Numero2057.

 

Non commettere atti che non siano puri
cioè non disperdere il seme.
Feconda una donna ogni volta che l’ami
così sarai uomo di fede.
Poi la voglia svanisce e il figlio rimane
e tanti ne uccide la fame.
Io, forse, ho confuso il piacere e l’amore:
ma non ho creato dolore.

Fabrizio De André     I dieci comandamenti. (Il testamento di Tito).

Numero2038.

 

P I A C E R E

 

Devo piacermi

per dare piacere.

 

Mi sono appuntato questa semplice frase, che ho sentito pronunciare, a notte inoltrata, durante una simpatica trasmissione televisiva che tratta esclusivamente di sesso e argomenti connessi, senza intenti didascalici, senza dottori o psicologi, ma che è condotta con leggerezza e senza ipocrisia, facendo parlare liberamente le persone presenti dei loro gusti, dei loro comportamenti, delle loro esperienze.
A pronunciarla era una donna che, intervistata dalla conduttrice sul tema del “piacere” e del “desiderio”, ha così, sinteticamente, espresso il proprio pensiero, che io ho percepito come illuminante, quasi folgorante. E ho tentato di prendere sonno, elucubrando e rimestando, in balia di mille considerazioni che si accavallavano nella mia mente.
Alla fine, ci ho dormito sopra, ripromettendomi di dedicare a questo argomento un numero del BLOG, per sviscerarlo meglio.

La prima considerazione che mi è balzata in testa è stato il parallelismo di questo aforisma con l’evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso” (Matteo, 22. 37-39). E anche  «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuorecon tutta l’anima tuacon tutta la forza tuacon tutta la mente tuae il tuo prossimo come te stesso» (Luca 10, 25-37) . Dopo il primo comandamento, quello di amare Dio, questo secondo è il comandamento più fondante di tutta la “morale cristiana”. Sappiamo che su di esso si è sviluppata la teoria etica  della Religione Cristiana, con la sottolineatura stringente e apodittica dell’amore per il prossimo. Non per niente, al primo posto, nell’enunciazione, viene “ama il prossimo tuo”. Tale e tanta è stata la preponderanza di questo concetto, che per duemila anni è stato messo in ombra, in secondo piano e, dico io, accuratamente, volutamente, intenzionalmente trascurato il “come te stesso”.
Ebbene, io intendo riesumare il paragone del vangelo, ribaltando i termini della questione: ama te stesso, per amare meglio gli altri.
La frase della signora intervistata, è la trasposizione esatta, sul piano della sessualità, di questo elementare enunciato. Al primo posto, in una sana ed equilibrata visione della vita, io ci metto l’amore per se stessi.
Non voglio mica fondare una Controreligione! Voglio solo riabilitare una esigenza primaria e naturale della personalità umana, che è quella di occuparsi della propria salute mentale, morale e fisica e, vivaddio, anche della propria felicità, prima di abbracciare supinamente ogni dettato altruistico, per quanto cogente possa essere: è l’istinto di sopravvivenza, ma di buona sopravvivenza.

Nella frase evangelica, quello che viene collocato al primo posto è l’amore per gli altri. Nella frase mia, che pur mantiene l’esortazione e l’ammonimento all’amore, al primo posto ho messo l’uomo, l’individuo pensante, responsabile, sensibile, empatico, pronto alla fraternità, alla collaborazione, alla generosità, alla misericordia. Ma solo dopo aver fatto proprio, compiutamente, il bagaglio di questi valori, inglobandolo nel proprio DNA esistenziale.
Sì, perché l’uomo non nasce, secondo natura, dotato di questi buoni principi.

L’amore per se stessi è una categoria naturale, insita nell’uomo. L’amore per gli altri è una dotazione culturale acquisita nel corso dell’evoluzione sociale ed esistenziale.

Per completare la nozione del radicamento di questi principi, nel tempo e nello spazio dell’umanità, invito il lettore a consultare brevemente il numero seguente (Numero2037.).

“Homo homini lupus” (l’uomo è un lupo per l’uomo) è una espressione latina che troviamo nella commedia di Plauto, L’Asinaria. 

Il concetto dell’ “homo homini lupus” è stato ripreso dal filosofo britannico Thomas Hobbes nella sua opera De Cive (Il cittadino); secondo Hobbes, la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione; egli ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco.
Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico.
Fuori dall’ambito puramente filosofico, l’espressione latina è ancora oggi utilizzata, talvolta ironicamente, talvolta sconsolatamente, per sottolineare la malvagità, l’egoismo e la malizia dell’uomo; in questo senso ha pressoché il valore dell’altrettanto celebre detto mors tua vita mea (la tua morte è la mia vita).

Egoismo, egocentrismo, soggettivismo, individualismo, egotismo, solipsismo, narcisismo. Sono tutti termini che, con sottili sfumature a differenziare l’uno dall’altro, si riferiscono allo stesso concetto. Ma si badi bene, non hanno niente a che fare con il contenuto del mio pensiero.
L’amore per se stessi, come lo intendo io, o amor proprio, è occuparsi di sé, non trascurando gli altri, ma per meglio occuparsi degli altri.
Una personalità equilibrata ed armonica, consapevole e partecipativa non potrà mai erigere steccati, ma solo costruire ponti verso gli altri da sé. Probabilmente, nella costruzione del proprio “taglio mentale” e nella messa a fuoco della propria “Weltanschauung”, o “concezione, visione del mondo e della vita”, il compito più difficile è quello di predisporsi un filtro critico agguerrito e ben attrezzato. Per ottenere questo, è necessaria una straordinaria serie di azioni e di impegni, che non tutti trovano né possibili, né utili, né agevoli: studi, fino ad alti livelli, esperienze, le più disparate, interessi, impegnativi e formativi, frequentazioni, a volte selettive e non facili, stili di vita, talvolta costrittivi e, comunque, di elevato spessore umano e sociale.
Insomma, amare se stessi, per prepararsi alla vita, non è una cosa da ridere, anzi, è un percorso pieno di sacrifici, di difficoltà, di rinunce. Un percorso per nulla autocelebrativo, bensì autoformativo, spesso affrontato con mezzi propri ed inadeguati, combattendo battaglie dove le sconfitte sono sempre più frequenti, ma, comunque, più illuminanti delle vittorie.
Il traguardo di arrivo è una personalità matura, consapevole, preparata ad affrontare la vita, il lavoro, la famiglia, la società con una corazza temprata, con armi affilate, non con  “lo spirto guerrier ch’entro mi rugge” (Ugo Foscolo – Alla sera), ma con animo determinato e motivato, ricco della propria autostima.
Pensate che questa personalità sia ben predisposta verso gli altri, o che si manifesti e si imponga attraverso l’arroganza o la sopraffazione?
Il mio punto di vista, è quello che mi auguro di aver interpretato nella mia vita: è la prima delle due alternative appena citate. Per questo ne parlo, come esperienza personale, senza profferire sentenze o sprecare giudizi sul comportamento di altri.

D’altra parte, qualche secolo prima della frase evangelica, l’oracolo di Delfi, ripreso e sottolineato da Socrate, aveva raccomandato il “conosci te stesso”, come la chiave per aprire le porte del mondo, per interagire e misurarsi con esso. Non ho mai conosciuto, in tutto lo scibile umano, un precetto più illuminante ed esaustivo di questo.
Su quanto detto finora, segnalo e raccomando la lettura dei seguenti Numeri: 1758, 1559, 1400, 1396, 1370.

 

