Numero3212.

 

da  QUORA

 

Scrive Silvia Anchisi, corrispondente di QUORA

 

Quali sono le caratteristiche che per le donne rendono un uomo attraente, ma che gli uomini sottovalutano?

 

Questa domanda presuppone che esistano delle caratteristiche più o meno precise che rendono un uomo attraente agli occhi delle donne. Siccome non rappresento il genere femminile solo perché sono nata donna, ti risponderò in veste di singola donna, tenendo però anche conto di anni di osservazione, studio e ascolto dei punti di vista delle mie compagnie femminili, cercando di proiettare la mia esperienza personale in una prospettiva vagamente statistica.

  • Le piccole attenzioni. Le hanno sottovalutate il 95% degli uomini che ho incontrato nella mia vita. Attenzione, non mi riferisco al seguire alla lettera dei codici passati, sessisti o patriarcali ma semplicemente dare attenzione a dei dettagli che nella nostra quotidianità non sono curati. Sto parlando di quei piccoli gesti che a me personalmente fanno impazzire, tipo aprire la portiera della macchina, far accomodare a cena, versare le bevande quando il bicchiere si svuota. Prima che venga additata di sessismo sappiate che queste cose che ho elencato ci tengo a farle anch’io, che sono donna, sono piccole attenzioni che mi rendono felice tanto quanto mi rende felice ricevere. Si tratta di un tipo di gentilezza, che credo piaccia a molte donne.
  • Eleganza: non ha a che fare con ciò che si indossa, ma con la capacità di essere sobri, equilibrati, specialmente in luoghi pubblici o contesti di gruppo. Un esempio: a volte sento uomini che parlano alzando molto la voce. Beh, sappiate che dovreste rivedere il vostro concetto di volume.
  • Igiene e cura della propria persona, ma possibilmente non eccessiva (ecco, voglio sfatare un mito, stavolta a nome di tutte le donne: preferiamo un compagno senza tartaruga e con la pancetta ma che sia sereno e disposto a mangiare con noi una pizza senza preoccuparsi delle calorie e dei carboidrati, piuttosto che un fissato patologico col culto del corpo, eterno insoddisfatto di sé stesso che passerà il resto dei suoi giorni a cercare una linea che non troverà mai, e a chiederti se lo trovi più grosso, a piangere quando perde massa muscolare. L’esercizio fisico fa bene ed è importante per tutti noi, come lo è tenersi in forma, il fanatismo però è patologia, e per me un malato di palestra è malato tanto quanto un’anoressica, per le dinamiche mentali che condividono.
  • Autoironia è un’arma molto utile se ben dosata, soprattutto all’inizio perché rompe il ghiaccio e le formalità, mettendo a proprio agio l’altra persona soprattutto se quest’ultima è timida. È strettamente collegata all’ umiltà, altro valore di fondamentale importanza che però non vedo molto spesso negli uomini, che in fase di seduzione preferiscono caricarsi di paroloni, dimostrazioni e grandezza.
  • Approccio sessuale naturale. Un problema grosso che avete soprattutto voi uomini, è che molti di voi pensano che il sesso sia quello che vedete sul web fatto da attori e contorsionisti professionisti. Questo rende per voi l’atto come una mera prestazione, che come concetto si avvicina molto alla dimostrazione. Non c’è niente da dimostrare, specialmente se avete intenzioni serie siate sereni e il sesso sarà più bello. Se non siete degli attori e contorsionisti professionisti lasciate perdere le stranezze, puntate su ciò che vi piace.
  • Ascoltate le vostre emozioni. Siate commossi, siate tristi, siate arrabbiati e innamorati senza vergogna.

Cosa non fare:

  • Non essere squallidi spesso vedo gli alpha man che fanno i classici discorsi da spogliatoio su lato A lato B, gare di rutto libero, parolacce. Sappiate che lo squallore e la volgarità non vi renderanno più attraenti
  • Non ostentare i propri soldi, le proprie vittorie, i propri averi. In nessun caso.
  • Non fingete qualità che non avete. Puntate sui vostri punti forti, non su quelli che pensiate si aspetti da voi l’altra persona.
  • Non sono i soldi a rendere un uomo attraente, i soldi lo rendono solo potente, gli danno il potere di acquistare una donna che è interessata ai suoi soldi e basta. Un uomo ricco ha molta più possibilità di essere falsamente amato in un matrimonio di interesse, è statistico anche questo. Non ostentate i vostri soldi, ma cacciate fuori la vostra umanità, la bellezza che avete dentro, la gentilezza, le passioni, e se davanti avete una persona che vale quanto valete voi sicuramente vi apprezzerà per ciò che siete.

Numero3187.

 

Quando la mente fa ammalare il corpo. Quali sono i disturbi fisici influenzati dalle nostre emozioni?

 di Sara Aielli, psicologa e psicoterapeuta.

La malattia, accesso involontario a noi stessi, ci assoggetta alla “profondità”, ci condanna ad essa. – Il malato? Un metafisico suo malgrado.

(E. Cioran)

L’attuale ricerca scientifica ci conferma come, spesso, le tensioni emotive si riflettano nei problemi del corpo.

Stress, frustrazioni, emozioni negative, ansia e depressione possono essere somatizzati e tradursi in disturbi somatici, di diversa natura e gravità.

La trasformazione di stati mentali in eventi somatici è un’esperienza universale, che appartiene a tutti noi.

Ogni tipo di vissuto psichico può essere somatizzato, cioè spostato sul piano corporeo, soprattutto quando non è riconosciuto o elaborato dalla persona sul piano mentale.

L’angoscia somatizzata funziona da “terapia” per quella diretta, che porta eccessivo turbamento: l’ansia però non scompare, ha solo cambiato linguaggio.

La psiche ha un ruolo in ogni patologia medica, ma in alcune condizioni assume una rilevanza particolare, rispetto sia alla genesi del disturbo, sia alla sua evoluzione.

Si considerano “psicosomatiche” le malattie nelle quali ci sono modificazioni, organiche o funzionali, che dipendono da problemi psicologi ed emotivi.

