Numero2963.

 

M O M E N T I    D I    S O L I T U D I N E

 

Sì, io me li ritaglio spesso e a lungo ed in un ambiente confortevole e rassicurante come casa mia.

Li adoro perché rappresentano una crescita personale ed un bisogno interiore.

I momenti di solitudine, infatti, non sono mica una prigione.

Al contrario, un isolamento non momentaneo cercato e voluto, è uno stare bene con se stessi, riflettere, trovare soluzioni, specchiarsi nella propria intima spiritualità.

La solitudine forzata, invece , investe uno stato emotivo differente nel quale emergono solo aspetti negativi.

Un essere umano caratterialmente normale e semplice è, di solito, più propenso a stare con gli altri ma, a volte, succede che ci si può ritrovare a star male se circondati da tante persone.

Un soggetto forte ed acculturato, invece, si sa appartare con i propri pensieri per sentirsi libero nella sua indipendenza spazio – temporale esplorativa e riflessiva.

Chi non sa stare bene da solo, difficilmente può essere un buon compagno.

Numero2912.

 

C R E D O    I N    D I O ?         OVVERO  IL  DUBBIO  CATEGORICO

 

Ovviamente, ognuno è libero di credere quel che gli pare, ma lo riservi alla sua sfera individuale senza pretese di possedere e di dover insegnare qualcosa di universale e di assoluto: lo smentisce qualsiasi osservazione quotidiana del reale e delle persone intorno a noi, raccontando e mostrando sempre tutt’altro da quanto atteso e voluto per fede, autoconvincimento, idealismo, bisogno di sicurezze, paura della morte ed altre pulsioni terra-terra che si pretendono trascendentali. Perché, si sa, ci vengono molto meglio, più comode e più piacevoli le illusioni.

Quello che non sappiamo è assai più di quello che crediamo di sapere.
La scienza naturale è lo strumento migliore di cui disponiamo per illuminare l’universo intorno a noi, ma sarebbe assai arrischiato costruire su di essa una “metafisica”: non possiede certezze assolute ed è in un processo di continua evoluzione.
Non esistono prove schiaccianti per non credere, come non ne esistono per credere.
Per decidere, ognuno deve consultare il suo cuore e mettere in gioco la sua libertà.

Lascio certamente il giusto spazio al libero esercizio intellettuale e alla immaginazione di chi dissente da me.

Seppur le considerazioni scientifiche, ed in particolare quelle socio-antropologiche moderne, debbano necessariamente essere il fondamento per ogni pensiero e giudizio razionale in merito al presente quesito, realizzo, tuttavia, che un certo grado di “trascendentale” possa verosimilmente permeare la nostra vita, eludendo funzioni reali come la ragione.

Rimango diffidente di santoni, predicatori o pensatori/pifferai magici di qualsiasi sorta, come anche delle forme più diffuse ed organizzate di culto, orbitanti attorno ad ogni assetto arbitrario di elementi sacri, salvifici ed imperativi. Ma, per onestà intellettuale, non mi sento di condannare  il “credere” in qualcosa di più grande e di metafisico, così come riconosco giustificata la necessità di “umanizzarlo” e renderlo compatibile con la propria cultura e accettabile per il proprio cuore.

Non tutti, però, hanno l’acume o la forza interiore di accettare l'”incertezza” con vera serenità, sia essa fideistica oppure atea. Coltivare una fede è già, di per sé, padroneggiare una certezza. Scade  quasi a istanza secondaria, ma non è meno importante, il particolare che essa sia fondata o meno.

Io ho imparato a farlo proprio dalla mia vita: vivo nella “fede del dubbio”, senza certezza alcuna che non sia la morte, ne ho fatto un oracolo di coscienza e un blasone di obiettività mentale e comportamentale e mi ci trovo bene.

Non “credere”, ma “dubitare” è il paradigma di ogni mio passo nel cammino dell’esistenza e, tuttavia, ho passato il mio tempo alle prese con il feroce e martellante assillo del problem solving (metodo per risolvere i problemi), che è per me, in definitiva, il vero e giusto modo di saper vivere. Parodiando Renè Descartes (Cartesio), grande uomo di scienza e filosofo della prima metà del XVII secolo, invece che “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque esisto), dico semplicemente: “Dubito, ergo sum” (Dubito, quindi esisto).

