Numero3345.

 

da  QUORA

 

Scrive Gaetano Antonio Riotto, corrispondente di QUORA.

 

FRIEDRICH  NIETZSCHE  E  L’ EPISODIO  DEL  CAVALLO

 

Friedrich Nietzsche fu protagonista di una delle scene più toccanti nella storia del pensiero occidentale.

Era il 1889 e il filosofo viveva in una casa di via Carlo Alberto, a Torino. Una mattina, mentre si dirigeva verso il centro della città, si trovò improvvisamente di fronte a un evento che avrebbe segnato per sempre la sua esistenza.

Vide un cocchiere che frustava con violenza il suo cavallo, perché l’animale, esausto, si rifiutava di avanzare. Il cavallo, ormai allo stremo delle forze, si accasciò a terra, ma il suo padrone continuò a colpirlo senza pietà per costringerlo a rialzarsi. Nietzsche, sconvolto dalla crudeltà della scena, si avvicinò rapidamente, rimproverò il cocchiere e poi, con un gesto disperato, abbracciò il cavallo caduto a terra.

Scoppiò in lacrime e, stringendo il collo dell’animale, gridò “Madre, Madre!”. Pochi istanti dopo perse i sensi.
Fu il collasso definitivo della sua mente.

Da quel giorno, Nietzsche smise di parlare per il resto della sua vita.
Per dieci anni, fino alla sua morte, non riuscì mai più a tornare a una condizione di lucidità.
La polizia, accorsa sul posto, lo arrestò per disturbo dell’ordine pubblico e poco dopo fu internato in un manicomio, da cui non uscì mai più.

Per la società dell’epoca, il gesto di Nietzsche – abbracciare il cavallo e piangere su di lui – fu visto come una prova della sua follia. Tuttavia, mentre alcuni lo considerarono una semplice manifestazione di irrazionalità dovuta alla sua malattia mentale, altri vi lessero un significato più profondo e consapevole.

Lo scrittore Milan Kundera, nel romanzo “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, riprende questa scena e la interpreta come una richiesta di perdono. Secondo Kundera, Nietzsche avrebbe sussurrato al cavallo una richiesta di scusa, a nome di tutta l’umanità, per la brutalità con cui l’uomo tratta gli altri esseri viventi. Un atto di pentimento per averli ridotti a nemici e servi.

Nietzsche non era mai stato un attivista per i diritti degli animali, eppure quel gesto di empatia assoluta segnò il punto di non ritorno nella sua vita. Quel cavallo fu l’ultimo essere con cui stabilì un contatto reale e affettivo. Non si identificò solo con l’animale, ma con il suo dolore, trovando in esso qualcosa che andava oltre la semplice compassione: una connessione profonda con la vita stessa.

Numero3271.

 

da  QUORA

 

Scrive Manuelito, corrispondente di QUORA

 

D E G R A D O    S O C I A L E    E    C I V I L E

 

Nel 1969, il professor Philip Zimbardo dell’Università di Stanford, condusse un singolare esperimento di psicologia sociale.

Prese due auto identiche e le abbandonò per la strada in due posti molto diversi: una nel Bronx, la zona degradata di New York e l’altra a Palo Alto, zona ricca della California.

In poche ore l’auto nel Bronx fu saccheggiata e distrutta.

L’auto lasciata a Palo Alto, invece, rimase intatta.

E’ facile attribuire le cause del crimine alla povertà del quartiere del Bronx ma, tuttavia, l’esperimento continuò.

Quando, dopo una settimana, videro che l’auto di Palo Alto era ancora illesa, i ricercatori decisero di romperle un vetro.

Il risultato cambiò.

Furti e vandalismo ridussero il veicolo ad un rottame.

Come nel Bronx.

Perchè il vetro rotto in un’auto abbandonata in un quartiere tranquillo è in grado di innescare un processo criminale?

Non è la povertà, ma qualcosa che ha a che fare con il comportamento umano.

Un vetro rotto in un’auto abbandonata trasmette un senso di disinteresse e assenza di regole.

E ogni nuovo attacco subito dall’auto ribadisce quell’idea.

Successivi esperimenti hanno dimostrato che, se dopo aver rotto il vetro di una finestra di un edificio, non viene riparato, verranno presto rotti tutti gli altri.

Se una comunità presenta segni di deterioramento e questo sembra non interessare a nessuno, presto si svilupperà la criminalità.

Questa “teoria delle finestre rotte” è solo un’ipotesi valida a comprendere la degradazione della società e la mancanza di rispetto per i valori della convivenza civile.

Numero3158.

 

30° A N N I V E R S A R I O

 

Questa cosa l’ho scritta per Rita
per ricordare il nostro anniversario:
lei ed io, compagni di una vita
che ci è passata sbarcando il lunario.

Non ci siamo conosciuti in gioventù,
quando si gettano le fondamenta
di una casa che deve stare su
per tanto tempo, ma ci si accontenta.

Io avevo più di cinquant’anni
e, dietro a me, una vita travagliata
di sbagli, delusioni ed affanni.
Poi è arrivata lei, e l’ha sistemata.

E dura da trent’anni questo amore
e non mostra crepe né scalfitture,
è passato fra la gioia e il dolore,
senza mai drammi o disavventure.

È stabile e solido come una roccia,
esposta a “malu tempu” e traversie.
Gli manca solo un fiore che sboccia,
ma non perdiamoci in fantasie.

Alla nostra età è già un’impresa
occuparci di noi due vecchietti,
e non di un’improbabile pretesa
di dare conferma ai nostri affetti.

Ma noi ci vogliamo bene così.
I sacramenti o le registrazioni
non ci servono: nel nostro pedigree
abbiamo scritto noi le condizioni.

Ci bastano la stima ed il rispetto,
mischiati con un poco di allegria,
e, come legante, un enorme affetto:
ecco spiegata la nostra alchimia.

E se sta funzionando la ricetta
allora gl’ingredienti sono giusti:
per noi due la formula è perfetta
e risponde proprio ai nostri gusti.

A voi, persone care ed amici,
che oggi siete qui per festeggiare,
diciamo grazie! Ci fate felici.
Non lo potremo mai dimenticare.

Portatevi a casa e nel vostro cuore
il senso della nostra ricorrenza
per vivere nella pace e nell’amore.
Grazie ancora per la vostra presenza.

Numero3157.

 

R I S P O S T A     D I     R I T A

 

Qualche tempo fa, ti ho chiesto scherzosamente se, anche a questo anniversario, avresti letto, come 5 anni fa, un discorsetto per fare quattro frignate in compagnia.
Mi hai risposto che sì, avresti letto qualcosa di non molto impegnativo o teatrale che parla di noi due.
Allora ho pensato che, stavolta, sarebbe toccato a me replicare con qualche parola, in risposta a quelle che avresti scritto tu su di noi e su di me.
Non le conoscevo prima di averle sentite leggere qui da te, qualche minuto fa, ma ne ho immaginato il tono e il significato e così, mi sono attivata per comporre una risposta, cosa che non ho mai fatto prima d’ora .
Spero che la forma della scrittura sia all’altezza del contenuto di ciò che voglio dirti, anche se non sono brava come te a scrivere le cose.

Caro Alberto,
siamo stati insieme per 30 anni, che sono passati così velocemente che quasi non ce ne siamo accorti, e devo dirti che sono stata, e sono, felice di questo sodalizio (visto che parola difficile ho trovato?) che mi ha riempito la vita e le ha dato un significato, che non avrei potuto immaginare migliore.
Prima di conoscere te, la mia vita di relazioni era stata quasi un deserto: non avevo mai condiviso sentimenti veri e impegnative frequentazioni con nessun uomo che potesse contare qualcosa per me e per il mio futuro.
Ma la vita non delude e non so come ho fatto ad avere la fortuna di incontrarti e di dividere con te questi 30 meravigliosi anni.
Passare il tempo con te è stato, ed è, una straordinaria avventura nella persistenza di un’atmosfera rilassata e rilassante, dove tutto quello che facciamo lo facciamo volentieri, insieme, come un gioco di squadra e di solidarietà, dove la complicità e l’ironia colorano di sfumature pacate e di leggerezza ogni cosa e ogni minuto.
Noi passiamo insieme solo i 3 giorni del weekend, lo sanno tutti, ma sono giornate che valgono più di una settimana intera, tale e tanta è la piacevolezza della nostra compagnia.
E ogni volta che io esco dalla tua porta di casa con le mie borse, mi dispiace: vorrei restare ancora e non vedo l’ora di poter tornare a passare insieme il nostro tempo, fatto di non tante cose, ma ricco di noi, della nostra sintonia ed empatia.
E mi risuonano nelle orecchie le tue scherzose parole: “Non ti vergogni di abbandonare un povero vecchietto?”
Siamo due persone che si stimano e si rispettano profondamente e che ci tengono a comunicare, in ogni modo, la predisposizione d’animo costantemente positiva l’una nei riguardi dell’altra.

