Numero3223.

 

R I F L E S S I O N I

 

“Il modo con cui gestisci le cose mi ispira ad essere una persona migliore”.

Questa frase dimostra non solo ammirazione, ma anche un profondo legame con i valori della persona a cui ti rivolgi.

Il filosofo stoico Seneca ci ricorda: “Insegnare è imparare due volte”.

Ispirare qualcuno significa, in un certo senso, condividere saggezza e virtù, rendere il mondo intorno a noi un posto migliore.

Quando lodi qualcuno rinforzi l’importanza di questo suo e tuo ruolo trasformativo.

Rifletti su come ti ha influenzato in modo positivo: è stato il suo esempio a motivarti a provare qualcosa di nuovo o a vedere il mondo in modo diverso.

Mettilo in chiaro dicendo: “Quando vedo quanto ti dedichi alle cose che contano per te, mi viene voglia di dedicarmi di più anch’io”.

Quando lodi una donna per i modi i cui risolve i problemi, metti in risalto una delle qualità fondamentali della sua personalità: la sua forza nell’azione.

“Sii sempre te stesso, soprattutto quando il mondo cerca di modellarti diversamente” diceva Seneca.

“La qualità della tua vita dipende dalla qualità dei tuoi pensieri e dalle persone con cui cerchi di condividerli” diceva Marco Aurelio

“Gli uomini non sono turbati dalle cose, ma dalla visione che hanno di esse” diceva Epitteto.

 

Numero3189.

 

da  QUORA

 

UN  ELENCO  DI  MEDICINE  NON  DISPONIBILI  IN  FARMACIA

 

Questa che segue è la somma di due elenchi stilati da due corrispondenti di QUORA:

Roberto Romoli e Jason Deglianelli.

Li ho mescolati e integrati per ottenerne uno solo che, pur con qualche ripetizione, mi pare molto completo.

 

ELENCO DEI FARMACI NON DISPONIBILI IN FARMACIA:

 

01. L’esercizio fisico è una medicina.

02. Svegliarsi presto è una medicina.

03. Un’alimentazione equilibrata è una medicina.

04. Ridere è una medicina.

05. Un buon atteggiamento è una medicina.

06. Il sonno è una medicina.

07. La meditazione è una medicina.

08. Amare qualcuno è una medicina.

09. Essere amati è una medicina.

10. Il rispetto è una medicina.

11. Mettere da parte le offese è una medicina.

12. Essere sorpresi e meravigliarsi è una medicina.

13. Leggere e nutrire l’anima con la spiritualità è una medicina.

14. Cantare e ballare è una medicina.

15. Abbracciare i propri cari è una medicina.

16. Pensare bene e pensare nel giusto stato d’animo è una medicina.

17. Confidare e credere in un potere spirituale superiore è una medicina.

18. I buoni amici sono una medicina.

19. Essere perdonati e perdonare gli altri è una medicina.

20. Prendere il sole con molta moderazione è una medicina.

21. Il cibo che offre la natura è una medicina.

22. Scrivere a te stesso è una medicina.

23. Imparare cose nuove e correggere quelle vecchie è una medicina.

24. Il buon sesso è una medicina.

25. La gratitudine è una medicina.

26. La rinuncia al risentimento, all’inimicizia e alla rabbia è una medicina.

27. Essere un buon genitore per i tuoi figli è una medicina.

28. Parlare con i propri cari è una medicina.

29. Il pensiero positivo è una medicina.

30. Una passeggiata nella natura è una medicina.

31. Verificare le fonti del tuo sapere è una medicina.

32. Un abbraccio è una medicina.

33. Stare in compagnia degli animali è una medicina.

34. Passare del tempo soli con se stessi è una medicina.

35. Creare con le mani , dipingere, scolpire, disegnare, suonare uno strumento è una medicina.

36. Ascoltare buona musica è una medicina.

37. Curare il proprio giardino o un orto è una medicina.

38. Essere buoni è una medicina.

39. Leggere e scrivere poesie è una medicina.

 

Se si utilizzano abbastanza questi farmaci, raramente si avrà bisogno dei medicinali venduti in farmacia.

Numero3187.

 

Quando la mente fa ammalare il corpo. Quali sono i disturbi fisici influenzati dalle nostre emozioni?

 di Sara Aielli, psicologa e psicoterapeuta.

