Numero2943.

 

 

L A    D E P R E S S I O N E

 

da  QUORA

 

Scrive Riccardo Cecco, corrispondente di QUORA.

 

La depressione è pigrizia emotiva.

 

Premessa: sarò crudo e diretto. Dirò cose che non vuoi sentire. Perciò, se hai paura di sentirti offeso o di uscirne ferito dopo la lettura, NON LEGGERE!

Ho lottato con la depressione per moltissimi anni.

Una cantilena di pensieri ed emozioni negative si era impossessata di me, diventando la colonna sonora della mia vita. Credevo che fosse il mio naturale modo di essere, e ci creai attorno la mia identità.

Ero grasso, povero e senza amici e davo la colpa alla depressione. Poi mi sono reso conto che ero depresso perché ero grasso, povero e senza amici.

Sono stato bullizzato e deriso. Ho avuto problemi con l’alcol e le droghe. Ho sofferto di una forte ansia sociale e ho lottato con dei disordini alimentari. Alcune delle persone più importanti della mia vita sono venute a mancare quando ero ancora un adolescente.

La verità è che tutti abbiamo problemi e la vita non è fatta per essere semplice.

La società di oggi, però, ci incentiva ad essere flaccidi e a comportarci da vittime. Di conseguenza, siamo portati a dare la colpa a qualcosa di esterno per delle difficoltà che ci troviamo ad affrontare interiormente.

Non sopporto quando sento qualcuno dire “soffro d’ansia”. Che cazzo vuol dire? Tutti soffriamo d’ansia. Non è altro che un’emozione che si viene a creare nel momento in cui decidiamo di preoccuparci per qualcosa che potrebbe accadere in futuro.

Non sopporto nemmeno sentir dire “ho la depressione.” Di nuovo… Che cosa significa? Non si tratta di un tumore o di un virus. Non vai a fare una passeggiata senza il giubbotto e ti prendi la depressione. Non è una malattia che cade dal cielo da un giorno all’altro.

La depressione è circostanziale.

Se non sei a conoscenza del motivo per cui sei depresso, significa che dovresti cominciare ad esaminare la tua vita e imparare a conoscerti meglio, invece che passare le giornate davanti a Netflix.

È difficile? Ci sono dei mostri che non vuoi affrontare? Ti capisco, ed è del tutto comprensibile. Ma se decidi di distrarti piuttosto che affrontare la realtà, non cambierà mai nulla.

Potresti avere l’istinto di ribattere con mille scuse, e lo comprendo. Ci sono passato anche io attraverso quella fase. Quando sei depresso, fai di tutto per difendere la tua depressione: è più facile trovare delle giustificazioni per non cambiare, piuttosto che darsi da fare per farlo.

Qualche tempo fa, un mio amico stava attraversando un brutto periodo. Era rimasto senza lavoro, la ragazza lo aveva lasciato, suo padre stava molto male e non aveva idea di che cosa volesse fare nella sua vita. Vedeva il suo mondo andare a pezzi e disintegrarsi un pezzettino alla volta, giorno dopo giorno.

Mentre bevevamo un caffè è crollato: si è messo a piangere e a parlare di quanto tutto fosse insopportabile e ingiusto.

Lo ascoltai e mi si spezzò il cuore a guardarlo in quello stato. La mia propensione iniziale fu quella di appoggiargli una mano sulla spalla e proporre i soliti luoghi comuni: “dovresti farti aiutare da qualcuno,” oppure “mi dispiace, vedrai che con il tempo passerà.”

Grazie al cielo, ho avuto la freddezza di riflettere e ricordare che cosa avesse aiutato me a superare quei momenti difficili. E non fu di certo l’accondiscendenza del mondo esterno: quella non faceva altro che alimentare il mio vittimismo.

“Cazzo, che vita di merda che stai vivendo! Non vorrei mai essere nella tua situazione,” gli dissi.

Smise di piangere. I suoi occhi si sbarrarono. Mi guardò sorpreso, confuso e intimorito: inconsciamente, stava aspettando la classica parola di conforto.

“Che cosa vuoi dire?” mi chiese.

“Che hai ragione. Stai vivendo una vita di merda e non ti invidio per niente. E ora?”

“E ora cosa?” rispose.

“Che cos’hai intenzione di fare? Aspettare che passi? Aspettare che succeda qualcosa che ti cambi la vita da un momento all’altro o che un angelo venga a salvarti? Oppure vuoi muovere il culo e fare qualcosa?”

Rimase in silenzio per qualche secondo. “Muovere il culo,” disse.