Per parlare di te, non saprei da dove cominciare: hai tante e tali doti e caratteristiche che fanno di te un uomo unico e raro.
Sei pieno di interessi e di comportamenti, forse in qualche modo selettivi, ma mai banali o scontati e, men che meno, noiosi, fra i quali l’interesse per me.
Sei molto ricco culturalmente, sei creativo ed eclettico (questa parola sono andata a cercarla sul dizionario), preparato anche sulle cose recenti e da sempre sei sensibile all’arte e alle cose belle, quelle classiche ed eleganti, non quelle alla moda.
Sei spesso originale e particolare nelle scelte e nelle valutazioni, non ti allinei mai al pensiero comune, cerchi sempre un tuo punto di vista che sfugge alla maggioranza, ma che io ho imparato a riconoscere come, quasi sempre, centrato e, talvolta, addirittura profetico.
Da te imparo tante cose che tu condividi con me, senza essere presuntuoso o didascalico (vedi quante paroline particolari so adoperare anch’io?).
Hai avuto anche tu, però, una vita affettiva travagliata prima di conoscere me.
Forse hai scelto, come compagne di vita, delle donne non in sintonia con il tuo carattere: di questo ti devi prendere le tue responsabilità.
O forse, semplicemente, sono stati proprio i tuoi errori di scelta, di cui hai pagato il fio e su cui hai riflettuto, a farti diventare un così bravo compagno di vita: solo con me hai messo a frutto l’esperienza di come si sta con una donna.
E con me hai dato e ricevuto il massimo e il meglio.
Grazie, Alberto, per tutto quello che sei, che mi hai dato e mi stai dando.
Desidero invecchiare al tuo fianco, voglio stare con te vicino fino alla fine dei nostri giorni e, se potessi tornare indietro di 30 anni, ti sceglierei di nuovo come compagno della mia vita e, se fosse possibile, vorrei essere la tua donna anche nell’aldilà.
Ci tengo a dirti, inoltre, che sei un ottimo padre.
Con tutto il mio affetto.

Rita

Numero3156.

 

Grow Old With Me

(originale)

Invecchia con me

(traduzione)

Grow old along with me
the best is yet to be
when our time has come
we will be as one.
God bless our love
God bless our love.

Grow old along with me
two branches of one tree
face the setting sun
when the day is done.
God bless our love
God bless our love.

Spending our lives together
man and wife together
world without end
world without end.

Grow old along with me
whatever fate decrees
we will see it through
for our love is true.

God bless our love
God bless our love
God bless our love.
God bless our love

Invecchia insieme a me
il meglio deve ancora venire
quando sarà il nostro momento
saremo come uno.
Dio benedica il nostro amore
Dio benedica il nostro amore.

Invecchia insieme a me
due rami di un albero
affronta il sole al tramonto
quando la giornata è finita.
Dio benedica il nostro amore
Dio benedica il nostro amore.

Trascorrere le nostre vite insieme
uomo e moglie insieme
mondo senza fine
mondo senza fine.

Invecchia insieme a me
qualunque cosa il destino decreti
lo vedremo fino in fondo
perché il nostro amore è vero.

Dio benedica il nostro amore
Dio benedica il nostro amore
Dio benedica il nostro amore.
Dio benedica il nostro amore

Numero2870.

 

Ogni volta che mi arrabbio sto dando all’altro il potere di controllarmi.

Ana Maria Sepe    Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

Quante volte ci siamo sentiti offesi, tristi, arrabbiati dal comportamento altrui? Questo tipo di reazioni sono normali e fanno parte integrante dell’essere umano, il problema si pone quando i sentimenti negativi iniziano a prendere il sopravvento e finiscono per logorarci. In effetti, siamo così abituati a reagire d’impulso quando qualcuno ci fa un torto che finiamo per avvelenarci la giornata o a volte la vita.

In particolare è stato dimostrato che una situazione di rabbia costante porta a contratture muscolari, problemi digestivi, insonnia, emicrania ma anche ulcera o calcoli e problemi agli occhi, ad esempio congiuntiviti e fotofobia.  A livello psicologico le conseguenze più gravi si hanno sul piano sociale e relazionale, dato che la rabbia è stigmatizzata dalla società come uno dei comportamenti meno accettabili e chi la prova rischia, pertanto, isolamento e depressione.

Ma che cos’è la rabbia?

Ebbene, la rabbia è un’emozione di base e può essere molto importante e di aiuto in molteplici circostanze. Mentre in altre, questo sentimento può risultare dannoso, portando ad avere reazioni eccessive o facendo perdere il controllo dei propri comportamenti. Nelle forme più forti può trasformarsi in odio o in risentimento e può diventare anche iper-presente nella vita di una persona  generando una certa tendenza e propensione a reagire in modo esagerato o eccessivo.

Cosa può nascondersi dietro la rabbia

Se ci pensiamo bene, a farci arrabbiare non è mai l’evento in sé, ma l’interpretazione che diamo dell’evento. Chi non riesce a controllare la rabbia tende a leggere il comportamento delle persone in modo negativo e a volte esagerato, giungendo a delle conclusioni infondate che confermano i suoi peggiori timori.

Se pensiamo alla rabbia, possiamo pensare a una maschera, un oggetto che non permette di vedere cosa si nasconde dietro. Questo è quello che accade quando proviamo rabbia e non capiamo quale sia il motivo, oppure non troviamo strategie per gestirla.

Ci troviamo imbrigliati nei soliti meccanismi di pensiero e comportamento, senza riuscire a capirne il motivo, ci trasformiamo in “martiri” arrivando a credere che tutto il mondo ci odi, che la vita sia ingiusta e che nessuno là fuori riconosca il nostro valore. Per questo motivo, dietro la rabbia potrebbero nascondersi:

  • depressione reattiva, spesso derivante dalla percezione di un fallimento irrimediabile in un proprio obiettivo, che non permette di organizzare nuove soluzioni;
  • senso di colpa, provato quando si ha percezione di aver causato danno contro qualcuno o di aver violato norme morali;
  • vergogna, cioè la percezione di minaccia o danno per la propria immagine pubblica (perdere la faccia, brutta figura).

Chi ti fa arrabbiare, ti domina

E’ difficile da ammettere ma è quasi sempre così: chi ti fa arrabbiare esercita un controllo delle tue emozioni. La rabbia se da un lato è una delle emozioni più diffuse, dall’altra è uno dei campanelli d’allarme che ti dovrebbe far capire che ti stanno dominando. Rifletti: chi ti fa arrabbiare è colui o colei che in qualche modo, contro la tua volontà, genera emozioni tossiche, negative.

Rabbia: capire se stessi per affrontare gli altri

Spesso ci arrabbiamo poiché concediamo all’altra persone di farlo, di dominarci. Trattenere la rabbia è uno dei gesti meno salutari per il corpo e la psiche, tuttavia è importante riuscire a distinguere le proprie emozioni, riuscire a comprendere da dove provengono in modo da riconoscerle e capire il proprio vero “io”.  Si spendono tante energie per comprendere gli altri ma capire se stessi è la vera sfida.

  • “Ci sono rimasto male”.
  • “Mi hai profondamente offeso”.
  • “sono molto arrabbiato per colpa tua”.

Quando ci arrabbiamo tendiamo ad associare tutta quella rabbia semplicemente alla persona che ha in qualche modo “acceso la miccia”. Le emozioni sono soggette ad una sorta di “effetto domino”, se siamo nervosi, ansiosi, colmi di negatività, molto probabilmente saremo più soggetti ad exploit di rabbia. Tutto dunque dipende da noi, dalla nostra capacità di affrontare la vita con serenità.

Rabbia: perché ci si sente feriti?

Il problema della rabbia, soprattutto quella legata a questioni emotive, di sentimenti, è che tendiamo a percepire la nostra personalità, identificandola con la considerazione che gli altri hanno di noi (ego). In pratica ci facciamo condizionare dalle parole degli altri! Inconsciamente è come se, nel momento in cui riceviamo un’offesa, questa metta in discussione tutto ciò che siamo e dunque ci arrabbiamo. Eppure, le ferite emotive provocate dai momenti di rabbia le stiamo innescando noi in realtà. L’opinione degli altri è solo un’opinione, non rispecchia ciò che siamo.

Perché ci arrabbiamo?

Rabbia vs controllo. Uno dei problemi della rabbia è l’eccessivo livello di aspettative. Nel momento in cui la realtà si discosta da ciò che avevamo previsto si genera un senso di frustrazione. La mancanza di corrispondenza tra quanto previsto e ciò che è accaduto, può generare un profondo senso di rabbia. Se ad offenderci è uno sconosciuto sicuramente tale offesa non avrà lo stesso peso se fatta da una persona con la quale abbiamo una relazione affettiva. Questo succede perché non abbiamo alcuna aspettativa dall’estraneo, mentre se viene messa in discussione la nostra persona da qualcuno al quale vogliamo bene, il discorso cambia, ci sentiremo feriti.

Ci arrabbiamo perché noi decidiamo di arrabbiarci

Siamo noi che cediamo a insulti o provocazioni. È una nostra decisione. Certo è anche vero che spesso la strada che porta ad arrabbiarsi è in qualche modo spianata dall’atteggiamento provocatorio di qualcun altro ma arrendersi a questi comportamenti indisponenti non è la soluzione. Bisogna essere pienamente consapevoli, responsabili del proprio atteggiamento, del proprio modo di comportarsi.