In questo senso, ecco quali sono i quadri più comuni:

  • Cefalea: diffusissima e di vari tipi, tra cui emicrania, cefalea a grappolo o cefalea muscolo-tensiva (dovuta a tensioni o contratture muscolari). Può evolvere in un disturbo cronico, con ansia anticipatoria tra una crisi e l’altra e abuso di farmaci (generalmente analgesici).
  • Disturbi cardiovascolari: problematiche a carico del cuore o dei vasi sanguigni, come alterazioni del battito cardiaco, tachicardia, palpitazioni, extrasistole, dolori anginosi, sbalzi di pressione, svenimenti, ischemie, ecc.
  • Disturbi gastrointestinali: mal di stomaco, digestione difficile (dispepsia), acidità, nausea o vomito, dolori addominali e retrosternali, intestino irritabile, colite, gastrite, ulcera, ecc.
  • Disturbi dermatologici: dermatiti, eczema, irritazioni, prurito, psoriasi, alopecia, problemi della pelle o dei tessuti associati (capelli, peli, unghie).
  • Dolori muscoloscheletrici: cervicale, dolori muscolari, mal di ossa, mal di schiena, ecc.
  • Problemi respiratori: asma bronchiale, respirazione faticosa (dispnea), “fame d’aria”, ecc.
  • Disordini alimentari: inappetenza, restrizioni eccessive, fame insaziabile, abbuffate compulsive, obesità, ecc.

Nei disturbi elencati, gli stati affettivi sono tra le principali concause della malattia.

Ma anche nei disturbi che non c’entrano nulla con la psiche, la mente ha un ruolo centrale nel determinare la percezione del disturbo, la possibilità di seguire una cura adeguata, le dinamiche della convalescenza, e dunque anche la prognosi.

Ma come fa uno stato psichico a trasformarsi in un sintomo corporeo?

La coscienza acuta di avere un corpo, ecco cos’è l’assenza di salute.

(E.M. Cioran)

Per quanto possa sembrare misterioso, questo “salto” dallo psichico al corporeo è stato (parzialmente) spiegato dalla medicina contemporanea e dalle neuroscienze.

Corpo e mente non sono entità separate, ma s’influenzano reciprocamente, sempre e in molti modi, in salute e in malattia.

Questo inscindibile legame spiega molte malattie “misteriose”, e altrettante guarigioni apparentemente “miracolose”.

Vediamo alcune vie di “traduzione” dello psichico al somatico:

  • La via neuronale: i neuroni, le cellule del nostro sistema nervoso, comunicano tra loro attraverso neurotrasmettitori o neuromodulatori: serotonina, dopamina, adrenalina, endorfina, ecc. Queste sostanze chimiche hanno un ruolo centrale nel nostro equilibrio psicofisico, regolando, tra le altre cose, il tono dell’umore, i livelli di energia, la percezione del dolore.
  • La via neurovegetativa: il sistema nervoso autonomo è quell’insieme di cellule e fibre che innerva tutti gli organi interni e le ghiandole, regolando le funzioni corporee involontarie. Questo sistema collega l’organismo con l’ambiente esterno, spiegando come a ogni stato affettivo corrispondano immediati cambiamenti fisici: ad esempio, insieme ad un’emozione violenta, possiamo sentire costrizione al petto, sbalzi di pressione, dolore allo stomaco.
  • La via endocrina: gli stati affettivi possono produrre o inibire il rilascio di ormoni dall’ipofisi o dalle altre ghiandole, alterando l’equilibrio ormonale. Gli ormoni sono importantissimi perché trasmettono messaggi ai vari organi del corpo ed hanno un ruolo centrale nel mantenimento del nostro benessere psicofisico.
  • La via immunitaria: coinvolge l’insieme di cellule che presiede alla difesa dell’organismo. Esperienze difficili, ansia o depressione, possono portare a un abbassamento delle difese immunitarie, con un aumentato rischio di contrarre infezioni e altre malattie.

Quali sono i meccanismi di traduzione del disagio psicologico in malessere fisico?

Per sciogliere i sintomi è indispensabile risalire alla loro origine, rinnovare il conflitto dal quale sono scaturiti e,

con l’aiuto di forze che al tempo non erano disponibili, indirizzarlo verso una diversa soluzione.

(S. Freud)

Ci sono diversi meccanismi di “traduzione” del malessere, da psichico in somatico. Vediamo i due principali:

  • La conversione: la malattia rappresenta il conflitto interiore.

Un contenuto psichico rimosso si converte in un sintomo somatico, esprimendosi attraverso il linguaggio del corpo.

In questi casi, abbiamo a che fare con un conflitto inconscio che non trova altra via di risoluzione se non nella malattia.

Ad esempio, nelle paralisi isteriche, il conflitto si manifesta direttamente nei muscoli, colpendo la motricità: la persona è immobilizzata, senza alcuna motivazione medica.

Il sintomo è in stretto rapporto con il conflitto, cioè lo simbolizza, e in qualche modo lo “risolve”: ad esempio, in un conflitto tra dipendenza e autonomia, la paralisi risolve la questione, rendendo impossibile l’emancipazione.

Le persone con questo problema possono avere comportamenti dimostrativi, volti ad attirare l’attenzione o a suscitare compassione, non perché fingano di stare male, ma perché la malattia è in stretto rapporto con le dinamiche relazionali dell’ambiente di vita.

Al contrario, ci sono persone che manifestano un distacco affettivo che può arrivare all’incapacità di provare dolore, come se si fosse anestetizzati (belle indifference).

  • La somatizzazione: la tensione emotiva è scaricata sul corpo.

Anche in questo caso, la malattia è legata a stati affettivi non riconosciuti e non elaborati, ma i sintomi non hanno nulla a che fare con i contenuti psichici originari, essendo la generica espressione di una tensione emotiva brutalmente “scaricata” sul corpo.

Le persone che soffrono di questo tipo di disturbi, hanno spesso una certa difficoltà a identificare le proprie emozioni, a comunicarle e a elaborarle sul piano mentale (alessitimia).

Inoltre, possono avere difficoltà a interpretare bene gli stati mentali, sia i propri sia quelli altrui (deficit di mentalizzazione).

Per questo, gli stati affettivi imboccano, senza mezzi termini, la via somatica e si trasformano in sintomi e disturbi fisici, che possono essere diversi e multiformi, variando da persona a persona, ma anche nello stesso soggetto nel corso del tempo.

Questo tipo di disturbi è più difficile da curare rispetto a un’ansia o una depressione conclamate: prima i sintomi devono tornare psichici, allora la persona pensa di stare peggio, ma è l’inizio del processo di guarigione.

La paura di stare male: l’ipocondria

Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l’idea di essere malati.

(M. Proust)

L’impossibilità di tollerare la tensione emotiva può manifestarsi anche attraverso incertezze, comportamenti compulsivi e paure ipocondriache, al fine di ridurre l’angoscia.