Tornando alla frase di partenza, mi ha stuzzicato una curiosità: ma una donna che dà piacere (sessuale) ad un uomo, dà piacere (orgasmo) anche a se stessa, perché si piace? Vuol dire perché è più disinibita, per il fatto di piacersi?
Allora, l’uomo che funzione avrebbe? E l’atto sessuale, è un darsi piacere reciprocamente, oppure è un'(auto)masturbazione attraverso il corpo del partner? Mio Dio, che guazzabuglio!
Con l’aiuto della vostra pazienza ed attenzione, tento di fare chiarezza: in realtà, non so dove questo discorso andrà a parare.
Quando una donna ha la consapevolezza di avere un bel corpo, armonioso, gradevole, curato, seducente (non solo agli occhi del partner, ma anche ai propri) è sicuramente ben disposta all’atto sessuale e predisposta a goderne lei stessa, oltre che a dare piacere sessuale al compagno. Fin qui, tutto potrebbe quadrare. E questa è la “conditio sine qua non” ( condizione imprescindibile), per instaurare un rapporto sessuale. Almeno da parte femminile.
Ribaltiamo i termini della questione. Una donna che non ha un corpo di suo gradimento, che è consapevole di non essere tanto sexy, non mi dilungo ad appurarne i motivi, ma che si concede ugualmente al proprio partner, per un’attrattiva sessuale di non precisata alchimia, vuol dire, forse, che può non essere così disinibita, come le circostanze richiederebbero? E che, pur facendo arrivare all’orgasmo il compagno, che compie decorosamente il suo dovere, senza tante fisime, può risentire di un freno inibitorio, che deriva dalla coscienza della propria condizione, e non godere appieno del rapporto, impedendosi di suo, in qualche modo, l’orgasmo?
So bene che molte donne non raggiungono mai, o quasi mai, l’orgasmo facendo l’amore col proprio compagno, e che il colpevole di questa “défaillance”, sarebbe proprio lui, il maschio egoista o inadeguato che, pensa a soddisfare le proprie voglie, senza pensare al piacere della compagna.
Ma, in presenza di un rapporto normale, come durata ed intensità, per la prestazione del maschio, può accadere che la femmina manifesti una partecipazione psicologicamente impedita da una scarsa autostima?
Dicono tutti che, nell’altro campo, quello maschile, l’eiaculazione precoce ha motivazioni sintomatiche di carattere psicologico. Perché non potrebbe essere dello stesso tipo, intendo psicologico, in campo femminile, la mancanza di orgasmo (anorgasmia)? E la causa potrebbe essere proprio la scarsa considerazione delle proprie fattezze muliebri?
Quello che, sul piano puramente fisico, la moderna medicina ha riscontrato essere una patologia autoimmune, ovvero, detto in soldoni, il corpo si fa male da solo, non potrebbe verificarsi, attraverso la somatizzazione, anche in ambito psicologico o psichiatrico? Cioè la mente cerca una espiazione, un’autopunizione, negandosi ciò che desidera, cioè la soddisfazione sessuale?

Messa così, un po’ semplicisticamente, la cosa potrebbe riassumersi in questo modo: le donne che si piacciono, che sono contente di sé, hanno molto probabilità di soddisfare sessualmente il partner e anche se stesse.
Le donne che hanno problemi di gradimento del proprio stato fisico, pur soddisfacendo il compagno, potrebbero avere grossi problemi a provare il proprio orgasmo.
L’altra faccia della medaglia, in campo maschile, potrebbe dirci che gli uomini che sono sicuri di sé, delle proprie “performances” e delle dimensioni del loro apparato sessuale, hanno, almeno, normali rapporti, soddisfacenti per se e per la compagna; mentre gli uomini che manifestano insicurezze e problematiche di varia natura, è più probabile che cadano vittime dell’eiaculazione precoce.
Fatto sta, in entrambi i casi, che l’autostima gioca un ruolo di primaria importanza in ambito sessuale.
Ed è proprio giusto e vero che l’apparato sessuale che conta e vale, di gran lunga, di più non sta in mezzo alle gambe, ma in mezzo alle orecchie.

Sono stati scritti migliaia di libri e trattati su questi temi. Darete voi ascolto ad un povero disinformato, ma disinibito, come me? Come sempre, a me interessa gettare il sassolino nello stagno.

 

 

 

 

 

Numero1996.

 

L E   D O N N E   E   LA   C H I E S A

 

Il Cristianesimo, come il Giudaismo e l’Islamismo, è stato progettato per realizzare un altro punto fondamentale del Ordine del Giorno Rettiliano: la soppressione dell’energia femminile, cioè del legame intuitivo con i livelli superiori della nostra coscienza multidimensionale. Se sopprimi la tua energia femminile, la tua intuizione, spegni la tua coscienza superiore e finisci per essere dominato dalla coscienza inferiore.
Così facendo, non puoi accedere alla tua più elevata dimensione di amore, saggezza e conoscenza, e sei in balia di informazioni “manipolate” che ti bombardano occhi ed orecchie.
È questo il motivo per cui la Confraternita Babilonese ha cercato di creare un mondo in cui l’energia maschile fosse dominante, almeno a livello superficiale. L’atteggiamento che noi definiamo da “uomo macho” è quello tipico di una persona privata dell’energia femminile e, quindi, profondamente squilibrata.
Notate che, nel Credo Niceno di Costantino, non vi è alcun riferimento alle donne. Si dice che Dio si è incarnato in Gesù “per noi uomini e per la nostra salvezza”.
Il Cristianesimo fu una roccaforte maschile fin dalle sue fondamenta, creata per sopprimere  la riequilibrante  energia femminile. I padri fondatori della Chiesa, come Quinto Tertulliano, bandirono le donne dall’ufficio sacerdotale, proibendo loro persino di parlare in chiesa.
Fu solo al Concilio di Trento, nel 1545, che la Chiesa Cattolica decise ufficialmente che anche le donne avevano un’anima, e questa decisione fu presa con un margine di soli 3 voti!
I semi di questo dogma antifemminile tipico della Chiesa Cristiana si riscontrano anche in quello specchio del Cristianesimo che è lo Zoroastrismo, la setta del profeta (mitico Dio-Sole) Zoroastro.
Questa religione nacque, ancora una volta, in Persia, in una zona oggi appartenente alla Turchia, dove sorgono le montagne del Taurus e la città di San Paolo, Tarso.
(N.d.R. Si vede che, da quelle parti, era diffusa questa mentalità).
Zoroastro mostrava un violento atteggiamento misogino e affermava che “nessuna donna può entrare in Paradiso, eccetto quelle che si sottoponevano al controllo da parte dell’uomo e che consideravano Signori i loro mariti“.
Quest’intera filosofia è quasi una ripetizione letterale del Brahamanesimo, l’orrendo credo induista introdotto in India dagli Ariani molti secoli prima.
San Paolo continuò ad attuare il suo piano ostile alle donne, in conformità con i dettami Cristiani, aprendo la strada alla tremenda persecuzione delle donne che si consumò nei quasi duemila anni successivi.
Tra le perle di San Paolo si legge:

“Mogli, sottomettetevi ai vostri mariti, poiché il marito è il capo della moglie, come Cristo è capo della Chiesa. Ora, se la Chiesa si sottomette a Cristo, allo stesso modo le mogli si devono sottomettere, in ogni cosa, al marito“.
(N.d.R.   Cristo non era il capo di nessuna Chiesa. È stato proprio Paolo di Tarso a fondare la Chiesa Cristiana, ma non aveva il mitico carisma di Cristo. Inoltre trovo il parallelismo del tutto fuori luogo, capzioso e arrogante).

E:

“Non tollero né che una moglie educhi, né che usurpi l’autorità dell’uomo, ma solo che resti in silenzio”.

Sant’ Agostino di Ippona, come la maggior parte dei personaggi della Chiesa, proveniva dall’Africa del Nord.
Da giovane nutrì insaziabili voglie sessuali, ma, all’età di 31 anni, dopo la presunta conversione al Cristianesimo, cambiò drasticamente condotta di vita e decise che il sesso era una cosa orrenda. Sapete, un po’ come fanno i fumatori quando smettono. Non permetteva a nessuna donna di entrare in casa sua se non accompagnata, e questo valeva persino per sua sorella. Ma non riuscì ad escogitare un modo alternativo di procreare, per cui fu costretto ad accettare il sesso, per evitare l’estinzione dell’umanità.
Tuttavia, insistette sul fatto che, per nessuna ragione, esso dovesse essere una fonte di piacere.
Io ci ho provato, ma non funziona.
Ma questa era l’idea della sessualità che aveva Agostino:

“I mariti amino le loro mogli, ma le amino castamente. Indugino nella carne solo nella misura in cui ciò è necessario per la procreazione dei figli. Dal momento che non è possibile generare figli in alcun altro modo, dovete abbassarvi a ciò contro la vostra volontà, poiché questo è  il castigo di Adamo”.

Queste posizioni portarono, per gradi, all’imposizione del celibato al clero da parte di Papa Gregorio VII nel 1074.
Esatto, oggi nella Chiesa Cattolica i sacerdoti sono celibi perché questo è quello che ha deciso un Papa un migliaio di anni fa, e un’infinità di bambini, violentati da uomini di Chiesa, frustrati e squilibrati, ne hanno pagato le conseguenze.
Agostino collegava il sesso al peccato originale, all’idea, cioè, che nasciamo tutti peccatori, poiché discendiamo da Adamo ed Eva. Gesù, secondo la sua teoria, fu l’unico a nascere senza peccato originale, poiché fu concepito da una vergine.

Miliardi di persone sono state controllate e manipolate in questo modo, poiché il Credo Cristiano ha insinuato la paura, il senso di colpa e la violenza nel profondo dello spirito umano.
A dire il vero, anch’io credo nel peccato originale. Alcuni dei miei “peccati” sono stati molto originali.
Se dovete proprio peccare, fatelo in modo originale, questo è ciò che vi dico.

David  Icke         Il segreto più nascosto.

 

N.d.R.    Mi piacerebbe raccogliere qualche commento da parte delle rappresentanti del gentil sesso.

Numero1984.

 

“Copia e incolla” (che, per me, diventa “Taglia e cuci”)  su questo interessante argomento.

