I L G I U S T O R I S P E T T O
Io non pretendo il rispetto
ma, se me lo dai, l’accetto,
purché sia proporzionale
al mio merito reale.
Che non sia troppo, né poco,
se no, buttalo nel fuoco.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
I L G I U S T O R I S P E T T O
Io non pretendo il rispetto
ma, se me lo dai, l’accetto,
purché sia proporzionale
al mio merito reale.
Che non sia troppo, né poco,
se no, buttalo nel fuoco.
I N C E R C A D I . . . . D I O
Anche la giornata più grigia,
se vuoi, può diventare luce.
Non perché cambi il cielo,
piuttosto perché cambi tu.
E impari a fidarti della vita,
anche quando non ti dà
ancora le risposte che cerchi.
Smetti di pretendere certezze
e inizia a cercare la verità.
Dio non sta dove lo cercavi,
ma dove non volevi guardare,
perché ti hanno insegnato
a credere senza domandare.
Dio c’è, ma dentro di te.
Ogni volta che l’uomo
tenta di rinchiudere Dio
in un tempio, in un nome,
in un’immagine, lui, invece,
ne esce, disintegra, distrugge
le tue certezze, per rivelare
una presenza più grande
e ti invita a seguirlo, ancora
una volta, nel deserto, perché
questo deserto, in fondo,
non è solo un luogo geografico,
ma è uno stato dell’anima,
è quello spazio vuoto
in cui cadono tutte le illusioni,
in cui le sicurezze si sgretolano,
in cui il rumore del mondo
si spegne e resti solo tu
con le tue domande umane.
Il deserto non è una punizione,
è una chiamata. Lì Dio si rivela,
non con tuoni e lampi,
ma con una voce leggera,
che non impone ma sussurra,
che non ordina ma invita,
e proprio lì, nel silenzio, accade
qualche cosa di rivoluzionario.
Scopri che Dio non è venuto
a risolvere i tuoi problemi,
ma a stare con te in mezzo ad essi,
che non è venuto a premiarti
per la tua purezza ed osservanza,
ma ad amarti nella tua fragilità.
Lui non chiede sacrifici ma verità,
non perfezione ma autenticità,
non rituali ma giustizia, non cieca
obbedienza, ma libertà responsabile.
E allora, nel profondo, capisci che
l’unico tempio è il cuore,
che la legge più grande non è
scritta nella pietra, oppure
nei sacri messali, ma è
dentro di te, nella tua coscienza.
Che il vero culto non è quello
fatto di parole e di gesti ripetuti,
ma quello che nasce da una vita
consapevole ed onesta, ma
giusta anche, e soprattutto,
per te, da cui puoi ricavare,
senza paura, la tua felicità.
Tu non sei nato soltanto
per sopportare ciò che ti pesa,
per cercare di salvare qualcosa
che non ti appartiene più.
Tu meriti pace, non catene.
L’amore di Dio per te coincide
con l’amore che hai per te stesso,
è vero amore perché e purché
ti lasci libero di essere come sei,
senza vincoli e precetti umani
imposti fuori della tua coscienza.
In questi ultimi tempi, mi sto interessando approfonditamente di argomenti come questi che seguono ed ho trovato affascinate il pensiero di questo scienziato – filosofo italiano, poco conosciuto ma molto importante.
Mi ha aperto un mondo nuovo e diverso dove, felicemente e coerentemente, trovano posto e risposta tanti miei dubbiosi interessi mentali. Mi ci sto uniformando e agglutinando come un insetto sulla carta moschicida.
F E D E R I C O F A G G I N
ovvero: un pensiero finalmente olistico che associa scienza e spiritualità, fisica e filosofia.
La “teoria Faggin” è un’interpretazione della coscienza che vede la realtà come un’entità olistica, dove la fisica quantistica e la spiritualità si integrano. Olistico è un termine che significa “riferito all’olismo, un approccio che considera un sistema nella sua interezza, non come somma di singole parti.