Alcune persone hanno la paura o la convinzione incrollabile di avere un disturbo medico, pur essendo sane.

Tutti possiamo nutrire timori per la nostra salute, o per quella dei nostri cari, ma quando l’ansia è sproporzionata e irremovibile, nonostante le rassicurazioni mediche, allora si parla d’ipocondria.

La persona non “finge” di essere malata, il dolore che prova è reale, ma è sbagliata la sua interpretazione: infatti, non è riconducibile a una causa organica, ma a un malessere di tipo psicologico.

L’aspetto ossessivo dell’ipocondria, cioè i pensieri intrusivi circa l’essere malati, copre un’angoscia di fondo, che va indagata e compresa.

Inoltre, nel vero ipocondriaco, le rassicurazioni non eliminano la paura, ma lo fanno sentire ancora più solo e incompreso.

Può cambiare medico o spostare i sintomi su un altro organo, finendo per collezionare visite e accertamenti, ricevendo diagnosi sbagliate, seguendo cure spesso costose, imbottendosi di farmaci, senza risolvere nulla, finché non è indirizzato da uno bravo psicoterapeuta.

 Come le emozioni influenzano la percezione del dolore

Un’anima triste può ucciderti più in fretta di un germe.

(J. Steinbeck)

Abbiamo visto come i processi psichici ed emotivi possono innescare catene di eventi somatici che portano a veri e propri disturbi organici, come mal di testa, gastriti, malattie della pelle o problemi di pressione.

Ma c’è un altro aspetto da considerare, cioè quello della percezione del dolore.

Il dolore è il risultato di un processo nervoso che, a tappe, dalle periferie arriva al cervello, ed è sempre amplificato dalla paura e dell’ansia, che abbassano la soglia della sua percezione.

Lo stesso meccanismo, condotto alle estreme conseguenze, può farci sentire il dolore anche quando non c’è una base organica.

Da un altro punto di vista, è interessantissimo l’esempio del fenomeno noto come effetto placebo: l’azione terapeutica che consegue all’assunzione di un “farmaco” privo di principio attivo.

E stato dimostrato dalla che prendere qualcosa da cui ci aspetta un effetto produce, almeno in parte, quell’effetto.

Inoltre, uno stesso farmaco funziona diversamente se assunto con fiducia o sfiducia.

Per quanto possa sembrare strano, c’è una spiegazione biologica: l’aspettativa di un effetto analgesico induce la produzione di endorfine, sostanze chimiche simili alla morfina, prodotte dal nostro cervello, che bloccano fisiologicamente il dolore.

Il problema è fisico o mentale?

La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di me. Mi conosco come una sinfonia.

(F. Pessoa)

Fisico e mentale sono due facce di una stessa medaglia: ogni evento affettivo, cognitivo o comportamentale ha un corrispettivo biochimico.

Parlare, ma anche ricordare o fantasticare, che sembrano attività “astratte”, comportano una serie di eventi concreti a livello cerebrale, come movimenti cellulari, molecolari e sofisticate operazioni biochimiche.

Il nostro cervello è plastico e si modifica strutturalmente in seguito alle esperienze di vita.

Ogni esperienza induce modificazioni cerebrali, che diventano definitive quando si strutturano in apprendimenti e nell’organizzazione di nuovi circuiti cerebrali.

Sapere che ogni evento psichico ha una base biologica ci aiuta a superare il dualismo mente-corpo, ma anche l’opposizione geni-ambiente.

Ogni comportamento ha una base genetica, ma questo non autorizza ad affermare che i geni ne siano la causa.

Ad esempio, la possibilità di provare paura ha una base genetica, ma una paura concreta, come quella degli spazi chiusi, dipende da un certo tipo di esperienze.

Allo stesso modo, c’è una predisposizione genetica all’ansia, ma gemelli omozigoti (con lo stesso patrimonio genetico), allevati in famiglie diverse, hanno probabilità diverse di sviluppare disturbi d’ansia, in base alle differenti esperienze ambientali.

L’ambiente, inteso soprattutto come insieme di relazioni, ha un ruolo fondamentale in ogni comportamento umano.

In particolare, le esperienze relazionali, soprattutto quelle precoci, sono centrali nel determinare la predisposizione a certi comportamenti, vissuti ed anche patologie.

Come curarsi: farmaci o psicoterapia?

La cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che ne soffre.

(Ippocrate)

Meglio curarsi con i farmaci o con la psicoterapia? Anche questo è un falso dilemma.

Quando una malattia fisica ha una forte componente psicologica è evidente che il farmaco, da solo, non basta.

Non basta neppure uno psicofarmaco, prescritto dal medico di base senza un’adeguata valutazione psicologica e psichiatrica, con il rischio di errata diagnosi, dosaggi approssimativi, effetti collaterali, sviluppo di condotte di abuso o dipendenza.

Di fronte ad una sintomatologia “sospetta”, un terapeuta esperto può aiutarci a comprendere la natura del nostro malessere e, se necessario, con l’aiuto del medico, impostare una terapia farmacologica adeguata.

In conclusione, non si tratta di decidere se curarsi con i farmaci o con la psicoterapia, ma adottare un’ottica integrata, che ci permetta di comprendere la situazione in modo approfondito e mettere in campo le risorse più idonee alla risoluzione del problema.

Numero3180.

 

L A V A N D E R I A    P U L I T A

 

Una giovane coppia si trasferisce in un nuovo quartiere.

La mattina dopo, mentre fanno colazione davanti alla finestra, la giovane vede la vicina di casa stendere i panni fuori.

  • “Questo bucato non è molto pulito, ha detto, “non sa come lavarlo correttamente. Forse ha bisogno di un bucato migliore”.

Suo marito sembrava silenzioso.

Ogni volta che la sua vicina stendeva i vestiti ad asciugare, la giovane donna faceva lo stesso commento.

Un mese dopo, la donna fu sorpresa di vedere dei panni puliti sullo stendibiancheria e lo disse a suo marito.

  • “Guarda, ha finalmente trovato un modo per lavare bene i suoi vestiti. Chissà chi glielo ha insegnato?”.

Il marito ha risposto:

  • “Mi sono alzato presto questa mattina e ho pulito le nostre finestre”.

Morale:

Quello che vediamo quando guardiamo gli altri dipende dalla chiarezza della finestra che stiamo guardando. Quindi non essere troppo veloce nel giudicare gli altri, specialmente se la tua visione della vita è offuscata da rabbia, gelosia, negatività o desideri insoddisfatti.

