Numero2467.

 

Dal  FATTO QUOTIDIANO  del 1 Giugno 2022.

 

di Ferdinando Boero, zoologo all’Università Federico II.

 

I ragazzi non capiscono? È utile che sia così. La scuola senza pratica è destinata a fallire

 

Una collega, madre di uno scolaro, mi manda la foto del Manuale per le prove Invalsi della scuola primaria. Ci sono anche io, citato in un capitoletto sulle meduse… Finire su un testo per le elementari mi riempie dei orgoglio. Ma per poco: le prove Invalsi sono andate male. Percentuali significative di studenti non sono in grado di comprendere un testo e di fare calcoli. Gli anziani, categoria alla quale appartengo, si strappano le vesti: il sistema educativo è troppo permissivo, ah… ai miei tempi! I maestri ci rifilavano ceffoni, se sgarravamo. E a casa sarebbe arrivato il resto, se mai la notizia fosse trapelata. Se non si studiava la pena era certa e implacabile, oggi invece non si boccia più, è diseducativo!
Non è che non studiassi, allora. Leggevo, e imparavo senza sforzo, libri che trattavano di argomenti differenti da quelli proposti dai docenti. Risultato: sempre rimandato a partire dalla prima media, bocciato due volte al liceo. Giusto: rifiutavo le regole e ne pagavo le conseguenze. All’università ho scoperto che studiare è bellissimo e, da allora, non ho più smesso.

Ho tenuto corsi universitari per decenni. Alcuni entusiasmanti (biologia marina) altri che potrebbero essere pesanti mattoni (zoologia). Imparare a memoria i nomi di animali, assieme alle litanie che descrivono le loro caratteristiche, può risultare indigeribile a individui poco inclini a studiare a memoria qualunque assurdità, sapendola ripetere a comando. Quell’esame può essere un ostacolo quasi insuperabile, oppure quello di cui gli studenti si ricordano per sempre.

Per comprendere il livello di competenza dei miei studenti, all’inizio di un corso del primo anno, stimolato da una pubblicità, domandai: bevete un litro d’acqua e poi fate la plin plinChe strada fa l’acqua? Per rispondere si devono conoscere gli apparati digerente, circolatorio e respiratorio, il metabolismo cellulare, l’apparato escretore e un po’ di sistema nervoso e endocrino. Ma non basta: bisogna metterli assieme, collegandone le funzioni. Le informazioni sui singoli apparati non sono conoscenza. Per la prima volta, si accorsero della loro fantozziana ignoranza. Era così anche “ai miei tempi”: informazioni che non diventavano conoscenza.

Non sapere come funziona il proprio corpo è sintomo di grave carenza culturale, forse più dell’ignoranza di un teorema, o dell’origine della metafora nel primo verso del Purgatorio.
Noi siamo animali che imparano, e comunichiamo verbalmente. Come impariamo a parlare? Studiamo la grammatica e la sintassi, e poi parliamo, oppure prima parliamo e poi studiamo le regole? Quando, qualche eone fa, studiai lingue straniere (dal latino al francese all’inglese) il sistema di apprendimento era proprio quello: declinazioni, liste di parole da imparare, regole. Di parlare non se ne parlava. Se ci insegnassero così la nostra lingua madre, saremmo degli infelici.

Prima viene la pratica e poi la teoria: approccio induttivo. L’approccio deduttivo, fondamentale in moltissime scienze, prevede che si elabori prima la teoria, e poi si passi alla pratica: per perseguirlo, però, si parte da percorsi induttivi, esperienziali.

Se la formazione comincia con la teoria e manca di concretezza, soprattutto nelle fasi iniziali, la sua efficacia diminuisce. La mia interpretazione del fallimento del sistema educativo è tutta qui: adotta un sistema deduttivo, quando sarebbe necessario un sistema induttivo a cui far seguire l’approccio deduttivo. Inutile imparare a priori tutti gli apparati e i sistemi che compongono il nostro corpo se poi non si sa come interagiscono per farlo funzionare (la pipì). Sempre restando in acqua… quali mari bagnano l’Italia? Ligure, Tirreno, Ionio, Adriatico, giusto? E l’Atlantico? Quando piove in Italia, da dove viene l’acqua che ci bagna? Pensate alle previsioni del tempo. Le perturbazioni (le nuvole) si formano in Atlantico e poi si spostano verso l’Europa, Italia inclusa. Quando piove, è l’acqua dell’Atlantico che ci bagna. Il Po è in secca perché non piove. La sorgente è il Monviso, ma l’acqua del Po viene prima di tutto dall’Atlantico. Quando lo sai è così ovvio.Ci volevano cinque minuti a spiegare la plin plin; che l’Atlantico bagni l’Italia richiede ancor meno tempo. La plin plin e la pioggia sono “pratica”, e si passa dal livello del nostro corpo a quello planetario. Con quella “pratica” si arriva a capire il significato della “teoria”. “Capire”, non “imparare a memoria”. In 13 anni di scuola non c’è spazio per la pratica, a meno di avere docenti illuminati che la propongono in percorsi extracurriculari. I bambini, magari, studiano l’importanza della biodiversità… ma non sanno i nomi degli alberi che incontrano tornando a casa da scuola.