Rabbia: come non ferirsi

È importante quindi prendere le distanze dal proprio ego e iniziare ad assumersi le responsabilità del proprio essere, delle proprie emozioni. In questo modo riusciremo a non restare emotivamente feriti quando ci arrabbiamo. Sappi che tu sei molto di più rispetto a ciò che pensano gli altri. È facile collegare il proprio “Io” con ciò che è percepito dall’esterno ma non è così. Ciò che appare all’esterno infatti non sempre coincide con quanto sei in realtà.

Può ferirti solo ciò che ti importa realmente

Ogni volta che lasci che una persona scateni la tua rabbia è come se stessi dicendo che “quello che questa persona pensa di me è più importante di ciò che penso io”. Ricordalo sempre…ogni volta che lasci che qualcuno ti faccia arrabbiare, stai cedendo il controllo, gli stai dando un’importanza che probabilmente non ha e, soprattutto, gli permetti di strapparti un bene prezioso: la tua stabilità emotiva.

Le tue emozioni sono solo tue!

Accettare che le emozioni sono tue e che puoi scegliere come reagire, può farti paura, perché significa prenderti una responsabilità enorme, ma, allo stesso tempo, apre un mondo di nuove possibilità perché ti invita a conoscerti meglio, a immergerti dentro di te per capire perché reagisci in un certo modo. È ovvio che assumersi tutto il peso che comporta l’essere arrabbiati è complicato, ancora di più se siamo abituati a dare importanza ai pareri esterni. È sempre più facile incolpare qualcun altro della nostra rabbia che noi stessi, ma così non arriveremo mai a connetterci con il nostro io interiore.

Come imparare a non farsi sopraffare dalla rabbia

Se ci pensi, reagire con rabbia a qualcuno è come mettere la tua stabilità emotiva nelle sue mani. Ma affideresti il tuo equilibrio psicologico a uno sconosciuto che, tra l’altro, è scortese e antipatico? Da un punto di vista razionale la risposta è un “no” deciso. Tuttavia, dal punto di vista emotivo, è quello che fai ogni volta ti arrabbi.

Devi avere ben chiaro un concetto, ovvero che le cose non ti colpiscono a meno che non sei tu a concedere ad esse questo potere. Vale a dire, né le persone, né i fatti hanno la capacità di farti del male, perché non esiste una relazione diretta tra i fatti esterni e le tue emozioni. Se stai bene o male dal punto di vista emotivo (sereno o arrabbiato), dipende sempre da cosa e da come ti stai percependo in quel momento.

Allo stesso modo, quando qualcuno ti offende, ti giudica o pensa qualcosa di negativo su di te, semplicemente sta esercitando il suo diritto al pensiero, al giudizio, ma questo non significa che le sue parole o i suoi pensieri ti definiscano. I pensieri degli altri sono degli altri e solo se ci credi, se li acquisisci, permetterai che ti facciano del male. Di conseguenza, sei tu, attraverso il dialogo con te stesso, a provocarti sofferenza. In pratica ti offendi da solo e scegli di farlo con quello che gli altri immaginano di te.

Come non accetteremmo mai che qualcuno scelga al posto nostro gli abiti da indossare tutti i giorni, non dobbiamo permettere che qualcuno riempia il nostro armadio mentale con i suoi stereotipi, opinioni e giudizi. Spesso non ci chiediamo quale sia l’origine delle nostre paure, rabbia e nevrosi quotidiane. Se tu potessi vedere le cose con lo sguardo di un te stesso più saggio forse daresti meno peso alle cose che ti offendono. Ricorda sempre…la rabbia è la risposta di chi ha paura, non di chi vuole migliorare la situazione. Quindi, ogni volta che qualcuno cerca di sminuirti, offenderti o giudicarti impara a chiederti: che cos’è meglio per me?

Si nasce due volte, la prima quando vieni al mondo e la seconda, quando decidi di volerti bene

Questa celebre frase è la citazione di apertura del mio primo libro e anche l’aforisma di chiusura del mio secondo manuale di psicologia. Allora, inizia ogni giorno con un sentito e profondo «mi voglio bene». Non devi pronunciarlo, ma devi sentirlo, puoi imparare a sentire l’amore che nutri per te stesso perché egli è già lì, da qualche parte.

Come avrai capito, quando riuscirai a far entrare le scienze psicologiche nella tua vita, tutto assumerà un significato diverso, riuscirai a sperimentare modalità di esistere del tutto inedite e ti sorprenderà scoprire quanti meravigliosi doni può tenderti il tuo “groviglio”.

Numero2867.

 

Prima di accontentare sempre tutti ricorda queste 5 cose

Ana Maria Sepe    Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

 

Viviamo in un mondo in cui l’approvazione e l’accettazione degli altri giocano un ruolo significativo nelle nostre vite. La necessità di essere accettati e di appartenere a un gruppo è radicata nella natura umana. Tuttavia, c’è una sottile linea di demarcazione tra l’accontentare gli altri per ottenere l’approvazione e l’essere autentici con se stessi. Compiacere gli altri significa essere più sintonizzata sui bisogni delle altre persone piuttosto che sui tuoi; più attenta e interessata ai loro sentimenti, preoccupata delle loro reazioni, anziché in ascolto di te stessa, di come ti senti e di ciò che vuoi.

“Non conosco la via infallibile verso il successo. Ma una fallibile verso l’insuccesso: accontentare tutti”. Platone.

Il grande filosofo aveva ben compreso che quando smarriamo il nostro baricentro psichico a favore di quelli altrui, smarriamo noi stessi…il nostro volere più profondo e più vero. Certo, tutti noi abbiamo la necessità di ricevere dimostrazioni di affetto e complimenti, e di sentirci apprezzati per le nostre caratteristiche positive. Purtroppo però, per alcuni di noi questa necessità si presenta in modo più forte ed evidente che in altri, cosa che può renderci eccessivamente compiacenti ed accondiscendenti in varie situazioni della nostra vita.

Siamo esseri sociali e per definizione abbiamo necessità di condividere la nostra vita con gli altri, per arricchirci, confrontarci, ridere, parlare

E’ legittimo voler essere circondati da esseri affini, che hanno valori e caratteristiche simili, e questo è ciò che accade quando scegliamo con chi passare del tempo. Tuttavia, quando stringiamo legami per paura, solitudine, noia o per riempire i propri vuoti interiori si finisce con l’accettare qualsiasi persona o situazione. E’ da qui che nasce la necessità di voler accontentare sempre tutti, meno uno/a (ovvero noi stessi).

Compiacere gli altri è stato per anni l’unico modo di rapportarmi agli altri! Ero accondiscendente con parenti, conoscenti, amici, nemici pur di evitare conflitti o malumori, mi facevo carico di responsabilità non mie, dicevo di sì per sentirmi importante, meritevole… mi facevo in quattro per accontentare tutti, sacrificavo me stessa e il mio spazio pur di non venir meno a quello che ogni persona là fuori si aspettava da me e sentirmi, in qualche modo, a posto. Insomma, volevo fare tutti felici e contenti. Tranne me stessa. E questo, nel tempo, mi aveva portata a sentirmi intrappolata in uno scomodo cantuccio fatto di doveri, arrabbiata con il mondo e delusa per tutto quello che mi aspettavo di ricevere in cambio della mia compiacenza e che non era arrivato.

Poi ci si accorge che è tutto inutile, che l’essere accondiscendenti non ti regala nulla di bello, anzi! Quello che ho imparato dalla mia esperienza personale e di vita è che alla base di questo modo di fare c’è una mancanza di autostima e di fiducia in se stesse che porta a essere oltremodo disponibili e accondiscendenti per paura di non essere amate, di scontentare qualcuno ed essere abbandonate. E la convinzione, molto radicata, di non andare bene così come sei che ti rende dipendente dal giudizio e dall’approvazione altrui…il modo più disfunzionale che io conosca per sentirsi finalmente degna di essere amata, apprezzata, riconosciuta.

Implicazioni nell’infanzia

“Se è vero che i genitori devono stimolare i figli è altrettanto vero che non devono trasformarli in marionette adulatrici“. Molto spesso la predisposizione a voler accontentare gli altri nasce durante l’età evolutiva (infanzia e adolescenza). Nell’arco di questo periodo infatti il bambino, spinto dalla volontà di voler accontentare a tutti i costi genitori e insegnanti, sviluppa un profondo senso di accondiscendenza, insomma, non vuole deluderli. Di conseguenza il piccolo ricercherà approvazioni continuamente, in modo da nutrire il suo scarso livello di autostima. Per esempio, spingerlo a mantenere un rendimento scolastico alto è importante ma è ancor più importante fargli capire che studiare lo aiuterà a essere più pronto ad affrontare il mondo del lavoro, a renderlo una persona migliore (non si studia solo per far contenti mamma e papà, si studia per il proprio benessere presente e futuro!)