Modestamente e umilmente, considero le “certezze” ( non dico solo quelle della fede) un lusso intellettuale che non mi appartiene e che non ho mai preso in considerazione, ancor più quando e perché esse sono dogmatiche, apodittiche, indimostrabili e indimostrate. Esse sono persino un approccio fasullo, una distorsione della realtà ed un allontanamento da essa che inducono a inquadrare l’esistente entro schemi preconfezionati, entro scatole chiuse dove il diverso della natura, l’inatteso della morale, il nuovo del sociale, il razionale del contraddittorio speculativo non trovano mai ospitalità.

Sono un “comodo” rifugio preservativo e consolatorio ed affrancano apparentemente da ogni rischio ed azzardo: sono una specie di salvifica “assicurazione sulla vita”, risarcitoria a beneficio indeterminato, illusorio e tranquillizzante antidoto contro le sorprese squilibranti delle vicende umane.
E queste sono un pericoloso, ma meraviglioso “divenire” in costante aggiornamento.

Oggi semplificherei col dire: “sono agnostico”. Forse in fondo, oltre i miei filtri critici, spero davvero che ci sia “qualcosa” di più grande e vivo, di conseguenza, in pace con me stesso, se non altro perché non vorrei che la vita fosse priva di un significato, se non di un sogno. Se ce n’è uno anche per me, non sia il delirio reazionario di chi ha gli occhi per contemplare la propria natura e la coscienza di non accettarla coerentemente.

E questo é, forse, un modo saggio di vedere la vita. Ma ho, come sempre, i miei dubbi: sono ancora  e tuttora un apprendista degli imperscrutabili algoritmi di questo stupendo viaggio che è la mia esistenza. E di questo itinerario, il percorso è non meno importante e affascinante della sua destinazione e della sua meta che rimane, per quanto certa, sconosciuta e misteriosa.

 

O sol che sani ogne vista turbata,

tu mi contenti sì quando tu solvi,

che, non men che saver, dubbiar m’aggrata.

 

O sole (riferito a Virgilio), che rendi chiara ogni vista disturbata,

tu mi soddisfi tanto quando risolvi (i dubbi)

che dubitare mi piace non meno che sapere.

 

Dante, Inferno canto XI, vv 91-93

Numero2728.

 

da QUORA

 

LE  LEGGI  DI  MAAT 
ovvero: il decalogo di Mosè non era poi tanto originale, ma una copia semplificata e riassunta di questa.
Ricordiamo che Mosè impose il decalogo al Popolo d’Israele fuoriuscito dall’Egitto sotto la sua guida.
La dea egizia Maat rappresenta l’ordine universale che permette lo svolgimento della vita, è l’ossatura morale di tutto il creato ed è in contrapposizione a tutto ciò che è ingiusto, cattivo e immerso nel caos.
Questo principio fondamentale è donna, una splendida dea con una piuma di struzzo sul capo.

Maat (“Giustizia”) era l’antico concetto egizio dell’equilibrio, dell’ordine, dell’armonia, della verità, della legge e regola, della moralità e della giustizia. Era inoltre personificata come una dea antropomorfa, con una piuma in capo, responsabile della disposizione naturale delle costellazioni, delle stagioni, delle azioni umane così come di quelle delle divinità, nonché propagatrice dell’ordine cosmico contro il caos. La sua antitesi teologica era Isfet.

Mandata nel mondo da suo padre, il dio-sole Ra, perché allontanasse per sempre il caos, Maat aveva anche un ruolo primario nella pesatura delle anime (o pesatura del cuore) che avveniva nel Duat, l’oltretomba egizio: la sua piuma era la misura che determinava se l’anima (che si credeva residente nel cuore) del defunto avrebbe raggiunto l’aldilà o meno.

Le leggi di Maat.

1) Non uccidere e non permettere che nessuno lo faccia.

2) Non tradire la persona che ami o il tuo coniuge.

3) Non vivere nella collera.

4) Non spargere terrore nelle persone.

5) Non assalire e non provocare dolore al prossimo.

6) Non sfruttare il prossimo e non praticare la schiavitù.

7) Non fare danni che possano provocare dolore all’uomo o agli animali.