Questo sistema educativo, e ora faccio il complottista, sembra fatto apposta per chi vuole che i cittadini adulti abbiano i livelli di comprensione di scolari svogliati che siedono nell’ultimo banco. È utile che non capiscano… Talmente utile che siamo chiamati a votare un referendum che vuole abolire il divieto per i condannati di sedere in parlamento, chiedendo misure restrittive per i magistrati. Una bella prova Invalsi che misura l’intelligenza dell’italiano medio, o il tasso di delinquenzialità degli elettori.

Numero2425.

 

BREVE  RIFLESSIONE  SULLA  VITA  E  SULLA  MORTE.

 

Tre cose accadute oggi.

 

E la vita è così forte

che attraversa i muri per farsi vedere,

la vita è così vera

che sembra impossibile doverla lasciare,

la vita è così grande

che, quando sarai sul punto di morire,

pianterai un ulivo,

convinto ancora di vederlo fiorire.

 

Mi sono venuti in mente questi meravigliosi versi della canzone “Sogna ragazzo, sogna” di uno dei miei autori di poesie in musica preferiti, Roberto Vecchioni, perché, nel cortiletto davanti a casa mia, ho appena collocato, non dico messo a dimora, perché era già in vaso da qualche decennio, una pianta di ulivo, valendomi della consulenza preziosa di una cara amica, che di ulivi se ne intende e che mi ha aiutato. Mi sono interrogato se mai fossi ancora convinto di poterne vedere la fioritura ed i frutti e, chissà perché, con una coincidenza alchemica e profetica, sono successe proprio oggi due fatti di vita e di morte che, per quanto non mi coinvolgano in prima persona, mi sono tuttavia balzati alla mente come momenti di riflessione.

Mi telefona mio figlio Alexis, in giro per l’Italia per lavoro, che avrebbe dovuto incontrarsi con il suo titolare Alessandro, uno dei due ingegneri giovani che hanno fondato l’Azienda per la quale lui lavora, per andare insieme da certi clienti. È arrivata invece la ferale notizia che il padre di Alessandro era stato trovato senza vita a causa di arresto cardiaco. Il padre era ancora giovane, appena settant’anni, ed era stato un medico, ora in pensione, una persona equilibrata ed attenta ad una condizione e conduzione di vita rispettose della salute. Eppure, la falce lo ha rasato con un colpo secco, senza pietà.
Mio figlio era sconvolto. Mi ricordava quanto questo medico gli fosse stato vicino recentemente per consigliarlo su come uscire presto ed indenne dalla recente pandemia: lo aveva seguito, seppur telefonicamente, giorno per giorno, informandosi costantemente sul suo stato di salute. E mi ha detto: “Papà, non è giusto. Senza avvisaglie, senza trasgressione alcuna delle precauzioni di una sana procedura di vita, come può avvenire una cosa di questo genere?”.
Cercava, il mio ragazzo, una motivazione razionale, un appiglio consequenziale, un rapporto credibile di causa ed effetto fra la vita e la morte.

È uno di quei momenti in cui la mente corre, senza freni, alla ricerca di una risposta nella volontà superiore di un destino o di un Dio.
Ma, se Dio esiste, perché non elargisce quaggiù, su questa terra ed in questa vita, un premio od un castigo alle persone a secondo dei loro meriti o demeriti, con una appendice di esistenza terrena, risarcitoria o punitiva e, comunque, riparatrice ed equiparatrice di ogni male provocato o subito?
Il sillogismo porterebbe alla scontata conclusione che le buone e brave persone meriterebbero di raggiungere la parte finale della loro esistenza, in salute ed in pace, e di andarsene senza traumi, né per loro stessi, né per i loro cari. E, al contrario, chi ha sprecato la propria esistenza dietro futili chimere, o spregiudicate avventure, per non dire esecrabili scopi delittuosi, potrebbe trovarsi a scontare le proprie malefatte, subendo un accorciamento della propria aspettativa di vita. Se io fossi Dio, così farei. E applicherei la “giustizia divina” in questa vita, dove a tutti è palese ogni merito o demerito, a seconda del premio o castigo maturato: un “surplus” o un “surminus” di vita. Sarebbe, oltre tutto, molto più illuminante e didascalico, cioè insegnerebbe a tutti, senza bisogno di prediche e moralismi ipocriti, come si sta a questo mondo.