 

CHE  COSA  CERCA  UN  UOMO  IN  UNA  DONNA.

 

Che cosa cerca un uomo in una donna? Tutti noi siamo alla ricerca di qualcosa nelle diverse aree della nostra vita. Nel lavoro, nelle relazioni, nelle attività del nostro tempo libero. Di qualcosa che soddisfi i nostri bisogni emotivi, psicologici e mentali più profondi. Tu stessa, di sicuro, in una relazione e in un uomo sei in cerca di qualcosa di specifico e di importante per te (e se sai davvero che cosa cerchi, sei molto avanti nella tua evoluzione sentimentale).

Ogni donna è in cerca di qualcosa. E anche gli uomini – ovviamente – sono in cerca di qualcosa di molto importante per loro quando decidono di iniziare una relazione, di avvicinarsi a una donna e di stare e di rimanere con lei. Probabilmente capendo che cosa cerca un uomo in una donna per davvero ti eviteresti qualche delusione e arrabbiatura di troppo.

Esseri umani e animali sono mossi e motivati dai loro bisogni. E per gli esseri umani i bisogni emotivi sono spesso molto più potenti di quelli materiali. Lo spiego molto dettagliatamente nel mio percorso I 7 Pilastri dell’Attrazione che ti rivela che cosa serve a te per essere felice in una relazione e anche quali sono i bisogni della “controparte”, cioè dell’uomo che ti piace. E quindi, che cosa cerca un uomo in una donna e in una relazione?

La risposta “becera”, “spiritosa” e “scontata” a questa domanda, soprattutto da parte di donne molto deluse dagli uomini di solito è del tipo: “Devo spiegarlo IO a TE che cosa cercano gli uomini in una relazione?!  Ma lo sanno anche i sassi! Stringi stringi, a loro interessa solo il sesso, niente di più! Non facciamola tanto difficile, dài…”

Cosa cerca un uomo in una donna? E‘ più semplice di quanto credi

Se escludi il sesso, beh, che cosa rimane di “fondamentale” in un relazione? L’amore. Quindi si può supporre che la cosa più importante nella vita di coppia per un uomo sia l’amore? Sì e no. In realtà un uomo sano tiene molto all’amore, esattamente come una donna (eh sì, signora, anche se magari stenti a crederlo). Ma non solo all’amore “romantico” e all’amore come “sostegno reciproco”, ma all’amore che si mostra attraverso uno specifico atteggiamento di una compagna verso il proprio compagno.

E quale? Ora vediamo.

Come probabilmente saprai, la letteratura divulgativa sulle relazioni di coppia abbonda di teorie, le più strane e le più diverse, sulle differenze tra uomini e donne. A partire dalle teorie su Marte e Venere di John Gray per arrivare a me (ché anch’io ho le mie teorie in proposito), nessun “esperto di faccende di cuore”, ma anche nessun cittadino comune, è privo di una sua opinione sull’argomento, più o meno sensata, più o meno credibile, più o meno suffragata da prove scientifiche. Ok. E questo ovviamente “invade” anche l’ambito del cosa cerca un uomo in una donna, in una relazione.

Anzi, in particolare a quest’ambito e con un certo qual clamore si è dedicato anima e corpo il dottor Emerson Eggerichs, autore di un saggio che in America ha spopolato, intitolato Amore e rispetto. L’amore che lei desidera di più. Il rispetto di cui lui ha disperatamente bisogno. Ebbene, il dottor Eggerichs sostiene in base a esperimenti condotti da lui e dalla moglie Sarah e in base a studi sulla Bibbia (ecco, l‘attendibilità di questi dà particolarmente da pensare, ma per ora soprassediamo) che le donne, in genere e prevalentemente, in una relazione cercano l‘amore. Gli uomini, in genere e prevalentemente, il rispetto della compagna. Bene.

Nelle sue ricerche Eggerichs ha posto a un primo originario gruppo di 400 uomini la seguente domanda: “Se tu fossi costretto a scegliere per forza tra l‘essere lasciato solo al mondo e senza amore o il sentirti inadeguato e privo del rispetto di chi ti sta intorno, che cosa sceglieresti?”

Il 74% dei componenti di questo campione hanno risposto, che, se proprio dovessero scegliere, sceglierebbero la solitudine e la privazione dell‘amore. Acciderbolina!

Su un campione analogo composto da donne, all‘ incirca una maggioranza di dimensioni comparabili a quella del campione maschile sceglieva il contrario. Dovendo proprio scegliere, le donne preferiscono essere private del rispetto e sentirsi inadeguate a essere sole e non amate. Ahia! Certe teorie sono un po‘ pericolosine, da sostenere… Perché se ci si attiene in modo rigido a questa teoria, si può sostenere che le donne non sono interessate al rispetto, quindi tanto vale non rispettarle. Deduzione errata.

Come se non bastasse, in un secondo studio i signori Eggerichs hanno rivolto la seguente domanda a un gruppo di 7.000 individui, questa volta costituito da uomini e donne insieme: “Quando hai un conflitto con tua moglie/marito/partner la sensazione che provi più forte è quella di non essere amato/a o quella di non essere rispettato/a?” L’83% degli uomini ha risposto “non-rispettato”, il 72% delle donne “non-amata”. Il che ha portato gli Eggerichs a concludere che benché gli uomini e le donne abbiano bisogno di amore e rispetto in modo uguale (ah, meno male, vah!), nei “litigi di coppia”, le reazioni di uomini e donne sono diverse e gli uni sentono maggior “mancanza” di rispetto mentre le altre di amore…

Piccola nota pratica e divertente: la domande poste dagli Eggerichs puoi porle a te stessa e anche a qualcuno che ti sta a cuore. A un‘amica o a un amico. O a qualcuno con il quale hai o desideri avere un relazione più intima e stretta. Si tratta di domande non scontate, che rendono interessante la conversazione e la conoscenza reciproca.

Quello che gli uomini desiderano: dov’è la verità?

Le ricerche degli Eggerichs non sono le uniche su questo tema. Ne sono seguite altre che hanno evidenziato che le donne desiderano rispetto e riconoscimento in modo analogo agli uomini. E ce ne sono altre ancora che evidenziano che gli uomini cercano rispetto e riconoscimento mentre le donne fedeltà e onestà. E, riguardo alle donne, io propenderei a considerare che in effetti, soprattutto in questo momento storico, tengono molto a fedeltà e onestà. Ma stiamo sul nostro tema centrale, che cosa cercano gli uomini in una donna e in una relazione?

Un inciso importante: tu pensa bene a che cosa è davvero rilevante per te e tieni conto che il rispetto non è altro che un’espressione dell’amore. Quindi, non c’è amore senza rispetto. Per nessuno, né uomini, né donne. Inoltre non bisogna mai ragionare secondo la modalità espressa dalla premessa alla prima domanda dei nostri amici Eggerichs e cioè “essendo costretto a scegliere, sceglierei questo o l’altro”.

Tu non devi mirare a una relazione nella quale ti adatti a compromessi sulle cose importanti del rapporto. Non devi mirare all’“o… o” ma sempre all’”e…e”. Non devi sentirti costretta a scegliere tra due gratificazioni importanti e a rinunciare a qualcosa che è davvero importante per, nella tua vita. La vita è una cosa seria, non un sondaggio, una statistica o un quiz. E comunque voglio proprio vedere quale uomo o quale donna dotati di una buona salute emotiva accetterebbero un rapporto di coppia in cui non sono amati o non sono rispettati. Col cavolo!

“Una delle cose più belle nella vita, è trovare qualcuno che riesce a capirti, senza il bisogno di dare tante spiegazioni. K.Gibran”.

Ok, concluso l’inciso torniamo al nostro argomento principe: cosa cerca un uomo in una donna e in una relazione? Intendo più dell’amore inteso come attaccamento e tenerezza e probabilmente anche del sesso e della disponibilità sessuale della partner? Sì, con una certa sicurezza possiamo dire che il rispetto, inteso come ammirazione e stima (non come “mi trasformo nel suo zerbino”, veh) è un valore davvero prioritario e primario per gli uomini, più di molti altri.

Se hai fatto il mio percorso I 7 Pilastri dell’Attrazione che ho citato sopra, sai bene che il bisogno di importanza è uno dei bisogni base per tutti noi. Per gli uomini lo è di più, per ragioni culturali e di educazione secondo il ruolo di genere. In particolare per gli uomini è importante essere ammirati dalla propria compagna. Gli uomini sono, in genere, portati più al fare, a portare risultati, a realizzare cose concrete: questi aspetti della vita sono importanti. E in questi aspetti della vita, quella che conta è la performance, la prestazione. Una buona prestazione la si riconosce dando “rispetto”, “stima”, “approvazione” a una persona adulta. Non attraverso l’affettuosità, la tenerezza, il romanticismo. Probabilmente sono queste le ragioni per cui gli uomini tengono tanto al rispetto e alla stima della loro compagna. Secondo un uomo il rispetto che “ottiene” rispecchia quanto è bravo e capace e quindi uomo. Appaga uno dei suoi bisogni principali.