8) Non causare spargimento di lacrime.

9) Rispetta il prossimo.

10) Non rubare ciò che non ti appartiene.

11) Non mangiare più cibo di quanto te ne spetti.

12) Non danneggiare la Natura.

13) Non privare nessuno di quello che ama.

14) Non dire falsa testimonianza.

15) Non mentire per far del male ad altri.

16) Non imporre le tue idee agli altri.

17) Non agire per fare del male agli altri.

18) Non parlare dei fatti altrui.

19) Non ascoltare di nascosto fatti altrui.

20) Non ignorare la Verità e la Giustizia.

21) Non giudicare male gli altri senza conoscerli.

22) Rispetta tutti i luoghi sacri.

23) Rispetta e aiuta chi soffre.

24) Non arrabbiarti senza valide ragioni.

25) Non ostacolare mai il flusso dell’acqua.

26) Non sprecare l’acqua per i tuoi bisogni.

27) Non inquinare la terra.

28) Non nominare il nome dei Neteru invano.

29) Non disprezzare le credenze altrui.

30) Non approfittare della fede altrui per fare del male.

31) Non pregare né troppo né troppo poco gli Dei.

32) Non approfittare dei beni del vicino.

33) Rispetta i defunti.

34) Rispetta i giorni sacri anche se non credi.

35) Non rubare le offerte fatte agli Dei utilizzandole per te stesso.

36) Non disprezzare i riti sacri anche se non ti aggradano.

37) Non uccidere gli animali senza una ragione seria.

38) Non agire con insolenza.

39) Non agire con arroganza.

40) Non vantarti del tuo benessere di fronte ad altri.

41) Rispetta questi principi.

42) Rispetta la legge se non contrasta con questi principi

Numero2661.

 

 

U N   P R O G R A M M A   D I   V I T A

 

Lascia andare le persone che non sono pronte ad amarti, o pretendono di farlo soltanto a modo loro.
Questa è la cosa più difficile che dovrai fare nella tua vita e sarà anche la cosa più importante.
Smetti di avere conversazioni difficili con persone che non vogliono cambiare.
Smetti di apparire per le persone che non hanno interesse per la tua presenza.
So che il tuo istinto è quello di fare tutto il possibile per guadagnare l’apprezzamento di chi ti circonda, ma è un impulso che ti ruba tempo, energia, salute mentale e fisica.
Quando inizi a lottare per una vita con gioia, interesse e impegno, non tutti saranno pronti a seguirti in quel luogo.
Questo non significa che devi cambiare ciò che sei, significa che devi lasciare andare le persone che non sono pronte ad accompagnarti.
Se sei escluso, insultato, dimenticato o ignorato dalle persone a cui regali il tuo tempo, non ti fai un favore continuando ad offrire loro la tua energia e la tua vita.
La verità è che non sei per tutti e non tutti sono per te.
Questo è ciò che rende così speciale un rapporto, quando trovi persone con cui hai amicizia o amore ricambiato.
Saprai quanto è prezioso, perché hai sperimentato ciò che non lo è.
Ci sono miliardi di persone su questo pianeta e molte di loro le troverai al tuo livello di interesse e impegno.
Forse se smetti di apparire, non ti cercheranno.
Forse se smetti di provarci, la relazione finirà.
Forse se smetti di inviare messaggi, il tuo telefono rimarrà scuro per settimane.
Questo non significa che hai rovinato la relazione, significa che l’unica cosa che la sosteneva era l’energia che solo tu davi per mantenerla.
Questo non è amore, è attaccamento.
È dare una possibilità a chi non se la merita!
Tu meriti molto di più.
La cosa più preziosa che hai nella tua vita è il tuo tempo ed energia, poiché entrambi sono limitati.
Le persone e le cose a cui dai tempo ed energia, definiranno la tua esistenza.
Quando ti rendi conto di questo, inizi a capire perché sei così ansioso quando trascorri del tempo con persone che non dovrebbero starti vicino, o ti dedichi ad attività o spazi che non ti si addicono.
Inizierai a renderti conto che la cosa più importante che puoi fare per te stesso e per tutti quelli che ti circondano, è proteggere la tua energia mentale, nervosa, affettiva più ferocemente di qualsiasi altra cosa.
Fai della tua vita un porto sicuro, in cui sono ammesse solo persone “compatibili” con te.
Non sei responsabile di salvare nessuno.
Non sei responsabile di convincerli a migliorare.
Non è il tuo lavoro esistere per le persone che non ti meritano e dare loro la tua vita!
Ti meriti amicizie vere, impegni veri e un amore completo con persone sane ed equilibrate.
La decisione di prendere le distanze dalle persone nocive, ti darà l’amore, la stima per te stessa, la felicità e la protezione che meriti.
Tu vali, non svenderti.