Giudicare una persona non definisce chi è.

Definisce chi sei.

 

Paulo Coelho. “Lavanderia pulita.”

Numero3169.

 

Segnalata da Rita.

 

N O N    I M P O R T A    Q U A N T I    A N N I    H O

 

“Non importa quanti anni ho”di José Saramago

 

Ho l’età in cui le cose si osservano con più calma,
ma con l’intento di continuare a crescere.

Ho gli anni in cui si cominciano ad accarezzare i sogni con le dita
e le illusioni diventano speranza.

Ho gli anni in cui l’amore, a volte, è una folle vampata,
ansiosa di consumarsi nel fuoco di una passione attesa.

E altre volte, è un angolo di pace, come un tramonto sulla spiaggia.

Quanti anni ho, io?

Non ho bisogno di segnarli con un numero, perché i miei desideri avverati,
le lacrime versate lungo il cammino al vedere le mie illusioni infrante valgono molto più di questo.

Che importa se compio venti, quaranta o sessant’anni!

Quel che importa è l’età che sento.

Ho gli anni che mi servono per vivere libero e senza paure.

Per continuare senza timore il mio cammino, perché porto con me l’esperienza acquisita e la forza dei miei sogni.

Quanti anni ho, io? A chi importa!

Ho gli anni che servono per abbandonare la paura e fare ciò che voglio e sento.

 

 

Analisi della poesia

Il testo di Saramago si distingue per la sua universalità: parla a chiunque, indipendentemente dall’età anagrafica, poiché l’età diventa un concetto relativo, subordinato alla forza dei sogni, alla passione, alla serenità conquistata con il tempo.

  • La calma della maturità: L’autore sottolinea che l’età porta con sé una nuova lente per osservare il mondo, con la calma necessaria per apprezzare i dettagli e continuare a crescere interiormente.
  • La forza dei desideri e delle esperienze: Ogni riga della poesia ci ricorda che i sogni realizzati e le illusioni infrante sono le vere unità di misura della vita.
  • Amore e passione: L’amore, in questa riflessione, è sia una forza impetuosa che un rifugio di pace, capace di adattarsi alle fasi della vita.
  • Libertà e coraggio: La vera età, per Saramago, è quella in cui si abbandona la paura per abbracciare ciò che si desidera fare, vivendo pienamente e con autenticità.

Questa poesia è una guida per vivere con consapevolezza e coraggio, per abbandonare l’ansia di conformarsi agli standard imposti e per abbracciare la bellezza di ogni fase della vita.

Biografia dell’autore

José Saramago (1922-2010), premio Nobel per la Letteratura nel 1998, è stato uno degli autori più influenti del XX secolo.

Nato ad Azinhaga, un piccolo villaggio in Portogallo, ha dedicato la sua vita alla scrittura, esplorando con maestria temi come l’umanità, la politica, la religione e la condizione esistenziale.

Tra le sue opere più celebri figurano “Cecità”, un romanzo che indaga sulla natura umana di fronte al caos, e “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”, una rivisitazione audace e poetica della figura di Cristo.

Con una prosa unica, caratterizzata dall’uso innovativo della punteggiatura e dalla profondità delle idee, Saramago ha conquistato milioni di lettori in tutto il mondo.

Questa poesia, benché meno conosciuta rispetto ai suoi romanzi, rappresenta una sintesi perfetta della sua visione filosofica e della sua straordinaria capacità di parlare al cuore umano.

Numero3163.

 

G I O V A N I    D I    O G G I

 

Scrive Umberto Galimberti, filosofo, saggista e psicologo:

 

“Siamo nelle mani degli altri, al punto che il nostro pensare e il nostro sentire, la nostra gioia e la nostra malinconia non dipendono più dai moti della nostra anima che abbiamo perso e probabilmente mai conosciuto, ma dal “mi piace” o “non mi piace” espresso dagli altri, a cui ci siamo consegnati con la nostra immagine, che, per non aver mai conosciuto noi stessi, è l’unica cosa che possediamo e che vive solo nelle mani degli altri. Ci siamo espropriati ed alienati nel modo più radicale, perdendo ogni traccia di noi”.

Così sottolinea Galimberti.

Pur di metterci in mostra, abbiamo perso la nostra intimità, l’interiorità, l’essenza, il nostro pudore.
La spudoratezza diviene una virtù e viene meno la vergogna. Di intimo è rimasto solo il dolore, la malattia, la povertà, che ciascuno cerca di nascondere per non essere isolato dagli altri.

Ecco dunque l’importanza per i giovani di riappropriarsi della loro identità, della loro personalità, riscoprendo quei valori guida che indicano la strada giusta da percorrere per non perdersi mai e che illuminano il cammino come un faro nella notte, così da permettere loro una crescita sana, all’insegna dell’essenza e non dell’apparenza.

In tale prospettiva, il confine è labile e si finisce col perdersi, non distinguendo più ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, i colori diventano sbiaditi e la confusione predomina incontrastata, senza valori che svolgano una funzione guida.

Da ciò deriva la profonda solitudine e tristezza che connota i più giovani, spesso disorientati ed incapaci di scegliere consapevolmente e responsabilmente, insicuri e privi di una personalità forte.

A tal fine Umberto Galimberti coglie l’occasione per sottolineare come oggi sia più complicato “essere” che “apparire”, all’interno di una società in cui l’uomo stesso si è degradato al livello di merce e perciò si può esistere solo mettendosi in mostra, pubblicizzando la propria immagine.

Di conseguenza, chi non si espone, chi non si mette in mostra, non viene riconosciuto: quasi neppure ci si accorge di quella persona.

Nella società odierna, l’apparenza sembra aver completamente preso il sopravvento sull’essenza, all’insegna di un’esistenza priva di significato in cui i più giovani stentano a trovare la loro identità, omologandosi a stereotipi privi di senso, determinando ciò sicuramente degli effetti deleteri nel loro processo evolutivo di crescita.

Le parole dei ragazzi celano, in realtà, le difficoltà e le insicurezze dei giovanissimi alle prese con un mondo che pretende di plasmare ogni soggetto a suo piacimento, trasformandolo e facendolo diventare diverso da ciò che è realmente.

Omologazione, standardizzazione, spersonalizzazione: questi sono i fenomeni che si sono ormai instaurati, a cura di cattivi, ma interessati, maestri del “controllo di mercato”, che agiscono come i lupi che tengono a bada il gregge di pecore e capre. Queste verranno convenientemente tosate, senza procurare problemi.