Le donne invece crescono in un contesto dove al femminile è richiesto e suggerito di esprimere amore e compassione, tenerezza ed empatia. E spesso a bambine e ragazze viene fatta passare l’idea che loro sono esseri fragili, bisognosi di appoggio, protezione e solidarietà. E’ probabilmente per questo che si sentono più portate alla ricerca dell’amore, che in effetti si esprime attraverso il contatto empatico, la tenerezza e il romanticismo.
I legami tra uomini spesso sono all’insegna della competizione, della sfida, dell’emulazione. Quelli tra donne – le vere amicizie tra donne – sono improntati all’ascolto, alla confidenza, alla reciproca solidarietà.
Consideriamo anche che, ahimé, nel mondo d’oggi circola ben poco amore o per lo meno l’amore è ben poco visibile, tangibile. Lo stesso dicasi della stima e del rispetto: le persone non sanno amare, non sanno stimare, non sanno rispettare. Te ne rendi conto, se ti guardi intorno, vero?

I genitori spesso non sanno dare amore o non sanno dimostrarlo nel modo giusto. Soprattutto, in famiglia come in altri ambiti manca il rispetto, la capacità di riconoscere in modo esplicito il valore degli altri e ancor di più di valorizzarli.

Viviamo in un mondo “svalutante”, eccessivamente critico, giudicante. Saper dare valore agli altri è quasi più complicato che amare, anche se saper dar valore fa parte dell’amore.

C’è una profonda carenza di questi “materiali”, l’amore e la valorizzazione. Per cui è naturale che uomini e donne cerchino ancora di più e proprio nella vita di coppia (che giustamente deve gratificare più di ogni altro rapporto) quel che una vita di coppia deve per “statuto” garantire. A maggior ragione se intorno non ce n’è.

Detto in altre parole, una relazione di coppia è un rapporto esclusivo e privilegiato tra i due partner. Un rapporto che deve essere paritario, perfettamente equilibrato e di scambio continuo. Non ha senso stare in una rapporto di coppia nel quale non troviamo amore, rispetto, tenerezza etc. etc. Non ha senso stare in rapporto di coppia nel quale non offriamo amore, rispetto, tenerezza etc. etc.

Tu entreresti in un bar dove non fanno caffè e non danno bevande? Entreresti in una pizzeria che non fa pizze? No. Però entri tranquillamente in un negozio di abbigliamento se hai bisogno di una giacca nuova, anche se non fa pizze e non fa caffè.

La relazione di coppia deve essere il fornitore principale di amore, tenerezza, rispetto etc etc. Se ho bisogno di qualcuno che invece mi tenga la contabilità, vado da un bravo commercialista e sostanzialmente me ne frego che non sia tenero e amorevole, anzi, mi sentirei seriamente preoccupata a vedere un commercialista tenero e amorevole in studio. O, peggio, un avvocato… Molto bene.

Tornando agli uomini e a che cosa cerca un uomo in una donna e in una relazione, prova a fare una tua indagine personale – con tatto e delicatezza – presso gli uomini con i quali hai confidenza e un legame confidenziale. Chiedi se si sentono apprezzati in famiglia, al lavoro, dagli amici. Scoprirai che molti di loro non si sono mai sentiti davvero stimati dal padre e dai proprio famigliari, forse nemmeno dalla mamma. Quanto a colleghi e conoscenti, lasciamo perdere…

“Per ottenere il pieno valore della gioia dobbiamo avere qualcuno con cui dividerla. M.Twain”.

Amore e rispetto

Che cosa significa questo? Forse significa che tutti noi siamo una manica di complessati senza speranza? No. Di sicuro ci sono molti complessati, in tutti gli ambienti e sotto le sembianze più diverse, e vanno evitati. E’ anche vero che spesso nel profondo del suo animo anche il più equilibrato degli uomini può talvolta avere qualche incertezza verso se stesso e il proprio valore, magari più di quanto capita alle donne (il perché l’ho spiegato poco sopra).

Ecco perché mostrare stima, rispetto e apprezzamento per il tuo partner è tanto importante per lui. E lo è anche per te, sai?

Ora, quando mi trovo a scrivere di argomenti come questo, già mi vedo orde di Piccole Fiammiferaie-Biancaneve-Cenerentole che frequentano un idiota qualunque, immaturo ed egoista, che le maltratta, che stanno pensando: “Oh cielo! Oh poverino! Adesso che ci penso, nell‘ultima ora non gli ho fatto nessun complimento. Sono brutta cattiva e piena di colpe imperdonabili.“

Ecco, no. Non è così, ma manco per niente. Il bisogno di apprezzamento che ha un uomo sano ed equilibrato non ha nulla a che vedere con le disfunzionalità di un perverso narcisista o di una persona che è morbosamente insicura.

Il perverso narcisista, che ha insieme una grandiosa immagine di sé e un’autostima ai minimi termini, vive dell’adorazione di chi gli sta intorno e la ricambia con un sentimento di profondo disprezzo. E odio, anche. Quindi se credi di stare con uno così, vattene quanto prima, altroché mostrargli ulteriore rispetto…

Se uno è morbosamente insicuro, stai tranquilla che del tuo rispetto non se ne fa niente. E’ molto più probabile che trasformi te in una morbosamente insicura. E sono sicura che, in ogni modo, non ne hai bisogno… Noi vogliamo sapere che cosa un uomo cerca in una donna e in una relazione, ma pensiamo a un uomo giusto, non a un uomo sbagliato, giusto? 🙂

Quindi per riepilogare: un uomo desidera essere apprezzato, stimato, ammirato dalla propria compagna. Per lui è davvero importante. Ecco che cosa un uomo cerca in una donna e in una relazione. Se ami davvero una persona, il “rispetto” dovrebbe essere inserito nella fornitura di base, dato che il rispetto è una forma di amore. Come puoi amare una persona senza rispettarla? Sarebbe una contraddizione impossibile da gestire. La verità è che senza rendersene conto molte donne non sanno come dimostrare rispetto (e forse nemmeno amore) e pasticciano. Succede, siamo umani e nessuno mai ci fornisce di una benché minima educazione sentimentale.

Imparare a dimostrare amore e rispetto al proprio partner – all’interno di una relazione sana ed equilibrata – può essere molto divertente e utile. Un buon modo per procedere nel proprio percorso di crescita personale e sentimentale. Tra l’altro è un modo utile anche per rafforzare l’amore e il rispetto per se stessa. Tanto più se consideri che dimostrare rispetto e amore al proprio partner non significa essere e dimostrarsi dipendente, bisognosa, eccessivamente attaccata.

Ilaria Cardani    Psicologa.

 

Numero1924.

 

TECNICHE  DI  MANIPOLAZIONE

 

Mi sono avvicinato, per caso, su YOUTUBE ad una serie di filmati, editi da alcuni psicologi e psicoterapeuti, riguardanti dei personaggi apparentemente particolari, o di nicchia : i narcisisti (overt = palese o covert = dissimulato) psicopatici che sono, al contrario, e con mia grande sorpresa, molto più diffusi di quanto si sappia.
Uno dei tipi di narcisista piu’ pericolosi e’ il narcisista covert, poiche’ al contrario dei narcisisti overt (o classici), rendendosi conto che mostrare il suo narcisismo puo’ essere controproducente per i suoi obiettivi, si nasconde, spesso fingendosi l’esatto opposto di cio’ che e’. I narcisisti covert si mostrano spesso come dei buoni, etici, giusti, paladini della giustizia e pilastri della societa’.
I covert sono i peggiori, quelli che fanno più danni di tutti dal punto di vista psicologico. Perché hanno un’empatia cognitiva molto sviluppata (capiscono i tuoi sentimenti ma non li sentono), e sfruttano questa capacità a scopo manipolatorio, conoscendo i punti deboli della vittima. È difficile smascherarli, e quando questo succede sono spietati. Provano gusto nel vedere la vittima distrutta, colpevole, per loro, di aver scoperto la loro reale identità.
Sono, invece, una categoria psicologica di untori e diffusori di malessere sociale, attraverso un inquinamento empatico/affettivo che, come un virus (arriva a proposito, in tempi di Coronavirus, ma questo è di tipo psicisociale), attacca, corrode e stravolge i rapporti interpersonali.
L’ arma letale, di cui si avvalgono questi personaggi, è una tecnica manipolatoria, quasi infallibile, che raramente permette alla vittima di cavarsela senza danni.
Dopo avere letto questa trascrizione, penso che converrete con me che, così stando le cose, sono più facilmente comprensibili tutti quei femminicidi di cui ultimamente sono pieni i telegiornali.
E, in generale, a mio avviso, si può affermare che sono sempre più diffusi l’impreparazione alla vita e i disagi del comportamento relazionale, sia nel ruolo di vittima che in quello di carnefice.