Faggin, noto per la sua invenzione del microchip, estende il suo campo di ricerca alla coscienza, proponendo che questa coscienza non sia un mero epifenomeno del cervello. In folosofia, l’epifenomeno è un fenomeno secondario e accessorio, che si verifica insieme ad un fenomeno primario, ma senza avere una influenza causale su di esso.
In altre parole, è un evento che accompagna un altro fenomeno, ma non ne è né la sua causa, né il suo effetto.
Per Faggin la coscienza è una proprietà fondamentale della realtà.
In dettaglio, Faggin sostiene che:
Coscienza e fisica quantistica.
La coscienza, con le sue caratteristiche di qualità (QUALIA = esperienze soggettive, irripetibili) è analogabile ad uno stato puro quantistico, dove ogni particella subatomica possiede una forma di “coscienza”.
Mente e materia.
Faggin non vede la coscienza come un’entità separata dalla materia, ma piuttosto come un aspetto intrinseco di essa, un campo quantistico auto-cosciente.
Unione di scienza e spiritualità.
La sua teoria mira a superare la separazione tra scienza e spiritualità, proponendo un quadro in cui la fisica quantistica può spiegare sia i fenomeni fisici che gli aspetti esperienziali della coscienza.
Libero arbitrio.
La coscienza, in questa prospettiva, è associata al libero arbitrio e alla creatività, qualità che distinguono l’essere umano dalle macchine.
Critiche.
Faggin riconosce che la sua teoria solleva interrogativi e necessità di ulteriori approfondimenti e verifiche sperimentali, ma sottolinea l’importanza di considerare la coscienza come un elemento fondamentale per comprendere la realtà.
In sintesi.
La teoria di Faggin è un tentativo di integrare la fisica quantistica con la spiritualità, proponendo una visione olistica della realtà, in cui la coscienza è un aspetto fondamentale non solo umano, ma di tutto l’universo.
Cosa dice?
” Io parto da un postulato, perché qualunque teoria deve partire da almeno un postulato.
Lo chiamo “postulato dell’essere”.
L’UNO è definito come la totalità di ciò che esiste.
L’UNO è dinamico: vuol dire che non è mai lo stesso, quindi, istante dopo istante, continua a cambiare.
L’UNO è olistico: vuol dire che non è fatto di parti separabili, cioè tutto è interconnesso all’interno di UNO.
E, finora, ho descritto l’universo della fisica quantistica.
E anche nella fisica della relatività generale tutto è interconnesso.
Però le due interpretazioni della realtà fisica non sono ancora unite in una sola fisica generale e completa.
Io ho aggiunto una cosa: l’UNO VUOLE CONOSCERE se stesso.
Partendo da qui, abbiamo l’UNO che ha un volere, che è il libero arbitrio, e ha un conoscere.
E per conoscere ci vuole la coscienza, cioè la coscienza è ciò che permette all’UNO di conoscere. Semplicemente.
Quindi l’UNO in un certo senso, si autoriflette e, nella sua autoriflessione, conosce se stesso.
Com’è che conosce se stesso?
Portando in esistenza ciò che conosce.
La vita è nata dall’UNO che, per conoscere se stesso, porta in esistenza parti “intere” di sé.
Perché, essendo olistico, non può conoscere solo un pezzetto di se stesso, o in maniera parziale.
Deve conoscere tutto se stesso in ogni cosa, però con il punto di vista con cui si conosce in quell’istante.
Questa è l’identità del “campo”: è quello che genera il senso di sé del “campo”.
Allora l’UNO conosce se stesso, attraverso le sue creature: i “campi” che crea.
Questi poi si combinano, creano “campi di campi” e così via.
Questo modo di considerare la realtà fisica ha a che fare con molti fisici e filosofi del passato.
Ma, soprattutto, ha a che fare con persone che hanno avuto esperienze straordinarie di coscienza.
La coscienza ha la capacità di conoscere se stessa direttamente, non attraverso la logica.
È una forma intuitiva di conscenza in cui l’UNO si conosce vivendo la sua conoscenza di sé.
Dobbiamo considerare che la consapevolezza sia una proprietà “irriducibile” della natura.
Essa esiste sin dall’inizio, quando è avvenuto il BIG BANG.