Numero2470.

 

I L    D I L E M M A

 

1980
Pressione Bassa

 

Giorgio Gaber – musica e interpretazione
Alessandro Luporini – testo        (N.d.R. : per me, il migliore paroliere Italiano di testi per canzoni)

 

In una spiaggia poco serena
Camminavano un uomo e una donna
E su di loro la vasta ombra di un dilemma

L’uomo era forse più audace
Più stupido e conquistatore
La donna aveva perdonato, non senza dolore

Il dilemma era quello di sempre
Un dilemma elementare
Se aveva o non aveva senso il loro amore

In una casa a picco sul mare
Vivevano un uomo e una donna
E su di loro la vasta ombra di un dilemma

L’uomo è un animale quieto
Se vive nella sua tana
La donna non si sa se è ingannevole o divina

Il dilemma rappresenta
L’equilibrio delle forze in campo
Perché l’amore e il litigio sono le forme del nostro tempo

Il loro amore moriva
Come quello di tutti
Come una cosa normale e ricorrente
Perché morire e far morire
È un’antica usanza
Che suole aver la gente

Lui parlava quasi sempre
Di speranza e di paura
Come l’essenza della sua immagine futura

E coltivava la sua smania
E cercava la verità
Lei l’ascoltava in silenzio, lei forse ce l’aveva già

Anche lui curiosamente
Come tutti era nato da un ventre
Ma purtroppo non se lo ricorda o non lo sa

In un giorno di primavera
Quando lei non lo guardava
Lui rincorse lo sguardo di una fanciulla nuova

E ancora oggi non si sa
Se era innocente come un animale
O se era come instupidito dalla vanità

Ma stranamente lei si chiese
Se non fosse un’altra volta il caso
Di amare e restar fedele al proprio sposo

Il loro amore moriva
Come quello di tutti
Con le parole che ognuno sa a memoria
Sapevan piangere e soffrire
Ma senza dar la colpa
All’epoca o alla Storia

Questa voglia di non lasciarsi
È difficile da giudicare
Non si sa se è cosa vecchia o se fa piacere

Ai momenti di abbandono
Alternavano le fatiche
Con la gran tenacia che è propria delle cose antiche

E questo è il succo di questa storia
Per altro senza importanza
Che si potrebbe chiamare appunto resistenza

Forse il ricordo di quel Maggio
Gli insegnò anche nel fallire
Il senso del rigore, il culto del coraggio

E rifiutarono decisamente
La nostra idea di libertà in amore
A questa scelta non si seppero adattare

Non so se dire a questa nostra scelta
O a questa nostra nuova sorte
So soltanto che loro si diedero la morte

Il loro amore moriva
Come quello di tutti
Non per una cosa astratta
Come la famiglia
Loro scelsero la morte
Per una cosa vera
Come la famiglia

Io ci vorrei vedere più chiaro
Rivisitare il loro percorso
Le coraggiose battaglie che avevano vinto e perso

Vorrei riuscire a penetrare
Nel mistero di un uomo e una donna
Nell’immenso labirinto di quel dilemma

Forse quel gesto disperato
Potrebbe anche rivelare
Come il segno di qualcosa che stiamo per capire

Il loro amore moriva
Come quello di tutti
Come una cosa normale e ricorrente
Perché morire e far morire
È un’antica usanza
Che suole aver la gente

 

Significato di Il Dilemma

 

 Il Dilemma è una storia d’amore d’altri tempi, dei bei tempi andati, forse, ma c’è da sperare di no. É più facile dire cosa non sia questa meraviglia, perché è talmente tanto che sarebbe impossibile dire tutto qui e ora.

Provandoci, potremmo dire che è una delle più belle riflessioni su un amore in crisi, e sarebbe vero, ma come un riflesso, appunto, sarebbe fugace e superficiale.