Da bambini non eravamo capaci di sfumare i significati di ciò che volevamo dire. Non sapevamo come modellare i nostri crudi bisogni e dolori in spiegazioni convincenti. Ora, possiamo essere non solo fermi riguardo le nostre idee ma anche estremamente geniali. Possiamo dire “no” mentre sottolineiamo le nostre buone intenzioni; possiamo dire a qualcuno che ha sbagliato senza affermare che sia un idiota. Possiamo lasciare qualcuno, assicurandoci che capiscano quanto la relazione sia stata importante per noi. Possiamo essere, in altre parole, gradevoli senza essere estremamente compiacenti.

Essere accondiscendenti in coppia, risvolti

Capita in una relazione di coppia, per esempio, che uno dei due partner non si espone mai, non esprime disaccordo, ma nemmeno esplicita ciò che desidera. A lungo andare ha una reazione esplosiva di rabbia. L’altro reagisce dicendo: “Potevi dirlo che non eri d’accordo!”, ebbene è vero: poteva dirlo. O, meglio: doveva. Per rispetto di sé stesso. Avrebbe dovuto affermare se stesso e sopportare la probabile reazione negativa dell’altro, visto che, alla fine, la reazione è comunque arrivata, ed è ben peggiore di quella che poteva essere all’inizio.

La profezia che si auto-avvera

Occorre riflettere con attenzione su questo punto chiave. Se per motivi legati alla tua storia personale non fornisci all’altro una conoscenza reale di chi sei realmente e dei tuoi bisogni, tutto sarà inquinato fin dall’inizio. Il paradosso? Ciò che temi, ovvero, non essere abbandonato, lasciato, giudicato…. potrebbe avverarsi veramente perché a lungo andare il tuo comportamento accondiscendente si rivelerà un fallimento. Quindi impara a piacerti e non a piacere.

Cosa succede quando si è troppo disponibili?

Mettendo il silenzioso ai nostri desideri e ai nostri bisogni rischiamo poi di dover fare i conti con:

  • Insicurezza
  • Bassa autostima
  • Senso di colpa
  • Relazioni meno autentiche (perché ci circondiamo di persone che non scegliamo, ma che ci scelgono)
  • Timore del giudizio altrui
  • Maggiore dipendenza dagli altri nelle relazioni
  • Necessità di approvazione altrui.

Si entra all’interno di un circolo vizioso dove poi uscirne diventa sempre più difficile, senza contare che tutto ciò tenderà a prosciugare le nostre energie.

Prima di accontentare tutti ricorda queste cose

Rispondere sì alle richieste di tutti significa dover dire no a qualcos’altro! Non si vive la propria vita per accontentare gli altri mettendo al secondo posto se stessi. Non si tratta di essere egoisti, ma piuttosto si tratta di essere padroni delle proprie scelte e del proprio sentire.  Ecco 5 cose che dovresti sempre tenere ben in mente prima di accontentare gli altri.

1. Renditene conto

Cerca di capire: perché lo fai? E chiediti anche: sei più predisposto a dire di sì a determinate persone piuttosto che ad altre? O sei disponibile con tutti? Accetta poi questa tua debolezza, il primo passo per smettere di fare qualcosa è accettare che l’abbiamo fatta fino a quel momento.

2. Impara a dire no

Voglio fare una premessa: non è facile mettersi in gioco, non è facile chiedere perché così spesso si finisce per prendere male il rifiuto, pensando che ogni no equivalga a una gigantesca sconfitta. Eppure ci succede! Per chi cerca di essere estremamente accondiscendente è questa la parte più complessa, imparare a dire no, eppure è fondamentale.

Va ricordato che rispondere negativamente non ha nulla a che fare con la maleducazione, ma anzi con la responsabilità. Si deve cominciare a dire no a piccoli passi, a partire dal cassiere che al momento di pagare ci chiede se vogliamo aggiungere un piccolo prodotto, o dal cameriere che ci dice di prendere un cioccolatino assieme al caffè, per passare poi a dire no a un amico che ci invita a cena una sera che siamo stanchissimi, fino ad arrivare a dire no a quel collega che abbiamo sempre aiutato.

2. Esprimi te stesso

Siamo arrivati a una età nella quale possiamo tranquillamente esprimere noi stessi senza che nessuno si prenda male. E se continuiamo a accontentare gli altri, potremmo avere davvero delle buone intenzioni, ma mettiamo tutti a rischio con la nostra mancanza di schiettezza.

Al lavoro, non rendiamo un valido servizio a nessuno se ci nascondiamo dietro a un dito. E in amore, non c’è niente di sano nello stare insieme a qualcuno semplicemente perché sembra che l’altro possa non sopravvivere senza di noi. Sopravviveranno, e noi potremmo aver sprecato un sacco del loro tempo a causa del nostro sentimentalismo.

3. Essere assertivi

Spiegare il perché di un no è giusto, ma devi essere sintetico e deciso. Dilungarsi in argomentazione potrebbe portarti a ripensarci, e renderti di nuovo disponibile. Meglio essere assertivi. La frase da pronunciare è questa: «Mi spiace, ma al momento non posso aiutarti, ti farò sapere se e quando potrò.» Una risposta di questo tipo fa capire all’interlocutore che non è lui la tua priorità, ma  lascia anche aperto uno spiraglio.

4. Valuta le relazioni

Inizia a ragionare sulle relazioni con le persone cui fai più difficoltà a dire no. Quando ti sarà chiara la dinamica e il tuo ruolo al suo interno non avrai più problemi a dire di no. La disponibilità che concedi agli altri è la misura della tua identità. Se ti si può chiedere tutto gli altri cominceranno a considerarti come un’estensione delle loro opzioni ogni volta che dovranno risolvere qualcosa. E non come un’altra persona che gentilmente concede loro un favore.

5. Fissa i tuoi limiti

La verità è che chiunque sarebbe felice di avere un partner, un amico o un collega che è sempre pronto ad aiutare e che non dice mai no. Il problema è che a lungo andare la gente si approfitta di chi è troppo buono e disponibile. La tua estrema gentilezza porterà gli altri a mancarti di rispetto. Le persone non ti vedono come un individuo con una propria voce, con i propri spazi e che fa valere le proprie necessità, ti vedono come qualcuno che si fa da parte per accontentare tutti.

Di conseguenza il loro rispetto nei tuoi confronti diminuisce. E questo vale anche per le persone che ti amano. Se tu non rispetti te stesso, perché gli altri dovrebbero rispettarti? Se non dai il giusto valore ai tuoi bisogni, perché dovrebbero farlo gli altri?

Nelle relazioni di qualsiasi tipo,  è importante fissare dei limiti. Devi avere ben chiaro cosa sei disposto a fare per accontentare gli altri e cosa no, senza che questo ti provochi frustrazione o risentimento. Avere dei limiti e renderli ben chiari alle persone che ti stanno intorno ti permette di tutelarti e di evitare di diventare una vittima degli approfittatori.

Che fatica dover accontentare sempre tutti!

Il prezzo da pagare è innanzitutto la perdita della propria autenticità e della genuinità di rapporti sinceri. Dover accontentare sempre tutti, mostrarsi accondiscendenti e plasmabili a seconda delle situazioni e delle esigenze, ci porta a snaturare la propria indole.

La tua paura è assolutamente valida, tutti vogliamo piacere e vogliamo essere accettati. Ma la verità è che le relazioni che costruisci compiacendo gli altri non sono sincere. Il rifiuto è inevitabile, ci sarà sempre qualcuno a cui tu non andrai bene, esattamente come tu scegli le persone che ti piacciono e che vuoi accanto. La tua paura non deve impedirti di fissare i tuoi confini, perché senza questi non verrai rispettato né considerato. I confini, i tuoi limiti, fanno in modo che gli altri sappiano cosa possono chiederti e cosa aspettarsi da te. Diversamente pensano che accetterai qualsiasi atteggiamento nei tuoi confronti.

Certo, non sto dicendo che devi smettere di essere gentile ma vorrei che iniziassi ad esserlo in primis con te stesso/a! Nella vita non si può accontentare SEMPRE tutti così come è impossibile non deludere MAI nessuno. Non trovi? Espressioni totalitarie come sempre e mai non sono delle buone compagne di viaggio e dovremmo cercare di non fare affidamento su di loro. Per stare bene bisognerebbe trovare una sorta di equilibro tra i due termini, dovremmo imparare ad oscillare tra i due poli estremi senza rimanere ancorati sull’uno o sull’altro.

Non preoccuparti delle persone a cui non piaci e che non ti approvano. Sei tu che devi prendere il controllo sulla tua vita e non farti manipolare, quelli che ti volteranno le spalle sono coloro che vogliono un burattino, non un individuo che ama e rispetta se stesso.

Prima gli altri. Poi tu…..

Eh si, perché per sentirsi meritevoli d’amore, bisogna comportarsi come dei bravi bambini pronti ad ubbidire, attenti a non deludere!  È questo che ci è stato insegnato. E ci sembra di non avere alternative. Che essere in quel modo lì sia un nostro dovere. Come se dovessimo sempre dimostrare qualcosa. Io lo sono stata, una brava, buona e ubbidiente adulta. Avevo anestetizzato il sentire, represso le mie emozioni, negato le mie necessità pur di non sentirmi colpevole di osare, desiderare, pretendere! Tutto pur di sentirmi considerata, approvata e amata. Quello che poi nel tempo ho compreso è che le cose migliori spesso arrivano proprio da scelte che deludono le aspettative delle persone intorno a noi, se queste rispondono ai nostri bisogni più autentici.