L’influenza che subiscono è così forte ed incontrollabile che inconsapevolmente le nuove generazioni si comportano non come vorrebbero, ma come la società ritiene più corretto ed opportuno, sottostando a delle rigide regole che presuppongono l’approvazione degli altri per poter sentirsi bene con se stessi, (cioè appartenere al gregge) mostrando la propria immagine o meglio la maschera che, giorno dopo giorno, si finisce con l’indossare, dimenticando chi si è realmente.

Numero3159.

 

I O    N O N    S O N O    P I U’    I O

 

Qualche giorno fa (dal Numero3158. al Numero3153. trovate tutto documentato), abbiamo festeggiato in compagnia di persone care ed amici, il 30° Anniversario della mia compagnia con Rita.

In tale occasione, sono stato al centro di registrazioni, foto e filmati che, mai come stavolta, hanno ripreso noi due e me in particolare, come potete vedere nei numeri che seguono.

E mi è venuto spontaneo il bisogno di esternare una considerazione, doverosa e dolorosa allo stesso tempo, ma onesta e inequivocabile.

Per la prima volta nella mia vita, non mi sono riconosciuto.

Ammetto pure che la lucidità mentale, le capacità cognitive e comportamentali, anche l’aspetto fisico dei tratti somatici sono rimasti accettabili e compatibili con l’età di 82 anni suonati.

Ma quello che, con enorme rammarico, devo confessare è la mia  constatazione che il portamento e la postura del mio corpo sono quanto di peggio potevo aspettarmi: sembro un ultracentenario.

Purtroppo, ormai, ho preso una brutta piega.

Tutta la mia vita l’ho passata lavorando da seduto.

Prima come studente, stavo alla sedia per la maggior parte del tempo, per quanto mi dedicassi spesso alle attività sportive che mi piacevano come lo studio.

Poi le attività lavorative, specialmente negli ultimi 20 anni, mi hanno visto operare alla scrivania per la maggior parte del tempo.

Inoltre, due operazioni di protesi alle anche non hanno certo contribuito a farmi mantenere una corretta postura e deambulazione.

Così, in questi ultimi tempi, ho involontariamente assunto una inclinazione del corpo in avanti, sia del busto che della testa, di cui non vado proprio fiero e che mi disturba molto.

L’ho potuta constatare, per l’appunto, dai filmati e nelle foto recenti di cui ho parlato.

La mia vita da pensionato si svolge ormai davanti al computer e davanti alla televisione, con qualche eccezione per le ore di tennis che ancora gioco.

Non sono molto propenso alle camminate che, un tempo, mi piacevano molto: adesso, purtroppo, mi passa la voglia di uscire solo per camminare e meno che mai per correre, perché le mie anche cigolano e le risparmio solo per il tennis, che offre in più un impegno mentale considerevole.

Dunque, povero me, non sono più tanto bello da vedere, o come mi piacerebbe apparire anche ai miei occhi.

Devo dire che il mio spirito e la considerazione che ho di me stesso non coincidono con l’aspetto esteriore delle movenze e del portamento: mi sento, credetemi, molto più giovane di quanto lasci immaginare la vista del mio corpo che si muove.

Va meglio, molto meglio, se mi relaziono con gli altri da seduto, perché così non si associa all’uomo che parla e ragiona la vista di un vecchio cadente che, da zitto, potrebbe solo fare pena.

Credo che le mie facoltà mentali siano ancora integre e, senza presunzione, ultimamente, raffinate ed ampliate con un allargamento della sfera di interessi e di sensibilità che, prima d’ora, non avevo mai potuto implementare per mancanza di tempo.

Io stesso sono sorpreso del fatto che, avendo tanto tempo a disposizione, abbia potuto migliorare il livello delle mie facoltà mentali e spirituali.

Ma il corpo no, non è migliorato.

Anzi peggio di così non potrebbe essere e non credo che si possa fare granché per ovviare alla sua modifica, ormai consolidata in senso deteriore.

Ma tant’è: imparerò a convivere con questa “diminutio corporis” (limitazione corporale) e mi rassegnerò a non pretendere di essere gradito agli occhi degli altri, come vorrei e come volevo prima.

Non rinuncerò a muovermi nell’attività sportiva, per quanto e fino a quando sarà possibile, e continuerò a vestirmi e a gestire il mio aspetto secondo gradevolezza e igiene, come ho sempre fatto.

Spero che sia sufficiente per rendermi ancora accettabile.

Numero3135.

 

da  QUORA

 

Perché in questo periodo tutti sono irritabili e si arrabbiano per poco?

 

Scrive Luise, corrispondente di QUORA

 

Se raccogli 100 formiche nere e 100 formiche rosse e le metti in un barattolo di vetro, non succederà niente di speciale.

Ma se prendi il barattolo, lo scuoti violentemente e lo rimetti sul tavolo, le formiche cominceranno ad uccidersi a vicenda.

Le formiche rosse vedono le nere come il nemico, mentre le nere vedono le rosse come il nemico.

Ma il vero nemico è la persona che ha scosso il barattolo.

Lo stesso vale per la società.

 

Uomini contro donne

Sinistra contro destra

Nero contro bianco

Ricchi contro poveri

Fede contro scienza

Vaccinati contro Non-vaccinati…

Prima di combattere tra di noi, dovremmo chiederci:

Chi ha scosso il barattolo?

Numero3017.

 

da  QUORA

 

Scrive Fabrizio Mardegan psicologo, corrispondente di QUORA

 

G A S L I G H T I N G     ( INFLUENZA  ANGOSCIANTE )

 

Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona cerca di far dubitare l’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale.
Il termine “gaslighting” deriva dal film del 1944 chiamato “Angoscia” (Gaslight in inglese), in cui il protagonista cerca di far impazzire sua moglie facendole credere di essere pazza.

