado di discussione ed esibizione pubblica del tema, anche attraverso l’arte e le produzioni culturali (come è avvenuto per esempio nell’Atene classica, nella Toscana del Rinascimento, o a Berlino e a Parigi nell’anteguerra), alternandoli però a momenti di repressione durissima.
Con la nascita del movimento gay, si può finalmente guardare a questo mondo come a una “comunità’” strutturata secondo valori e rituali propri.

Ma come era vista in passato la omosessualità ?

In antichità , il maschio era educato per essere padrone e dominatore nel rapporto erotico e di coppia, e tale esigeva di essere anche nel rapporto omosessuale.  Nella Roma antica, sodomizzare uno schiavo era legale, ed era il segno di potenza del  padrone.

Quando si parla di omosessualità in quest’epoca si parla infatti, quasi  automaticamente, di un rapporto fra un adulto e un ragazzo d’eta’ compresa tra i quattordici e diciott’anni (si ricordi che la pubertà, all’epoca, arrivava più tardi).
Uno dei motivi, che era accettato tacitamente anche da parte dei genitori , era ” di essere iniziato alla sessualità, seppure in un modo sentito come “surrogato” e non certo soddisfacente”. Il secondo motivo , anche questo abbastanza importante, era il denaro (determinante in una società povera come quella ). I soldi che un ragazzo poteva aggiungere al bilancio familiare prostituendosi non erano malvisti da tutte le famiglie e non tutti i genitori avevano voglia di chiedersi da dove venissero. Infine, il terzo motivo era quello di attirare l’attenzione di un adulto (altro aspetto importante quando la condizione di giovane non era invidiata e “centrale” come nella cultura attuale).
Era buon uso che un nobile accettasse di prendere in casa un “figlio” per garzone.  in cambio avrebbe potuto portarselo a letto senza problemi. Nascono, cosi, i cosiddetti “boccia da cullo”.

Non doveva essere facile per i sodomiti vivere sereni e senza sensi di colpa. In un mondo dominato dalla Chiesa il peccato era punito non solo da Dio, ma anche dagli uomini.
La Serenissima Repubblica emette leggi, che puniscono aspramente i comportamenti “contro la natura”umana cioè la omosessualità. Gli omosessuali venivano impiccati nelle due colonne della piazzetta di S. Marco e poi bruciati fin che fossero ridotti in cenere. Un colpo davvero grosso misero in scena nel 1407 i magistrati della Repubblica di Venezia: trentacinque sodomiti (non si sa, per la mancanza di documenti, se ad uno ad uno o tutti assieme) furono scoperti e processati. L’avvenimento, al di là delle gravi complicazioni politiche che causo’ (quattordici imputati erano nobili) diventa per noi di grande interesse, perché costituisce una delle prime tracce di una rete di frequentazioni fra sodomiti nelle città italiane del medio evo.

 Gli arresti in massa continuano a costellare per secoli le carte processuali veneziane. Ne troviamo, ad esempio, un altro già nel 1422: diciannove le persone coinvolte, fra cui tre barbieri e parecchi minorenni;  poi nel 1464 vengono incriminate quattordici persone (fra cui cinque nobili), molte delle quali pero fuggono prima della cattura. Nel 1474 abbiamo ancora sei sodomiti (due dei quali nobili) coimputati. La vicenda assume le tinte di un thriller quando l’accusatore viene misteriosamente assassinato. Ma di questa presenza strutturata ci parlano anche le leggi stesse di Venezia . Una di esse, nel 1450, menziona i portici vicini a Rialto e quello della chiesa di S. Martino come luoghi d’incontro di sodomiti. Inoltre i supervisori dell’Arsenale (presso cui si trova la chiesa di S. Martino, ) decidono che “a spese del nostro Tesoro, sia fatto chiudere con grosse assi il predetto portico di san Martino, facendo fare quattro porte ai quattro lati delle colonne, che stiano aperte e chiuse secondo gli orari delle porte della chiesa” . Cinque anni dopo questo decreto, nel 1455, viene deciso di pattugliare certe zone di Venezia, per impedire ai sodomiti di usarle come luoghi di incontro.

