Numero2922.

 

C O L L O Q U I O    S U R R E A L E

 

 

“Il posto c’è. E  tu?”

“Sì, ci sono anch’io”.

 

“Io e te ci siamo ancora?”

“Forse non ci siamo ancora stati?”

 

 

“Tu mi pensi qualche volta

in quel modo che sai?”

 

“Sempre, ma tu, nella realtà,

sei meglio dei miei pensieri”.

 

 

“Non voglio farti sentire

una persona che non sei”.

 

“Io sono quella persona,

solo che non lo sapevo”.

Numero2912.

 

C R E D O    I N    D I O ?         OVVERO  IL  DUBBIO  CATEGORICO

 

Ovviamente, ognuno è libero di credere quel che gli pare, ma lo riservi alla sua sfera individuale senza pretese di possedere e di dover insegnare qualcosa di universale e di assoluto: lo smentisce qualsiasi osservazione quotidiana del reale e delle persone intorno a noi, raccontando e mostrando sempre tutt’altro da quanto atteso e voluto per fede, autoconvincimento, idealismo, bisogno di sicurezze, paura della morte ed altre pulsioni terra-terra che si pretendono trascendentali. Perché, si sa, ci vengono molto meglio, più comode e più piacevoli le illusioni.

Quello che non sappiamo è assai più di quello che crediamo di sapere.
La scienza naturale è lo strumento migliore di cui disponiamo per illuminare l’universo intorno a noi, ma sarebbe assai arrischiato costruire su di essa una “metafisica”: non possiede certezze assolute ed è in un processo di continua evoluzione.
Non esistono prove schiaccianti per non credere, come non ne esistono per credere.
Per decidere, ognuno deve consultare il suo cuore e mettere in gioco la sua libertà.

Lascio certamente il giusto spazio al libero esercizio intellettuale e alla immaginazione di chi dissente da me.

Seppur le considerazioni scientifiche, ed in particolare quelle socio-antropologiche moderne, debbano necessariamente essere il fondamento per ogni pensiero e giudizio razionale in merito al presente quesito, realizzo, tuttavia, che un certo grado di “trascendentale” possa verosimilmente permeare la nostra vita, eludendo funzioni reali come la ragione.

Rimango diffidente di santoni, predicatori o pensatori/pifferai magici di qualsiasi sorta, come anche delle forme più diffuse ed organizzate di culto, orbitanti attorno ad ogni assetto arbitrario di elementi sacri, salvifici ed imperativi. Ma, per onestà intellettuale, non mi sento di condannare  il “credere” in qualcosa di più grande e di metafisico, così come riconosco giustificata la necessità di “umanizzarlo” e renderlo compatibile con la propria cultura e accettabile per il proprio cuore.

Non tutti, però, hanno l’acume o la forza interiore di accettare l'”incertezza” con vera serenità, sia essa fideistica oppure atea. Coltivare una fede è già, di per sé, padroneggiare una certezza. Scade  quasi a istanza secondaria, ma non è meno importante, il particolare che essa sia fondata o meno.

Io ho imparato a farlo proprio dalla mia vita: vivo nella “fede del dubbio”, senza certezza alcuna che non sia la morte, ne ho fatto un oracolo di coscienza e un blasone di obiettività mentale e comportamentale e mi ci trovo bene.

Non “credere”, ma “dubitare” è il paradigma di ogni mio passo nel cammino dell’esistenza e, tuttavia, ho passato il mio tempo alle prese con il feroce e martellante assillo del problem solving (metodo per risolvere i problemi), che è per me, in definitiva, il vero e giusto modo di saper vivere. Parodiando Renè Descartes (Cartesio), grande uomo di scienza e filosofo della prima metà del XVII secolo, invece che “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque esisto), dico semplicemente: “Dubito, ergo sum” (Dubito, quindi esisto).

Modestamente e umilmente, considero le “certezze” ( non dico solo quelle della fede) un lusso intellettuale che non mi appartiene e che non ho mai preso in considerazione, ancor più quando e perché esse sono dogmatiche, apodittiche, indimostrabili e indimostrate. Esse sono persino un approccio fasullo, una distorsione della realtà ed un allontanamento da essa che inducono a inquadrare l’esistente entro schemi preconfezionati, entro scatole chiuse dove il diverso della natura, l’inatteso della morale, il nuovo del sociale, il razionale del contraddittorio speculativo non trovano mai ospitalità.

Sono un “comodo” rifugio preservativo e consolatorio ed affrancano apparentemente da ogni rischio ed azzardo: sono una specie di salvifica “assicurazione sulla vita”, risarcitoria a beneficio indeterminato, illusorio e tranquillizzante antidoto contro le sorprese squilibranti delle vicende umane.
E queste sono un pericoloso, ma meraviglioso “divenire” in costante aggiornamento.

Oggi semplificherei col dire: “sono agnostico”. Forse in fondo, oltre i miei filtri critici, spero davvero che ci sia “qualcosa” di più grande e vivo, di conseguenza, in pace con me stesso, se non altro perché non vorrei che la vita fosse priva di un significato, se non di un sogno. Se ce n’è uno anche per me, non sia il delirio reazionario di chi ha gli occhi per contemplare la propria natura e la coscienza di non accettarla coerentemente.

E questo é, forse, un modo saggio di vedere la vita. Ma ho, come sempre, i miei dubbi: sono ancora  e tuttora un apprendista degli imperscrutabili algoritmi di questo stupendo viaggio che è la mia esistenza. E di questo itinerario, il percorso è non meno importante e affascinante della sua destinazione e della sua meta che rimane, per quanto certa, sconosciuta e misteriosa.

 

O sol che sani ogne vista turbata,

tu mi contenti sì quando tu solvi,

che, non men che saver, dubbiar m’aggrata.

 

O sole (riferito a Virgilio), che rendi chiara ogni vista disturbata,

tu mi soddisfi tanto quando risolvi (i dubbi)

che dubitare mi piace non meno che sapere.

 

Dante, Inferno canto XI, vv 91-93

Numero2911.

 

da QUORA

 

Scrive Heisenberg, corrispondente di QUORA

 

In che modo gli atei dimostrano che non esiste Dio?

 

L’onere della prova spetta a chi afferma che esiste e, come insegna il buon Russell, non è tecnicamente possibile dimostrare l’inesistenza di un umanoide con poteri divini che gioca a nascondino nei dintorni della nostra stella madre.

Ma poi quale Dio? Ne “esistono” letteralmente a migliaia.

Se intendi il Dio delle religioni abramitiche, cioè il tizio onnipotente, quello che ti posso obiettare è al massimo l’illogicità della cosa, ma puntualmente verrei smentito dai fedeli con il solito bla, bla, bla della mente che non può capire Dio. Big Bang, evoluzione, relatività e meccanica quantistica, ma capire una superstizione no; vabbè annuiamo e sorridiamo.

Rivolgendomi però a chi volesse eventualmente utilizzare gli oltre dieci miliardi di neuroni del lobo frontale per qualcosa di più consono alla sua funzione specifica, propongo invece la seguente riflessione.

Onnipotente al mio paese vuol dire ” di potere illimitato”. E potere illimitato, significa energia infinita.

Per cui, se esiste un Dio onnipotente, dev’esserci di conseguenza una quantità infinita di energia; il tutto però non si osserva allo stato attuale delle cose, anche perché una condizione del genere farebbe collassare con ogni probabilità l’intero Universo.

Ergo, in questo contesto, un Dio onnipotente non può esistere.

E se anche esistesse al di fuori non potrebbe comunque interagire, poiché in qualsiasi modo lo faccia trasferirebbe energia infinita e l’Universo, come lo conosciamo, smetterebbe di esistere.

Tra l’altro, pur ammesso che esista al di fuori, il fatto stesso di non poter interagire con la nostra realtà, lo renderebbe irrilevante e pertanto praticamente inesistente anche in questo caso.

Questo è solo uno dei tanti paradossi che vengono a generarsi quando la mente associa proprietà impossibili a determinati personaggi letterari. Io ne ho pensato uno un attimo più interessante, ma basterebbe una riflessione da prima media del tipo:

Dio può creare un muro indistruttibile che neanche lui può distruggere?

No → non è onnipotente. Si → non è onnipotente.

Cioè boh. Sarò strano io, ma non ho mai capito come fa la gente a credere in certe cose.

Numero2901.