Il Dilemma è figlia del suo tempo. Giorgio Gaber, questa è una mia opinione per cui potete sgridarmi, o fustigarmi, compose gran parte delle sue canzoni migliori a partire da fine ann’70 in poi, quando aveva raggiunto una maturità umana e artistica di altri livelli.

Come con Io Se Fossi Dio, i suoi brani nascono da riflessioni personali ma diventano molto più universali di quello che sembrano. Più o meno negli stessi anni della bomba contro tutto e tutti, fingendosi Dio, Gaber vede una nuova forma d’amore tra la gente comune.

E lo comunica.

Due coppie. Nella prima, è lui l’audace animale da conquista, lei invece l’ha perdonato nonostante la sofferenza; nella seconda, lui è tranquillo e dedito alla famiglia, lei è una splendida illusione vivente. Nei versi convivono le vite di entrambe le coppie, il cui fattore comune è l’enorme dilemma che incombe sulle loro vite

Ha senso o non ha senso il nostro amore?

Gaber parla dell’amore moderno, libero dalle repressioni dei “tempi antichi”, gli anni precedenti agli ’80, un decennio con una libertà individuale, politica, culturale così trasversale che anche il concetto di amore sta cambiando. Una coppia può vedere nell’infedeltà la sicurezza della propria sopravvivenza.

L’amore giovane ha “la smania di ascoltare i brividini del cuore”, come dirà lui stesso in un esibizione del 1991, una smania che divide le coppie e moltiplica gli amori.

Nella canzone una coppia si sfalda e l’altra resiste. Quest’ultima si suicida, togliendo il loro amore dal destino della morte, un gesto estremo che forse sposta l’attenzione dalla crisi di coppia a qualcosa di molto più profondo e generale. Quasi cosmico, forse.

Un elogio alla fedeltà, al coraggio di fare una scelta e resistere, difendendola nel tempo, con pazienza, adattandosi e modellando la pazienza e le forze contro vento e nelle giornate di sole, quando il cielo è a un passo o quando tutto è nero, affrontando le difficoltà per la semplice voglia di non lasciarsi.

Ma non solo tra due persone che stanno insieme, ma in tutto.

“Resistenza” come concetto generale, verso qualsiasi scelta facciamo nella nostra vita. Che sia una scelta che sia una, in un mondo che non ci lascia possibilità di scegliere o ci illude di permetterci di scegliere.

Che sia una dannata scelta.

La società crea stereotipi di persone e prototipi di relazioni, nelle coppie e in un singolo individuo. Nasce un nuovo concetto d’amore, moderno e libero dal concetto di impegno, e una persona può sentirsi obbligata a scegliere, ed essere obbligati a scegliere allora vuol dire non avere scelta.

La vita diventa un concentrato di azioni indipendenti dalla propria volontà, una nuova versione di destino o, come le parole della canzone, una “nuova sorte”, l’esatto opposto di “scelta”.

Allora la coppia ha preferito morire, e non si sa se “a questa nostra scelta” o a questa “nuova sorte”, appunto perché non c’è alcuna differenza tra le due. Una forza che regola in modo imprevedibile le vicende umane è paragonabile a un impulso che non ti lascia scelta.

C’è una crisi di mentalità. a grattare un po’ la superficie di questo delizioso brano sulla crisi di coppia. Giorgio Gaber forse sta cantando la crisi di coppia tra uomo e donna solo perché è lo strumento più efficace per comunicare una crisi con radici molto più profonde, quella tra uomo e la propria morale.

Una crisi che si può correggere assumendosi una responsabilità, impegnandosi a difenderla dalle normali interferenze esterne della vita, restando fedeli ai propri principi e coerenti con le proprie azioni.

Se necessario, difendendo i propri valori anche con gesti estremialla morte, proprio come hanno fatto la coppia (o le coppie?) di questa canzone.

Tutti segnali che Gaber non vede in una società italiana con una crisi morale viscerale, tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80.

Quel “segno di qualcosa che stiamo per capire” forse è proprio la nostra involuzione morale. E amore e litigio, le “forme del nostro tempo”, forse non sono intese nei confronti di una persona, perché con una persona esiste anche l’indifferenza, una terza forza in campo che annulla ogni forma, semplicemente: il nulla.