Riporto trascritto il contenuto di questa conferenza illustrativa a cura di una giovane ma preparata psicologa, che si firma Vappole (non so se è uno pseudonimo). Tenete presente che, pertanto, il punto di vista è femminile.

 

La tecnica di manipolazione più potente che si conosca è usata dagli psicopatici, persone con disturbo narcisistico della personalità.
Prima di parlarvi dei dettagli di questa tecnica, vorrei introdurvi alla conoscenza di uno studio tecnico-scientifico svolto, all’inizio del XX° secolo da Skinner e dal suo team. Barrhus Skinner, nel 1938, ha coniato l’espressione “condizionamento operante”, che consiste nella sperimentazione di vari metodi per condizionare i comportamenti di un essere, in base a diversi tipi di “rinforzi” del suo ambiente circostante.
Ad esempio, “operanti neutrali” si definivano tutti quei condizionamenti dell’ambiente che né incrementavano né decrementavano la probabilità di far ripetere un comportamento all’individuo. Si definivano “rinforzi” tutte quelle risposte dell’ambiente che incrementavano la probabilità di un ripetuto comportamento, e “condizionamento operante” la risposta che decrementava la probabilità di un ripetuto comportamento.

Per svolgere gli esperimenti, Skinner e il suo team usavano dei topi ( e anche dei piccioni) che intrappolavano in scatole (scatole di Skinner), nelle quali c’era una levetta, delle luci ed un erogatore di palline di cibo. A seconda di come la levetta veniva premuta dal topo e, a seconda delle luci accese, l’erogatore dava una pallottola di cibo, oppure no.
Nel primo esperimento, chiamato “rinforzo positivo”, ogni volta che il topo premeva la levetta, veniva erogata una pallottola di cibo. In questo modo, il topo imparava che, se voleva del cibo,  bastava che premesse la levetta. Quindi, ogni tanto, la premeva.
Nel secondo esperimento, indipendentemente dal fatto che il topo premesse o meno la levetta, non veniva erogata nessuna pallottola di cibo. In questo modo, in breve, il topo si stufava di premere la levetta e, semplicemente, smetteva di premerla. Ma, qui arriva la parte interessante.
Dopo aver provato il “rinforzo positivo” per un po’, e, quindi, dopo aver insegnato al topo a premere la levetta per avere il cibo, gli sperimentatori hanno cominciato a mettere in atto quello che viene chiamato il “rinforzo intermittente”. 
Ovvero, qualche volta, quando il topo premeva la levetta, veniva erogata la pallottola di cibo, qualche volta no, in modo del tutto casuale (random).
Secondo voi, qual è stato il risultato? Logicamente, si penserebbe che, dopo un po’ di tempo, il topo si stuferà di premere la levetta perché tanto, dopo un po’, il cibo sarebbe arrivato. Giusto? Sbagliato. Il risultato è stato l’esatto contrario. Il topo diventava ossessionato, nel premere la levetta, al punto che smetteva di fare qualunque altra cosa, di prendersi cura di qualunque altro suo bisogno: semplicemente, rimaneva attaccato alla levetta.
Ma qui avviene la parte ancora più preoccupante. Dopo questa fase di “rinforzo intermittente”, gli sperimentatori provarono a togliere totalmente le pallottole di cibo, per vedere cosa accadeva: se, dopo un po’, non vedendo mai uscire il cibo, il topo avrebbe smesso di premere la levetta.
Secondo voi cosa è successo? Di nuovo l’esatto opposto di quello che ci si aspetterebbe logicamente. Anziché smettere di premere la levetta, il topo diventava ancora più ossessionato. Letteralmente, smetteva di fare qualunque altra cosa, pur di continuare a premere la levetta. Addirittura, arrivava a morire per continuare a premere la levetta.

Cosa significa questo? Questi esperimenti ci rivelano un comportamento psicologico dall’ambiente molto basilare, che va contro la nostra intuizione logica. Ovvero, quando abbiamo una cosa in abbondanza, non  ci preoccupiamo di averla o no e, quindi, siamo rilassati al riguardo. Quando quella cosa non c’è, noi sappiamo di non poterla ottenere, quindi non ci preoccupiamo al riguardo. Ma quando quella cosa ci viene data in maniera casuale, scatta una specie di condizionamento di dipendenza e diventiamo quasi drogati da quella cosa, anche se quella cosa smette di esistere.
Questo spiega, ad esempio, i meccanismi di dipendenza che vengono generati dai giochi d’azzardo, dove alcune persone devono essere completamente esonerate dal poter giocare, perché diventano talmente dipendenti, al punto di perdere ogni loro avere, pur di continuare a giocare.
Lo stesso meccanismo viene anche utilizzato in molti videogiochi, dove, ormai, si registrano molti casi di ragazzi che smettono di mangiare o dormire completamente, pur di continuare a giocare.
Ma, e questo è il punto più pertinente a noi, questo meccanismo viene anche utilizzato, senza eccezione, da manipolatori psicopatici e narcisisti, per intrappolare le loro vittime.
Quell’effetto drogante, quindi, che sentiamo verso queste persone, quando siamo coinvolte in una relazione con loro, non è casuale e non è una pazzia.
È creato di proposito. Come viene creato, esattamente? È semplice.

All’inizio della relazione, lo psicopatico narcisista ci “bombarda d’amore”.
Ovvero, crea il processo di “rinforzo positivo”. In questa maniera, ci abituiamo, impariamo ad avere a disposizione questo affetto, questo amore, per cui non ce ne preoccupiamo. Come nella fase iniziale del topo nella scatola.
Poi, arriva la seconda fase: arriva il “rinforzo intermittente”. In questa fase il narcisista psicopatico inizia ad abusarci utilizzando denigrazioni, insulti, critiche, svalutazioni ecc. e le alterna a momenti in cui ci dà affetto ed amore, in maniera totalmente casuale. E questa è la chiave.
Non c’è un “pattern of you” (modello di te). Sembra che ci possa essere ma, in realtà, la loro azione è pressoché casuale. Questo è il momento in cui diventiamo drogate dal narcisista psicopatico.
Noi iniziamo a pensare: “Ma cosa abbiamo fatto di sbagliato?” Dobbiamo fare in modo di ripristinare le cose come erano prima. Dobbiamo ricreare quel “pattern” che ci dava l’affetto incondizionato. Cerchiamo, in tutti i modi, di risolvere, di risistemare le cose, di capire qual è il meccanismo che ci dà l’affetto, dietro il comportamento del narcisista.
Ma, e questa è la parte più importante, non c’è un meccanismo, e non c’è un modo, per ripristinare quella cosa: semplicemente, questo fa parte della tecnica manipolatoria.

E poi, alla fine, arriva la terza fase: la fase dello “scarto”, per usare un’espressione conosciuta, ovvero, quando il narcisista psicopatico vi taglia fuori, smette completamente di darvi affetto.
Questa è la fase in cui l’effetto droga si innesta ancora di più e noi ci disperiamo, perché non capiamo cosa abbiamo fatto di sbagliato, perché lui è uscito dalla nostra vita, ci ha tagliato fuori e ha completamente smesso di darci affetto.
Questa è la tattica che rassicura il narcisista di tenerci drogati a lui, mentre lui può fare quello che vuole. Questa tecnica di manipolazione è fondamentale, perché dipende da questo effetto droga, che è il motivo per cui è così difficile guarire da una rottura o da un rapporto con un narcisista psicopatico.
C’è una parte di noi che è letteralmente drogata, quindi, uscire da questo rapporto non è meno facile che, per un drogato di cocaina, di eroina, o di qualunque altra sostanza psicotropa, di smettere, di andare in astinenza.
Gli effetti sono identici. Per questo è fondamentale, se  vogliamo non ricascare in queste dinamiche,  innanzitutto riconoscerle e poi, non caderci dentro.

Come facciamo a non farci prendere di nuovo da questo effetto?

Beh, innanzi tutto, bisogna riconoscere che il motivo per cui caschiamo in questa tattica (o trappola) di manipolazione non è casuale.
È perché, anche nel nostro passato, e precisamente, durante la nostra crescita, nell’infanzia, qualcuno l’ha utilizzata nei nostri confronti: con molta probabilità, un genitore. Quindi, siamo già stati esposti a questa tecnica che, per questo, funziona con noi. Pertanto, il primo passo per la guarigione da qualunque dipendenza psicologica, è andare a fondo nelle proprie ombre, andare a fondo nei propri traumi e guarirli.
La seconda cosa da fare, è che possiamo utilizzare la nostra mente razionale, per renderci conto di quanto ci stiamo avvicinando a questa dinamica e se qualcuno sta cercando di metterla in atto con noi. I segnali sono abbastanza chiari. Ormai, sappiamo tutti cos’è il “love bombing” (bombardamento d’amore) e, soprattutto, dobbiamo subito tenere i nostri sensi all’erta, per scoprire cosa non va, cosa non quadra, quando il nostro istinto ci avverte che, comunque, qualcuno sta cercando di manipolarci.
Se, oltre questa intuizione, vediamo anche che questa persona comincia a denigrarci, ad insultarci, alternando questo a dei momenti in cui ci dà affetto, allora qui dobbiamo stare attente perché quella persona sta utilizzando la tecnica di manipolazione del “rinforzo intermittente” con noi.