Lo abbracciai e gli dissi che per qualsiasi cosa sarei stato a sua disposizione, poi me ne andai e lo lasciai solo con i suoi pensieri.

Ormai è passato più di un anno e sta continuando a lottare con i suoi mostri ma, a poco a poco, sta imparando a sconfiggerli e a migliorare la sua vita. Mi ha ringraziato più volte per come mi comportai in quella situazione. Dice che avrebbe voluto una pacca sulla spalla, ma ciò di cui aveva bisogno era guardare in faccia la realtà, e io lo aiutai a farlo.

Se in quel momento mi fossi mostrato come l’amico comprensivo e compassionevole, potrebbe ancora essere nella stessa situazione, se non peggio.

Sì, perché la depressione non nasce da un giorno all’altro: si crea nel tempo, man mano che evitiamo di affrontare i problemi e che li lasciamo accatastare dentro di noi sotto forma di pensieri incompresi ed emozioni inespresse.

La vita non è facile per nessuno e c’è chi ha ricevuto delle carte di gran lunga peggiori delle tue. La differenza nel lungo termine, tuttavia, non la fanno le carte che hai in mano, bensì come decidi di giocarle. Se altre persone in situazioni più difficili sono riuscite a conquistare un’esistenza più serena, perché non dovresti riuscirci anche tu? Che cosa ti rende così speciale da poter evitare il lavoro che va fatto?

Al mondo non interessa che cosa ti è successo, quali sono i tuoi problemi, se sei grasso, se sei stato bullizzato, se la tua ragazza ti ha lasciato o se è morto un tuo familiare.

La vita continua ad andare avanti, con o senza la tua depressione. Sta solamente a te decidere quale giocata fare con le carte che ti sono state consegnate.

Sostanzialmente, la scelta da fare è sempre una: essere una vittima o assumerti la responsabilità per la tua vita e cambiare il tuo modo di giocare. Entrambe le scelte implicano dolore, ma la prima porta sofferenza, mentre la seconda porta crescita e maturità.

Se non sai da dove cominciare, parti dal tuo stile di vita.

Usa la prima ora del giorno per allenarti, comincia a mangiare meglio e a regolarizzare il tuo sonno. Poniti dei piccoli obiettivi e perseguili.

Vedrai che, in un tempo relativamente breve, ti renderai conto che la depressione non è una malattia, bensì un insieme di abitudini sbagliate e assenza di introspettiva.

Non hai voglia di allenarti? Non ti piacciono le verdure? Non hai la motivazione necessaria per cominciare? Va benissimo, almeno sarai consapevole che non desideri davvero cambiare. Per lo meno, non abbastanza.

Forse hai bisogno di toccare il fondo per trovare l’energia e la motivazione, ma non te lo consiglio.

Io stesso ho toccato il fondo prima di dare una svolta alla mia vita. E se è vero che mi ha dato la motivazione per cambiare, è anche vero che è svanita dopo qualche giorno. Alla fine, ho dovuto comunque introdurre disciplina e resilienza per stare sul pezzo.

Ora… Andare in palestra, imparare nuove abilità e prenderti del tempo per conoscerti meglio, risolveranno tutti i tuoi problemi?

No, no e no.

Tuttavia, ti assicuro che, se migliorerai le tue abitudini, ti porrai qualche domanda in più e farai maggiore chiarezza sui tuoi desideri, la tua vita cambierà completamente. Ma sappi che avrai del lavoro da fare! E sarà dura, molto dura…

Puoi accettarlo e agire di conseguenza o continuare a vivere come hai sempre fatto, ma senza il diritto di dire che la vita fa schifo o che sei sfortunato.

Sono chiacchiere al vento e a nessuno interessa sentirle. Nessuno ti verrà mai a salvare. Non ti salverà un amico, né una pillola e nemmeno uno psichiatra. Solo tu puoi salvare te stesso.

La depressione è una scelta, non una malattia, e assumertene la responsabilità è l’unica cosa in grado di cambiare le carte in tavola.

Ogni ausilio esterno può essere utile e importante. Uno psichiatra o il supporto di un buon amico possono essere d’aiuto ma, in fin dei conti, l’unica cosa che conta è l’azione. La mera compassione non cambia nulla; anzi, rischia di farti sentire giustificato, rendendo la metamorfosi ancora più difficile.

Che tu sia d’accordo con me oppure no, a me non interessa. In realtà, non interessa a nessuno. Ma se trovi un senso in ciò che dico, sai già qual è il prossimo passo da fare e sai anche che devi cominciare ora.