 

V I T A    D O P O    L A    M O R T E

 

da  QUORA

 

Scrive un corrispondente sotto lo pseudonimo di “Tirannoide”:

 

Dove sono finiti tutti coloro che sono morti? Siamo destinati al nulla?

 

Logicamente parlando, non è detto.

Prevedo già che qualcuno abbia la tastiera pronta per scrivermi, dopo aver appena letto la prima frase. Calma e leggi prima fino alla fine. La risposta è lunga proprio perché parla di concetti logici complessi che non si sentono tutti i giorni, perché nessuno, né tra gli atei, né tra i religiosi è disposto a pensarci con serietà e onestà intellettuale.

Premetto che sono agnostico (con avversione verso la religione oltretutto).

Agnostico: cioè qualcuno che non crede finché non vede ma, allo stesso tempo, non da per scontato che se non vediamo qualcosa allora questa cosa non può per forza esistere. Diciamo che l’agnostico ha la visione più oggettiva di tutti perché non ha un bias cognitivo né a favore di certi concetti, né contro certi concetti, ma cerca di analizzare la cosa più oggettivamente e imparzialmente possibile andando tanto in profondità. Questa analisi è interamente basata sulla logica.

Quindi perché penso che dopo la morte potrebbe (forse) anche esserci qualcosa ?

La possibilità che ci sia qualcosa dopo la morte (in qualche forma non specificata), ritengo sia del 50 %, dopo una lunghissima analisi durata un decennio, che sto per condividere con voi il più brevemente possibile.

Indice di dimostrazioni/prove a favore della vita dopo la morte:

  1. Dimostrazione che un concetto “assurdo” può tranquillamente essere reale
  2. Il raziocinio e la sua base
  3. Possibilità concrete di vita dopo la morte con quello che conosciamo adesso
  4. I limiti intrinseci

Cominciamo. Buona lettura !

  1. Dimostrazione che un concetto “assurdo” può tranquillamente essere reale

Partiamo con la dimostrazione che ciò che suona logicamente assurdo (come la vita dopo la morte) può tranquillamente essere reale.

Nei tempi da Newton in giù (la maggioranza della storia), era logico, razionale e pesantemente ovvio che il tempo fosse lineare, universale e costante. Pensarla diversamente era assurdo e andava contro ogni briciolo di buon senso e logica. Poi Einstein scoprì la relatività e che il tempo non scorre linearmente e costantemente ma può essere rallentato e addirittura può scorrere diversamente in due “locazioni” diverse dello stesso oggetto. Ovviamente fu preso in giro per la sua teoria dalla maggioranza della comunità scientifica siccome era andato contro ciò che era pesantemente ovvio e chiaramente innegabile cioè che il tempo è assoluto.

Poi quando Einstein riuscì a dimostrare la sua teoria ricevette i riconoscimenti dalla stessa comunità scientifica. (Vi spiego alla fine di questi esempi cosa implica).

La meccanica quantistica è un altro esempio di sputo in faccia alla logica convenzionale.

Da sempre è stato logico, normale e totalmente innegabile da qualsiasi buon senso che un oggetto può solo essere in una posizione e non in due o più contemporaneamente. Se c’è qualcosa sul tavolo allora è sul tavolo, punto e basta. Non può essere anche in Russia contemporaneamente! Lo era fino a qualche anno fa almeno. Non avrebbe il minimo senso, non meriterebbe nemmeno un pensiero al riguardo.

Poi è venuta la meccanica quantistica che ha dimostrato che qualcosa può avere due posizioni contemporaneamente (superposizione quantistica) e che addirittura ci possono essere due particelle diverse che interagiscono istantaneamente e corrispondentemente appena una di loro subisce un cambiamento (quantum entanglement).

Non fraintendetemi, non sto dicendo che la meccanica quantistica è magia nera. Anche essa segue una logica e delle leggi della fisica, tuttavia segue leggi diverse e si comporta in modo totalmente alieno rispetto al resto della realtà. Immaginare una cosa del genere 100 anni fa era follia totale senza senso, era oltre l’immaginabile, ma poi si è dimostrato reale un evento del genere, sputando in faccia senza sentimenti a ciò che chiamavamo logica.

Il fatto che le cose non possono apparire dal nulla è un dato di fatto logico e innegabile. Però ancora una volta siamo stati costretti a ricrederci.

Quando abbiamo un totale vacum (vuoto), in cui non c’è niente, parliamo del NULLA assoluto, succede che delle particelle vengono generate dal nulla per poi annullarsi con le proprie controparti antimateriche subito dopo. Qualcosa di misterioso, illogico e impensabile, però anche questo si è dimostrato reale.

Non ci pensate spesso però se vi fermate un attimo noterete che il concetto stesso di esistenza è follia totale. Com’è possibile che le cose esistano ? Perché devono esistere ? Perché la materia si è aggregata da sola per creare la vita ? Anche il concetto di vita è assurdità. Si tratta di processi chimici così complessi che la possibilità che tutto questo accada è il numero più vicino allo 0 che puoi immaginare. Però eccoci qui, non ostante la possibilità che qualcosa del genere accada sia praticamente 0. Un’altra prova che anche una cosa infinitamente improbabile e folle può tranquillamente essere reale e accadere per un motivo o per l’altro.

L’esistenza della coscienza e dell’individuo è follia totale. Che la materia possa prendere consapevolezza con delle aggregazioni chimiche è qualcosa di totalmente straordinario. Non conosco bene i particolari della coscienza quindi non mi dilungo troppo a parlare di essa, anche perché ci tengo a dare informazioni corrette nel modo più semplice. Sono tutti d’accordo con il fatto che la coscienza è qualcosa di molto improbabile e complesso e conosciamo ancora ben poco del suoi funzionamento.

Perché vi ho fatto tutti questi esempi storici della vita reale ?

Vi ho fatto questi esempi per farvi capire soltanto una cosa: che anche quando qualcosa suona totalmente impossibile a prima vista, o quando sembra altamente improbabile, può ancora essere reale o accadere (come dimostrato da questi esempi lampanti). Il fatto che suoni illogico o estremamente improbabile non è un motivo per escludere un’ipotesi. Addirittura anche qualcosa di verificato e dimostrato oltre ogni dubbio si può dimostrare falso in futuro (come il tempo indubbiamente lineare prima di Einstein e la fisica classica prima della meccanica quantistica).

Quindi anche qualcosa come la vita dopo la morte potrebbe essere possibile e potrebbe essere dimostrato un giorno, anche se suona assurdo o improbabile per ora.

Che cosa lo dimostra ?

Lo dimostrano tutti questi forti ed estremi esempi pratici del mondo reale nella storia che sono ufficialmente dimostrati dalla scienza. Penso che solidificare questa frase più di così sia impossibile.

2. Il raziocinio e la sua base

In pratica, avevamo determinati strumenti in passato che ci permettevano di analizzare la realtà fino a un certo punto e da li si costruiva la nostra logica. Poi i nostri strumenti sono migliorati e abbiamo scoperto una porzione maggiore della realtà che ha cambiato la nostra logica espandendola e aggiornandola. In futuro accadrà ancora e ancora, possibilmente senza un limite definito. Più diventano complessi i nostri strumenti più scopriamo che la realtà è diversa da come ce la immaginiamo e ciò che chiamiamo “logica” e “raziocinio” cambiano e si aggiornano per comprendere meglio le nuove porte aperte, le nuove possibilità e i nuovi ordini di magnitudine e di comprensione.

Cosa sono quindi il raziocinio e la scienza ?

La scienza, la logica e il raziocinio non sono altro che Il metodo scientifico. Il metodo scientifico non è altro che un’interpretazione che tenta di comprendere la realtà nel modo più realistico possibile in base agli strumenti e alle conoscenze attualmente presenti. Nel momento in cui i nostri strumenti e le nostre conoscenze si aggiornano, allora cambia anche l’interpretazione della realtà e anche il metodo scientifico si aggiorna e diventa più preciso a interpretare la realtà.

Questo è il motivo per cui una volta molte cose che erano totalmente illogiche e folli sono diventate dimostrate e logiche OGGI. Non è perché la scienza si droga, ma perché è migliorata e ha espanso i suoi confini ed è stata capace di vedere angoli della realtà che prima non vedevamo.