Questo ha creato spazio, tempo, materia ed energia e doveva avere anche i semi della consapevolezza.
Perché doveva dare al mondo solo i semi del mondo esterno e non i semi del mondo interno?
È essenziale assumere come fondata e fondante questa proprietà interna che mai è stata presa in considerazione.
Essa appartiene anche all’energia fondamentale, che io chiamo NOUS, parola greca che significa mente, intelletto.
Tra l’altro, NOUS è la stessa parola che Plotino usava per descrivere la stessa idea.
Questo è un quadro che mette insieme idee prese un po’ dappertutto, in un modo che collega la realtà fisica.
Non mi risulta che qualcuno abbia mai fatto questo “sforzo”, perché, la NOUS è il punto di partenza, non di arrivo.
La coscienza non è un prodotto del cervello, ma è una proprietà fondamentale del “qualcosa” (non sostanza).
Sostanza implica materia, cioè qualcosa di tangibile, mentre NOUS è immateriale.
Essa esiste prima che esistano i campi quantici, prima del vuoto quantico, addirittura prima del BIG BANG.
NOUS, di fatto, è un “campo di campi”.
La fisica ammette la natura della realtà come “campo unico” da cui emergono i campi delle particelle elementari.
NOUS è immateriale e ha due aspetti fondamentali che sono irriducibili, sono come le due facce di una medaglia.
Essa ha un aspetto interno “semantico”, dove c’è il significato, e quindi la capacità di autoriflettersi.
Essa conosce se stessa dal suo interno e, al suo esterno, riflette “simbolicamente” quello che conosce dentro di sé.
Non è diversa da noi: noi abbiamo un mondo interno e, quando lo comunichiamo, lo facciamo per “simboli”.
Nella comunicazione, i nostri “simboli” sono le parole, le smorfie, il gesticolare, la mimica, l’intonazione della voce.
Abbiamo un mondo interno che conosciamo solo noi dall’interno individuale.
E abbiamo un mondo esterno a cui riveliamo il nostro significato interno, per mezzo dei simboli.
NOUS è visibilmente olistico e dinamico, come la meccanica quantistica dice: l’universo non ha parti separabili.
L’elettrone non si può separare, non esiste di fatto come elettrone, esiste il campo degli elettroni.
E l’elettrone è semplicemento uno “stato eccitato” del campo degli elettroni.
L’ontologia è nel campo, non negli elettroni.
I fisici più avanzati dicono che l’elettrone, come oggetto, non esiste: è una nostra costruzione mentale.
NOUS si manifesta come unità di consapevolezza.
La consapevolezza è la proprietà del sé responsabile, della sua percezione e comprensione.
La prima manifestazione della NOUS è conoscere se stessa, non conosce tutto di sé, ma di esistere lo sa.
Questa percezione dell’esistere è un QUALIA: la comprensione è il significato portato dai QUALIA.
Il cervello produce segnali elettrici e da questi si passa ai QUALIA.
I QUALIA, termine plurale di “quale”, sono gli aspetti qualitativi ed esperienziali della coscienza (percezioni, sensazioni, emozioni ecc.).
La creatività è la comprensione della prima volta, è un significato originale.
Questo, poi, deve essere tradotto in simboli per essere comunicato.
Nel sé non c’è solo la consapevolezza, ma c’è anche l’identità e il libero arbitrio e la capacità di agire e comunicare.
Propongo un modello dove tutta la realtà è creata da organizzazioni di unità di consapevolezza elementari.
Queste si combinano gerarchicamente sotto la spinta della autoconoscenza.
La realtà ha due aspetti irriducibili e interdipendenti a tutti i livelli gerarchici.
Sono l’aspetto semantico e quello simbolico in combinazioni sintattiche.
La sintassi riguarda la struttura della frase, gli elementi costitutivi, le associazioni, cioè le unità superiori alla parola”.
C O R O L L A R I O
La “teoria di Faggin”, o meglio, la sua visione sulla coscienza e il suo rapporto con la fisica quantistica, sostiene che la coscienza non è un prodotto del cervello, ma una realtà fisica preesistente, un campo quantistico, e che il cervello funge da “ponte” o “trasformatore” tra questo campo e la realtà fisica. Faggin, in particolare, si discosta da una visione materialista della coscienza, affermando che essa non può essere spiegata come una mera proprietà della materia.