Per felice contrappasso, mi giunge anche la bellissima notizia che un mio caro amico, di cui altrove ho parlato, e la cui salute mi sta veramente a cuore, eviterà un ulteriore intervento chirurgico, che si era prospettato come probabile, qualora si fossero verificate certe condizioni. Per fortuna o per suo merito, queste condizioni non si sono presentate, perciò niente operazione e ….  la vita continua.

Anche questa, per me, è una riprova di quanto sia auspicabile che la vita sia elargita, anche solo come prolungamento, a chi l’ha ben vissuta e, meritoriamente, ha accumulato crediti e bonus. A patto che la vita sia un piacere e non una pena da vivere, e non sempre è così. Anzi, io renderei piacevole, come non mai, la vecchiaia, cioè proprio questa prosecuzione di vita, per chi l’ha ben meritata, ed escluderei, come indegni, coloro che la propria vita hanno passato malamente per se e per gli altri.
Se solo ci fosse Dio. Un Dio giusto.

 

Chiudo questa breve riflessione con alcuni altri versi della stessa poesia-canzone che l’ha cominciata, e li dedico a mio figlio:

 

Sogna, ragazzo, sogna,

quando cade il vento ma non è finita,

quando muore un uomo per la stessa vita

che sognavi tu.

 

E, per finire:

 

Sogna, ragazzo, sogna,

ti ho lasciato un foglio

sulla scrivania,

manca solo un verso

a quella poesia,

puoi finirla tu.

 

 

Numero2240.

 

G R E E N    P A S S

 

Green Pass sì, Green Pass no. Green Pass obbligatorio, dove, quando, Questioni e dibattiti a non finire.
Il Green Pass è diventato un passaporto, equivalente ad un permesso e, per questo, sarebbe limitativo della libertà personale.
Ci sono persone che non digeriscono alcuna limitazione della libertà. Non recepiscono, forse, il principio, universalmente riconosciuto, che la libertà assoluta non esiste, perché quella individuale confligge con quella collettiva. Anche gli altri vorrebbero godere della stessa libertà di cui godi tu.
Io sono un liberista convinto, ma intendo che la mia libertà possa venir condizionata da quella degli altri, o dalle loro necessità. Perciò faccio una riflessione metodologica e pongo, innanzitutto a me stesso, e poi a tutti, una semplice, stupida domanda, che, però, è in cerca di una risposta intelligente.
Domani mattina, io devo montare in macchina, per uscire, andare al lavoro, andare in un posto qualunque, mettendomi sulla strada.
Sarei contento di sapere che gli altri conducenti di milioni di macchine sono sprovvisti della patente e dell’assicurazione?
Non è rilevante che io abbia patente ed assicurazione: è una sicurezza per me ed anche per gli altri. Ma come faccio io a sentirmi sicuro, circolando per strada a stretto contatto con le altre macchine, di cui non conosco la capacità di gestire correttamente le regole della circolazione? Fatevi, anche voi, questa domanda e cercate di darvi la risposta intelligente che riscatti la stupidità della domanda stessa.

Numero2191.

 

L’ O D I O

 

Quando odiamo qualcuno,

odiamo nella sua immagine

qualcosa che già abbiamo

dentro di noi.

 

Herman  Hesse.

 

N.d.R. : Cioè, è come dire: odiare gli altri è odiare se stessi. È il conflitto con il nostro brutto carattere, che tentiamo di risolvere con una rimozione, riversando su altri il marasma che, dentro di noi, non siamo capaci di gestire.
Per questo l’odio non può che creare frutti amarissimi.

Numero2169.

 

A  PROPOSITO  DI  VIRUS

 

E se, invece del CORONAVIRUS,

il virus fosse informatico?

 

Dio ce ne scampi!

Lo scenario sarebbe catastrofico!.

Molto più di questo

che stiamo vivendo con molti problemi.

Per ora non ne voglio parlare,

ma il solo pensiero mi atterrisce.

L’economia mondiale sarebbe sconvolta

e la vita sulla terra diventerebbe un inferno.

 

Non voglio essere profeta di sventure,

altri, da tempo, lo hanno prospettato.