Perché il metodo scientifico e i nostri strumenti si sono aggiornati, sono diventati più potenti e sono stati in grado di guardare più in profondità negli abissi della realtà. Questo è destinato a succedere altre infinite volte nel futuro, come è sempre successo fino ad ora. Siamo solo agli inizi della scienza.

Quindi ripeto. La scienza non è assoluta perché anche essa è in continuo aggiornamento e contraddizione. Quindi, ciò che oggi suona impossibile o improbabile (la vita dopo la morte nel nostro caso) può ancora (non è detto) essere dimostrato reale in futuro dopo i miglioramenti dei nostri strumenti e del metodo scientifico.

3. Possibilità concrete di vita dopo la morte con quello che conosciamo adesso.

Queste che arrivano adesso sono speculazioni di mia mano. Non sono dati dimostrati al 100 % a differenza di tutto quello scritto sopra. Però le ritengo possibilità valide.

  1. Se il tempo è un corridoio fisico in quattro dimensioni come le interpretazioni della fisica suggeriscono (non è ancora dimostrato, è solo una possibilità) allora siamo immortali nel tempo, semplicemente continueremo a fare la nostra vita per sempre siccome il tempo è un oggetto fisico e quindi semplicemente “siamo”, indelebili nella nostra esistenza, nel nostro tempo. Se muori non sparisci, rimani ancora fisicamente nella tua parte di corridoio quadridimensionale dove esisti in loop (cerchio, circolarità). Questo tipo di loop è un loop che non inizia e non finisce ma che semplicemente “è”. Da non confondere con il loop che si alterna tra due stati diversi in eterno. Sarebbe difficile da spiegare ma penso che basti così. Se un giorno si viene a scoprire con certezza che il tempo è un corridoio fisico, allora sappiate che avremo anche scoperto l’immortalità.
  2. Prima di nascere eri il nulla, se poi sei nato, vuol dire che c’è un modo per uscire dal nulla. Nel senso che esiste una determinata configurazione di materia e di condizioni che devono allinearsi per fare in modo che la casualità manifesti la tua coscienza ancora una volta da qualche parte dell’universo sotto forma di qualche altro essere vivente magari, concetto simile alla reincarnazione. Se è successo una volta allora forse accadrà ancora, non è insensato pensarlo. Un contro argomento sarebbe dire che se io copio un file e lo incollo nel computer da un’altra parte allora questi due file sarebbero due file diversi e non lo stesso file (quindi non tu). Quindi anche se la casualità rimanifestasse la tua configurazione di essenza di nuovo, non saresti più “tu”. Un contro-contro argomento sarebbe dire che “allora non tutto è stato copiato, per esempio il file ha una diversa locazione nel computer ed è mostrato da diversi fotoni dal display e inoltre il file “me” esiste già. Forse il “me” deve prima scomparire”. Gli argomenti e i contro argomenti di questa ipotesi sono tutti abbastanza validi e ce ne possono essere anche di più. Credo che renderlo più complesso di così non serve. Semplicemente “tu” sei successo perché sei possibile e in quanto possibilità sei rimanifestabile con lo scorrere della casualità.
  3. La fisica quantistica ha quasi dimostrato l’esistenza degli universi paralleli infiniti (basati sulla funzione d’onda), dove ogni possibilità che potrebbe accadere è già accaduta, solo che ancora non  ne abbiamo la certezza. Se parlavi di universi paralleli qualche tempo fa venivi visto come pazzo, pero adesso abbiamo prove molto solide per sospettare della loro esistenza. Io direi che nel caso più pessimistico la possibilità è del 50 %. È infinitamente complesso spiegare le prove, però puoi leggere “Schrödinger and parallel universes”. Se esistono infiniti universi allora esistono indefinite versioni di TE (possibilmente interconnessi dalla funzione d’onda) e quindi forse hai l’immortalità quantistica in teoria. Non è detto che sei immortale solo perché ci sono infiniti universi quantistici ma di certo aumentano le possibilità a dei livelli abbastanza probabili.
  4. Forse la coscienza umana è qualcosa di molto diverso da quello che immaginiamo e forse sopravvive alla morte in una forma diversa, non possiamo saperlo perché è ancora un fenomeno troppo astratto, anche se gli scienziati pensano sia prodotta dal cervello. Questo non vuol dire che se il cervello muore allora anche la coscienza finisce, non necessariamente. Per esempio, se spegni un’elettrocalamita il suo campo magnetico sparisce, però l’onda magnetica emanata si propaga in eterno. Può essere che la coscienza risieda in un campo e che venga intrattenuta dal cervello un po’ come la calamita fisica intrattiene il campo magnetico. Se la calamita viene danneggiata allora anche il modo in cui il campo si manifesta cambia e questo spiega perché quando danneggi il cervello cambia anche il tuo modo di essere cosciente. Quando il cervello muore allora si disgrega e anche il campo della coscienza si disgrega con esso. Però non sparisce, si disgrega e cambia forma. Il campo continuerà ad esistere. Si tratta di un grandissimo FORSE. Sappiamo ben poco sulla coscienza.
  5. Non puoi morire perché non sei vivo, perché 1 oggetto morto più un altro fanno 2 oggetti morti. Noi siamo fatti di atomi, che sono oggetti senza vita, il che rende anche noi grossi oggetti senza vita. Una volta morti cambiamo modo di essere, rimaniamo sempre gli stessi oggetti morti soltanto in forma diversa. Il problema con questa teoria è che se io faccio a pezzi un tavolo non avrò tavoli più piccoli ma avrò la segatura del tavolo. Quindi se qualcuno muore, non diventerà tante piccole coscienze ma semplicemente da oggetto morto cosciente passerà a oggetto morto non cosciente, quindi si passa da un tipo di morto particolare (cosciente) ad un altro modo di essere di morto (non cosciente).

Come potete vedere abbiamo già delle possibilità non ignorabili per continuare ad esistere in qualche forma dopo la morte e abbiamo esplorato queste teorie basandoci sulla nostra scienza attuale che è limitatissima.

Immaginate quanto si arricchirà la lista quando la scienza esplorerà meandri inimmaginabili della fisica e del cosmo.

4. I limiti intrinseci

Il concetto lovecraftiano: questa argomentazione è fantastica. Quando eravamo ominidi pensavamo di sapere quasi tutto, non sapevamo nulla; poi quando abbiamo fuso il ferro pensavamo di sapere tutto, non sapevamo nulla; poi quando abbiamo acceso la lampada abbiamo pensato di sapere tutto, non sapevamo nulla; poi è arrivata la fisica quantistica e ha sconvolto la nostra visione della realtà in una maniera incredibile facendoci ancora pensare di sapere qualcosa della realtà. Hai capito dove cerco di arrivare ?

Abbiamo sempre pensato di sapere tutto ma non sapevamo mai niente, e anche adesso è lo stesso, siamo arroganti e ingenui, pensiamo sempre di sapere qualcosa e poi la realtà ci travolge con scoperte che vanno oltre la follia e forse non esiste un limite a quanto non conosciamo. Anche le formiche pensano di sapere qualcosa sul mondo ma non sanno niente, così anche noi siamo come loro. Abbiamo sempre pensato di sapere ma non abbiamo la più pallida idea di quanto siamo ignoranti, siamo limitati tanto quanto quelle formiche che guardiamo al parco. La nostra limitata logica e scienza di cui andiamo confidenti sono come accendere una torcia nell’abisso dell’oceano pacifico e ci aspettiamo anche di potere vedere qualcosa: nulla, non vediamo nulla. La nostra torcia ci illumina a un metro dal naso ma l’abisso intero rimane intorno a noi e quindi cosa abbiamo capito della realtà? Nulla!

Come possiamo quindi essere così arroganti da sapere se c’è o non c’è nulla dopo la morte col nostro limitatissimo raziocinio che probabilmente è diversi ordini di magnitudine meno complesso di quello che serve per poter dare risposta a certe domande dove non c’è nemmeno un singolo modo di sperimentare o fare osservazioni? Leggi della fisica che non abbiamo scoperto, la fisica quantistica che dimostra una regione del micro cosmo che NON segue la logica tradizionale ma ha delle leggi completamente diverse, quasi fantastiche, che non fa altro che dimostrare come il raziocinio sia debole e limitato e come cose che sembrano impossibili possono succedere. Materia oscura e possibili materie ancora più sottili che creano strutture invisibili nell’universo che non vediamo, tante dimensioni e corridoi spaziali sottili sconosciuti, possibilità di esistenza diversa fuori dal buio cosmico e la componente lovecraftiana dell’inimmaginabile, perché bisogna considerare che io ho elencato solo ciò che conosciamo ma bisogna partire col presupposto (al 99,99% corretto) che siamo limitati come i plancton nell’oceano e che ci sono cose che non scopriremo mai e che la nostra mente non è capace fisicamente di processare che aumenta le possibilità nell’infinito.