Faggin propone che la coscienza non sia un’entità separata dal corpo, ma un campo quantistico che interagisce con la materia, in particolare con il cervello.
Secondo Faggin, il libero arbitrio, la capacità di fare scelte indipendenti, potrebbe essere legato al comportamento dei sistemi quantistici, in particolare al collasso della funzione d’onda.
Il cervello, secondo Faggin, non crea la coscienza, ma la “traduce” in esperienza sensoriale e cognitiva. Il cervello sarebbe quindi un “drone” controllato da questo campo di coscienza.
Faggin critica la visione materialista della coscienza, che considera la coscienza un’emergenza del cervello, affermando che questa prospettiva non riesce a spiegare l’esperienza soggettiva e il libero arbitrio.
Faggin cerca di integrare la visione scientifica con una prospettiva spirituale, sostenendo che la coscienza potrebbe essere parte di una realtà più ampia e profonda, che include sia aspetti materiali che non materiali.
F R A M M E N T I D I S A G G E Z Z A
1.
Non siamo i nostri pensieri,
ma lo spazio in cui i pensieri passano.
Ogni attimo ascoltato in silenzio
è un frammento d’eternità.
Il corpo è la soglia,
non la prigione.
Vivere è accorgersi
che siamo già vivi.
L’anima non pesa,
ma lascia tracce leggere.
Non c’è verità ultima,
solo un continuo avvicinarsi.
Quando non cerco nulla,
tutto può accadere.
La coscienza non è la luce,
ma ciò che la vede accendersi.
Ogni risveglio è una soglia:
varcarla in silenzio è già meditare.
Non siamo il centro dell’universo,
ma possiamo diventarne lo specchio.
La verità non si afferra,
si lascia avvicinare.
L’istante presente è sacro,
se non lo chiami “mio”.
Il sapere che conta
è quello che sa di non sapere.
Nulla è più vasto
di un cuore che ascolta.
Il tempo non è nemico,
è un maestro che parla piano.
L’attesa è un grembo,
non una punizione.
Ogni respiro è un nuovo inizio.
La memoria non conserva,
trasforma.
Chi segue il proprio ritmo,
non è mai in ritardo.
Il tempo è saggio:
sa quando accelerare,
e quando fermarsi a guardare.
Solo ciò che passa davvero,
può lasciarci qualcosa di eterno.
C O L L O Q U I C O N M E S T E S S O
Il primo respiro del mattino
è già un pensiero che si affaccia.
Ma se resto quieto,
posso abitare il silenzio
dove ancora nulla ha nome.In quel vuoto semplice
mi accorgo di esserci:
non come persona,
ma come campo,
come attenzione pura
che precede il mondo.
Il silenzio non è assenza,
ma profondità.Sotto ogni pensiero,
sotto ogni parola,
vive un suono che non si sente,
eppure tutto contiene.Quando lo ascolto,
il tempo si ferma
e la mia coscienza si fa cielo.
——————————————————————————————————————————-
Mi sveglio,
e prima ancora del mio nome,
sento un punto immobile che mi abita.Non è pensiero, né emozione,
ma una sorgente ferma
da cui tutto nasce.Questo sono:
non l’idea che ho di me,
ma l’essere che osserva
anche quell’idea.
L’“io” è utile per orientarmi nel mondo,
ma non dice chi sono.È la maschera gentile
che porto tra gli altri,
ma io sono anche
chi la toglie la sera,
e chi sogna mentre dorme,
e chi ascolta in silenzio al mattino.Sono ciò che resta
quando l’“io” si fa da parte.
Quando osservo senza giudicare,
il mondo si mostra com’è.La coscienza non ha bisogno
di cambiare nulla,
solo di vedere.E nel vedere,
ogni cosa si illumina
senza sforzo.
Il pensiero è uno strumento,
non un padrone.Quando lo lascio scorrere
come un fiume,
posso navigarlo.Ma se mi aggrappo a ogni onda,
dimentico il mare.