Numero2799.

 

da QUORA

 

QUAL  È  IL  SEGRETO  PER  SOPRAVVIVERE?

 

Un ebreo, proprietario di una delle panetteria più famose della Germania, diceva spesso: “Sai perché sono vivo oggi?

Ero ancora un adolescente quando i nazisti in Germania uccisero gli ebrei senza pietà. I ​​nazisti ci portarono ad Auschwitz in treno. Durante la notte in reparto c’era un freddo mortale. Siamo stati lasciati per molti giorni senza cibo, senza letti, il che significa senza la possibilità di riscaldarci in qualche modo. Nevicava ovunque. Il vento freddo ci gelava le guance ogni secondo. C’erano centinaia di noi in quelle notti fredde e orribili. Niente cibo, niente acqua, niente nascondigli. Il sangue si congelava nelle vene. Accanto a me c’era un anziano ebreo che era molto amato nella mia città. Tremava e aveva un aspetto terribile. Ho avvolto lui con le mie mani per scaldarlo. L’ho abbracciato forte per dargli un po’ di calore. Non ho fatto altro che strofinargli le mani, le gambe, il viso, il collo. L’ho pregato di rimanere in vita. L’ho tirato su di morale. È così che ho tenuto al caldo quest’uomo tutta la notte, Io stesso ero stanco e congelato. “Incrociamo le dita”, – gli dicevo – ma ho continuato a massaggiare il corpo di quest’uomo per scaldarlo.

Sono passate tante ore. Finalmente è arrivata la mattina, il sole ha cominciato a splendere. Mi sono guardato intorno per vedere le altre persone. Con mio orrore, tutto ciò che potevo vedere erano cadaveri congelati. Tutto quello che potevo sentire era il silenzio della morte. La notte gelida ha ucciso tutti. Sono morti di freddo. Sopravvissero solo due persone: il vecchio ed io. Il vecchio è sopravvissuto perché non l’ho lasciato congelare, e io sono sopravvissuto perché l’ho scaldato.

Permettetemi di dirvi il segreto della sopravvivenza in questo mondo. Quando scaldi il cuore degli altri, allora riscalderai te stesso. Quando sostieni, rafforzi e incoraggi gli altri, allora ricevi sostegno, rafforzamento e incoraggiamento nella tua vita”.

– Sconosciuto

Numero2653.

 

G I O R D A N O   B R U N O

 

“Verrà un giorno che l’uomo

si sveglierà dal suo oblio e

finalmente comprenderà chi è

veramente e a chi ha ceduto

le redini della sua esistenza:

a una mente fallace, menzognera

che lo rende e lo tiene schiavo.”

 

Queste parole si possono considerare il compendio del pensiero filosofico, sociale e morale di Giordano Bruno (Nola 1548 – Roma 1600) filosofo, scrittore e frate domenicano.
Lui, uomo di Chiesa, scriveva questo indicando proprio nella Chiesa la “mente fallace, menzognera”.

Per le sue teorie filosofiche, giudicate eretiche ed essendosi rifiutato di rinnegare i propri principi e le convinzioni maturate nella sua esperienza di vita clericale, dal Tribunale dell’Inquisizione fu condannato al rogo e arso vivo a Roma, in Piazza di Campo dei Fiori, il 17 Febbraio 1600.

Numero2572.

 

L A   P A U R A   È   U N   H A N D I C A P     (sullo stesso argomento il Numero2560.)

 

La paura è la più importante e potente emozione che abbiamo: ci permette di fronteggiare al meglio le situazioni di pericolo, di reagire rapidamente, di adattarci alla realtà esterna e interna.

Eppure, se non si è in grado di gestirla e va oltre una certa soglia, diventa il meccanismo più disadattivo che si possa immaginare: basti pensare che il 50% dei disturbi della psicopatologia sono basati sulla paura.

Al primo posto nella classifica delle paure più importanti e più frequenti c’è la paura di perdere il controllo. Di sé stessi, della propria mente, del proprio corpo. La paura di perdere il controllo delle proprie sensazioni e andare in panico, la paura di arrossire e fare una figuraccia, la paura di farsela addosso in pubblico, la paura di impazzire, la paura di compiere involontariamente atti inaccettabili, la paura di pensare a pensieri osceni o immorali… sono solo alcune tra le più frequenti manifestazioni della paura di perdere il controllo.