Possiamo davvero dire di sapere qualcosa così fuori dalla nostra comprensione nella nostra consapevole ignoranza e limitazione ? Non si può dire con certezza perché probabilmente non conosciamo il 99.9 % di ciò che dobbiamo sapere dell’universo e di chissà cos’altro c’è là fuori in quell’ abisso nel buio cosmico e micro cosmico. Il 94 % della massa dell’universo è invisibile anche agli strumenti, ci sono particelle che dovrebbero esistere ma di cui non vi è traccia, il buio oltre al cosmo, i corridoi dimensionali dalla meccanica quantistica e chissà cos’altro che nemmeno immaginiamo. Siamo solo sulla punta della punta dell’iceberg.

L’ultima osservazione è un concetto valido che aumenta la possibilità che ci sbagliamo sulla morte e su qualsiasi altra cosa (parlo di possibilità e speculazioni) per il semplice fatto che ci ricorda che non sappiamo nulla e se ti basi sull’ignoranza allora non scoprirai mai la verità.

Siete ancora sicuri che non ci possa essere nulla dopo la morte ? Io non ne sarei così convinto.

 

 

Numero2866.

 

7 pesi emotivi che devi smettere di trascinarti da subito

Ana Maria Sepe    Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

Ognuno di noi si trascina il proprio fardello fatto di paure, situazioni non risolte, preoccupazioni… Rimangono lì, nella nostra mente e come fossero pesi attirano la nostra attenzione privandoci del benessere. Quei pesi che un bel giorno abbiamo inserito nel nostro zaino e che ci indeboliscono e ci limitano nelle nostre esperienze. Non li vediamo ma ci sono: è come se portassimo sempre con noi un carico di 100 chili. Rimorso, nostalgia, rabbia, tristezza, rassegnazione, delusione, disperazione.. sembrano accompagnarci costantemente, provocando una grande sofferenza che non sappiamo come gestire. Ciò che stiamo facendo, è permettere che il passato ci definisca, condizionando quello che possiamo o non possiamo fare.

La vita è un continuo correre, muoversi, trovare cose da fare e riempire quei pochi spazi vuoti che rimangono.

Talvolta si fanno anche più cose contemporaneamente perché non si vuole perdere nemmeno un secondo, ma in realtà si sta solo scappando. Da cosa? Dalla nostra mente, dai nostri pensieri, che non sempre sono belli e positivi.  A volte ci sembra di vivere la vita che non vorremmo, commettere errori che non vorremmo! E di certo non mi riferisco agli errori del passato ma ad alcuni comportamenti che ci impediscono di vivere serenamente e in pace con noi stessi. Quante volte abbiamo sprecato tempo prezioso per pensare alle apparenze: piaccio come vesto? I miei colleghi sparlano di me? I vicini hanno notato che ho discusso con il mio partner? Cosa penserà mia madre se decido di cambiare casa?

7 pesi che devi smettere di trascinarti da subito

Ognuno di noi porta sulle proprie spalle il peso delle situazioni vissute come una vera e propria valigia emotiva. Il contenuto di questa valigia è fatto di ricordi e di esperienze di varie dimensioni, dei quali non siamo riusciti a liberarci e che sono rimasti sulla nostra pelle. Pesi che hanno le forme più svariate: quella di un ricordo deformato, di una parole affilata come un fendente, di un’illusione a basso costo.

Qualche volta assumono anche la forma di un dolore non maneggiato, perché in fondo ci si innamora di ciò che ci è noto, di cui conosciamo i contorni, che ci risuona familiare. Ci si innamora di ciò che ci ha fatto compagnia in qualche tunnel buio e maleodorante della nostra esistenza, anche se si tratta di un desiderio claudicante o di un sogno incerto. Ora però è giunto il momento di una vita bella dentro!

Se vuoi dare priorità a ciò che ti piace, a ciò che ti fa stare meglio, è fondamentale che tu comprenda che i pensieri vanno dove metti l’attenzione. Infatti, imparare a “spostare” l’attenzione da un pensiero a un altro è il primo passo per sentirsi più leggeri e sereni con se stessi. I pensieri positivi verranno da se man mano che lavori interiormente. Meno spazio darai alle tue paure e insicurezze più ti abituerai a controllare la tua mente e a creare pensieri consapevoli. Ma per farlo dovrai riconnetterti alla parte più autentica di te. Inizia dunque a:

1. Abbandonare le auto-imposizioni

Non ridere troppo forte”, “non saltare da un posto all’altro”, “tieni sempre i vestiti puliti”, “non correre“…Ci sono alcune cose che abbiamo imparato da piccoli e che ci hanno lasciato un segno importante. Anche quando diventiamo persone adulte, la nostra infanzia vive dentro di noi e si manifesta inevitabilmente attraverso atteggiamenti inconsci che abbiamo assimilato da piccoli.

Quante volte tagliamo corto dicendo cose del tipo: “è inutile che ci provo, tanto so già che non ci riesco“, “queste situazioni le conosco, vanno sempre a finire nello stesso modo“, “a me capitano sempre certe cose“, “non accadrà mai“, “è impossibile“, “non ne vale la pena“. È difficile identificare e smontare questi schemi. È difficile perché ne siamo talmente immersi da non essere in grado di vederli.  Per esempio, se ti hanno inculcato di stare zitto, probabilmente avrai difficoltà ad esprimere i tuoi concetti. Se dunque riesci ad abbandonare queste parti di te così profonde che ti bloccano, vedrai accadere un meraviglioso cambiamento nella tua vita.

2. Capire ciò che vuoi veramente

Prima di deprimerti perché tutti ti giudicano o cercare di mantenere un aspetto impeccabile, dovresti chiederti se pensi di meritare ciò che desideri o se, al contrario, stai limitando te stesso. Per esempio: voglio divorziare ma non lo faccio per paura di quello che la gente dirà. Tuttavia, è quello che voglio! Ecco, in questo caso  ti stai limitando, non accetti ciò che desideri, non metti quello che vuoi al primo posto.

Inizia dunque a dare la priorità alle tue decisioni. Tra l’altro è risaputo che le persone tendono a criticare anche senza cognizione di causa, forse perché vedono parti riflesse di loro che rifiutano.

Devi pensare a te stesso! Pensi sia più giusto dare la priorità a quello che vuoi o a quello che la tua parte giudicante ti impone di fare? Perché, alla fine, sei tu ad avere in mano il timone della tua vita; non puoi lasciarti dirigere dalle tue convinzioni e paure, tanto meno dagli altri. Naturalmente non puoi dare uno scopo a tutte le cose che fai quotidianamente ma devi assolutamente dare uno scopo alle cose meritevoli, a quelle importanti.

Le scelte importanti della tua vita devono essere guidate da uno scopo preciso, da un obiettivo definito. Possono essere la scelta del lavoro, la scelta del partner, la gestione del tuo benessere fisico, di quello mentale, la scelta di dove vivere, la scelta di dove abitare, la scelta della tua casa…..Prima di fare le scelte importanti della tua vita, chiediti: “cosa voglio da questa situazione, cosa mi aspetto di ottenere?”

Sappi che il futuro è determinato da come pensi e agisci nel presente, dai tuoi pensieri e dalle tue parole di oggi e da come il tuo presente è stato determinato dalle tue azioni nel passato. Tutto cambia in base a come decidi di utilizzare le opportunità che ogni giorno si presentano. La differenza la fai TU, da come decidi di reagire agli eventi, poiché solo tu sei responsabile della tua vita.

 3. Crescere e migliorare

A questo punto è chiaro un concetto: non importa qual è la tua attuale situazione di vita, non importa in quale punto del tuo percorso di vita ti trovi ora, perché puoi sempre cambiare. Puoi migliorare e crescere se acquisisci consapevolezza che puoi essere di più, molto di più, di quello che sei ora!