Ho imparato a mantenere le promesse che mi faccio, ora tocca a te mantenere le promesse che ti fai

Forse non hai ricevuto abbastanza apprezzamenti in famiglia, non hai ottenuto la giusta visibilità, così hai rivolto all’esterno questo bisogno di riconoscimento. Questo non significa che tu debba trascorrere il resto della tua esistenza leccandoti le ferite. Quindi inizia a scoprire le tue risorse, inizia a metterti in ascolto di ciò che sei, impara a far luce alla dissonanze, alle contraddizioni che ti incatenano a una vita che non vuoi. Riconosci le tue esigenze e falle presente agli altri. Se non le conoscono non potranno mai prenderle in considerazione, ma se non le conosci neppure tu…non puoi pretendere che lo facciano gli altri. Non essere MAI qualcuno che non sei tu, perché tu hai il tuo posto nel mondo e la tua unicità, che non può essere sostituita da nessun altro.

 

 

Numero2864.

 

da QUORA

 

Scrive Linus, un corrispondente di QUORA:

 

G R A T I T U D I N E

 

Un re aveva dieci cani selvatici. Quando un servo commetteva un errore, veniva gettato in pasto ai cani perché lo sbranassero.

Un giorno, uno dei servi più anziani ha fatto qualcosa di sbagliato. Il re ha ordinato che lo gettassero ai cani.

Il servo ha detto: “Ti ho servito per dieci anni, per favore dammi dieci giorni prima di buttarmi in pasto ai cani”. Il re glielo ha concesso.

In prigione il servo ha detto alla guardia che avrebbe voluto servire i cani per i prossimi dieci giorni.

La guardia era d’accordo e il servo poteva dare da mangiare ai cani, pulire il canile e bagnarli con tanta dedizione e affetto.

Alla fine dei dieci giorni, il re ordinò che il servo venisse gettato ai cani come punizione. Quando è stato rinchiuso nel canile, tutti sono rimasti sorpresi di vedere i cani rabbiosi leccare i piedi del servo, anziché sbranarlo e divorarlo.!

Il re, perplesso da quello che vedeva, disse: “Cos’è successo ai miei cani?”. Il servo rispose: “Ho servito i cani solo per dieci giorni e non hanno dimenticato i miei servizi. Ti ho servito per dieci anni e te ne sei dimenticato, al mio primo errore.”

Il re si rese conto del suo errore e ordinò che il servo fosse riammesso in carica.

Dedicato a tutti quelli che dimenticano una bella parola: “GRATITUDINE”. Dimenticano le cose buone che una persona ha fatto e quando commette un errore, la condannano.

La gratitudine degli animali è molto diversa da quella di alcuni esseri umani ingrati.

Numero2863.

 

Chi vuole svalutarti usa queste frasi

Anna De Simone      Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia.

 

Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologa.

 

Sei brava/o a distinguere chi ti vuole genuinamente bene da chi, invece, ti usa per alimentare il suo insaziabile ego? In teoria, discernere il bene dal male non dovrebbe essere così difficili ma in pratica lo è, e anche tanto. Falliamo in questa impresa tutte le volte che riponiamo la nostra fiducia nella persona sbagliata, tutte le volte che sistematicamente ci deludono, tradiscono e che, in qualche modo, ci fanno sentire usati, sviliti e ignorati. Ignorati nei nostri bisogni di stima, validazione e affetto. Già, perché chi ti sta accanto per rinforzare il suo ego, ignora completamente cosa vuoi tu: è dannatamente concentrato su se stesso.

A tutti può capitare di riporre fiducia e speranze nella persona sbagliata, tuttavia, una volta notato il gap relazionale, chi sa discernere il bene per sé dal male per sé, sa come correre ai ripari e impara dall’esperienza. Al contrario, chi non riesce a fare agilmente questa distinzione, si ritrova spesso in relazioni del tutto sbilanciate e fa fatica a uscirne. A volte, distinguere ciò che è davvero bene per sé non è facile, perché nella nostra storia personale, nessuno ce l’ha mai mostrato davvero, in più, chi tenta di sminuirci, spesso lo fa in modo subdolo ed è molto bravo a camuffare i suoi reali scopi. Allora vediamo quali sono le caratteristiche tipiche di chi, per stare bene con se stesso, ha bisogno di farti sentire sbagliato e quali sono le frasi che potrebbero fungere da campanellino d’allarme.

Le caratteristiche di chi ha un «ego insaziabile»

Chi ha un ego insaziabile, dà un’immagine di sé irrealistica e, in parallelo, usa il riconoscimento esterno per compensare i propri vuoti e gli inaccettabili fallimenti personali. Tutti noi cerchiamo accettazione e consenso all’esterno, e fin qui è tutto bene: siamo animali sociali, abbiamo bisogno di sperimentare senso di appartenenza e gratificazione interpersonale e questi bisogni possono essere soddisfatti instaurando rapporti paritetici fatti di stima reciproca. Il problema insorge quando il riconoscimento esterno viene ricercato con la svalutazione, il controllo e il dominio sull’altro.

Queste persone, infatti, stanno bene con se stesse solo quando possono sentirsi migliori degli altri, le ho definite con un «ego insaziabile» perché è talmente grande la precarietà affettiva che si portano dentro, da essere impossibile da colmare, almeno non dall’esterno, almeno senza una profonda presa di consapevolezza. In realtà, queste sono così barricate nel loro stesso ego, da perdere ogni lucidità: esistono solo loro, ciò che pensano e ciò che vogliono. Gli altri non sono altro che strumenti e guai a farli sentire incompresi: uno dei tanti modi che hanno per piegare l’identità altrui e il non accettare che si possano avere valori diversi dai propri. Nelle relazioni che stringono, se l’altro ha idee diverse, semplicemente non ha valore, non viene accettato. L’accettazione, infatti, può passare solo per l’accondiscendenza più totale.

Quel grande ego smisurato e insaziabile, finisce per dissipare le energie altrui, per esercitare controllo, umiliare, disprezzare e distruggere tutto ciò che ha a tiro, fino a sminuire anche la più nobile e benevola delle intenzioni. Si nutre delle attenzioni degli altri ma non lo fa sempre in modo palese: l’ego insaziabile, infatti, è ben nascosto sotto una scintillante armatura costruita ad hoc. In più, l’ego insaziabile può indossare diverse armature, tante quanto sono le occasioni: più che una persona, ti ritrovi davanti un prestigiatore che fa giochi di magia distorcendo fatti ed emozioni. L’armatura più usata è quella del cavaliere senza macchia e senza paura, che si prodiga per gli altri. Un’armatura mantenuta scintillante per raccogliere consensi.

Esistono, poi, molte variabili, spesso l’armatura scintillante proietta un’immagine sempre affaccendata: tempo e risorse, all’apparenza, sono investiti in una «più alta causa»: il lavoro, la famiglia, il volontariato… Attenzione! È bellissimo dedicare del tempo ai propri affetti, avere ambizioni lavorative o fare volontariato, ma queste persone, enfatizzano il sacrificio. In fondo, se si sacrifica e se si sta impegnando così tanto per gli altri e non per sé, come potrebbe essere accusato di egocentrismo?

Frasi tipiche di chi vuole sminuirti

Queste persone, nelle relazioni, possono essere estremamente caustiche, corrodono anche la personalità più forte e tenace. La difficoltà sta nel fatto che all’apparenza non sono «persone tossiche» (estremamente lamentose, che parlano male di tutti…), sono piuttosto degli affabulatori, dei racconta storie che condiscono la realtà a loro piacimento, che possono dartela vinta al momento ma che poi hanno sempre in serbo per te una frecciatina, un rimprovero, un’osservazione scomoda da fare. Per queste persone c’è sempre un però, c’è sempre un ma, «Sì, tutto è bello ma…»; c’è sempre un modo più o meno velato per farti pesare tutto, ciò che hai fatto e ciò che non hai fatto. Come premesso, riescono a sentirsi soddisfatte, solo facendoti sentire in difetto.

Le critiche nascoste di chi dice di volerti bene

Chi ha un ego vuoto può sfruttare falsi complimenti per screditarti . I falsi complimenti finiscono spesso con un punto interrogativo, un punto di domanda che però non solleva un dubbio concreto, piuttosto sottolinea un’ipotetica fragilità.

  • Bellissimo questo appartamento, sicuro di potertelo permettere?
  • Ti sta bene questo cappotto, ma non è un po’ troppo stravagante per te?
  • Sei meravigliosa con quel vestito ma mi chiedo, non avresti dovuto prenderlo di una taglia più grande?
  • Ora hai ottenuto questo nuovo lavoro, ma ne vale la pena?