Il gaslighting coinvolge una serie di comportamenti intenzionali che minano la fiducia e la sicurezza dell’altra persona. Di seguito sono riportati alcuni esempi di tattiche di gaslighting:

  1. Negazione: Il manipolatore nega la veridicità di eventi, discussioni o promesse precedenti. Ad esempio, potrebbe dire: “Non ho mai detto quello che hai detto” o “Non ricordo che ciò sia successo”.
  2. Svalutazione: Il manipolatore minimizza o sminuisce i sentimenti e le preoccupazioni dell’altra persona. Potrebbe dire ad esempio: “Stai esagerando” o “Non è così grave come pensi”.
  3. Contraddizione: Il manipolatore contraddice l’altra persona in modo costante, anche su questioni di fatto. In questo caso potrebbe affermare: “Ti sbagli” o “Non hai capito correttamente”.
  4. Colpa: Il manipolatore sposta la colpa sull’altra persona per le proprie azioni o comportamenti. Potrebbe dire: “Sei tu il problema” o “Sei troppo sensibile”.
  5. Confusione: Il manipolatore crea confusione nell’altra persona attraverso informazioni contrastanti o ambigue. Ad esempio, potrebbe dire una cosa un giorno e poi negarla il giorno successivo.
  6. Isolamento sociale: Il manipolatore cerca di isolare l’altra persona dal sostegno sociale, facendole dubitare delle relazioni e delle intenzioni degli altri. Può affermare: “Non puoi fidarti di nessuno tranne me” o “Tutti stanno cercando di ingannarti”.

L’obiettivo del gaslighting è quello di ottenere il controllo e il potere sull’altra persona, minando la sua fiducia in se stessa e nella propria percezione della realtà.
Le vittime di gaslighting possono iniziare a dubitare di se stesse, a sentirsi insicure e a cercare la conferma e l’approvazione del manipolatore.
Ciò può avere un impatto significativo sulla salute mentale e sul benessere dell’individuo coinvolto.

Riconoscere il gaslighting è il primo passo per proteggersi da questa forma di manipolazione.
Se ti ritrovi in una relazione in cui sospetti di essere vittima di gaslighting, può essere utile cercare supporto da amici, familiari o professionisti della salute mentale per ottenere un’ulteriore prospettiva e supporto.

 

Numero2973.

 

Viaggi astrali: cosa sono veramente e come indurli

da Elisa Corsi | Mag 2, 2017

Il viaggi astrale è un argomento tanto affascinante quanto delicato, va trattato con la massima attenzione e la giusta dose di sensibilità.

L’avrai senz’altro sentito nominare, magari dalla tua insegnante di yoga o in tv durante un’intervista a qualche scienziato americano. Ebbene, scommetto che ti sei domandato almeno una volta cosa siano questi viaggi astrali.

Non è vero?

Oggi sono parecchie le teorie che gravitano attorno a questo tema, ed alle spalle abbiamo una fiorente letteratura yogica che ce ne parla. Qualcuno li definisce come una via di mezzo tra sogno e realtà, qualcun altro ne sottolinea la pericolosità, e taluni addirittura negano la possibilità di effettuarli da vivi.

Ma cosa sono esattamente questi famosi “viaggi astrali”? Qual è la loro origine? Come si manifestano?

Scopriamolo insieme!


Indice

  • 1 La storia dei viaggi astrali in breve
  • 2 Cosa sono i viaggi astrali
  • 3 Perché sperimentare un viaggio astrale?
  • 4 Cos’è il corpo astrale e qual è la sua struttura?
  • 5 Le basi per indurre un viaggio astrale: rilassamento e meditazione
  • 6 La testimonianza di Francesca

La storia dei viaggi astrali in breve

 

Il viaggio astrale non è assolutamente una scoperta recente, degli ultimi decenni, ma anzi risale praticamente all’origine del mondo.

Scoperto e sperimentato dagli sciamani in India e in Messico, ad oggi è difficile risalire ad una data storica poiché non si hanno documenti di queste prime sperimentazioni. Ciò che è certo è che gli indiani precisamente gli Huicholes utilizzavano fin dall’antichità un pianta allucinogena, un cactus chiamato Peyote, il quale aiutava ad avere delle visioni durante le feste sacre e religiose.

Con il passare degli anni il Peyote è stato investito sempre più da un ruolo sacro e quasi magico, non si assumeva più durante le feste religiose ma in solitudine con lo scopo di “ricercare se stessi”.

Ad oggi questo succulento cactus senza spine, è ancora in circolazione negli Stati Uniti e viene usato per rilassare corpo e mente durante la psicoanalisi o per la nostra più famigliare meditazione.


Cosa sono i viaggi astrali

 

Con il termine viaggio astrale si intende l’uscita cosciente dell’individuo dal corpo fisico, usando come veicolo il solo corpo astrale, tale fenomeno viene anche detto sdoppiamento.

Ma perché si chiama viaggio astrale?

Viaggio: è un’esperienza paragonabile ad un viaggio, che può essere dall’altra parte del mondo o alla stanza accanto alla quale ci troviamo.

Astrale: questa parola deriva da “stelle”, ci viene tramandata dagli alchimisti medioevali, essa si riferisce all’apparenza luminosa della materia appartenente al piano astrale.

Questa parola può però trarre in inganno, facendoci immaginare i viaggi astrali come viaggi tra le stelle…

Assolutamente non è così!

Astrale deriva da piano astrale, quest’ultimo è una dimensione intangibile che va oltre i cinque sensi dell’essere umano. Ovvero è un mondo che non è percepito dall’uomo in uno stato di veglia quotidiano che potremmo definire “normale”.

Ma il fatto che non venga percepito non significa che l’essere umano non ne sia costantemente immerso.

La materia astrale è molto più sottile della materia fisica e va quindi a riempire gli spazi che intercorrono tra un atomo e l’altro della materia fisica. Ciò significa che tutto ciò che ci circonda e noi stessi siamo impregnati di materia astrale ma per entrarne davvero in contatto bisogna trovarsi in determinate condizioni.

“Una delle prime cose che l’uomo impara a compiere nel suo corpo astrale è quella di viaggiare, essendo possibile al corpo astrale di muoversi con molta rapidità e a grandi distanze dal corpo fisico addormentato. La comprensione di questo fenomeno spiega un gran numero di fenomeni così detti occulti.”

E.Powell in Il corpo astrale e relativi fenomeni


Perché sperimentare un viaggio astrale?

 

Lo scopo di un viaggio astrale è quello di preparare l’individuo al momento della sua morte, ovvero al viaggio finale. Nella nostra società è diffuso un sentimento di paura rispetto alla morte, ed essa viene vista come un avvenimento drammatico che ci allontana per sempre da una persona cara… non esiste nulla di più terribile!

Non è così invece in Oriente: per la religione buddista la morte non è altro che un passaggio dell’anima, da un corpo fisico al completo corpo astrale.

Il viaggio astrale viene definito come “piccola morte” perché è appunto un “assaggio” di ciò che ci accadrà dopo che il corpo fisico sarà dichiarato clinicamente morto. Detto ciò non tutti provano l’esperienza dello sdoppiamento da vivi e non è certo cosa grave!