Le persone soddisfatte sono quelle che cercano costantemente di migliorarsi, quelle che scelgono e decidono cosa vogliono fare nella vita. Le persone che evitano di adeguarsi ai programmi che gli altri hanno definito per loro, quelle che agiscono per conseguire quello che LORO hanno deciso di essere e di fare. Ognuno di noi cresce durante la vita e la sua crescita è guidata dalla ricerca continua del miglioramento di se stesso.  Quindi anche tu devi imparare a chiedere di più dalla vita, a pensare ed a desiderare più in grande!

4. Lasciare andare ciò che non serve

Lasciare andare richiede coraggio, qualche volta anche una piccola dose di incoscienza, ma permette di fare spazio a ciò che davvero merita di abitarci dentro. Ci insegna a trattenere ciò che merita di restare. Senza scuse, alibi e contrattempi. Per riscoprirsi fieri di se stessi. Per ritrovare quella leggerezza che non é superficialità, ma capacità di superare i propri confini.

5. Abbandonare il senso di colpa

Quante volte ci auto-accusiamo o ci sentiamo giudicati dagli altri? Bisogna liberarsi dal senso di colpa che emerge quando cadiamo nei tranelli della mente. Anche se pensi di avere una colpa, concediti il diritto di perdonarti. E’ la strada più breve per sviluppare più amor proprio e una maggiore autostima.

6. Non arrenderti mai!

Anche quando tutto ti sembrerà impossibile o inutile, trova la forza di sperare e di andare avanti. Non aver paura di chiedere aiuto e non dare nulla per scontato anche quando tutto ti appare brutto intorno a te. Ricorda, è nell’imperfezione che risiede la bellezza. Qualsiasi cosa accada vai avanti, non fermarti.

7. Cercarsi dentro

La vera visione diventerà chiara solo quando guarderete nel vostro cuore. Chi guarda all’esterno, sogna. Chi guarda all’interno, si sveglia” (Carl Gustav Jung). In effetti, ostinarsi ad apparire belli agli occhi del mondo esterno non serve! Ciò che conta davvero è fare ciò che ci fa stare in armonia con noi stessi,  anche se ciò implica affrontare paure, fallimenti e critiche. Guardarsi dentro può far paura ma la piena realizzazione di noi stessi parte proprio da questo. Guardandoti dentro potrai trovare pensieri non utili, quindi sostituiscili con convinzioni potenti e positive come ad esempio:

  • Io sono una persona positiva e credo in me stessa.
  • Accetto e amo ogni parte di me
  • Ogni Azione che faccio oggi è un’espressione della mia forza e della mia gioia.

Amare il prossimo è una cosa bellissima ma del tutto blanda se non iniziamo a considerare la nostra persona come la più importante della vita. Come? Prendendoci cura di noi stessi, sempre e comunque. Nessuno ha l’obbligo di sceglierti, di apprezzarti o di condividerti, ma altrettanto nessuno ha il diritto di non rispettarti, neppure tu. E il rispetto che tu hai per te stesso sarà lo stesso rispetto che esigerai dagli altri.

E “echisenefrega” se qualcosa può andare storto!

Impara a farti scivolare qualsiasi valutazione negativa, fatti scivolare tutto addosso…..e ti assicuro che ti sentirai più leggera/o. Non dimenticare mai che anche se certi giudizi arrivano dalle persone a te care, non è detto che siano giusti; loro non sono te.

Divertiti, affronta le cose con un po’ più di leggerezza, ma soprattutto non lasciarti vincere passivamente dalla vita, vivi rimanendo sempre te stessa/o, ciò che sei. Impara la mattina a guardarti allo specchio, a sorridere e ad amarti un po’ di più ogni giorno, perché la persona che vedi riflessa e che per prima snobbi a volte con disgusto, dopo essere caduta innumerevoli volte si rialzerà e affronterà con coraggio ogni cosa. Trova la parte di te  che non rimugina ma sente, che non pensa ma sa, che non dubita e vive, fiduciosa nel fatto che non ti manca nulla in questo momento né per essere felice, né per affrontare le difficoltà.

Non devi dimenticare ma superare. Devi girare la pagina di tutte quelle perdite, delusioni, disagi, paure, relazioni e ferite sentimentali. Il dolore fa parte di quei brutti momenti, ma la sofferenza deve essere gestita. Cercare di eliminare i brutti ricordi funzionerà solo contro di te. E’ necessario ammettere un brutto episodio per poterlo lasciare indietro, a poco a poco.

Sii consapevole di CHI SEI

Sicuramente conosci il tuo colore preferito del momento (è normalissimo se cambia!), quando sei nato e le scarpe che preferisci indossare. Ci sono, però, tantissime cose di te che ignori completamente e per questo a volte ti senti confuso, disorientato sulle scelte da prendere o addirittura incoerente (stare con chi ti fa soffrire, procrastinare cose che a lungo termine ti fanno bene, ignorare i tuoi bisogni autentici…). In realtà, non c’è niente di incoerente nel provare desideri ed emozioni contrastanti. Anche queste sono il frutto di un “giudice severo”, perché se da un lato inneggi la forza, il controllo e la determinazione, dall’altro ci sarà sicuramente una parte di te che desidera la fuga e la perdita di controllo e che quindi spingerà verso delle condotte che sembrano remarti contro.

Numero2860.

 

Frasi tipiche delle persone insicure

Ana Maria Sepe    Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

L’insicurezza è uno stato emotivo caratterizzato da sentimenti di incertezza, dubbi e mancanza di fiducia in se stessi. Si manifesta attraverso pensieri negativi riguardo alle proprie abilità, il proprio valore e la propria capacità di affrontare le sfide della vita. L’insicurezza può influenzare molti aspetti della vita di una persona, tra cui le relazioni interpersonali, il lavoro, gli studi e il benessere emotivo generale.

Come nasce l’insicurezza

L’insicurezza è un sentimento di incertezza, dubbio e mancanza di fiducia in se stessi. Può influenzare molti aspetti della vita di una persona, tra cui le relazioni personali, il lavoro, le performance accademiche e il benessere emotivo. Le cause dell’insicurezza possono essere complesse e multiformi, risultando dall’interazione di diversi fattori.

L’insicurezza può manifestarsi in diversi modi. Alcune persone possono avere una bassa autostima e una visione negativa di sé stesse. Si sentono inadeguate e pensano di non essere all’altezza delle aspettative degli altri. Altre persone possono manifestare insicurezza attraverso l’eccessiva autocritica e il perfezionismo. Sono sempre preoccupate di fare errori o non raggiungere i propri obiettivi.

Ci sono diversi fattori che possono contribuire all’insorgenza dell’insicurezza. Le esperienze negative del passato, come il trauma, il bullismo o gli abusi, possono influenzare profondamente la fiducia in se stessi di una persona. L’ambiente familiare svolge un ruolo importante nello sviluppo dell’insicurezza. Se una persona cresce in un ambiente in cui manca il sostegno emotivo e l’approvazione, può sviluppare un senso di insicurezza riguardo al proprio valore e alle proprie capacità.

La comparazione sociale è un altro fattore che alimenta l’insicurezza. Le persone tendono a confrontarsi con gli altri, misurando il proprio valore in base a ideali culturali o sociali. I mezzi di comunicazione e i social media possono amplificare questo confronto, portando a una percezione distorta della realtà e a sentimenti di insicurezza. Di seguito, analizzeremo alcuni dei principali fattori che possono contribuire alla nascita dell’insicurezza.

Esperienze negative passate

Le esperienze negative, come il trauma, il bullismo, gli abusi o il fallimento, possono avere un impatto significativo sull’autostima e sulla fiducia in se stessi. Ad esempio, se una persona è stata costantemente criticata o derisa durante l’infanzia, potrebbe sviluppare una visione negativa di sé stessa e una paura costante di essere giudicata dagli altri.

Ambiente familiare

L’ambiente familiare svolge un ruolo cruciale nello sviluppo dell’insicurezza. Se un bambino cresce in un ambiente in cui manca il sostegno emotivo, l’affetto e l’approvazione, potrebbe sviluppare un senso di insicurezza riguardo al proprio valore e alle proprie capacità. Le critiche costanti, l’assenza di limiti chiari o il confronto costante con i fratelli/sorelle possono minare l’autostima di un individuo e generare insicurezza.