La malattia, accesso involontario a noi stessi, ci assoggetta alla “profondità”, ci condanna ad essa. – Il malato? Un metafisico suo malgrado.

(E. Cioran)

L’attuale ricerca scientifica ci conferma come, spesso, le tensioni emotive si riflettano nei problemi del corpo.

Stress, frustrazioni, emozioni negative, ansia e depressione possono essere somatizzati e tradursi in disturbi somatici, di diversa natura e gravità.

La trasformazione di stati mentali in eventi somatici è un’esperienza universale, che appartiene a tutti noi.

Ogni tipo di vissuto psichico può essere somatizzato, cioè spostato sul piano corporeo, soprattutto quando non è riconosciuto o elaborato dalla persona sul piano mentale.

L’angoscia somatizzata funziona da “terapia” per quella diretta, che porta eccessivo turbamento: l’ansia però non scompare, ha solo cambiato linguaggio.

La psiche ha un ruolo in ogni patologia medica, ma in alcune condizioni assume una rilevanza particolare, rispetto sia alla genesi del disturbo, sia alla sua evoluzione.

Si considerano “psicosomatiche” le malattie nelle quali ci sono modificazioni, organiche o funzionali, che dipendono da problemi psicologi ed emotivi.

In questo senso, ecco quali sono i quadri più comuni:

  • Cefalea: diffusissima e di vari tipi, tra cui emicrania, cefalea a grappolo o cefalea muscolo-tensiva (dovuta a tensioni o contratture muscolari). Può evolvere in un disturbo cronico, con ansia anticipatoria tra una crisi e l’altra e abuso di farmaci (generalmente analgesici).
  • Disturbi cardiovascolari: problematiche a carico del cuore o dei vasi sanguigni, come alterazioni del battito cardiaco, tachicardia, palpitazioni, extrasistole, dolori anginosi, sbalzi di pressione, svenimenti, ischemie, ecc.
  • Disturbi gastrointestinali: mal di stomaco, digestione difficile (dispepsia), acidità, nausea o vomito, dolori addominali e retrosternali, intestino irritabile, colite, gastrite, ulcera, ecc.
  • Disturbi dermatologici: dermatiti, eczema, irritazioni, prurito, psoriasi, alopecia, problemi della pelle o dei tessuti associati (capelli, peli, unghie).
  • Dolori muscoloscheletrici: cervicale, dolori muscolari, mal di ossa, mal di schiena, ecc.
  • Problemi respiratori: asma bronchiale, respirazione faticosa (dispnea), “fame d’aria”, ecc.
  • Disordini alimentari: inappetenza, restrizioni eccessive, fame insaziabile, abbuffate compulsive, obesità, ecc.

Nei disturbi elencati, gli stati affettivi sono tra le principali concause della malattia.

Ma anche nei disturbi che non c’entrano nulla con la psiche, la mente ha un ruolo centrale nel determinare la percezione del disturbo, la possibilità di seguire una cura adeguata, le dinamiche della convalescenza, e dunque anche la prognosi.

Ma come fa uno stato psichico a trasformarsi in un sintomo corporeo?

La coscienza acuta di avere un corpo, ecco cos’è l’assenza di salute.

(E.M. Cioran)

Per quanto possa sembrare misterioso, questo “salto” dallo psichico al corporeo è stato (parzialmente) spiegato dalla medicina contemporanea e dalle neuroscienze.

Corpo e mente non sono entità separate, ma s’influenzano reciprocamente, sempre e in molti modi, in salute e in malattia.

Questo inscindibile legame spiega molte malattie “misteriose”, e altrettante guarigioni apparentemente “miracolose”.

Vediamo alcune vie di “traduzione” dello psichico al somatico:

  • La via neuronale: i neuroni, le cellule del nostro sistema nervoso, comunicano tra loro attraverso neurotrasmettitori o neuromodulatori: serotonina, dopamina, adrenalina, endorfina, ecc. Queste sostanze chimiche hanno un ruolo centrale nel nostro equilibrio psicofisico, regolando, tra le altre cose, il tono dell’umore, i livelli di energia, la percezione del dolore.
  • La via neurovegetativa: il sistema nervoso autonomo è quell’insieme di cellule e fibre che innerva tutti gli organi interni e le ghiandole, regolando le funzioni corporee involontarie. Questo sistema collega l’organismo con l’ambiente esterno, spiegando come a ogni stato affettivo corrispondano immediati cambiamenti fisici: ad esempio, insieme ad un’emozione violenta, possiamo sentire costrizione al petto, sbalzi di pressione, dolore allo stomaco.
  • La via endocrina: gli stati affettivi possono produrre o inibire il rilascio di ormoni dall’ipofisi o dalle altre ghiandole, alterando l’equilibrio ormonale. Gli ormoni sono importantissimi perché trasmettono messaggi ai vari organi del corpo ed hanno un ruolo centrale nel mantenimento del nostro benessere psicofisico.
  • La via immunitaria: coinvolge l’insieme di cellule che presiede alla difesa dell’organismo. Esperienze difficili, ansia o depressione, possono portare a un abbassamento delle difese immunitarie, con un aumentato rischio di contrarre infezioni e altre malattie.

Quali sono i meccanismi di traduzione del disagio psicologico in malessere fisico?

Per sciogliere i sintomi è indispensabile risalire alla loro origine, rinnovare il conflitto dal quale sono scaturiti e,

con l’aiuto di forze che al tempo non erano disponibili, indirizzarlo verso una diversa soluzione.

(S. Freud)

Ci sono diversi meccanismi di “traduzione” del malessere, da psichico in somatico. Vediamo i due principali:

  • La conversione: la malattia rappresenta il conflitto interiore.

Un contenuto psichico rimosso si converte in un sintomo somatico, esprimendosi attraverso il linguaggio del corpo.

In questi casi, abbiamo a che fare con un conflitto inconscio che non trova altra via di risoluzione se non nella malattia.

Ad esempio, nelle paralisi isteriche, il conflitto si manifesta direttamente nei muscoli, colpendo la motricità: la persona è immobilizzata, senza alcuna motivazione medica.

Il sintomo è in stretto rapporto con il conflitto, cioè lo simbolizza, e in qualche modo lo “risolve”: ad esempio, in un conflitto tra dipendenza e autonomia, la paralisi risolve la questione, rendendo impossibile l’emancipazione.

Le persone con questo problema possono avere comportamenti dimostrativi, volti ad attirare l’attenzione o a suscitare compassione, non perché fingano di stare male, ma perché la malattia è in stretto rapporto con le dinamiche relazionali dell’ambiente di vita.

Al contrario, ci sono persone che manifestano un distacco affettivo che può arrivare all’incapacità di provare dolore, come se si fosse anestetizzati (belle indifference).

  • La somatizzazione: la tensione emotiva è scaricata sul corpo.

Anche in questo caso, la malattia è legata a stati affettivi non riconosciuti e non elaborati, ma i sintomi non hanno nulla a che fare con i contenuti psichici originari, essendo la generica espressione di una tensione emotiva brutalmente “scaricata” sul corpo.

Le persone che soffrono di questo tipo di disturbi, hanno spesso una certa difficoltà a identificare le proprie emozioni, a comunicarle e a elaborarle sul piano mentale (alessitimia).

Inoltre, possono avere difficoltà a interpretare bene gli stati mentali, sia i propri sia quelli altrui (deficit di mentalizzazione).

Per questo, gli stati affettivi imboccano, senza mezzi termini, la via somatica e si trasformano in sintomi e disturbi fisici, che possono essere diversi e multiformi, variando da persona a persona, ma anche nello stesso soggetto nel corso del tempo.

Questo tipo di disturbi è più difficile da curare rispetto a un’ansia o una depressione conclamate: prima i sintomi devono tornare psichici, allora la persona pensa di stare peggio, ma è l’inizio del processo di guarigione.

La paura di stare male: l’ipocondria

Quell’agente patogeno, mille volte più virulento di tutti i microbi, l’idea di essere malati.

(M. Proust)

L’impossibilità di tollerare la tensione emotiva può manifestarsi anche attraverso incertezze, comportamenti compulsivi e paure ipocondriache, al fine di ridurre l’angoscia.

Alcune persone hanno la paura o la convinzione incrollabile di avere un disturbo medico, pur essendo sane.

Tutti possiamo nutrire timori per la nostra salute, o per quella dei nostri cari, ma quando l’ansia è sproporzionata e irremovibile, nonostante le rassicurazioni mediche, allora si parla d’ipocondria.