Chi l’ha provato in vita sarà semplicemente più “allenato” e non si ritroverà spiazzato nel gestire la parte astrale di se stesso.

“Il viaggio astrale ha lo scopo di capire cosa possiamo essere al di là della nostra corporeità, della nostra mente e del nostro apparato psicofisico”

Carlo Dorofatti

Ho fatto riferimento più volte al corpo astrale.

Ma cos’è esattamente? Come è fatto? Andiamo a scoprirlo nel prossimo paragrafo…


Cos’è il corpo astrale e qual’è la sua struttura?

 

Abbiamo detto che i viaggi astrali vengono effettuati attraverso il corpo astrale. Questo corpo è denominato corpo delle attrazioni magnetiche o del desiderio.

E’ il corpo che si muove all’interno della “sostanza astrale” ovvero dell’universo, inteso come campo elettromagnetico in cui vi sono diverse forze che interagiscono tra loro.

Ma andiamo con ordine…

Potremmo definirlo come l’anima di una persona, ma non solo. Questo corpo occupa lo spazio interno dell’individuo ma anche esterno producendo un aurea che va oltre il corpo fisico.

Tutti gli esseri viventi lo posseggono, anche coloro i quali sono così egoisti e insensibili che sembrerebbe avessero perso quanto di più prezioso la natura ci ha regalato: l’anima.

Il corpo Astrale è considerato dal grande scrittore e teosofo Arthur E.Powell uno dei tre corpi sottili di cui è composto ogni individuo. Gli altri due sono rispettivamente: il corpo Causale e il corpo Mentale.

“Tutti posseggono e utilizzano il corpo astrale, ma sono ben pochi quelli che sono consapevoli della sua esistenza e a servirsene in piena coscienza. In moltissime persone esso è poco più di una massa di materia astrale disorganizzata, i cui movimenti e impulsi sfuggono quasi completamente al controllo dell’uomo vero e cioè dell’Ego. In alcune persone invece il corpo astrale è un veicolo ben sviluppato e completamente organizzato, un veicolo dotato di vita propria e che conferisce a chi lo possiede molti utili poteri”

E.Powell in Il corpo astrale e relativi fenomeni

Questo corpo è dunque considerato molto simile a quello fisico, vediamo le principali caratteristiche che li accomunano:

  • Presenti: Sono entrambe essenziali nell’individuo
  • Costituiti da materia: Il corpo fisico è composto dalla materia detta “grezza” mentre quello astrale è composto dalla materia detta “sottile”
  • Veicoli di espressioni: Attraverso gesti e movimenti fisici esprimiamo il nostro stato d’animo così come attraverso i colori dell’aurea astrale esprimiamo emozioni, sentimenti e passioni.

Le basi per indurre un viaggio astrale: rilassamento e meditazione

 

Per lo Yoga l’elemento che collega il corpo fisico con il proprio corpo astrale è il terzo chakra. Situato a livello del plesso solare, il terzo chakra, non a caso è la sede del magnetismo e del desiderio.

Ci sono parecchi libri e documenti che insegnano tecniche e trucchi per indurre un viaggio astrale.

Ebbene, se vuoi il modesto parere di chi sta scrivendo, ti posso dire questo: non esistono tecniche per indurli!

Viaggiare in astrale non è una cosa che si può imparare o in qualche modo forzare…

Come puoi fare allora?

Puoi creare le condizioni di base!

A mio parere esistono solo due condizioni fondamentali in cui ti devi trovare per originarli: la meditazione e il rilassamento.

Tutto il resto verrà da sé, è una cosa completamente personale e se non dovesse accadere puoi sempre dire di aver fatto degli utili esercizi di rilassamento 😉

Meditazione

Di seguito trovi una semplice meditazione che puoi usare per rilassarti e provare ad indurre un viaggio astrale.

  1. Scegli un sottofondo musicale rilassante
  2. Scegli un ambiente silenzioso e semi buio
  3. Siediti sul tappetino a gambe incrociate
  4. Calma la mente e allontana i pensieri negativi e preoccupanti
  5. Ora, immaginati in un luogo dove ti piacerebbe essere, per esempio: montagna, mare ai piedi di una cascata ecc.
  6. Visualizza quel luogo, guardati intorno il più possibile e sentiti realmente lì
  7. Quando sei pronto, approfondisci il respiro, muovi la testa, le mani, i piedi e poi apri gli occhi…

Non c’è un tempo preciso per questa meditazione, puoi iniziare con 10 minuti e pian piano allungarla.

Rilassamento

C’è chi alla posizione seduta della meditazione preferisce Savasana, ovvero la posizione del cadavere. Si usa per il rilassamento durante le lezioni di yoga e secondo me, è più efficace e favorisce di più il viaggio astrale.

Il procedimento è molto simile a quello appena descritto sopra, ma la differenza è che ti trovi sdraiato.

  1. Scegli un sottofondo musicale rilassante
  2. Scegli un ambiente silenzioso e semi buio
  3. Sdraiati sul tappetino
  4. Respira in modo profondo e regolare
  5. Calma la mente e allontana i pensieri negativi e preoccupanti
  6. Ora, immaginati in un luogo dove ti piacerebbe essere, per esempio: montagna, mare ai piedi di una cascata ecc.
  7. Visualizza quel luogo, guardati in torno il più possibile e sentiti realmente lì
  8. Quando sei pronto, approfondisci il respiro, muovi la testa, le mani e i piedi e poi apri gli occhi…

Com’è andata?

Se hai fatto un viaggio in astrale te ne accorgi immediatamente! C’è una grossa differenza tra “visualizzare” e “vedere”…

  • Visualizzare: quando visualizzi, pensi a delle immagini che decidi tu: il paesaggio, il soggetto, i colori… è una scelta ed in qualsiasi momento puoi cambiare immagine o paesaggio
  • Vedere: significa che hai effettivamente delle immagini che ti scorrono davanti agli occhi, vedere implica tutta una serie di percezioni: come per esempio sentire. Prendiamo l’esempio di essere vicini ad una cascata. Oltre a vederla con chiarezza, possiamo sentire il rumore dell’acqua e percepire addirittura gli schizzi d’acqua che arrivano a bagnarci il volto. Quando hai tutte queste sensazioni sei lì in riva a quel fiume davvero.

La testimonianza di Francesca

 

Una sera andai a trovare la mia amica Francesca e lei decise di raccontarmi la sua esperienza personale.