Comparazione sociale

La comparazione sociale è un altro fattore che può alimentare l’insicurezza. Viviamo in una società che spesso promuove l’idea di “misure di successo” come bellezza, ricchezza, popolarità e successo professionale. Le persone insicure tendono a confrontarsi con gli altri, misurando il proprio valore in base a queste misure e ritrovandosi spesso in una posizione di svantaggio. I social media, in particolare, possono amplificare il confronto sociale, poiché le persone tendono a mostrare le loro vite sotto una luce positiva, creando una percezione distorta della realtà.

Mancanza di successi o riconoscimenti

L’incapacità di raggiungere obiettivi personali o professionali, o la mancanza di riconoscimenti per i propri successi, può minare la fiducia in se stessi e alimentare l’insicurezza. Ad esempio, se una persona non riesce a ottenere un lavoro desiderato o viene respinta da una relazione romantica, potrebbe iniziare a dubitare delle proprie capacità e del proprio valore.

Messaggi culturali e sociali

Le norme culturali e sociali influenzano anche l’autostima e la sicurezza personale. Ad esempio, i messaggi che attribuiscono maggior valore a determinati tratti fisici o caratteristiche personali possono far sentire le persone insicure se non corrispondono a questi ideali. Inoltre, i pregiudizi legati al genere, all’età, all’etnia o ad altre caratteristiche possono alimentare l’insicurezza, facendo sentire le persone come se non fossero all’altezza degli standard imposti dalla società.

Fallimenti e critiche

L’esperienza di fallimenti o il ricevere critiche può mettere a dura prova l’autostima e generare insicurezza. Le persone insicure tendono a percepire i fallimenti come prove concrete della loro inadeguatezza e si focalizzano maggiormente sui commenti negativi, ignorando gli elogi o i successi che possono aver raggiunto.

Autocritica e perfezionismo

L’autocritica e il perfezionismo eccessivi sono spesso legati all’insicurezza. Le persone insicure tendono ad avere aspettative irrealistiche su di sé e a concentrarsi sugli errori o sulle imperfezioni, senza riconoscere i propri punti di forza. Questo atteggiamento critico può alimentare un ciclo di insicurezza, poiché non importa quanto successo raggiungano, si sentiranno sempre inadeguate.

Mancanza di fiducia nelle proprie abilità

L’insicurezza può derivare anche da una mancanza di fiducia nelle proprie abilità. Le persone insicure possono sottostimare le proprie capacità o temere di non essere in grado di affrontare nuove sfide. Questa mancanza di fiducia può limitare la propria crescita personale e professionale, alimentando l’insicurezza stessa.

Frasi tipiche delle persone insicure

Le frasi tipiche delle persone insicure possono variare a seconda del contesto, ma ecco alcuni esempi comuni:

“Non sono mai abbastanza bravo/a in niente.”
“Mi sento sempre inferiore agli altri.”
“Ho paura di deludere le persone che mi circondano.”
“Non credo di poter fare nulla di valore.”
“Mi sento sempre giudicato/a dagli altri.”
“Le mie opinioni non contano.”
“Non sono all’altezza delle aspettative degli altri.”
“Mi preoccupo costantemente di cosa pensano gli altri di me.”
“Ho sempre paura di sbagliare.”

“Mi sento insicuro/a della mia apparenza fisica.”
“Penso sempre che gli altri siano migliori di me.”
“Ho difficoltà a prendere decisioni perché ho paura di sbagliare.”
“Mi sento inadeguato/a in confronto agli altri.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza intelligente.”
“Ho timore di mostrare il mio vero io alle persone.”
“Mi sento in competizione costante con gli altri.”
“Non credo di meritare il successo o la felicità.”

“Mi confronto costantemente con gli altri e mi sento sempre inferiore.”
“Mi preoccupo di essere abbandonato/a dalle persone che amo.”
“Mi sento a disagio in situazioni sociali.”
“Ho paura di essere rifiutato/a dagli altri.”
“Mi sento inadatto/a nel mondo del lavoro.”
“Mi preoccupo di essere considerato/a un fallimento.”
“Mi sento inadeguato/a nelle relazioni romantiche.”
“Ho difficoltà a credere nei complimenti che mi fanno.”

“Mi sento spesso fuori posto.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza interessante per gli altri.”
“Mi sento insicuro/a delle mie capacità.”
“Penso sempre che gli altri mi giudichino negativamente.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza attraente per gli altri.”
“Mi sento fuori controllo della mia vita.”
“Mi preoccupo di fare brutte figure in pubblico.”
“Mi sento bloccato/a dai miei timori e insicurezze.”
“Ho difficoltà a fidarmi degli altri.”

“Mi preoccupo di essere considerato/a un peso dagli altri.”
“Mi sento a disagio nel parlare in pubblico.”
“Mi preoccupa di non essere abbastanza bravo/a nella mia carriera.”
“Mi sento in colpa per tutto.”
“Mi preoccupo di essere giudicato/a per le mie scelte di vita.”
“Mi sento inadeguato/a come genitore.”
“Mi preoccupo di essere abbandonato/a dagli amici.”
“Mi sento sempre sotto pressione per piacere agli altri.”

“Mi preoccupo di non essere abbastanza diligente nel lavoro.”
“Mi sento inadeguato/a nel prendere decisioni importanti.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza creativo/a o talentuoso/a.”
“Mi sento sempre insoddisfatto/a di me stesso/a.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza amato/a.”
“Mi sento sempre in competizione con gli altri per dimostrare il mio valore.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza in forma o atletico/a.”
“Mi sento costantemente in ansia riguardo al futuro.”

L’insicurezza può colpire le persone in modi diversi, quindi queste frasi potrebbero non rappresentare tutte le sfumature dell’insicurezza. Se tu o qualcuno che conosci sta lottando con l’insicurezza, può essere utile cercare il supporto di un professionista qualificato come uno psicologo o uno psicoterapeuta.

Come diventare più sicuri

Attraverso l’autoriflessione, il lavoro sul proprio atteggiamento mentale, l’identificazione e il superamento dei modelli di pensiero negativi, l’acquisizione di nuove competenze e il rafforzamento delle relazioni interpersonali, è possibile sviluppare una maggiore sicurezza in se stessi e un senso di valore personale. È un processo che richiede tempo, pazienza e impegno, ma può portare a un benessere emotivo duraturo e a una visione più positiva di sé stessi. Non sei solo/a.

Accetta che provare insicurezza è normale e umano. Riconosci che le emozioni, comprese quelle negative, fanno parte dell’esperienza umana e non devono essere evitate o negate. Considera l’insicurezza come un’opportunità di crescita e apprendimento. Osserva le situazioni in cui ti senti insicuro/a come possibilità di acquisire nuove competenze, migliorare e sviluppare una maggiore resilienza emotiva. Ricorda che superare la paura di sentirsi insicuri richiede tempo e impegno. Sii gentile con te stesso/a durante questo processo e ricorda che tutti affrontano sfide simili. Con il tempo, potrai sviluppare una maggiore fiducia in te stesso/a e affrontare l’insicurezza con maggiore serenità.

Numero2829.

 

 

E S S E R E    I N S E G N A N T I

 

Parla un insegnante che scrive su QUORA

 

Ho insegnato fisica per 30 anni. Cosa ho capito?

 

Ero felice quando gli studenti ( meglio se tutti gli studenti ) avevano assimilato le conoscenze che avevo trasmesso . Speravo tanto che fossero le più aggiornate possibili . Però non bastava era troppo poco . Non serve conoscere : il cervello non è un contenitore di informazioni ma può dare molto ma molto di più . Allora ho cercato di insegnare che la conoscenza non è la verità ( che non si trova MAI ) ma bisogna insegnare a dubitare, ad essere critico verso qualsiasi informazione . Questo ci può permettere di trovare l’inganno e combattere i mali della nostra società : l’ideologismo – il fanatismo – la credulità – il conformismo e potrei continuare . Il massimo che io mi aspettavo dai miei studenti era quando mi dicevano : “Professore mi dimostra quello che dice …o, meglio, da dove nasce la sua certezza?” . Avevo educato delle persone a usare il proprio cervello per costruire le proprie certezze ( nella conoscenza ), ad essere libere dai venditori di fumo. In fisica credere è una parolaccia e dimostrare ( o sperimentare ) è nello spirito scientifico .

Numero2810.

 

U N    L U S T R O

 

In questo mese di novembre, dell’anno 2018, questo BLOG emetteva i suoi primi vagiti.

Buon compleanno a MILLE E PIU’ MOTTI.