Altre frasi possono svalutare qualcosa che fai, sfruttando una generalizzazione o riportando casi reali o fittizi. Per esempio, ti sei laureato e, dopo repentine congratulazioni, ecco che arriva: «anche Tizio ha la tua stessa laurea, ora lavora nella paninoteca in fondo alla strada, speriamo che a te vada meglio». Oppure, hai vinto un concorso «beh, ormai tutti possono farlo, non è più come una volta…» o ancora «beato te, a me queste fortune non capitano mai», per sottintendere che non hai alcuna abilità, che sei solo stato baciato dalla fortuna mentre lei/lui, le cose, deve sudarsele. Sì, perché l’armatura scintillante che mostrano è quella di una persona che non ha mai avuto alcuno sconto dalla vita, come se tutti gli altri, invece, avessero trovato realizzazioni pronte all’uso in confezioni regalo! E, come se non bastasse, le realizzazioni degli altri sono sempre banali e scontate ma non le sue, le sue sono sempre imprese epiche!

Altri esempi di svalutazioni vertono sull’invalidazione di un’esperienza o un traguardo. Per esempio: «ho fatto un corso d’inglese, mi è piaciuto tantissimo». La replica: «Sì, sono contentissima per te, ma l’hai fatto con un madrelingua? Dovresti trascorrere qualche mese all’estero come ho fatto io, è l’unico modo vero per imparare la lingua». Lo scopo è quello di spegnere l’entusiasmo e la validità dell’impresa dell’altro.

«Carina quella borsa, ormai si vedono tanti falsi in giro». Una velata frecciatina sull’autenticità dell’accessorio che indossi. Queste persone hanno sempre da mettere becco su come gestisci il tuo tempo, il tuo denaro, le scelte che fai… lo fanno sentendosi legittimati. Si prendono anche più confidenze del dovuto e non si inalberano se tu provi a mettere distanze: sono bravissimi a fare gli offesi e si vendono egregiamente come vittime.

In tutte le frasi c’è una costante: una netta incongruenza. Quando un complimento non è esattamente un complimento e quando una domanda in realtà nasconde un’allusione scomoda, l’interlocutore è disorientato e, nella più calda ingenuità, si tende a ignorare il messaggio sgradito che però, avrà sortito il suo effetto: avrà istillato dubbi, avrà creato una crepa, avrà fatto sentire l’altro migliore.

Un breve aneddoto per comprendere meglio fin dove si spingono alcune persone per non affrontare i propri limiti

Condivido con voi un’esperienza personale: un episodio vero e molto emblematico. Sono nella sala d’attesa di un centro medico. Un uomo non sa come azionare la macchinetta automatica che eroga bibite. La moglie mi chiede di aiutarlo. L’uomo è restio ma dopo qualche minuto e diversi tentativi falliti, accetta suo malgrado il mio aiuto: la moglie aveva sollecitato il mio intervento in quanto aveva un forte calo di pressione.

Mi avvicino alla macchinetta, inserisco una moneta, immetto il codice e la bibita esce puntuale: porgo la bibita alla moglie. Sto per andare via quando l’uomo esordisce: «Senta, qui ci sono 50 centesimi di resto, ma non è capace neanche a prendersi il resto?». Un uomo decisamente corrosivo, troppo preso da se stesso e dalle sue paure per ammettere una banale difficoltà. Pur di non accettare un limite (in questo caso, una palese difficoltà con la tecnologia), quell’uomo stava causando disagio a sua moglie e ha sentito il bisogno di sminuire il mio gesto.

Alcune persone sono così rigide che, per loro, ammettere un limite, significa ammettere di non valere. Vivono una precarietà interiore tale da dover riversare tutto il loro malessere nel mondo che li circonda. Una condizione molto triste che solo raramente riesce a trovare un aiuto adeguato: come premesso, queste persone mancano completamente di capacità introspettiva. Non potendo leggersi dentro, spostano tutto all’esterno.

A volte, le critiche sono spudorate, altre volte sono nascoste ma in tutti i casi, non raccontano nulla su chi le riceve, raccontano piuttosto il mondo emotivo di chi le muove. Chi sta in pace con se stesso non sente il bisogno di sminuire il tuo nuovo lavoro, non sente il bisogno di dire «acquistare un’auto super-accessoriata è una cazzata, fai lievitare il prezzo per nulla, è da fessi», dopo che ha saputo del tuo ultimo acquisto full optional.

Ma se non è un’auto, è lo smartphone, il vestito, le scarpe, il tuo aspetto, i tuoi capelli… queste persone trovano sempre il modo di disprezzarti, e lo fanno! Lavorare sui propri confini, sul proprio valore personale e senso di auto-efficacia, è l’antidoto migliore per qualsiasi critica, anche alla più distruttiva e subdola di tutte!

Per affermare il tuo valore

Dobbiamo stabilire dei limiti. Non bisogna tollerare critiche e disprezzo celato. Il disprezzo costante è un abuso psicologico che può danneggiare chi ha già delle fragilità di fondo. Non possiamo normalizzare il disprezzo. Permettere agli altri di sminuirci significa precipitare in un abisso in cui perdiamo di vista il nostro valore. Allora cosa fare? Per cambiare radicalmente la tua vita, inizia a formarti e a capire come funzionano davvero le cose.

Esiste una realtà ben concreta in cui tu sei al centro della tua vita. In cui tutti i tuoi bisogni hanno un senso, vanno ascoltati e appagati! Una realtà in cui puoi affermare te stesso, accoglierti e amarti. In tal modo, attrarrai a te solo persone che sono capaci di darti la considerazione che meriti. Che, come nel mio esempio, hanno cura del legame che instaureranno con te. Non si tratta di un’utopia. Tutto questo è possibile e puoi averlo in tutti i rapporti.

 

Numero2854.

 

U N    C O M A N D A M E N T O    S B A G L I A T O

 

Nono Comandamento: Non desiderare la donna d’altri.

Decimo Comandamento: Non desiderare la roba d’altri.

 

La donna, allora, alla stessa stregua della roba, è proprietà dell’uomo?

 

Il Dio della Bibbia, creato da civiltà moralmente e civilmente patriarcali, ne riflette e rappresenta le mentalità ed i precetti che in essa sono codificati. È un Dio patriarcale quello che ha ispirato e dettato i Dieci Comandamenti.

È a questo Dio e a questi principi che si riferiscono i moniti comportamentali della Chiesa Cattolica: vengono insegnati nel Catechismo.

E la storia di Giulia Cecchettin e di Filippo Turetta ne è la tragica deriva.

Si badi bene. La povera ragazza era uscita dal rapporto di appartenenza col giovane Filippo, non per tradirlo con un altro, ma solo per appartenere a se stessa, per autoaffermarsi, nei propri studi e nella realizzazione di sé, per la propria autostima.  Stava per laurearsi prima del compagno: questa è stata la trasgressione. E il femminicidio non è avvenuto per amore, malinteso o tossico che fosse, ma soltanto per invidia di genere che Filippo Turetta non ha saputo accettare e sopportare.

Numero2841.

 

R E L A Z I O N I    A S I M M E T R I C H E

 

Autore: Ana De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
Autore dei bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» e «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce»

 

Sei brava/o a distinguere chi ti vuole genuinamente bene da chi, invece, ti usa per alimentare il suo insaziabile ego? In teoria, discernere il bene dal male non dovrebbe essere così difficili ma in pratica lo è, e anche tanto. Falliamo in questa impresa tutte le volte che riponiamo la nostra fiducia nella persona sbagliata, tutte le volte che sistematicamente ci deludono, tradiscono e che, in qualche modo, ci fanno sentire usati, sviliti e ignorati. Ignorati nei nostri bisogni di stima, validazione e affetto. Già, perché chi ti sta accanto per rinforzare il suo ego, ignora completamente cosa vuoi tu: è dannatamente concentrato su se stesso.

A tutti può capitare di riporre fiducia e speranze nella persona sbagliata, tuttavia, una volta notato il gap relazionale, chi sa discernere il bene per sé dal male per sé, sa come correre ai ripari e impara dall’esperienza. Al contrario, chi non riesce a fare agilmente questa distinzione, si ritrova spesso in relazioni del tutto sbilanciate e fa fatica a uscirne. A volte, distinguere ciò che è davvero bene per sé non è facile, perché nella nostra storia personale, nessuno ce l’ha mai mostrato davvero, in più, chi tenta di sminuirci, spesso lo fa in modo subdolo ed è molto bravo a camuffare i suoi reali scopi. Allora vediamo quali sono le caratteristiche tipiche di chi, per stare bene con se stesso, ha bisogno di farti sentire sbagliato e quali sono le frasi che potrebbero fungere da campanellino d’allarme.

Le caratteristiche di chi ha un «ego insaziabile»

Chi ha un ego insaziabile, dà un’immagine di sé irrealistica e, in parallelo, usa il riconoscimento esterno per compensare i propri vuoti e gli inaccettabili fallimenti personali. Tutti noi cerchiamo accettazione e consenso all’esterno, e fin qui è tutto bene: siamo animali sociali, abbiamo bisogno di sperimentare senso di appartenenza e gratificazione interpersonale e questi bisogni possono essere soddisfatti instaurando rapporti paritetici fatti di stima reciproca. Il problema insorge quando il riconoscimento esterno viene ricercato con la svalutazione, il controllo e il dominio sull’altro.