“Ricordo come se fosse ieri la prima volta che ebbi un’esperienza astrale: nonostante fosse stata piacevole, mi spaventai parecchio, perché non sapevo nulla di tutto questo. Per diverso tempo non ne parlai con nessuno, e credendo di essere impazzita, mi “rifugiai” sul web alla ricerca di qualcun altro che avesse provato la mia stessa esperienza… ma la cosa non mi portò alcun riscontro!

Solo dopo qualche tempo decisi di parlarne a mia madre e le raccontai per filo e per segno le sensazioni che avevo vissuto. Lei mi guardò con un mezzo sorriso di scherno, alzò le sopracciglia e mi chiese se avessi bevuto.

Era il rilassamento finale della mia quarta lezione yoga. La mia insegnante utilizza il rilassamento alla fine di ogni lezione. Di sottofondo c’era una musica rilassante (che ci fa ascoltare tutt’oggi), la stanza semi buia, gli occhi chiusi…“il nostro corpo si fa sempre più pesante e rilassato” dice lei.

Ecco, quella è l’ultima cosa che ho sentito, perché il secondo dopo non mi sentivo più in quella stanza, non ero più mentalmente lì. Cominciai ad immaginarmi il mare in una splendida giornata di sole e un gabbiano che volava sopra le onde. La mia prospettiva era appena al di sopra del volatile e seguivo il suo percorso. Inizialmente lo visualizzai ma poi mi resi conto di vederlo.

La musica di sottofondo la sentivo ancora ma era molto lieve, sentivo il vento sul viso, l’aria leggera dell’alta quota, l’infrangersi delle onde sulla spiaggia e il verso del gabbiano. Il gabbiano è l’elemento principale del viaggio, credo sia il mio animale veicolo, che vedo ancor’oggi. Non so perché sia sempre il gabbiano e mai un’aquila o una colomba… insomma tutto queste sensazioni concorrono a costituire uno stato di benessere totale dal quale non vorrei mai andarmene…Ma purtroppo ad un certo punto la lezione finisce e l’insegnante dice la fatidica frase:

“Riprendiamo consapevolezza del nostro corpo approfondendo il nostro respiro”. Ecco che in un batter d’occhio crolla tutto! Il paesaggio, il vento, il senso di libertà…è come se venissi sbattuta fuori da un paradiso ed io mi ritrovo nuovamente sdraiata in quella palestra.

Non posso dirti cosa succederebbe se non dovesse mai finire la lezione, perché purtroppo prima o poi termina!


Conclusioni

In quest’articolo ho tentato di descrivere in modo molto semplificato cosa sia un viaggio astrale, di cosa sia composto il corpo astrale e quali siano le pratiche di yoga ad esso collegate.

Quest’articolo vuol essere un squarcio informativo sul mondo che si estende oltre i nostri cinque sensi e oltre il nostro limitatissimo corpo fisico. Non è stato facile per me scrivere di qualcosa di così “alto” e purissimo, ma ho voluto farlo perché nel mio piccolo volevo darti un aiuto a conoscere meglio questo tema.

Spero davvero che possa tornarti utile.

Aspetto tuoi commenti!

Elisa Corsi

Numero2964.

 

C H I A R O V E G G E N Z A

 

Io sono del segno del Cancro e, senza volerla e cercarla, mi sono imbattuto in questa notizia che mi ha un poco sorpreso, proprio perché mi riguarda, ma che non avevo mai preso in considerazione:

Quando si dice che nessuno conosce se stesso come dovrebbe ….

“La CHIAROVEGGENZA, ovvero il Sesto Senso, è il superpotere delle persone nate sotto il segno del Cancro.

Nel mondo dei fumetti, un cancerino sarebbe un mutante con poteri telecinetici.

Nel mondo reale, ha sempre in testa quel qualcosa in più che lo fa andare 10 passi più avanti agli altri, un intuito che difficilmente sbaglia”.

C’è puzza d’incenso in giro ….?

Numero2904.

da  QUORA

 

L’Italia è culturalmente arretrata?

 

Scrive Fabio Colasanti, corrispondente di QUORA

 

Gran parte dell’ultimo libro di Piero Angela (Dieci cose che ho imparato, Mondadori, 2022) è dedicata a rispondere, più o meno, a questa domanda.

La posizione di Piero Angela è ben riassunta in queste righe che vengono dalla pagina 13 del suo libro.

“Personalmente credo che vi sia soprattutto un gravissimo ritardo culturale a entrare nella modernità; cioè un deficit nella capacità di comprendere (e di investire in) quelli che sono oggi i veri acceleratori dello sviluppo: educazione, conoscenza, competenza, flessibilità, innovazione, capacità progettuale, etc. Tutte cose importanti anche in passato, naturalmente, ma che oggi sono deflagrate attraverso il moltiplicarsi delle scoperte scientifiche e delle invenzioni tecnologiche”.

Il punto di Piero Angela è che per il grosso degli italiani “Cultura” è solo cultura classica. Il grosso degli italiani non apprezza gli sviluppi scientifici e tecnologici, ne ha addirittura paura. Le nostre imprese non riescono a trovare abbastanza laureati in materie STEM (Science, Technology, Engineering and Math). E abbiamo tanti laureati in materie letterarie, scienza delle comunicazioni, scienze politiche e giurisprudenza che non trovano lavoro.

Nei vari capitoli del libro, Piero Angela fa un lunghissimo elenco di tutte le statistiche che mostrano il ritardo dell’Italia rispetto agli altri paesi industrializzati in tutti i campi che sono oggi cruciali per lo sviluppo.

Comincia con la qualità dell’istruzione. I nostri studenti di 15 anni escono molto male dalle inchieste PISA fatte dall’OCSE su di un larghissimo campione e come numero di laureati nella popolazione stiamo tra la Colombia e l’Arabia Saudita nelle statistiche OCSE (e siamo gli ultimi nell’UE).

Siamo poi tra gli ultimi paesi in Europa nell’uso dell’internet e delle altre tecnologie digitali. Non stiamo bene in termini di brevetti. La nostra spesa per la ricerca scientifica è tra le più basse in Europa.

Nel nostro paese c’è poca concorrenza e poco riconoscimento del merito.

E, comunque, c’è il fatto incontrovertibile che siamo il paese UE con la crescita media più bassa tra il 1991 ed oggi. Perfino la Grecia, con otto anni di recessione, è cresciuta un niente più di noi.


Aggiungo alcuni dati per aiutare chi sembra andare avanti solo sulla base di impressioni personali.