Sembra che sia diventato adulto: ora si occupa di argomenti più seri ed importanti. L’epoca e lo spirito dei piccoli proverbi di cinque anni fa sono superati, per far posto ad altre istanze ed interessi.

Anche chi scrive è diventato più vecchio e, forse, anche più saggio: molto ha imparato, cammin facendo, dalle sue stesse scritture, tramite le ricerche, le documentazioni, le recensioni; ha tratto spunto da ogni tipo di argomenti, i più svariati, ma sempre con spirito di curiosa criticità e persino, a volte, di partigianeria per i propri punti di vista.

Spero di non aver annoiato nessuno, io certo non mi sono annoiato e continuerò, pervicacemente, a pormi ancora tante domande per sviscerare delle risposte che spero non saranno deludenti per i lettori, ma sempre coinvolgenti e mai banali.

Grazie a chi mi ha seguito fin qui e….buona prosecuzione. Fino a quando non so….

 

3 Novembre 2023.

Numero2797.

 

Da QUORA

 

A T E I S M O

 

Il bio-psicologo Nigel Barber ha completato un nuovo studio secondo il quale l’ateismo prevale nelle culture più avanzate e, stando ai suoi dati, la religione sparirà completamente entro il 2041. Il tutto viene discusso nel suo nuovo libro Why Atheism Will Replace Religion.

Le teorie di Nigel Barber focalizzano l’attenzione sui trend che contraddistinguono i vari Paesi del globo e sulla circostanza che vede «gli atei concentrati nelle aree economicamente più sviluppate».

La tesi principale di Barber è che il fenomeno religioso declina allorché il benessere personale aumenta. Secondo lo scienziato, la ragione di ciò risiede nel fatto che le persone sentono meno il bisogno di credenze soprannaturali quando il mondo reale provvede a soddisfare i loro bisogni. Barber sostiene che la maggior parte della popolazione mondiale considererà irrilevante la religione entro il 2041.

Eric Kaufmann, esperto in scienze politiche, incarna la visione opposta, citando la circostanza secondo la quale gli atei fanno meno figli rispetto a chi possiede una credenza religiosa. Secondo Kaufmann questo farà diffondere la religione rispetto alla visione atea del mondo. Ma qual è il significato del proliferare della mentalità religiosa?
Lo studioso di biotecnologie Thomas Rees si pone questa domanda nel suo saggio Will the Religious Inherit the Earth?, nel quale discute le teorie di Kaufmann e giunge alla conclusione che l’ago della bilancia penderà a favore dei religiosi esattamente perché, rispetto agli atei, essi hanno un più alto tasso di fertilità.
Barber, invece, sostiene in proposito che «tali gruppi sono esigue minoranze della popolazione globale, e diverranno sempre più marginali man mano che la prosperità mondiale aumenterà e, con essa, cresceranno gli standard di vita della maggioranza delle persone». Inoltre il bio-psicologo fa notare che le donne saranno sempre più integrate nella forza lavoro, faranno meno figli e questo vale anche per chi appartiene a gruppi religiosi.

Se un recente studio dell’Istituto di ricerche Pew di Washington è una solida risposta a tutte queste domande, allora Barber potrebbe avere ragione. La ricerca in questione, prodotta nel 2012, indica un deciso aumento dell’ateismo, con ben il 20% del popolo statunitense che si proclama ateo, agnostico o comunque «non affiliato» a nessuna organizzazione religiosa. Questa cifra rappresenta la maggior percentuale mai raggiunta in uno studio Pew.
Il britannico Daily Mail ha riportato un largo studio del 2010 che mostra come gli individui non appartenenti a nessuna professione religiosa siano «il terzo più grande gruppo mondiale» dopo cristiani e musulmani, piazzando così atei ed agnostici davanti a induisti, buddisti e tutte le altre religioni.

Altresì bisogna considerare che gli aspetti sociali non sono gli unici a governare l’andamento della religiosità nei vari paesi del mondo: molto dipende anche da come è fatto il nostro cervello e dal modo che abbiamo di pensare. Secondo la “Teoria del processo duale” utilizziamo due modi di pensare, che per praticità possiamo chiamare sistema 1 e sistema 2. Quest’ultimo si è evoluto soprattutto in tempi relativamente recenti: è quello che ci fa pensare e organizzare le cose in modo logico. Il sistema 1 è invece la parte di pensiero intuitiva, che segue l’istinto e che attua diversi automatismi: è una sorta di meccanismo di sopravvivenza, ci permette di riconoscere le cose viventi da quelle inanimate, ci fa evitare un alimento quando è avariato e ci permette di riconoscere facilmente le facce delle persone che più hanno importanza per la nostra esistenza.

Secondo diversi studiosi, il sistema 1 è stato anche il responsabile della nascita e dell’evoluzione delle religioni, perché spinge a vedere istintivamente delle forze vitali ovunque andiamo, anche se queste non sono presenti (il meccanismo è definito come “dispositivo iperattivo di rilevamento agenti”). Ciò permetteva agli esseri umani dei millenni passati di evitare pericoli nascosti, come animali predatori mimetizzati nell’ambiente circostante e pronti ad attaccare, ma al tempo stesso ci ha resi molto sensibili a vedere e credere in cose di cui non abbiamo esperienza diretta: da una persona cara morta e di cui “sentiamo” la presenza all’idea di un dio, di solito buono, giusto e potente, che ci osserva dall’alto.

Il sistema 1 è anche responsabile della difficoltà di vedere corpo e mente come parte di una cosa sola. È una tendenza che si verifica quasi sempre e in età piuttosto precoce: i bambini sviluppano l’idea di avere un’anima immortale, che in qualche modo esisteva prima della loro nascita e che continuerà a esistere anche dopo. E questa idea, piuttosto elementare, è comune ed è alla base di molte religioni in giro per il mondo. Molti ricercatori teorizzano quindi che la religione sia il prodotto del processo duale e delle nostre inclinazioni naturali a trovare un senso alle cose che ci circondano.

Gli atei devono quindi fare i conti con il modo innato in cui pensa parte della loro mente e di solito l’istruzione e il contatto con la scienza sono i modi migliori per farlo. La scienza aiuta a correggere il sistema 1 ma non è comunque un processo semplice, perché non possiamo avere esperienza diretta di tutto ciò che dicono le evidenze scientifiche. Dobbiamo per esempio accettare che la Terra gira, anche se in maniera diretta non possiamo mai rendercene conto in modo efficace. Così come dobbiamo accettare che l’evoluzione va per conto suo e che non c’è un “disegno” o uno “scopo” per l’Universo, anche se istintivamente il nostro modo di pensare ci dice diversamente. In un certo senso, la scienza è un processo cognitivamente innaturale e quindi più faticoso da seguire rispetto alla religione, che offre concetti semplici e più vicini alla tendenza dei nostri processi mentali di trovare uno scopo.

Numero2689.

 

da WIKIPEDIA

 

L’ ESPERIMENTO  DI  ASCH

 

Un esempio di scheda utilizzata nell’esperimento. La linea di sinistra è la linea di riferimento, le tre linee a destra sono le  linee di confronto.

 

L’esperimento di Asch è stato un esperimento di psicologia sociale condotto nel 1951 dallo psicologo polacco Solomon Asch.

L’assunto di base del suo esperimento consisteva nel fatto che l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente a modificare le azioni e, in una certa misura, anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. L’esperimento si focalizzava sulla possibilità di influire sulle percezioni e sulle valutazioni di dati oggettivi, senza ricorrere a false informazioni sulla realtà o a distorsioni oggettive palesi. Il lavoro di Asch influenzò Stanley Milgram (che fu allievo di dottorato dello stesso Asch) e le sue successive ricerche.

Il protocollo sperimentale prevedeva che 8 soggetti, di cui 7 collaboratori/complici dello sperimentatore all’insaputa dell’ottavo (soggetto sperimentale), si incontrassero in un laboratorio, per quello che veniva presentato come un normale esercizio di discriminazione visiva. Lo sperimentatore presentava loro delle schede con tre linee di diversa lunghezza in ordine decrescente mentre su un’altra scheda vi era disegnata un’altra linea, di lunghezza uguale alla prima linea della prima scheda. Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici, quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni “normali”, alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e palesemente errata.