Ma se guardiamo oltre alla crisi di coppia, l’amore e il litigio possono significare il valore di assumere un impegno e difendere un principio. E, al contrario, il valore di scontrarsi contro un idea sbagliata e accusare l’ingiusto.

Dovremmo amare o litigare con un’idea, queste le uniche due forze in campo e le nostre uniche scelte, e dovremmo arrivare a morire per essa o a far morire a causa di essa, un “antica usanza che suole avere la gente”.

Sempre più antica e lontana da noi.

 

ALTRA  INTERPRETAZIONE:

 

Davide 28 Ottobre 2020

Condivido in gran parte il tuo commento, ma vorrei aggiungere alla discussione un altro punto di vista, che sicuramente non ha la pretesa di essere quello giusto.
Gaber parla di una sola storia d’amore e di una sola coppia, ma, raccontando la storia attraverso vari flash-back, che inquadrano la coppia in diverse fasi della loro relazione, si potrebbe pensare che si parli di due o più coppie.

Il punto a mio parere fondamentale, è che questa storia d’amore deve essere inquadrata all’interno dell’eterno ciclo della vita, che coinvolge tutti gli esseri viventi incluso l’uomo, in cui c’è un continuo affannarsi in cerca di un miglioramento (nel testo questo ruolo viene affidato alla figura dell’Uomo), mentre la cosa davvero essenziale nel ciclo della vita è la possibilità che la vita si rigeneri, generando nuova vita (nel testo questo ruolo viene affidato alla figura della Donna).
A sua volta, il ciclo della vita deve essere inserito all’interno del grande ciclo della Storia, in cui si ha sempre l’impressione che certi valori siano superati, antiquati, senza rendersi conto che in realtà sono eterni, proprio perché sono punti fermi all’interno di questa ciclicità (nel testo questo ruolo viene affidato alla Famiglia). Questo rende il messaggio della canzone, che giustamente è da contestualizzare negli anni immediatamente successivi alla liberazione sessuale, valido sempre, anche ai nostri giorni.

Nella prima immagine si vede la coppia verso la fine della loro storia.
L’Uomo ha già compiuto il suo percorso di “affermazione personale”, che verrà descritto in seguito, ma Gaber lo definisce come uno “stupido”.
La Donna, che ha dovuto subire il tradimento del suo Uomo, dimostra la sua superiore statura attraverso il perdono. Specialmente perché il perdono non è stato indolore.

La seconda immagine è un flash-back, che ci mostra l’inizio di tutta la storia.
L’Uomo, novello sposo, è appena passato dalle braccia della madre alle braccia della sua sposa. È poco più che un cucciolo.
Mentre la Donna, che è la depositaria del ciclo della Vita, al suo confronto è molto più matura, quasi “divina”.

Proseguendo nel racconto, l’Uomo, o sarebbe quasi meglio definirlo “il maschio”, intraprende il suo percorso di affermazione personale, che è tipico anche di altre specie animali.
La Donna, o “la femmina”, semplicemente lo osserva nel suo affannarsi da una posizione di superiorità, perché lei la “verità” già la possiede. Ovvero lei sa cosa è davvero importante.

Ma l’affermazione personale e sociale del maschio, lo portano a credere di essere diventato superiore alla sua sposa, fino al punto di tradirla, come se lei fosse un qualcosa di vecchio, inutile, ormai superato.
E qui la bellissima immagine che Gaber ci regala è quella dell’uomo, nato dal ventre di donna, crede di essere diventato onnipotente, infinitamente superiore alla sua donna.
Mi verrebbe da citare il modo di dire toscano: “ecché tu voi insegnare al tu babbo a trombare?”.
Non si rende conto l’Uomo, che questa sua tracotanza lo rende in effetti ridicolo?