Appena ci accorgiamo che quello è il caso, dobbiamo prendere immediatamente le distanze, non dobbiamo cadere nella trappola, dobbiamo cercare altre attività con cui distrarci, cercare di focalizzarci su altre persone oppure, meglio ancora, su noi stessi: cercare di usare la nostra mente razionale, per valutare la situazione e non le nostre emozioni.
Se andiamo ad abboccare a quell’esca, è molto facile cadere nell’effetto droga.
Attenzione, la tecnica del “rinforzo intermittente” viene realizzata non solo con l’affetto (oltre che col sesso), ma anche con le parole.
Per esempio, quando il narcisista psicopatico ci dirà: “Ah, non preoccuparti, migliorerò, farò di tutto per non ripetere gli stessi errori” e poi ricadrà, puntualmente, a rifare gli stessi errori. E questo, di nuovo, è il”rinforzo intermittente”: a parole, promette di migliorare, nei fatti ricomincia peggio di prima.

Vorrei concludere dicendo che, con un narcisista psicopatico, o, anche, con un narcisista vero e proprio, non esiste la guarigione: è soltanto un’illusione, una pallottola di cibo adoperata come esca. Non sperate che si possa avere un rapporto sano con loro, che riusciranno, in qualche modo, a cambiare.
Soltanto in pochi casi, quando il narcisismo della persona non è grave e ci sono veramente delle parti di lui che provano empatia, che hanno veramente voglia di guarire, ci può essere un miglioramento.
Però, attenzione, perché è molto facile confondersi. In generale, è meglio non sperare. Quindi non abbocchiamo all’esca.

Numero1888.

LE BRUTALI REGOLE CONIUGALI DI EINSTEIN CHE DISGUSTEREBBERO LE DONNE DI OGGI.

Albert Einstein era innegabilmente un genio, ma questo non significa che fosse un buon marito. Anche se le sue lettere d’amore potrebbero convincerti del contrario, in realtà sua moglie, Mileva Maric, doveva sottostare a regole piuttosto dure.
Probabilmente non lo sai, ma anche la Maric era una brava scienziata. Conobbe suo marito al Politecnico di Zurigo ed è stata una delle poche donne a studiare lì. I due sono rimasti insieme per 11 anni e hanno avuto due figli, Hans Albert ed Eduard.
Einstein, nel disperato tentativo di salvare il suo matrimonio, creò una lista di regole e pretese a cui sua moglie si sarebbe dovuta attenere per garantire una quieta convivenza tra i coniugi. Einstein intendeva restare insieme a lei per il bene dei loro figli, ma oggigiorno nessuna donna accetterebbe delle regole simili.

Prima di tutto, Einstein voleva che sua moglie fosse la sua domestica, e pretendeva che lei non si aspettasse alcun segno di affetto o apprezzamento in cambio.

Il suo lavoro consisteva nel cucinare 3 pasti al giorno e adempiere ai doveri domestici.

Inoltre, era lui a voler essere al comando. Se lui desiderava che lei lasciasse la stanza o smettesse di parlare, lei doveva adeguarsi al volere del marito.

La lista completa

-Pulire la casa

-Portate 3 pasti fatti in casa alla sua scrivania ogni giorno

-Pulire il suo ufficio, senza  usare mai la sua scrivania

-Lavare e piegare tutto il bucato

-Non chiedere o aspettarsi da suo marito di trascorrere del tempo con lei

-Avrebbe dovuto “rinunciare a tutti i rapporti personali con lui”

-Tacere immediatamente su sua richiesta

-Non criticarlo o contraddirlo mai

-Lasciare la stanza quando lui lo pretendeva

-Non doveva, inoltre, mai “sminuire” il marito o rovinarne la reputazione con i loro figli


Einstein scrisse questa lista nel 1914; sicuramente erano tempi diversi, ma questo non rende il suo comportamento nei confronti della moglie meno crudele.

Per fortuna  la Maric si difese e non si lasciò trattare in modo così disumano. Fece le valigie e lasciò la loro casa a Berlino con i bambini.

Risulta difficile da credere ma Einstein notò a malapena l’assenza della sua famiglia o non se ne curò. Disse che viveva “nel mio grande appartamento nella solita tranquillità”. Il suo umore peggiorò solo quando la Maric chiese il divorzio.

Dopo il divorzio, Einstein sposò immediatamente sua cugina Elsa.

Einstein aveva stretto amicizia con lei nel 1912 ed è possibile che tradisse la Maric con la cugina prima del divorzio. Einstein impose queste stesse regole a Elsa e lei obbedì. La sua sottomissione e lealtà non impedì ad Einstein di tradirla con la sua segretaria, Bette Neumann.

Einstein ed Elsa si trasferirono in America nel 1935, dove lei morì un anno dopo. Cosa che non lo scosse minimamente: “Vivo come un orso nella mia tana. . . Questo mio stato di romitaggio si è accentuato dalla morte della mia compagna, che era più brava di me nelle relazioni interpersonali. ”
Sebbene Einstein fosse una persona terribile, è noto per la sua intelligenza. La lettera di Einstein sulla “teoria della felicità” è stata venduta recentemente per oltre un miliardo di dollari. La lettera dice: “Una vita calma e umile porterà più felicità della ricerca del successo e della costante irrequietezza che ne deriva”.

 

Segnalato da Rita.

Numero1814.

IL  CERVELLO  È  PIÙ  GRANDE  DEL  CIELO       (continua)

Lo straordinario cervello delle donne.

 

Parlare del cervello delle donne e quindi delle differenze con il cervello dell’uomo e delle basi scientifiche che spiegano queste differenze, significa superare preconcetti sviluppatisi in secoli di osservazioni e, per la grande maggioranza, non suffragati da prove.
Diceva Simone de Beauvoir: “Maschi e femmine si nasce, ma uomini e donne si diventa”, come se i generi da un punto di vista antropologico, fossero determinati su base culturale e non biologica.
Il cervello maschile e quello femminile sono diversi fin dalla nascita, oltre che nell’anatomia anche nel loro modo di funzionare. Si tratta di differenze realizzatesi nel corso di millenni, che coinvolgono la genetica, gli ormoni, i comportamenti, e che non implicano nessun giudizio di superiorità o inferiorità, di maggiore o minore intelligenza, ma sono semplicemente il risultato del fatto che, nell’arco di millenni, nel corso dell’evoluzione, uomini e donne hanno svolto  ruoli diversi e ciò ha determinato nei due sessi sviluppi cerebrali diversi e, di conseguenza, comportamenti diversi.
Louann Brizendine, una neuropsichiatra che insegna a Berkeley, ha scritto: “Mentre gli uomini potenzieranno in particolare i centri cerebrali legati al sesso e all’aggressività, le donne tenderanno a sviluppare doti uniche e straordinarie: una maggiore agilità verbale, la capacità di stabilire profondi legami di amicizia, la facoltà quasi medianica di decifrare emozioni e stati d’animo dalle espressioni facciali e dal tono della voce, e la maestria nel placare conflitti”.

Il codice genetico femminile, per più del 99%, è identico a quello maschile. Questo vuol dire che, dei 30.000 geni presenti nel genoma umano, la variazione tra i sessi è minima, inferiore all’ 1%. Tuttavia sappiamo che differenze anche di pochi geni chiave possono avere profonde influenze sulle dimensioni e sull’organizzazione del cervello.
Le conoscenze di oggi ci dicono che il cervello della donna pesa circa il 12% in meno di quello dell’uomo: in media 1200 grammi contro 1350. Tuttavia, se si fa una misura non assoluta ma relativa al peso corporeo, la differenza si annulla, e anzi, ne viene fuori una, molto lieve, a favore della donna.
Il quoziente intellettivo (QI), per quanto valga misurarlo, è identico; anzi, negli ultimi 100 anni, le donne hanno superato gli uomini in fatto d’intelligenza, migliorando le prestazioni nei test. E questo non certo perché i loro geni o le dimensioni del cervello siano cambiati, ma perché oggi le donne hanno una maggiore istruzione e hanno raggiunto maggiori possibilità di espressione rispetto ai secoli scorsi.
La realtà è che le intelligenze dell’uomo e della donna sono molto diverse e complementari, ed è questa la cosa affascinante dal punto di vista neurobiologico.