Il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un’ampia serie di casi iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta, conformandosi alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui. In sintesi, pur sapendo soggettivamente quale fosse la “vera” risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione esplicitata dalla maggioranza. Solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di “dover” dire.

Risultati

Nell’esperimento originale di Asch, il 25% dei partecipanti non si conformò alla maggioranza, ma il 76% si conformò almeno una volta alla pressione del gruppo (ed il 5% dei soggetti si adeguò ad ogni singola ripetizione della prova).

 

CONFORMISMO

 

Con il termine conformismo si fa riferimento a un atteggiamento o tendenza ad adeguarsi o omologarsi a opinioni, usi e comportamenti pre-definiti e politicamente o socialmente prevalenti. Questo atteggiamento si può notare ad esempio nel modo di vestire o nel comportamento, o anche nelle idee e nei modi di pensare. Questo atteggiamento viene definito in psicologia con il termine conformità.

L’atteggiamento conformista

In ambito sociale si definisce conformista colui che, ignorando o sacrificando la propria libera espressione soggettiva in modo più o meno marcato, si adegua e si adatta nel comportamento complessivo, sia di idee e di aspetto esteriore che di regole, alla forma espressa dalla maggioranza o dal gruppo di cui è parte.

L’origine del conformismo risiede molto spesso nella radice animale dell’essere umano che attinge le sue paure dalla solitudine fuori dal branco. È una sorta di comportamento mimetico: l’individuo si nasconde nell’ambiente sociale nel quale vive, assumendone i tratti più comuni, in termini di modi di essere, di fare, di pensare. Il senso di protezione che ne deriva rafforza ulteriormente i comportamenti conformisti.

L’anticonformismo

L’atteggiamento opposto al conformismo viene definito anticonformismo e consiste quindi in un rifiuto delle idee e dei comportamenti prevalenti.

Infatti, normalmente, le persone non conformiste hanno già sviluppato un livello di coscienza diverso che permette loro di poter sfidare i comportamenti comuni senza soffrirne.

Solitamente si hanno personalità non conformiste negli artisti, negli scienziati, nei filosofi, negli intellettuali, negli statisti e nei santi, quindi in tutti coloro che si danno la possibilità di libera espressione di sé stessi fuori dalla forma già predefinita dall’ambito sociale e storico in cui vivono.

L’antropologo francese René Girard ha svolto uno studio approfondito delle dinamiche di imitazione reciproca tra gli esseri umani, che a livello sociale conducono appunto al conformismo e ad altri automatismi di notevole importanza. Nel quadro teorico di Girard, l’imitazione è la caratteristica fondamentale dell’essere umano (teoria mimetica). Girard rivela quindi che dietro ogni pretesa di anticonformismo si nasconde un altro comportamento conformista: l’anticonformista, che non sopporta di ammettere la sua somiglianza con gli altri esseri umani, si appoggia alla massa per sollevarsi al di sopra di essa, ma in questo movimento si lascia ispirare (imita, si conforma a…) quegli “anticonformisti” che lo hanno preceduto, nel suo o in altri campi e inoltre dimostra la sua dipendenza da quella massa che disprezza tanto: senza massa da cui distinguersi, non si ha niente da cui distinguersi.

Conformismo e obbedienza

In psicologia sociale, accanto al concetto di conformismo, vi è quello di obbedienza, laddove l’obbedienza implica anche conformismo. È attraverso la socializzazione che le persone imparano a conformarsi a certe norme e a obbedire a certe figure di autorità. A tal proposito Stanley Milgram ha proposto quattro concetti chiave con i quali mettere in evidenza tali assunti. Questi concetti si ravvisano in: gerarchia (fra persone di status diseguale vige usualmente un rapporto di obbedienza, fra persone di pari status emerge il conformismo), imitazione (l’obbedienza non comporta imitazione, il conformismo sì), contenuto esplicito (comandi espliciti si associano all’obbedienza, richieste tacite ed implicite presuppongono conformismo) e volontarietà (chi obbedisce fa riferimento all’obbedienza nello spiegare il loro comportamento, chi si conforma fa riferimento alla volontarietà). Tali concettualizzazioni sono state criticate per la loro riduttività, ma al contempo danno una visione efficace del rapporto tra conformismo e obbedienza.

Conformismo indotto dai mass media

Sono oggetto di studio gli effetti della comunicazione di massa sul conformismo. Risale agli anni settanta del Novecento la teoria della spirale del silenzio sviluppata da Elisabeth Noelle-Neumann, fondatrice, nel 1947, dell’Istituto di Demoscopia di Allensbach (Institut für Demoskopie Allensbach) a Magonza. La tesi di fondo è che i mezzi di comunicazione di massa, ma soprattutto la televisione, grazie al notevole potere di persuasione sui riceventi e quindi, più in generale, sull’opinione pubblica, siano in grado di enfatizzare opinioni e sentimenti prevalenti, mediante la riduzione al silenzio delle opzioni minoritarie e dissenzienti.

Nello specifico, la teoria afferma che una persona singola è disincentivata dall’esprimere apertamente e riconoscere a sé stessa un’opinione che percepisce essere contraria alla opinione della maggioranza, per paura di riprovazione e isolamento da parte della presunta maggioranza. Questo fa sì che le persone che si trovino in tali situazioni siano spinte a chiudersi in un silenzio che, a sua volta, fa aumentare la percezione collettiva (non necessariamente esatta) di una diversa opinione della maggioranza, rinforzando, di conseguenza, in un processo dinamico, il silenzio di chi si crede minoranza.

Uno degli effetti della spirale del silenzio è l’esercizio, da parte dei mass-media, di una pervasiva funzione conformista di omologazione e conservazione dell’esistente, ostili al rinnovamento delle sensibilità, dei gusti, delle opinioni.

Rispetto al conservatorismo, si aggiunge qui un ulteriore elemento aggravante: essendo i mezzi di comunicazione di massa, per loro stessa natura, schiacciati sulla dimensione contingente del tempo presente, e incapaci di elaborare ed esprimere una visione e una coscienza storica, la spinta al conservatorismo e all’omologazione che essi sono in grado di promuovere si presentano anche privi di qualsiasi spessore e di alcuna consapevolezza storica.

 

N.d.R. : adesso abbiamo capito, io per primo, su quale mensa sono andati a gozzovigliare gli “influencer”, abili mestatori senza scrupoli, pronti e preparati a devitalizzare lo spirito critico individuale, imponendo ideologie, gusti e comportamenti standardizzati e pilotati, ovviamente, a proprio vantaggio.

Numero2642.

 

Da  QUORA

 

U O M I N I   E   D O N N E      (scrive una donna)

 

Gli uomini e le donne non sono uguali.

Meritano di avere gli stessi diritti? Certamente.

Devono essere trattati rispettosamente? Senza alcun dubbio.

Sono ugualmente capaci? Assolutamente.

Devono essere garantite loro le stesse opportunità nella vita? Ovvio.

Ma sono uguali? No, non direi.

Uomini e donne sono diversi.

Mi irrita tantissimo vedere come alcune donne combattano costantemente per assomigliare agli uomini piuttosto che per accettare loro stesse. Non c’è qualcuno migliore di qualcun altro, ma non si può nemmeno dire che siano uguali.

Uomini e donne dovrebbero lavorare insieme come una squadra, e noi dovremmo riconoscere i nostri punti di forza e utilizzarli al meglio. Non tutti i membri di un gruppo si occupano della stessa cosa, ma ciò non significa che ci siano individui più o meno importanti.

È questo il modo in cui vedo gli uomini e le donne.

Certo, ci sono delle eccezioni, come ad esempio il fatto che, personalmente, non riesca ad identificare dei tratti tipicamente maschili o femminili, ma è irrilevante.

Il femminismo dovrebbe diffondere il messaggio che noi donne dobbiamo essere sicure di noi stesse in ciò che facciamo perché possiamo e vogliamo farlo. Eppure, sembra che stiamo cercando di trasformarci in uomini.

Lasciate che le donne cucinino, che facciano le avvocate, le dottoresse, che facciano sport o che stiano a casa a mangiare e basta. A chi importa?

ll punto è che una donna che decide di dedicarsi esclusivamente ai propri figli non è né debole né arretrata, anzi, è fondamentale per la società tanto quanto una che lavora a tempo pieno.

Facciamo cadere lo stereotipo della “vera” donna e permettiamo a chiunque lo voglia di accettare la propria femminilità.