Queste persone, infatti, stanno bene con se stesse solo quando possono sentirsi migliori degli altri, le ho definite con un «ego insaziabile» perché è talmente grande la precarietà affettiva che si portano dentro, da essere impossibile da colmare, almeno non dall’esterno, almeno senza una profonda presa di consapevolezza. In realtà, queste sono così barricate nel loro stesso ego, da perdere ogni lucidità: esistono solo loro, ciò che pensano e ciò che vogliono. Gli altri non sono altro che strumenti e guai a farli sentire incompresi: uno dei tanti modi che hanno per piegare l’identità altrui e il non accettare che si possano avere valori diversi dai propri. Nelle relazioni che stringono, se l’altro ha idee diverse, semplicemente non ha valore, non viene accettato. L’accettazione, infatti, può passare solo per l’accondiscendenza più totale.

Quel grande ego smisurato e insaziabile, finisce per dissipare le energie altrui, per esercitare controllo, umiliare, disprezzare e distruggere tutto ciò che ha a tiro, fino a sminuire anche la più nobile e benevola delle intenzioni. Si nutre delle attenzioni degli altri ma non lo fa sempre in modo palese: l’ego insaziabile, infatti, è ben nascosto sotto una scintillante armatura costruita ad hoc. In più, l’ego insaziabile può indossare diverse armature, tante quanto sono le occasioni: più che una persona, ti ritrovi davanti un prestigiatore che fa giochi di magia distorcendo fatti ed emozioni. L’armatura più usata è quella del cavaliere senza macchia e senza paura, che si prodiga per gli altri. Un’armatura mantenuta scintillante per raccogliere consensi.

Esistono, poi, molte variabili, spesso l’armatura scintillante proietta un’immagine sempre affaccendata: tempo e risorse, all’apparenza, sono investiti in una «più alta causa»: il lavoro, la famiglia, il volontariato… Attenzione! È bellissimo dedicare del tempo ai propri affetti, avere ambizioni lavorative o fare volontariato, ma queste persone, enfatizzano il sacrificio. In fondo, se si sacrifica e se si sta impegnando così tanto per gli altri e non per sé, come potrebbe essere accusato di egocentrismo?

Frasi tipiche di chi vuole sminuirti

Queste persone, nelle relazioni, possono essere estremamente caustiche, corrodono anche la personalità più forte e tenace. La difficoltà sta nel fatto che all’apparenza non sono «persone tossiche» (estremamente lamentose, che parlano male di tutti…), sono piuttosto degli affabulatori, dei racconta storie che condiscono la realtà a loro piacimento, che possono dartela vinta al momento ma che poi hanno sempre in serbo per te una frecciatina, un rimprovero, un’osservazione scomoda da fare. Per queste persone c’è sempre un però, c’è sempre un ma, «Sì, tutto è bello ma…»; c’è sempre un modo più o meno velato per farti pesare tutto, ciò che hai fatto e ciò che non hai fatto. Come premesso, riescono a sentirsi soddisfatte, solo facendoti sentire in difetto.

Le critiche nascoste di chi dice di volerti bene

Chi ha un ego vuoto può sfruttare falsi complimenti per screditarti. I falsi complimenti finiscono spesso con un punto interrogativo, un punto di domanda che però non solleva un dubbio concreto, piuttosto sottolinea un’ipotetica fragilità.

  • Bellissimo questo appartamento, sicuro di potertelo permettere?
  • Ti sta bene questo cappotto, ma non è un po’ troppo stravagante per te?
  • Sei meravigliosa con quel vestito ma mi chiedo, non avresti dovuto prenderlo di una taglia più grande?
  • Ora hai ottenuto questo nuovo lavoro, ma ne vale la pena?

Altre frasi possono svalutare qualcosa che fai, sfruttando una generalizzazione o riportando casi reali o fittizi. Per esempio, ti sei laureato e, dopo repentine congratulazioni, ecco che arriva: «anche Tizio ha la tua stessa laurea, ora lavora nella paninoteca in fondo alla strada, speriamo che a te vada meglio». Oppure, hai vinto un concorso «beh, ormai tutti possono farlo, non è più come una volta…» o ancora «beato te, a me queste fortune non capitano mai», per sottintendere che non hai alcuna abilità, che sei solo stato baciato dalla fortuna mentre lei/lui, le cose, deve sudarsele. Sì, perché l’armatura scintillante che mostrano è quella di una persona che non ha mai avuto alcuno sconto dalla vita, come se tutti gli altri, invece, avessero trovato realizzazioni pronte all’uso in confezioni regalo! E, come se non bastasse, le realizzazioni degli altri sono sempre banali e scontate ma non le sue, le sue sono sempre imprese epiche!

Altri esempi di svalutazioni vertono sull’invalidazione di un’esperienza o un traguardo. Per esempio: «ho fatto un corso d’inglese, mi è piaciuto tantissimo». La replica: «Sì, sono contentissima per te, ma l’hai fatto con un madrelingua? Dovresti trascorrere qualche mese all’estero come ho fatto io, è l’unico modo vero per imparare la lingua». Lo scopo è quello di spegnere l’entusiasmo e la validità dell’impresa dell’altro.

«Carina quella borsa, ormai si vedono tanti falsi in giro». Una velata frecciatina sull’autenticità dell’accessorio che indossi. Queste persone hanno sempre da mettere becco su come gestisci il tuo tempo, il tuo denaro, le scelte che fai… lo fanno sentendosi legittimati. Si prendono anche più confidenze del dovuto e non si inalberano se tu provi a mettere distanze: sono bravissimi a fare gli offesi e si vendono egregiamente come vittime.

In tutte le frasi c’è una costante: una netta incongruenza. Quando un complimento non è esattamente un complimento e quando una domanda in realtà nasconde un’allusione scomoda, l’interlocutore è disorientato e, nella più calda ingenuità, si tende a ignorare il messaggio sgradito che però, avrà sortito il suo effetto: avrà istillato dubbi, avrà creato una crepa, avrà fatto sentire l’altro migliore.

Un breve aneddoto per comprendere meglio fin dove si spingono alcune persone per non affrontare i propri limiti

Condivido con voi un’esperienza personale: un episodio vero e molto emblematico. Sono nella sala d’attesa di un centro medico. Un uomo non sa come azionare la macchinetta automatica che eroga bibite. La moglie mi chiede di aiutarlo. L’uomo è restio ma dopo qualche minuto e diversi tentativi falliti, accetta suo malgrado il mio aiuta: la moglie aveva sollecitato il mio intervento in quanto aveva un forte calo di pressione.

Mi avvicino alla macchinetta, inserisco una moneta, immetto il codice e la bibita esce puntuale: porgo la bibita alla moglie. Sto per andare via quando l’uomo esordisce: «Senta, qui ci sono 50 centesimi di resto, ma non è capace neanche a prendersi il resto?». Un uomo decisamente corrosivo, troppo preso da se stesso e dalle sue paure per ammettere una banale difficoltà. Pur di non accettare un limite (in questo caso, una palese difficoltà con la tecnologia), quell’uomo stava causando disagio a sua moglie e ha sentito il bisogno di sminuire il mio gesto.

Alcune persone sono così rigide che, per loro, ammettere un limite, significa ammettere di non valere. Vivono una precarietà interiore tale da dover riversare tutto il loro malessere nel mondo che li circonda. Una condizione molto triste che solo raramente riesce a trovare un aiuto adeguato: come premesso, queste persone mancano completamente di capacità introspettiva. Non potendo leggersi dentro, spostano tutto all’esterno.

A volte, le critiche sono spudorate, altre volte sono nascoste ma in tutti i casi, non raccontano nulla su chi le riceve, raccontano piuttosto il mondo emotivo di chi le muove. Chi sta in pace con se stesso non sente il bisogno di sminuire il tuo nuovo lavoro, non sente il bisogno di dire «acquistare un’auto super-accessoriata è una cazzata, fai lievitare il prezzo per nulla, è da fessi», dopo che ha saputo del tuo ultimo acquisto full optional.

Ma se non è un’auto, è lo smartphone, il vestito, le scarpe, il tuo aspetto, i tuoi capelli… queste persone trovano sempre il modo di disprezzarti, e lo fanno! Lavorare sui propri confini, sul proprio valore personale e senso di auto-efficacia, è l’antidoto migliore per qualsiasi critica, anche alla più distruttiva e subdola di tutte!

Un libro per affermare il tuo valore

Dobbiamo stabilire dei limiti. Non bisogna tollerare critiche e disprezzo celato. Il disprezzo costante è un abuso psicologico che può danneggiare chi ha già delle fragilità di fondo. Non possiamo normalizzare il disprezzo. Permettere agli altri di sminuirci significa precipitare in un abisso in cui perdiamo di vista il nostro valore. Allora cosa fare? Per cambiare radicalmente la tua vita, inizia a formarti e a capire come funzionano davvero le cose.