Le moderne tecniche di studio consentono di rilevare queste differenze.
Una merita davvero attenzione ed è quella relativa al numero di neuroni ed alla densità delle connessioni. Si è visto che i maschi hanno 6,5  volte più neuroni, mentre le donne hanno 10 volte più connessioni. Che vuol dire?
Partiamo dalle connessioni. Sappiamo che i due emisferi cerebrali hanno modalità differenti, ma complementari, di analizzare ciò che osserviamo: l’una logico-razionale, che corrisponde al modo di operare dell’emisfero dominante (più frequentemente l’emisfero sinistro), l’altra intuitiva-olistica, prerogativa dell’emisfero non dominante (più frequentemente l’emisfero destro).
Naturalmente, un corretto funzionamento del cervello richiede che i due emisferi interagiscano tra loro, che siano connessi.
Una delle differenze più importanti tra i due sessi è proprio quella relativa alle connessioni tra i due emisferi, più sviluppate nella donna che nell’uomo.
Nel cervello della donna è stato riscontrato un maggior spessore di due strutture che facilitano la comunicazione tra i due emisferi: il corpo calloso e la commissura anteriore; e le connessioni sono soprattutto trasversali e vanno dall’emisfero destro a quello sinistro e viceversa. In questo modo, il cervello femminile, ogni volta che deve interagire con la realtà esterna, riesce a reclutare sinapsi in maniera massiva da entrambi gli emisferi, facilitando la comunicazione tra pensiero analitico e pensiero intuitivo. Conseguenza di questo diverso arrangiamento delle fibre è che, nelle donne, la comunicazione interemisferica è facilitata e il loro cervello ha una modalità di funzionamento più globale, più idonea alla comprensione intuitiva dei problemi, anche complessi, rispetto alla procedura razionale e sequenziale, più tipica del sesso maschile.

I maschi, al contrario, hanno meno connessioni trasversali e tendono ad usare un solo emisfero per volta; nel loro cervello le connessioni corrono soprattutto dalla fronte alla nuca lungo lo stesso emisfero.
Possiamo dire, in linea di massima, che l’uomo possiede un cervello che segue schemi logici più basati sulla razionalità, mentre nella donna il funzionamento cerebrale sarebbe maggiormente di tipo intuitivo, e che nell’uomo il funzionamento dei circuiti nervosi è più rigido, mentre è più duttile nella donna.
Tutto questo spiegherebbe come le donne sono, notoriamente, più brave nel multitasking, ovvero nel fare più cose insieme, realizzino una migliore analisi dei problemi, abbiano migliori abilità sociali, siano più intuitive, dimostrino maggiore empatia, siano più sensibili alle espressioni del viso e abili nel comprendere stati d’animo e umore altrui.
Da uno studio di RM (risonanza magnetica), è emerso che le donne posseggono fra 14 e 16 aree del cervello destinate alla valutazione del comportamento degli altri, mentre gli uomini ne hanno da 4 a 6.
I maschi, invece, eccellono nelle attività motorie, dove si impiegano i muscoli, e sono più capaci di analizzare lo spazio, ad orientarsi, a capire le mappe. L’unica area in cui gli uomini dimostrano una maggiore connettività è il cervelletto, quella parte dell’encefalo legata al controllo dei movimenti.

Passiamo adesso ai neuroni. Si calcola che il numero dei neuroni della corteccia cerebrale sia di 19,3 miliardi nelle donne e di 22,8 miliardi negli uomini.
Pur avendo le donne, globalmente, un minor numero di neuroni, possiedono, tuttavia, aree cerebrali con almeno il 10% di neuroni e connessioni in più.
I moderni studi di neuroimaging (RM= Risonanza Magnetica, RM funzionale, eccetera) hanno riscontrato una maggiore densità neuronale in aree della corteccia cerebrale femminile collegate con la parola.
Adesso capisco perché, se io e mia moglie chiamiamo due nostri amici per fare la stessa comunicazione, la conversazione tra me e il mio amico dura un minuto, e quella tra mia moglie e la sua amica ne dura come minimo venti!
Probabilmente la maggiore tendenza delle donne, nel corso dell’evoluzione, alle attività comunicative ha dotato il loro cervello di molti milioni di neuroni in più in queste aree. La spiegazione può essere individuata nella differenziazione dei ruoli che risale all’origine della nostra specie. Mentre gli uomini andavano a caccia in piccoli gruppi, muovendosi furtivi e silenziosi nella savana per non spaventare gli animali, le donne si riunivano nei villaggi per badare ai bambini e chiacchieravano animatamente fra di loro e con i piccoli.
Altre aree più sviluppate, nelle donne, sono l’ippocampo, principale centro di formazione dei ricordi, e le aree delle emozioni. Ciò spiega perché, in media, le donne abbiano maggiore facilità nell’esprimere verbalmente le emozioni e nel ricordare i dettagli degli eventi che le suscitano, e stringono rapporti emotivi e legami affettivi molto più solidi dei maschi. Il cervello femminile, inoltre, è assai dotato nel valutare con rapidità i pensieri, le convinzioni e le intenzioni altrui, basandosi sugli indizi apparentemente più insignificanti.

Una differenza importante per le ripercussioni funzionali che ne possono derivare è quella relativa ad un’area considerata la custode delle emozioni, l’amigdala, il centro cerebrale della paura, della rabbia, dell’aggressività, maggiormente rappresentata negli uomini che nelle donne. Ma al di là delle dimensioni, nei due generi l’amigdala funziona in modo molto diverso. Il motivo per cui le donne ricordano meglio i dettagli relativi alle emozioni è, in parte, legato al fatto che l’amigdala femminile viene attivata più facilmente dalle sfumature emotive. Sappiamo che più forte è la risposta dell’amigdala ad un’esperienza che ci colpisce, più particolari l’ippocampo registrerà per conservare quell’esperienza nella memoria. Poiché le donne hanno un ippocampo relativamente più grande, riescono a ricordare i minimi dettagli delle esperienze emotive, i loro primi appuntamenti e le liti più feroci; gli uomini si ricordano a malapena che quei fatti hanno avuto luogo, non per superficialità, e questa volta mi metto dalla parte degli uomini, ma per la diversità dell’amigdala e dell’ippocampo nei due generi. Altro dato importante è che, nel cervello femminile, il circuito dell’emotività e della paura, oltre che essere più strettamente connesso a funzioni cognitive ed emozionali è, rispetto agli uomini, maggiormente connesso a funzioni verbali. Nell’uomo, invece, l’amigdala, che è una delle aree più primitive del cervello, mantiene soprattutto le sue funzioni più ancestrali, quelle che registrano la paura e scatenano l’aggressività; l’amigdala maschile possiede inoltre molti recettori per il testosterone, che tendono a stimolare e potenziare questa risposta.

Per questi motivi, di fronte ad una situazione di stress o di ira,, la donna attiva il sistema limbico, cioè i circuiti emotivi e, insieme a questo, le aree del linguaggio, e la reazione tende ad avere una connotazione affettiva e verbale; l’uomo, invece, attiva la corteccia prefrontale e la risposta tende ad essere prevalentemente motoria e orientata alla reazione fisica. Ecco perché molti uomini possono arrivare ad uno scontro fisico in pochi secondi, mentre molte donne fanno di tutto per evitare un conflitto. Anche in queste differenze di comportamento dei due generi possiamo trovare una spiegazione evoluzionistica: di fronte ad un pericolo, la donna doveva proteggere la prole, rassicurarla con le parole, sedare i conflitti, cercare alleanze con le altre donne del clan, se gli uomini erano assenti; compito dell’uomo era procurare il cibo con la caccia, oppure aggredire ed abbattere l’eventuale aggressore.
Per questi motivi, in genere, in un diverbio con una donna, l’uomo dimostra meno scioltezza verbale e, non riuscendo a tenerle testa con la dialettica, può essere spinto dai suoi circuiti cerebrali ad una reazione rabbiosa ed aggressiva.
Da una esasperazione di questa differente fisiologia della risposta all’ira, possono discendere alcuni comportamenti irrazionali che ci sconvolgono.
Di fronte ad una violenta lite, la donna reagisce piangendo e parlando, l’uomo aggredisce. Questo potrebbe essere alla base di tanti contrasti che degenerano in femminicidio.
Parimenti, abbiamo visto come, in una situazione di allarme, la donna tende a rinchiudersi in se stessa, nel nucleo familiare che deve proteggere. L’amplificazione di questo istinto
 protettivo potrebbe, invece, essere alla base dei casi di infanticidio, visto come distorsione perversa dell’istinto a proteggere la prole davanti ad un pericolo, talvolta solamente immaginato!