Incrociamo le dita, scaramanticamente.

 

 

Numero2148.

 

R I F L E S S I O N I

 

L’altro giorno, una ragazza giovane mi ha chiesto:

“Cosa provi nell’essere vecchia?”

Mi ha sorpreso molto la domanda,

dato che non mi sono mai ritenuta vecchia.

La ragazza, vista la mia reazione,

immediatamente si è dispiaciuta, però

le ho spiegato che era una domanda interessante.

E poi ho riflettuto, ho pensato

che invecchiare è un regalo.

A volte mi sorprende la persona che vedo

nel mio specchio. Ma non mi preoccupo

di lei da molto tempo.

Io non cambierei nulla di quello che ho

per qualche ruga in meno e un ventre piatto.

Non mi rimprovero più perché

non mi piace riassettare il letto,

o perché non mangio alcune “cose”.

Mi sento finalmente nel mio diritto

di essere disordinata, stravagante

e trascorrere le mie ore contemplando i fiori.

Ho visto alcuni cari amici andarsene

da questo mondo, prima di aver goduto

della libertà che viene con l’invecchiare.

A chi interessa se scelgo di leggere

o giocare sul computer fino  alle quattro

del mattino e poi dormire fino a chissà che ora?

A chi interessa se ballo da sola ascoltando

la musica anni 60? E se dopo voglio

piangere per un amore perduto?

E se cammino sulla spiaggia in costume da bagno,

portando a spasso  il mio corpo paffuto

e mi tuffo fra le onde lasciandomi  cullare,

nonostante gli sguardi di quelle

che indossano ancora il bikini:

saranno vecchie anche loro se avranno fortuna.

È vero che negli anni il mio cuore ha sofferto

per la perdita di una persona cara, ma

è la sofferenza  che ci dà forza e ci fa crescere.

Un cuore che non si è rotto è sterile e non

saprà mai della felicità di essere imperfetto.

Sono orgogliosa di aver vissuto abbastanza

per far ingrigire i miei capelli e per conservare

il sorriso della mia giovinezza, di quando ancora

non c’erano solchi profondi sul mio viso.

Quindi, per rispondere alla domanda con sincerità,

posso dire che mi piace essere vecchia,

perché la vecchiaia mi rende più saggia, più libera!

So che non vivrò per sempre, ma mentre sono qui,

voglio vivere secondo le mie leggi, quelle del mio cuore.

Non voglio lamentarmi per ciò che non è stato,

né preoccuparmi di quello che sarà.

Nel tempo che rimane, semplicemente amerò

la vita come ho fatto fino ad oggi,

il resto lo lascio a Dio.

Numero2136.

 

L A   M E Z Z A   E T Å

 

Mezz’età è

quando hai

ancora voglia

di qualcosa,

ma poi non ti

ricordi di cosa.

 

Mezz’età è quando

vorresti fare della

ginnastica,

ma ci dormi su,

sperando che ti

passi  la voglia.

 

Mezz’età è

quando il medico

ti consiglia di

fare degli esercizi

all’aria aperta….

e tu sali in macchina

e guidi col

finestrino aperto.

 

Mezz’età è quando cominci

a spegnere le luci

per questioni di economia

e non per incoraggiare un

avvicinamento romantico….

 

Nella mezz’età le cene

a lume di candela….

altro che romantiche!

Non riesci a leggere

il menù!

 

Mezz’età è quando,

invece di pettinarti,

cominci ad “accomodarti”

i capelli che ti rimangono.

 

Infanzia: epoca della vita

in cui facciamo delle smorfie

davanti allo specchio.

Mezz’età: epoca della vita

in cui lo specchio si vendica.

 

Sai di essere nella mezz’età

quando tutto quello che

Madre Natura ti ha dato,

Padre Tempo comincia

a riprenderselo.

 

Mezz’età è quando

smettiamo di criticare

la generazione più vecchia

e cominciamo a criticare

la generazione più giovane.

 

Mezz’età è quando

non abbiamo più l’età

per dare dei cattivi

esempi e ….passiamo

a dare dei buoni consigli….

(di cui tutti ridono a crepapelle).

 

Mezz’età è

quando

sappiamo

tutte le

risposte….

ma nessuno ci

chiede più nulla.

 

Nulla possiamo

davanti al

nascere o

al morire;

l’unica cosa che

possiamo fare

è assaporare

l’ “intervallo”.

 

Ci sono tre età

nella vita:

infanzia,

giovinezza e….

“ma come ti trovo bene!”.

 

Sei nell’età di mezzo?

Coraggio!

Il peggio deve ancora venire!