Esiste una realtà ben concreta in cui tu sei al centro della tua vita. In cui tutti i tuoi bisogni hanno un senso, vanno ascoltati e appagati! Una realtà in cui puoi affermare te stesso, accoglierti e amarti. In tal modo, attrarrai a te solo persone che sono capaci di darti la considerazione che meriti. Che, come nel mio esempio, hanno cura del legame che instaureranno con te. Non si tratta di un’utopia. Tutto questo è possibile e puoi averlo in tutti i rapporti. Ho scritto un libro sull’argomento che, per il suo approccio pratico, è annoverato tra i libri più consigliati dagli psicoterapeuti: s’intitola «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce». Non farti ingannare dal titolo, ti assicuro che non parla di cuori infranti ma ti prende per mano e ti guida nel percorso di affermazione di sé! Lo puoi trovare in tutte le libreria o su Amazon.

Numero2700.

 

da QUORA

 

ALCUNE REGOLE SOCIALI CHE POSSONO AIUTARTI:

 

1. Non chiamare qualcuno più di due volte di seguito. Se non risponde alla tua chiamata, presumi che abbia qualcosa di importante di cui occuparsi;

2. Restituisci il denaro che hai preso in prestito anche prima che la persona che te l’ha dato in prestito te lo ricordi o lo richieda. Mostra la tua integrità e carattere. Lo stesso vale per ombrelli, penne e scatole di plastica per il pranzo.

3. Non ordinare mai il piatto più costoso nel menu quando qualcuno ti offre un pranzo o una cena.

4. Non fare domande imbarazzanti come “Oh, quindi non sei ancora sposato?” o “Non hai figli?” o “Perché non hai comprato una casa?” o “Perché non compri una macchina?” Per l’amor di Dio, non è un tuo problema;

5. Apri sempre la porta per la persona che viene dietro di te. Non importa se è un ragazzo o una ragazza, senior o junior. Non diventi piccolo trattando bene qualcuno in pubblico;

6. Se prendi un taxi con un amico e lui/lei paga adesso, prova a pagare tu la prossima volta;

7. Rispetta le diverse sfumature di opinioni. Ricorda che ciò che è 6 per te sembrerà 9 a qualcuno di fronte a te. Inoltre, la seconda opinione è buona per un’alternativa;

8. Non interrompere mai le persone che parlano. Consenti loro di esprimersi. Come si suol dire, ascoltali tutti e filtrali tutti;

9. Se prendi in giro qualcuno e sembra che non gli piaccia, smettila e non farlo mai più. Incoraggia a fare di più e mostra quanto sei riconoscente;

10. Dì “grazie” quando qualcuno ti sta aiutando;

11. Lodare pubblicamente. Criticare in privato;

12. Non c’è quasi mai motivo di commentare il peso di qualcuno. Dì solo: “Sei fantastico”. Se vogliono parlare di perdere peso, lo faranno;

13. Quando qualcuno ti mostra una foto sul suo telefono, non scorrere verso sinistra o verso destra. Non sai mai cosa c’è dopo;

14. Se un collega ti dice che ha un appuntamento dal medico, non chiedere a cosa serve, dì solo “Spero che tu stia bene”. Non metterli nella scomoda posizione di doverti raccontare la loro malattia personale. Se vogliono che tu lo sappia, lo faranno senza la tua curiosità;

15. Tratta l’addetto alle pulizie con lo stesso rispetto del CEO. Nessuno è impressionato per quanto maleducatamente puoi trattare qualcuno al di sotto di te, ma le persone noteranno se le tratti con rispetto;

16. Se una persona ti sta parlando direttamente, fissare il tuo telefono è maleducato;

17. Non dare mai consigli finché non ti viene chiesto;

18. Quando incontri qualcuno dopo tanto tempo, a meno che non voglia parlarne, non chiedergli età e stipendio;

19. Fatti gli affari tuoi a meno che qualcuno non ti coinvolga direttamente;

20. Togliti gli occhiali da sole se parli con qualcuno per strada. È un segno di rispetto. Inoltre, il contatto visivo è importante quanto il tuo modo di parlare;

21. Non parlare mai delle tue ricchezze in mezzo ai poveri. Allo stesso modo, non parlare dei tuoi figli in mezzo a persone sterili;

22.Dopo aver letto un buon messaggio prova a rispondere: “Grazie per il messaggio”.

L’APPREZZAMENTO rimane il modo più semplice per ottenere ciò che non si ha….

Numero2661.

 

 

U N   P R O G R A M M A   D I   V I T A

 

Lascia andare le persone che non sono pronte ad amarti, o pretendono di farlo soltanto a modo loro.
Questa è la cosa più difficile che dovrai fare nella tua vita e sarà anche la cosa più importante.
Smetti di avere conversazioni difficili con persone che non vogliono cambiare.
Smetti di apparire per le persone che non hanno interesse per la tua presenza.
So che il tuo istinto è quello di fare tutto il possibile per guadagnare l’apprezzamento di chi ti circonda, ma è un impulso che ti ruba tempo, energia, salute mentale e fisica.
Quando inizi a lottare per una vita con gioia, interesse e impegno, non tutti saranno pronti a seguirti in quel luogo.
Questo non significa che devi cambiare ciò che sei, significa che devi lasciare andare le persone che non sono pronte ad accompagnarti.
Se sei escluso, insultato, dimenticato o ignorato dalle persone a cui regali il tuo tempo, non ti fai un favore continuando ad offrire loro la tua energia e la tua vita.
La verità è che non sei per tutti e non tutti sono per te.
Questo è ciò che rende così speciale un rapporto, quando trovi persone con cui hai amicizia o amore ricambiato.
Saprai quanto è prezioso, perché hai sperimentato ciò che non lo è.
Ci sono miliardi di persone su questo pianeta e molte di loro le troverai al tuo livello di interesse e impegno.
Forse se smetti di apparire, non ti cercheranno.
Forse se smetti di provarci, la relazione finirà.
Forse se smetti di inviare messaggi, il tuo telefono rimarrà scuro per settimane.
Questo non significa che hai rovinato la relazione, significa che l’unica cosa che la sosteneva era l’energia che solo tu davi per mantenerla.
Questo non è amore, è attaccamento.
È dare una possibilità a chi non se la merita!
Tu meriti molto di più.
La cosa più preziosa che hai nella tua vita è il tuo tempo ed energia, poiché entrambi sono limitati.
Le persone e le cose a cui dai tempo ed energia, definiranno la tua esistenza.
Quando ti rendi conto di questo, inizi a capire perché sei così ansioso quando trascorri del tempo con persone che non dovrebbero starti vicino, o ti dedichi ad attività o spazi che non ti si addicono.
Inizierai a renderti conto che la cosa più importante che puoi fare per te stesso e per tutti quelli che ti circondano, è proteggere la tua energia mentale, nervosa, affettiva più ferocemente di qualsiasi altra cosa.
Fai della tua vita un porto sicuro, in cui sono ammesse solo persone “compatibili” con te.
Non sei responsabile di salvare nessuno.
Non sei responsabile di convincerli a migliorare.
Non è il tuo lavoro esistere per le persone che non ti meritano e dare loro la tua vita!
Ti meriti amicizie vere, impegni veri e un amore completo con persone sane ed equilibrate.
La decisione di prendere le distanze dalle persone nocive, ti darà l’amore, la stima per te stessa, la felicità e la protezione che meriti.
Tu vali, non svenderti.

Numero2642.

 

Da  QUORA

 

U O M I N I   E   D O N N E      (scrive una donna)

 

Gli uomini e le donne non sono uguali.

Meritano di avere gli stessi diritti? Certamente.

Devono essere trattati rispettosamente? Senza alcun dubbio.

Sono ugualmente capaci? Assolutamente.

Devono essere garantite loro le stesse opportunità nella vita? Ovvio.

Ma sono uguali? No, non direi.

Uomini e donne sono diversi.

Mi irrita tantissimo vedere come alcune donne combattano costantemente per assomigliare agli uomini piuttosto che per accettare loro stesse. Non c’è qualcuno migliore di qualcun altro, ma non si può nemmeno dire che siano uguali.

Uomini e donne dovrebbero lavorare insieme come una squadra, e noi dovremmo riconoscere i nostri punti di forza e utilizzarli al meglio. Non tutti i membri di un gruppo si occupano della stessa cosa, ma ciò non significa che ci siano individui più o meno importanti.

È questo il modo in cui vedo gli uomini e le donne.

Certo, ci sono delle eccezioni, come ad esempio il fatto che, personalmente, non riesca ad identificare dei tratti tipicamente maschili o femminili, ma è irrilevante.

Il femminismo dovrebbe diffondere il messaggio che noi donne dobbiamo essere sicure di noi stesse in ciò che facciamo perché possiamo e vogliamo farlo. Eppure, sembra che stiamo cercando di trasformarci in uomini.

Lasciate che le donne cucinino, che facciano le avvocate, le dottoresse, che facciano sport o che stiano a casa a mangiare e basta. A chi importa?

ll punto è che una donna che decide di dedicarsi esclusivamente ai propri figli non è né debole né arretrata, anzi, è fondamentale per la società tanto quanto una che lavora a tempo pieno.

Facciamo cadere lo stereotipo della “vera” donna e permettiamo a chiunque lo voglia di accettare la propria femminilità.