Al mattino,
prima di agire,
prima di parlare,
prima di volere,
posso semplicemente
essere.Essere senza aggiunta,
come il cielo prima della nuvola,
come la luce prima del colore.Ed è lì che tutto inizia davvero.
Il tempo non come misura, ma come esperienza vissuta nella coscienza.
Ogni giorno esplora un volto diverso del tempo: l’attimo, la durata, il futuro, il ritmo…
L’attimo non è ciò che passa,
ma ciò che è.Quando lo afferro, svanisce.
Quando lo accolgo, mi rivela.L’attimo non si misura,
si vive.
E in quell’istante,
io sono eterno.
Alcune esperienze durano un minuto,
ma restano per sempre.La durata non sta nel tempo,
ma nella densità del sentire.Il tempo che vale è quello
che lascia un’eco nell’anima.
La memoria non è passato,
è presente che ricorda.Ogni volta che rivedo un volto amato,
non sto tornando indietro,
ma portando qui ciò che non vuole svanire.La memoria è il modo in cui il tempo
si trattiene tra le mani della coscienza.
Il futuro non esiste ancora,
eppure ci abita.Ogni attesa è una forma di creazione:
immagino, temo, desidero,
e così lo costruisco.Ma il futuro vero
si rivela solo
quando smetto di aspettarlo
e lo accolgo come dono.
L’attesa è un tempo vuoto
solo per chi non lo ascolta.In realtà, ogni attesa è un tempo di gestazione.
Qualcosa sta maturando,
anche se non si vede.L’attesa è una forma segreta di fiducia.
Ogni essere ha il suo ritmo.
Forzarlo è violenza,
assecondarlo è armonia.Il tempo naturale è circolare,
come il respiro, come le stagioni.Tornare al proprio ritmo
è ritrovare il sentiero di sé.
L’eterno non è ciò che dura per sempre,
ma ciò che non ha bisogno di durare.È il lampo che apre il cielo,
il pensiero puro,
lo sguardo che comprende tutto in un solo istante.Quando l’io tace
e l’essere si mostra,
ecco: quello è l’eterno.
R I N A S C I T A
Il peso di ciò che
è già passato
e la paura di ciò
che potrebbe accadere
ti rubano la vita
che stai affrontando.
Ma tu sei qui.
E qui è dove
puoi rinascere.
S P E R A N Z E E I L L U S I O N I
Una delle cose più difficili
nella vita è distinguere quella
linea sottile che separa
le speranze dalle illusioni.
Una linea che il cuore
attraversa spesso, nonostante
i richiami della ragione.
Ma la speranza è una necessità
e l’illusione il prezzo da pagare.
C O N T R O L L O D E L L E C O S C I E N Z E A T T R A V E R S O L A R E P R E S S I O N E S E S S U A L E
È quello che ha messo in atto la Chiesa per molti secoli fino ai giorni nostri.
La repressione sessuale sistematica crea dipendenza psicologica.
Perfino i preti, a cui è imposto il celibato, a partire dal 1073 d.C. per volere di Papa Gregorio VII (Ildebrando di Soana), diventano emotivamente vulnerabili, controllabili, manipolabili.
Coloro che reprimono i desideri naturali del corpo, creano mostri nell’anima.
Il celibato sacerdotale è la prostituzione dell’anima nel nome di Dio.
Creare la malattia e vendere la cura, denunciare, stigmatizzare il problema e presentarsi come soluzione: è il delitto perfetto che diventa benefattore.
La Chiesa ha sequestrato la stessa definizione di spiritualità umana, ha trasformato la repressione in virtù, la sofferenza in santità, la negazione della natura umana in vicinanza a Dio.
Ha fatto credere che reprimere la sessualità rende le persone più spirituali: è la matrice di controllo più sofisticata della storia, perché ha fatto, e fa, sentire in colpa miliardi di persone, per il semplice fatto di essere umane.
L’ipocrisia – perché è di questo che si tratta – non è un difetto del sistema, è il sistema stesso, che funziona perfettamente: libertà sessuale per i vertici, repressione sessuale per i sottoposti ed addetti ai lavori.