A questo punto il Grande Amore di questa coppia è sul punto di morire. Come succede a tutti gli altri. Banalmente.
Magari per dare origine ad un nuovo “grande amore” tra l’uomo e la “fanciulla nuova”, destinato anch’esso a sciogliersi al sole…
Invece no.
La forza della Donna, che sceglie di perdonare, segna la strada da seguire.
Una strada che non è facile come nelle Telenovelas.
Lei mostra la strada della resistenza, del rigore, del coraggio. E il suo sposo sceglie di seguire assieme a lei quella strada.
L’uomo e la donna decidono di tornare ad essere una coppia. Decidono di restare legati ai famosi vecchi valori che sembrano sorpassati e che invece sono eterni.
E qui ritorna alla mente l’immagine iniziale: la coppia si trova su di una spiaggia tormentata, non è tutto rosa e fiori, c’è un enorme dilemma che li opprime, ma la coppia sceglie di lottare, di rifiutare la banalità e la miseria della “libertà in amore”.

Il finale della storia, ovvero la scelta di darsi la morte, come segno estremo di rifiuto di una “nuova sorte” quasi obbligatoria, riporta ad illustri precedenti, quali i filosofi greci, i patrioti italiani, Jan Palach…
Ovvero non è una morte fine a se stessa, ma una morte come strumento di illuminazione, di rivelazione per gli altri.
Che chissà se capiranno davvero l’insegnamento, perché far male e farsi del male è la nostra specialità della casa…e della vita.

Numero2322.

 

 

Dei Kinder Brioche e della Nutella

non siamo i pivelli,

della rosetta con la mortadella,

sì, noi eravamo quelli.

 

C’era un tempo in cui si aveva poco,

ma si era più felici,

perché si dava valore al gioco

da fare con gli amici.

 

Ora, non si ha niente da inventare,

lo fanno gli altri per te.

A te tocca soltanto comprare

senza sapere perché.

 

Tu ti senti un tubo digerente,

un vuoto da buttare?

non ti deve fregare un bel niente:

continua a lavorare.

 

Se, tuttavia, un lavoro non ce l’hai,

nessuna rimostranza,

con un reddito ti realizzerai,

ma di cittadinanza.

 

01 Febbraio 2022

Numero2204.

 

Amare ciò che è nobile, ciò che è bello, ciò che è umano, permettere a momenti di intuizione di recare saggezza nel momento dell’azione. Concepire con la mente la società che si dovrà creare: una società nella quale gli individui cresceranno liberi e l’odio, l’avidità, l’invidia si estingueranno perché non vi sarà più nulla che possa nutrirli. Queste cose io credo e il mondo, con tutti i suoi orrori, non ha scosso la mia fede.

 

Bertrand Russel

Numero2196.

 

G U I D E S T O N E S

 

L’uomo, da quando brandì una pietra per colpire il fratello, svincolandosi dalle leggi immacolate di nostra Madre Natura, non è cambiato, se non in peggio. Questi sono “I dieci comandamenti” delle élite mondiali apolidi inserite nel monumento scritto in otto lingue (Guidestones – Georgia – USA) “.

Il Georgia Guidestones è un monumento in granito sito nella contea di Elbert, in Georgia, Stati Uniti d’America. Su otto delle superfici maggiori è inciso un messaggio composto da dieci “regole”, o consigli, in otto lingue moderne, una per ogni superficie.

La struttura, detta a volte la Stonehenge americana è stata più volte oggetto di polemiche in quanto secondo alcuni su di esse vi sarebbero iscritti i principi sui quali si fonderebbe la teoria del complotto del Nuovo ordine mondiale.

 

1. Mantenete l’umanità sotto i 500 milioni, in equilibrio perpetuo con la natura.

2. Controllate la riproduzione in modo saggio, migliorando l’efficienza e la diversità della specie.

3. Unite l’umanità con una nuova lingua viva.

4. Dominate passione, fede, tradizione, e tutte le cose con ragione temperata.

5. Proteggete tutte le persone e le nazioni con leggi eque e corti giuste.

6. Lasciate il governo interno alle nazioni, e le dispute internazionali a una corte mondiale.

7. Evitate leggi futili e funzionari inutili.

8. Mantenete i diritti personali in equilibrio con doveri sociali.

9. Apprezzate la verità, la bellezza, l’amore, cercando armonia con l’infinito.

10. Non siate un cancro sulla Terra, lasciate spazio alla natura, lasciate spazio alla natura.”

 

N.d.R. : Io non mi sento “un cancro sulla Terra!”, e voi? La realizzazione del testo inserito nelle “Guidestones” pare si stia realizzando sotto i nostri occhi ADESSO.