Gli ormoni sessuali giocano un ruolo determinante nelle differenze di genere di cui vi ho parlato. Le prime differenze cerebrali si manifestano già a partire dalla ottava settimana di sviluppo fetale, in conseguenza dell’inizio di quell’attività ormonale che condizionerà, per il resto della vita, i sistemi neuronali di maschi e femmine. L’afflusso di testosterone indirizzerà verso un cervello maschile, in caso contrario, il cervello acquisirà una struttura femminile; nei maschi si svilupperanno maggiormente le cellule dei centri del sesso e dell’aggressività, nelle donne si produrranno, già da allora, più connessioni nei centri delle comunicazioni e nelle zone che elaborano le emozioni. È questo bivio della vita fetale che determina il destino biologico di ognuno, reso ancora più evidente e indirizzato al momento della caratterizzazione ormonale che si avrà alla pubertà. Le secrezioni di estrogeni che si ha nelle bambine fin dalla età infantile è necessaria a stimolare lo sviluppo delle ovaie e del cervello a scopi riproduttivi; allo stesso tempo, stimola lo sviluppo di circuiti cerebrali differenti, sollecita la crescita di neuroni, incrementa ulteriormente i centri deputati all’osservazione, alla comunicazione e, perfino, alla protezione. Così, si preparano i circuiti cerebrali femminili, in modo che le bambine imparino a cogliere le sfumature dei rapporti sociali e possano dare impulso alla propria fertilità.

Le ragazze, non essendo influenzate dal testosterone,  ma governate dagli estrogeni, preferiscono evitare gli attriti, perché la discordia le mette in conflitto con il loro bisogno di restare in armonia con gli altri. I maschi non si preoccupano del rischio dei conflitti: la competizione fa parte della loro costituzione. Il cervello dei bambini, plasmato dal testosterone, non cerca affatto il legame sociale come quello delle bambine.
Un’altra differenza importante tra i due cervelli, nell’adolescenza, è che quello delle ragazze matura più in fretta che nei maschi, facendole così progredire più rapidamente verso la maturazione dei circuiti cerebrali, con due o tre anni di anticipo.
Essere donna, però, è un fattore di rischio per deficit cognitivi e demenza. Non solo perché la donna vive di più, ma perché ci sono dei meccanismi, ancora poco conosciuti di tipo genetico e ormonale che determinano una peggiore evoluzione degenerativa del cervello.
Secondo la scienza, i cervelli delle donne sono più vulnerabili.

 

Numero1806.

Oggi, nella giornata contro la violenza sulle donne, sento e vedo sui telegiornali, che in Italia un Italiano su quattro pensa che la colpa della violenza dei maschi sulle donne è da attribuirsi al modo con cui queste si vestono, si atteggiano e si rendono disponibili.
Questa convinzione, per fortuna largamente minoritaria, fa ridere.
È una esecrabile panzana!
Per onestà intellettuale, riferisco che, un giorno, ho chiesto ad una gentile e ben agghindata rappresentante del sesso femminile se le donne si vestissero in modo “glamour” o provocatorio per eccitare le fantasie dei maschi o per far schiattare d’invidia le concorrenti femmine.
Indovinate cosa mi ha risposto l’interpellata!
Da parte mia, riporto la scritta che ho letto su un cartello di manifestanti femmine a Londra, comparsa su un reportage giornalistico :

A dress

is not

a “yes”.

 

Un vestito

non è

un “sì”.

Mi pare una considerazione obiettivamente intelligente!

Numero1757.

OGNI  LETTORE  SI  TROVI  IL  PROPRIO  PROFILO

Gli 8 tipi umani fondamentali

La suddivisione dell’umanità in 8 tipi fondamentali, descritti in questo sito a partire dall’articolo del 25/06/2009, non è una teoria astratta dovuta a qualche psicologo, ma è il risultato di una ricerca empirica (proprio secondo il metodo galileiano).

Questa ricerca è stata iniziata dall’olandese Heymans e completata dal francese Le Senne come segue:

  • Hanno dapprima analizzato un gran numero di biografie e la vita di persone che conoscevano, individuando così tre fattori di base per classificare i caratteri: l’Emotività, l’Attività e la Primarietà/Secondarietà (che danno origine ad 8 combinazioni).
  • Hanno preparato un questionario: le prime 26 domande sono relative ai fattori di base citati sopra, le altre 64 sono relative a tutt’altro: gli interessi politici, religiosi, culturali ecc..
  • Hanno verificato, dalle risposte alle prime domande, che i tre fattori fossero stati scelti bene: ad esempio, sarebbe potuto risultare che non esistono emotivi attivi.
  • Hanno verificato che le caratteristiche risultanti dalle rimanenti domande si distribuissero in maniera coerente sugli 8 tipi.
  • Hanno verificato che i caratteri complessivi venuti fuori dalle risposte corrispondessero effettivamente all’umanità reale.

La mia opinione è che si tratta di una classificazione valida. Chiaramente la realtà è complessa:

  • occorre tenere in conto il peso relativo dei tre fattori: ad esempio, un Collerico che possiede un’ Attività più forte della sua Emotività/Primarietà è diverso da un Collerico che presenta la situazione opposta. Le Senne ha descritto anche queste sfumature.
  • alcune persone si trovano al confine tra due caratteri: è un caso particolare di quanto detto sopra
  • il carattere può essere migliorato/peggiorato (ma non cambiato) dalle esperienze della vita concreta

Ecco una tabella di sintesi (che si aggiunge alle descrizioni già pubblicate) per permettere al lettore di giudicare:

Tipo

Valore

Difetto

Caratteristiche Aspetti positivi Aspetti negativi
Nervoso

Emotivo

non Attivo

Primario

I Diversivi Esagerazione Ricco di sentimenti, vive nell’attimo presente.

Molto sensibile, è influenzabile e suggestionabile.

Ama attirare l’attenzione altrui.

Amabile, dolce e servizievole.

Sa essere diplomatico.

Gusto artistico.

Vanitoso e superficiale.

Indisciplinato e disordinato.

Di umore variabile, si agita per piccolezze.

Sentimentale

Emotivo

non Attivo

Secondario

 

l’Intimità Gelosia Profondità e stabilità dei sentimenti.

Solitario e pessimista, tende a disprezzarsi.

E’ ricco di fantasia, ma anche di dubbi e paure.

Fedele, umile e semplice.

Riflessivo e caritatevole.

Triste, indeciso, poco coraggioso.

Pieno di preoccupazioni e di scrupoli.

Orgoglioso.

Collerico

Emotivo

Attivo

Primario

l’Azione Collera Azione, lotta, energia, spirito di iniziativa.

Istinto di dominazione e di potenza.

Ricco di sentimenti e di passioni.

Ama la vita e dice quel che pensa.

Alti ideali, capacità di portare a termine imprese difficili.

Seduttore, simpatico, cordiale e amabile.

Volontà di ferro.

Buon oratore.

Reazioni violente, dure e improvvise.

Temerario, manca di prudenza.

Orgoglioso e vanitoso, non riconosce i suoi difetti mentre critica gli altri.

Passionale

Emotivo

Attivo

Secondario

gli Ideali Orgoglio Costante e riflessivo.

Attento alle esperienze del passato.

Non dimentica e non perdona facilmente.

Organizzato, ordinato e testardo.

Semplice, onesto e fedele.

Gran lavoratore, serio e prudente.

Uomo di fiducia, riconoscente.

Ama i grandi ideali e vuole primeggiare.

Impaziente e vendicativo.

Grande amor proprio.

Individualista, vuole essere sempre il migliore.

Sanguigno

non Emotivo

Attivo

Primario

Il Successo Egoismo Tollerante, liberale, espansivo, gaio.

Incostante, vive nel presente.

Si lascia guidare dalle apparenze.

Amabile, socievole e servizievole.

Attivo e deciso.

Perdona facilmente.

Egoista e vanitoso.

Può arrivare a servirsi degli altri.

Non ascolta la voce della coscienza.

Flemmatico

non Emotivo

Attivo

Secondario

la Legge Inflessibilità Attivo, riflessivo, metodico e tenace.

Realista e pacifico.

Non esprime i suoi sentimenti.

Poco socievole.

Molto equilibrato.

Sobrio, paziente e moderato

Ideali forti e seri.

Semplice e sincero.

Autosufficiente e poco sensibile.

Molto abitudinario.

Non ama lavorare in gruppo.

Lento nel decidere.

Amorfo

non Emotivo

non Attivo

Primario

Il Piacere Sensualità Pigro e poco metodico.

Amabile e ottimista.

Si lascia trascinare dall’ambiente.

Fa solo ciò che è obbligatorio.

Molto socievole, ma si lascia guidare dagli altri.

Coraggioso di fronte ai pericoli.

Egoista e privo di ideali, vive nel presente.

Ricerca il piacere e l’ozio.

Apatico

non Emotivo

non Attivo

Secondario

la Tranquillità Mancanza di Attività Solitario, non ha amici.

Vive nelle abitudini e nella pigrizia.

Tranquillo e disciplinato.

Tenace nelle sue convinzioni.

 

Passivo, egoista, melanconico e pessimista.

Formalista, rigido e lento nell’azione.