Nel 1488 un editto impone di chiudere con assi di legno anche il portico della chiesa di Santa Maria Mater Domini, per i motivi per cui si era già chiuso quello di S. Martino”. Un’ulteriore lista di luoghi da sorvegliare viene stilata in un decreto del 1496, che elenca “magazzini, bastie, scuole, tutti i portici, le case degli scaleteri, taverne, postriboli, case delle prostitute; coloro che (le pattuglie) avranno trovato nei luoghi sospetti,  li dovranno arrestare”.
Alcuni decreti del Consiglio dei X, promulgati nel medesimo secolo, annunciano che, per estirpare «abhominabile vitium sodomiae» (l’abominevole vizio della sodomia), si erano eletti due nobili per contrada. Ogni venerdì si doveva raccogliere il collegio dei deputati ad inquisire sopra i sodomiti. I medici e i barbieri, chiamati a curare qualche uomo o anche qualche femmina, avevano tre giorni per denunciare all’amministrazione le loro”confidenze amorose”. “Gli membri delle pattuglie saranno tenuti a interrogare e investigare se qualcuno gestisca luoghi pubblici o case che vengono chiamate “bastie” (taverne), nelle quali solitamente vengono commessi molti atti illeciti e disonesti, oppure se esistano frequentazioni di eta’ non conveniente, vale a dire adulti che conversano insieme a ragazzi”.
Un nuovo decreto, questa volta per sottoporre a sorveglianza anche gli scaleteri (pasticceri), “poiché siamo stati avvertiti del fatto che nella casa di molti scaleteri di questa nostra città molti giovani, ed altri di diverse età e condizioni, si ritrovano di giorno e di notte, e qui giocano e tengono taverna, e commettono molti atti disonesti. Ci sono stati famosi processi contro omosessuali o per violenza “contro natura”, come quelli contro un tale Francesco Cercato, che fu impiccato per sodomia tra le colonne della Piazzetta San Marco nel 1480, e tale Francesco Fabrizio, prete e poeta, che fu decapitato e bruciato nel 1545 per il “vizio inenarrabile”. La controriforma, cioè la risposta alla riforma di Martin Lutero (stabilita dal concilio di Trento 1570) aveva come scopo quello di “improntare una morale più severa e di spirito cristiano”. Il problema principale di Venezia , un paese di crocevia di gente che andava e veniva per tutto il Mediterraneo, la sodomia (la pratica più diffusa in Venezia) fu condannata nel concilio di Trento. In seguito a questa riforma il Senato deliberò che, in certi posti della città, fosse concesso alle Meretrici di mettere in mostra le proprie virtù per “attirare un pubblico di uomini sempre più numeroso e mantenere così ben saldi gli usi di una cultura eterosessuale”. La zona delle “Carampane”, vicino a Rialto, era una delle aree di Venezia nella quale le prostitute di Venezia erano obbligate a concentrarsi fin dal XV secolo per disposizione delle leggi sull’ordine pubblico.

Nel 1509 a Venezia vi erano 11.654 cortigiane censite (su una popolazione di 150.000 abitanti…),

Nonostante questo, l’omosessualità continuava a persistere, e soprattutto si presentava nei confronti dei giovani, potendo comportare difficoltà di socializzazione e gravi conseguenze per l’individuo, tra le quali il suicidio. Per non parlare di problematicità demografiche.

La Serenissima disapprovava l’omosessualità molto di più della prostituzione, tanto che una legge del 1482 stabiliva che chi veniva riconosciuto colpevole del peccato  di sodomia doveva essere giustiziato e poi bruciato in mezzo alle colonne della piazzetta di San Marco. Un ‘ ordinanza stabilì che le prostitute  che lavoravano nella zona di San Cassiano  (PONTE DELLE TETTE )  dovessero affacciarsi alle finestre  o stare sulle porte a seno nudo per incoraggiare i clienti e soprattutto per esortare i numerosi omosessuali del tempo all’eterosessualità. Le leggi che riguardano l’omosessualita’  erano  severissime : abominandum vitium…eradicetur de civitate ( abominevole vizio….sia sradicato dalla nostra città)  tuonavano i DIECI che obbligavano i medici a denunciare chi, maschio o femmina , si  facesse curare per essere “in parte posteriore confractum” (lacerato nella parte posteriore).

La Serenissima incoraggiava l’esibizionismo delle prostitute per combattere l’omosessualità alquanto diffusa a Venezia tra il XV e il XVI secolo, fino a diventare un problema di stato. Le influenze di sodomia conseguenti al sempre crescente arrivo di mercanti proveniente dal Medio Oriente, al vivace miscuglio di popoli e, con essi, delle rispettive abitudini culturali, provocò una sorta di campagna della Repubblica mirata alla conservazione degli usi e costumi propri di una cultura eterosessuale.
Il mestiere più antico del mondo era, quindi, non solo tollerato, ma quasi, addirittura, favorito.