La persona non “finge” di essere malata, il dolore che prova è reale, ma è sbagliata la sua interpretazione: infatti, non è riconducibile a una causa organica, ma a un malessere di tipo psicologico.

L’aspetto ossessivo dell’ipocondria, cioè i pensieri intrusivi circa l’essere malati, copre un’angoscia di fondo, che va indagata e compresa.

Inoltre, nel vero ipocondriaco, le rassicurazioni non eliminano la paura, ma lo fanno sentire ancora più solo e incompreso.

Può cambiare medico o spostare i sintomi su un altro organo, finendo per collezionare visite e accertamenti, ricevendo diagnosi sbagliate, seguendo cure spesso costose, imbottendosi di farmaci, senza risolvere nulla, finché non è indirizzato da uno bravo psicoterapeuta.

 Come le emozioni influenzano la percezione del dolore

Un’anima triste può ucciderti più in fretta di un germe.

(J. Steinbeck)

Abbiamo visto come i processi psichici ed emotivi possono innescare catene di eventi somatici che portano a veri e propri disturbi organici, come mal di testa, gastriti, malattie della pelle o problemi di pressione.

Ma c’è un altro aspetto da considerare, cioè quello della percezione del dolore.

Il dolore è il risultato di un processo nervoso che, a tappe, dalle periferie arriva al cervello, ed è sempre amplificato dalla paura e dell’ansia, che abbassano la soglia della sua percezione.

Lo stesso meccanismo, condotto alle estreme conseguenze, può farci sentire il dolore anche quando non c’è una base organica.

Da un altro punto di vista, è interessantissimo l’esempio del fenomeno noto come effetto placebo: l’azione terapeutica che consegue all’assunzione di un “farmaco” privo di principio attivo.

E stato dimostrato dalla che prendere qualcosa da cui ci aspetta un effetto produce, almeno in parte, quell’effetto.

Inoltre, uno stesso farmaco funziona diversamente se assunto con fiducia o sfiducia.

Per quanto possa sembrare strano, c’è una spiegazione biologica: l’aspettativa di un effetto analgesico induce la produzione di endorfine, sostanze chimiche simili alla morfina, prodotte dal nostro cervello, che bloccano fisiologicamente il dolore.

Il problema è fisico o mentale?

La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di me. Mi conosco come una sinfonia.

(F. Pessoa)

Fisico e mentale sono due facce di una stessa medaglia: ogni evento affettivo, cognitivo o comportamentale ha un corrispettivo biochimico.

Parlare, ma anche ricordare o fantasticare, che sembrano attività “astratte”, comportano una serie di eventi concreti a livello cerebrale, come movimenti cellulari, molecolari e sofisticate operazioni biochimiche.

Il nostro cervello è plastico e si modifica strutturalmente in seguito alle esperienze di vita.

Ogni esperienza induce modificazioni cerebrali, che diventano definitive quando si strutturano in apprendimenti e nell’organizzazione di nuovi circuiti cerebrali.

Sapere che ogni evento psichico ha una base biologica ci aiuta a superare il dualismo mente-corpo, ma anche l’opposizione geni-ambiente.

Ogni comportamento ha una base genetica, ma questo non autorizza ad affermare che i geni ne siano la causa.

Ad esempio, la possibilità di provare paura ha una base genetica, ma una paura concreta, come quella degli spazi chiusi, dipende da un certo tipo di esperienze.

Allo stesso modo, c’è una predisposizione genetica all’ansia, ma gemelli omozigoti (con lo stesso patrimonio genetico), allevati in famiglie diverse, hanno probabilità diverse di sviluppare disturbi d’ansia, in base alle differenti esperienze ambientali.

L’ambiente, inteso soprattutto come insieme di relazioni, ha un ruolo fondamentale in ogni comportamento umano.

In particolare, le esperienze relazionali, soprattutto quelle precoci, sono centrali nel determinare la predisposizione a certi comportamenti, vissuti ed anche patologie.

Come curarsi: farmaci o psicoterapia?

La cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che ne soffre.

(Ippocrate)

Meglio curarsi con i farmaci o con la psicoterapia? Anche questo è un falso dilemma.

Quando una malattia fisica ha una forte componente psicologica è evidente che il farmaco, da solo, non basta.