Dice Baruch Spinoza: “La Chiesa non salva le anime, le cattura”.
La colpa sessuale è uno strumento di ingegneria sociale per instaurare il tipo di società che serve meglio agli interessi della Chiesa.
Non stanno salvando anime, stanno creando un gregge, una nuova specie di esseri umani, una versione castrata di uomini colpevoli, dipendenti dalla autorità esterna, sottraendo loro qualsiasi sensazione di autostima.
La Chiesa ha creato la più grande prigione mentale della storia, dove i prigionieri chiudono essi stessi le porte dall’interno e buttano via la chiave dalla finestra.
Non si tratta di denaro, non si tratta di potere temporale, ma di qualcosa di molto più ambizioso: creare una versione dell’umanità incapace di autogoverno spirituale e dipendente eternamente dall’autorità esterna, tramite l’osservanza di dettami morali, comportamentali e di pensiero, che si attuano con un automatismo algoritmico.
Usare la repressione sessuale fa frammentare la connessione naturale fra corpo e anima, creando vuoti psicologici che solo l’autorità ecclesiastica può riempire.
Loro sanno che gli esseri umani sessualmente realizzati sono spiritualmente indipendenti, liberi, sono connessi con la propria divinità interna, sono difficili da controllare.
Hanno deciso di rompere questa connessione, ad esempio, di intercettare lo sviluppo spirituale del bambino attraverso la colpa sessuale precoce, di creare dipendenza emotiva cronica attraverso la negazione degli impulsi di connessione umana, di trasformare la naturale autostima in bisogno di convalida esterna costante.
È un manuale per creare schiavitù psicologica in persone che, altrimenti, si sentirebbero libere.
Il progetto della Chiesa non è solo quello di dominare i corpi, ma soprattutto quello di dominare le anime, rendendo impossibile agli esseri umani di accedere alle proprie fonti interiori di valori, di significati, di connessioni col divino.
È il più grande crimine contro la coscienza umana mai documentato.
Ha sequestrato la spiritualità naturale della specie, sostituito l’autenticità divina con la dipendenza istituzionale.
Nei secoli, la Chiesa ha tracciato l’esempio di un sistema di potere che tutti i governi venuti dopo hanno adottato.
Governi che infantilizzano i cittadini con sistemi educativi che distruggono la creatività naturale, con media che coltivano insicurezza costante, con industrie che vendono soluzioni a problemi che esse stesse creano.
Tutti seguono lo stesso schema che la Chiesa ha perfezionato e istituzionalizzato mille anni fa:
Frammentare la connessione interna,
creare dipendenza esterna,
rivendere ciò che è stato sottratto e rubato.
Spinoza si è reso conto che la repressione sessuale sistematica non creava solo dipendenza emotiva, creava disconnessione dall’intuizione naturale, dalla saggezza corporea, dalla capacità di sentire interiormente la verità.
Gli esseri umani sessualmente repressi perdono l’accesso al proprio sistema interno di navigazione spirituale, diventano incapaci di distinguere la verità dalla menzogna, usando le sensazioni corporee dipendenti da autorità esterne per definire la realtà.
È castrazione epistemica, rimozione della capacità naturale di conoscere.
La Chiesa controlla non solo ciò che le persone fanno, controlla come conoscono, come distinguono il reale dal falso, il vero dal bugiardo: è il controllo della stessa percezione della realtà.
Per secoli ha funzionato così bene che, anche oggi, la maggior parte delle persone non si fida della propria intuizione, ha bisogno di specialisti, di autorità, di istituzioni, per convalidare la propria esperienza interna.
Ha scritto Spinoza: “L’unica rivoluzione reale è la rivoluzione della coscienza individuale, contro tutti i sistemi che ci rivendono la nostra stessa divinità”.
Come fare questa rivoluzione?
Ricollegarsi alla saggezza interiore,
fidarsi della propria intuizione spirituale,
smettere di cercare la convalida esterna per le esperienze interne.