Fino a quando siamo noi ad instaurare e dare vita alla paura, dopo un attento esame di coscienza, proviamo a rimuoverne le cause usando l’arma più formidabile di cui ci ha dotato la natura: la nostra ragione.
Ma se veniamo investiti, nostro malgrado, da una qualsivoglia aggressione esterna, raccogliamo le forze per reagire, contrastare, resistere. Altrimenti la nostra stessa paura ci bloccherà e le nostre difese saranno flebili ed inutili: inevitabilmente saremo travolti.

 

N.d.R.: Desidero segnalare due Numeri di questo BLOG che riguardano il presente argomento:

 

Numero2032. :

 

La paura non impedisce la morte,

impedisce la vita.

 

Numero2014. :

 

La prima qualità di un onest’uomo

è il disprezzo della religione,

che ci vuole timorosi della cosa

più naturale del mondo, che è la morte,

odiatori dell’unica cosa bella

che il destino ci ha dato, che è la vita,

e aspiranti ad un cielo dove

di eterna beatitudine vivono solo i pianeti,

che non godono né di premi,

né di condanne, ma del loro moto.

 

Umberto Eco.

Numero2568.

 

S A P E R E   A U D E  (pronuncia: sàpere àude)

 

da un articolo pubblicato sul Berlinische Monatsschrift, 1784.

 

Nel 1784 la rivista tedesca Berlinische Monatsschrift pose ai suoi lettori la domanda: «che cos’è l’illuminismo?». Tra gli intellettuali che risposero all’interrogativo vi fu il filosofo Immanuel Kant, il quale diede una definizione destinata a fare storia, incentrata sull’idea dell’«uscita dell’uomo dallo stato di minorità». Definendo che cosa si debba intendere con il termine “illuminismo”, Kant fa riferimento al rischiaramento prodotto dall’esercizio «pubblico» della ragione, vale a dire dall’utilizzo pieno e libero di questa facoltà umana nell’ambito dello studio, della ricerca e della discussione. L’invito a diventare intellettualmente «maggiorenni» e a usare le risorse della ragione risuona nell’esortazione latina citata da Kant: sapere aude, osa sapere.

L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo. […]

È dunque difficile per il singolo uomo tirarsi fuori dalla minorità, che per lui è diventata come una seconda natura. È giunto perfino ad amarla, e di fatto è realmente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato consentito di metterla alla prova. Precetti e formule, questi strumenti meccanici di un uso razionale, o piuttosto di un abuso, delle sue disposizioni naturali, sono i ceppi di una permanente minorità. Se pure qualcuno riuscisse a liberarsi, non farebbe che un salto malsicuro anche sopra il fossato più stretto, non essendo allenato a camminare in libertà. Quindi solo pochi sono riusciti, lavorando sul proprio spirito a districarsi dalla minorità camminando, al contempo, con passo sicuro. […]

Se dunque ora si domanda: «viviamo noi attualmente in un’età rischiarata?» Allora la risposta è: «no, bensì in un’età di rischiaramento». Che gli uomini presi assieme siano, per come stanno le cose, già in grado, o che possano anche solo essere posti in grado di valersi con sicurezza e bene della propria intelligenza in cose di religione, senza l’altrui guida, è una condizione da cui siamo ancora molto lontani. Ma che ad essi, adesso, sia comunque aperto il campo per lavorare ed emanciparsi verso tale stato, e che gli ostacoli alla diffusione del generale rischiaramento o all’uscita dalla minorità a loro stessi imputabile diminuiscano gradualmente, di ciò noi abbiamo invece segni evidenti.

 

N.d.R.: SAPERE AUDE è una frase rintracciabile nelle EPISTOLE di Orazio (Quinto Orazio Flacco poeta latino)

 

Numero2524.

 

Fra le carte di vecchi ricordi, ho ritrovato questa poesia che, anche adesso, mi ha fatto piangere.
Parla della tragedia del terremoto che ha colpito il Friuli il 6 Maggio 1976.

 

Donje Glemone il 13 di Maj 1976.

 

PUAR  FRIUL …. CE CURTISADE

 

Ce tant biel che lu ài viodut,
ce di cur che lu ài cjalat:
e cumò l’è sucedut
che lu cjati dut sdrumat.

Ce dolor, ce tante pene,
ce tanc’ muarz, tant tribulà.
Sint il cur che mi sdrondene,
che s’ingrope, al ‘ul scjampà.

Ma cemut mari nature
ae podut dà tant dolor
a chei fìis che, cun gran cure,
àn cerut di fale mior?

O crodevi che la uere
mi vess zà mostrat dut quant;
mentri invesit, no jè vere:
chi il dolor l’è tant plui grant.