Non basta neppure uno psicofarmaco, prescritto dal medico di base senza un’adeguata valutazione psicologica e psichiatrica, con il rischio di errata diagnosi, dosaggi approssimativi, effetti collaterali, sviluppo di condotte di abuso o dipendenza.

Di fronte ad una sintomatologia “sospetta”, un terapeuta esperto può aiutarci a comprendere la natura del nostro malessere e, se necessario, con l’aiuto del medico, impostare una terapia farmacologica adeguata.

In conclusione, non si tratta di decidere se curarsi con i farmaci o con la psicoterapia, ma adottare un’ottica integrata, che ci permetta di comprendere la situazione in modo approfondito e mettere in campo le risorse più idonee alla risoluzione del problema.

Numero3159.

 

I O    N O N    S O N O    P I U’    I O

 

Qualche giorno fa (dal Numero3158. al Numero3153. trovate tutto documentato), abbiamo festeggiato in compagnia di persone care ed amici, il 30° Anniversario della mia compagnia con Rita.

In tale occasione, sono stato al centro di registrazioni, foto e filmati che, mai come stavolta, hanno ripreso noi due e me in particolare, come potete vedere nei numeri che seguono.

E mi è venuto spontaneo il bisogno di esternare una considerazione, doverosa e dolorosa allo stesso tempo, ma onesta e inequivocabile.

Per la prima volta nella mia vita, non mi sono riconosciuto.

Ammetto pure che la lucidità mentale, le capacità cognitive e comportamentali, anche l’aspetto fisico dei tratti somatici sono rimasti accettabili e compatibili con l’età di 82 anni suonati.

Ma quello che, con enorme rammarico, devo confessare è la mia  constatazione che il portamento e la postura del mio corpo sono quanto di peggio potevo aspettarmi: sembro un ultracentenario.

Purtroppo, ormai, ho preso una brutta piega.

Tutta la mia vita l’ho passata lavorando da seduto.

Prima come studente, stavo alla sedia per la maggior parte del tempo, per quanto mi dedicassi spesso alle attività sportive che mi piacevano come lo studio.

Poi le attività lavorative, specialmente negli ultimi 20 anni, mi hanno visto operare alla scrivania per la maggior parte del tempo.

Inoltre, due operazioni di protesi alle anche non hanno certo contribuito a farmi mantenere una corretta postura e deambulazione.

Così, in questi ultimi tempi, ho involontariamente assunto una inclinazione del corpo in avanti, sia del busto che della testa, di cui non vado proprio fiero e che mi disturba molto.

L’ho potuta constatare, per l’appunto, dai filmati e nelle foto recenti di cui ho parlato.

La mia vita da pensionato si svolge ormai davanti al computer e davanti alla televisione, con qualche eccezione per le ore di tennis che ancora gioco.

Non sono molto propenso alle camminate che, un tempo, mi piacevano molto: adesso, purtroppo, mi passa la voglia di uscire solo per camminare e meno che mai per correre, perché le mie anche cigolano e le risparmio solo per il tennis, che offre in più un impegno mentale considerevole.

Dunque, povero me, non sono più tanto bello da vedere, o come mi piacerebbe apparire anche ai miei occhi.

Devo dire che il mio spirito e la considerazione che ho di me stesso non coincidono con l’aspetto esteriore delle movenze e del portamento: mi sento, credetemi, molto più giovane di quanto lasci immaginare la vista del mio corpo che si muove.

Va meglio, molto meglio, se mi relaziono con gli altri da seduto, perché così non si associa all’uomo che parla e ragiona la vista di un vecchio cadente che, da zitto, potrebbe solo fare pena.

Credo che le mie facoltà mentali siano ancora integre e, senza presunzione, ultimamente, raffinate ed ampliate con un allargamento della sfera di interessi e di sensibilità che, prima d’ora, non avevo mai potuto implementare per mancanza di tempo.

Io stesso sono sorpreso del fatto che, avendo tanto tempo a disposizione, abbia potuto migliorare il livello delle mie facoltà mentali e spirituali.

Ma il corpo no, non è migliorato.

Anzi peggio di così non potrebbe essere e non credo che si possa fare granché per ovviare alla sua modifica, ormai consolidata in senso deteriore.

Ma tant’è: imparerò a convivere con questa “diminutio corporis” (limitazione corporale) e mi rassegnerò a non pretendere di essere gradito agli occhi degli altri, come vorrei e come volevo prima.