La Chiesa ha creato il problema della disconnessione spirituale e vende la soluzione della mediazione divina.
Oggi, la tecnologia crea il problema della disconnessione umana e vende la soluzione della connessione digitale.
Il governo crea il problema della sicurezza sociale e vende la soluzione del controllo esterno e forzoso.
Cosa fare?
Smettere di cercare fuori ciò che può essere trovato solo dentro,
smettere di esternalizzare la nostra connessione con il divino,
smettere di vendere la nostra autonomia spirituale, per promesse di sicurezza esterna.
La rivoluzione deve avvenire nella coscienza individuale.
Loro temono una umanità spiritualmente autonoma, connessa con la saggezza interiore, non manipolabile da autorità esterne.
Non abbiamo bisogno di loro, non avremmo mai dovuto averne, e non ne avremo mai.
N O L I F O R A S I R E
Noli foras ire,
in te ipsum redi:
in interiore homine
habitat veritas.
Non andare fuori,
torna in te stesso:
nell’intimo di un uomo
risiede la verità.
San Agostino.
e prosegue:
et si te inveneris mutabilem,
trascende et te ipsum.
e se ti troverai mutevole,
trascendi anche te stesso.
Qui San Agostino, uno dei padri fondatori del pensiero cristiano enuncia un principio che, al giorno d’oggi, sembra addirittura blasfemo.
Se la verità risiede nella coscienza (o consapevolezza) umana, allora non c’è bisogno della intermediazione di Istituzioni, come la Chiesa, che trasmenttono ai credenti la verità rivelata, da essa stessa confezionata.
Ecco, sembra ci sia stato un “lapsus freudiano”. Eppure, sono disposto a dargli ragione.
A N D A T A E R I T O R N O O V V E R O I L S E N S O D E L L E C O S E
Io non ti amo più,
e direi una bugia se ti dicessi
ho voglia di stare con te,
non significhi più niente,
e mai più dirò
Io ti amo.
PROVATE ADESSO A LEGGERE DALLA FINE VERSO L’ INIZIO.
C O N S A P E V O L E Z Z A
“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” non è solo un proverbio, è un principio psicologico.
Le persone che scegli di avere accanto riflettono – anche senza volerlo – parti di te.
Chi frequenti influisce sul tuo modo di parlare, di pensare, di vedere te stesso.
Ecco perché.
Se stai con chi ti svaluta, comincerai a dubitare del tuo valore.
Se stai con chi si lamenta sempre, vedrai solo problemi.
Se stai con chi ha paura, smetterai di rischiare.
Se stai con chi è vuoto, smetterai di cercare il senso delle cose.
Se stai con chi cresce, crescerai anche tu.
Se stai con chi ti rispetta, imparerai a rispettarti.
Se stai con chi crede in te, inizierai a crederci anche tu.
Non puoi cambiare da solo, se vivi in un ambiente che ti spinge a restare fermo.
Ogni relazione è una scelta di realtà.
Scegli chi ti fa bene.
I L T E M P O
C’è un giudice,
chiamato tempo,
che mette tutto e tutti
nel loro posto.
E la verità ha
sempre il tempo
dalla sua parte.
V I T T O R I A D I S I N N E R A W I M B L E D O N
Non sempre il più forte
è il più saggio:
la costanza vince
più del coraggio.
L’ A B I T O N O N F A I L M O N A C O
Una donna stupida,
con un bel vestito,
rimane una donna stupida.
Una donna intelligente,
con un brutto vestito,
al momento può allontanarti.
Poi, quando scopri
che è intelligente,
il vestito non conta più.
Giorgio Armani.
Lo scrivo in poesia
alla maniera mia:
Quando una stupida donna
si mette una bella gonna,
il meglio fra le sottane,
sempre stupida rimane.
Se una donna intelligente
veste una cosa da niente,
non conta ciò che s’è messa,
perché lei resta se stessa.
I N S O G N O
Nei miei sogni più belli,
mi sento protagonista
non così come sono,
ma come vorrei essere.
Non è il corpo l’attore,
ma sempre lo spirito.
Sono un vecchio giovane,
non un giovane vecchio.