Ciar Friul, ce curtisade
che ti àn dat in plen tal cur:
ogni cjase insanganade
che soffris’, che vai, che mur.

Ma i toi fìis son chi che cjalin
che ti prein di no murì.
Tenju dongje, che no falin,
che ti fasin rinvignì.

Su Furlan, dati coragjo
tal scombati e sapuartà;
sarà chest il ver omagjo
pai Furlans za las di là.

Suje i voi, torne scomence,
torne sude, met adun.
Il paìis nol pò sta cence:
come te no l’à nissun.

E il Signor, s’a l’è seren,
cu la pas e caritat,
l’à il dovè di oreti ben,
a ti lassi tirà flat.

Parcé un presit tant salat
son ben pos’ che lu àn pajat.

 

LEANDRO  DI  BARBORA.

 

Mi rendo conto che il Friulano non è facile e comprensibile per tutti. A seguito della esortazione di alcuni, ho qui sotto riportato una traduzione quasi letterale e, ovviamente, non in rima.

 

Vicino a Gemona, il 13 di Maggio 1976.

 

P O V E R O    F R I U L I …. C H E    C O L T E L L A T A.

 

Come l’ho visto tanto bello
come l’ho guardato con amore:
e adesso è accaduto
che lo trovo tutto distrutto.

Che dolore, che tanta pena,
quanti morti, che sofferenza.
Sento il cuore che sussulta
che si stringe, vuole scappare.

Ma come madre natura
ha potuto dare tanto dolore
a questi figli che, con gran cura,
hanno cercato di renderla migliore?

Credevo che la guerra
mi avesse già mostrato tutto quanto;
mentre invece non è vero:
qui il dolore è tanto più grande.

Caro Friuli, che coltellata
che ti hanno dato in pieno nel cuore:
ogni casa insanguinata
che soffre, che piange, che muore.

Ma i tuoi figli son qui che guardano,
che ti pregano di non morire.
Tienili vicino, che non desistano,
che ti facciano rifiorire.

Su Friulano, fatti coraggio
per lottare e sopportare,
sarà questo il vero omaggio
per i Friulani già andati all’aldilà.

Asciuga gli occhi, torna a cominciare,
torna a sudare, ricomponi ogni cosa.
Il paese non può stare senza,
come te non ha nessuno.

E il Signore, se è giusto,
con la pace e la carità,
ha il dovere di volerti bene
e di lasciarti tirare il fiato.

Perché un prezzo tanto salato
ci sono ben pochi che l’hanno pagato.

 

Numero2426.

 

13  COSE  CHE  LE  PERSONE  MENTALMENTE  FORTI  NON  FANNO

DAL BEST SELLER INTERNAZIONALE DELLA PSICOTERAPEUTA  AMY MORIN.

 

Non cercare di compiacere il mondo

Non rinunciare al tuo potere

Non preoccuparti del successo degli altri

Non perdere tempo a compatirti

Non avere paura del cambiamento

Non sentire che il mondo ti deve qualcosa

Non fare sempre lo stesso errore

Non rimanere bloccato nel passato

Non avere paura di rischiare

Non arrenderti dopo il primo fallimento

Non concentrarti su quello che non puoi controllare

Non aspettarti risultati immediati

Non evitare di stare da solo.

Numero2217.

 

RICORDANDO  DANTE                              ULISSE

 

… né dolcezza di figlio, né la piéta            94

del vecchio padre, né ‘l debito amore

lo qual dovea Penelope far lieta,

 

vincer potero dentro a me l’ardore

ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto

e de li vizi umani e del valore.

 

 

Considerate la vostra semenza:              118

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza.

 

 

… infin che ‘l mar fu sopra noi richiuso.  142

 

 

DIVINA  COMMEDIA       Inferno       Canto XXVI   VIII Cerchio (Malebolge) dove sono puniti i consiglieri fraudolenti.

Numero2212.

 

S À P E R E   À U D E !

 

ABBI IL CORAGGIO DI SAPERE !

 

Immanuel Kant  (1724 – 1804)

 

I L L U M I N I S M O

 

L’illuminismo fu un movimento politico, sociale, culturale e filosofico che si sviluppò nel XVIII secolo in Europa. Nacque in Inghilterra, ma ebbe il suo massimo sviluppo in Francia, poi in tutta Europa e raggiunse anche l’America. Il termine “illuminismo” è passato a significare genericamente qualunque forma di pensiero che voglia “illuminare” la mente degli uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica, della ragione e dell’apporto della scienza.

 

«L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a sé stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo.»