N.d.R. : Ma, per doverosa e rigorosa integrazione, non posso esimermi dal ricordare che, sulle gloriose navi, mercantili e da guerra, della “Serenissima” esisteva, come mansione istituzionale, la figura del “mozzo da cul”.
Nei lunghi mesi di navigazione, come “facevano i marinai” (se lo chiedeva anche Lucio Dalla), a “soddisfare le proprie voglie” (questo, invece, se lo chiedeva Faber De Andrè)?
Riporto quanto segue:

Essere un “Recia” (orecchio)    (In altro dialetto: “ricchione”)

Ci si riferisce all’usanza di contrassegnare con un orecchino il “mozzo da culo”, giovane con tendenze omosessuali imbarcato come mozzo, al solo scopo di soddisfare le voglie dell’equipaggio…


Un qualsiasi oggetto è detto “da culo” quando…

…per la scarsa qualità, non risponde alla funzione alla quale è preposto, nello stesso modo in cui il “mozzo da culo” tutto era fuorché un vero mozzo…  Altri dicono significhi “di nessun valore”, con riferimento alle “pezze da culo” (quelle che venivano usate, prima della carta igienica).
A proposito di carta igienica, segnalo anche, per inciso, e per restare in tema marinaresco, questa altra chicca:

Essere un “Cáo da brodo”.

Essere definiti “Cao da brodo” non è proprio esaltante…
Ci si riferisce ad una corda (cáo, cioè cavo) che veniva fatta scendere dalla poppa della nave e lasciata perennemente immersa nell’acqua.  Il riferimento al brodo? … la parte sfilacciata immersa veniva utilizzata come carta igienica dall’equipaggio.

Alla luce di quanto sopra, non può destare meraviglia se la più bella gioventù maschile di Venezia, arruolata sulle Galeazze, sui Brigantini, sui Vascelli, sulle Fregate, sulle Galandrie, costretta a feroci astinenze sessuali, si dedicasse a praticare esborsi fisiologici, contro natura, con l’unico personaggio “disponibile” a bordo. Giovani che poi, ben si capisce, si assuefacevano facilmente a questo tipo di rapporti che, una volta a terra, come sulla nave, diventavano pratica abituale. I marinai erano moltissimi e il “malcostume” si diffondeva a macchia d’olio.
L’ipocrisia non comanda alla natura.

 

Numero1922.

 

Me la manda Rita, che lo ha appena ricevuto su WHATSAPP : merita di essere pubblicato.

 

Ricapitolando.

In pochi giorni abbiamo risolto il problema del traffico, dell’inquinamento, dello spreco di cibo, della ludopatia e dell’invasione dei migranti. Difficilmente staremo in futuro a litigare su quote 100 o di quando poter andare in pensione.

Miglioramenti sensibili anche sul fronte dell’evasione fiscale e della tracciabilità dei pagamenti (per giustificare le uscite di casa).

Abbiamo incentivato la digitalizzazione e l’alfabetizzazione informatica, dato forte impulso all’ “e-commerce”, lanciato lo “smart working” e l’ “è-learning”.

Abbiamo finalmente dato al calcio l’importanza che merita, aumentato la lettura dei libri e dei giornali, la visione dei film, riscoperto il piacere della sana cucina casalinga e del giardinaggio, ci siamo rivelati amanti dell’attività fisica e dell’aria aperta.

Siamo diventati più solidali, più socievoli e desiderosi di interagire con il prossimo. Quando suona il campanello il “e adesso chi cazzo è che rompe” è stato sostituito da una scossa adrenalinica.

Abbiamo responsabilizzato i cittadini all’osservanza delle norme e a non voltarsi dall’altra parte se vedono qualcuno che fa il furbo, abbiamo imparato a fare la fila in modo ordinato e a lavarci le mani.

Passiamo molto più tempo con i nostri figli e i nostri partner, forse entro un anno avremo pure risolto il problema demografico.

Abbiamo riabilitato gli scenziati e le competenze, spazzato via no-vax e complottisti vari, abbiamo disintossicato le trasmissioni di informazione dalle inutili liti da salotto dei politici.

Furti, rapine e altri delitti ridotti all’osso, traffico e spaccio di droga che hanno subito un tracollo.

Adesso ci resta solo da risolvere sta sega del coronavirus e siamo a cavallo.