Non rinuncerò a muovermi nell’attività sportiva, per quanto e fino a quando sarà possibile, e continuerò a vestirmi e a gestire il mio aspetto secondo gradevolezza e igiene, come ho sempre fatto.

Spero che sia sufficiente per rendermi ancora accettabile.

Numero3017.

 

da  QUORA

 

Scrive Fabrizio Mardegan psicologo, corrispondente di QUORA

 

G A S L I G H T I N G     ( INFLUENZA  ANGOSCIANTE )

 

Il gaslighting è una forma di manipolazione psicologica in cui una persona cerca di far dubitare l’altra della propria percezione della realtà, della memoria o della sanità mentale.
Il termine “gaslighting” deriva dal film del 1944 chiamato “Angoscia” (Gaslight in inglese), in cui il protagonista cerca di far impazzire sua moglie facendole credere di essere pazza.

Il gaslighting coinvolge una serie di comportamenti intenzionali che minano la fiducia e la sicurezza dell’altra persona. Di seguito sono riportati alcuni esempi di tattiche di gaslighting:

  1. Negazione: Il manipolatore nega la veridicità di eventi, discussioni o promesse precedenti. Ad esempio, potrebbe dire: “Non ho mai detto quello che hai detto” o “Non ricordo che ciò sia successo”.
  2. Svalutazione: Il manipolatore minimizza o sminuisce i sentimenti e le preoccupazioni dell’altra persona. Potrebbe dire ad esempio: “Stai esagerando” o “Non è così grave come pensi”.
  3. Contraddizione: Il manipolatore contraddice l’altra persona in modo costante, anche su questioni di fatto. In questo caso potrebbe affermare: “Ti sbagli” o “Non hai capito correttamente”.
  4. Colpa: Il manipolatore sposta la colpa sull’altra persona per le proprie azioni o comportamenti. Potrebbe dire: “Sei tu il problema” o “Sei troppo sensibile”.
  5. Confusione: Il manipolatore crea confusione nell’altra persona attraverso informazioni contrastanti o ambigue. Ad esempio, potrebbe dire una cosa un giorno e poi negarla il giorno successivo.
  6. Isolamento sociale: Il manipolatore cerca di isolare l’altra persona dal sostegno sociale, facendole dubitare delle relazioni e delle intenzioni degli altri. Può affermare: “Non puoi fidarti di nessuno tranne me” o “Tutti stanno cercando di ingannarti”.

L’obiettivo del gaslighting è quello di ottenere il controllo e il potere sull’altra persona, minando la sua fiducia in se stessa e nella propria percezione della realtà.
Le vittime di gaslighting possono iniziare a dubitare di se stesse, a sentirsi insicure e a cercare la conferma e l’approvazione del manipolatore.
Ciò può avere un impatto significativo sulla salute mentale e sul benessere dell’individuo coinvolto.

Riconoscere il gaslighting è il primo passo per proteggersi da questa forma di manipolazione.
Se ti ritrovi in una relazione in cui sospetti di essere vittima di gaslighting, può essere utile cercare supporto da amici, familiari o professionisti della salute mentale per ottenere un’ulteriore prospettiva e supporto.

 

Numero3000.

 

Il 6 Novembre 2018, alle ore 20.10 veniva pubblicato il Numero1. di questo BLOG.

Sono due versi della canzone CYRANO di Francesco Guccini, parole di Giuseppe Dati:

 

….la verità cercate, in terra da maiali,

tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali….

 

 

PER CELEBRARE IL NUMERO3000. DI QUESTO BLOG, NON HO TROVATO DI MEGLIO CHE PUBBLICARE QUANTO SEGUE, COME PARADIGMA E RIASSUNTO DI BEN PIU’ DI CINQUE ANNI DI SCRITTURE.

 

In questo periodo editoriale, ho compulsato e sviscerato di tutto e di più, non ultimo anche il mio animo e il mio carattere.

Ma ciò che mi rimane da dire e trasmettere a me stesso e a tutti è il disagio sarcastico e lo scherno amaro contenuti nella presente testimonianza di essere vivente oggi su questo pianeta, dove ho maturato, registrato e, purtroppo, condiviso il malessere di vivere, pur proclamando, nostalgicamente, che la mia è stata una bella vita.

Ne sono così ferito dentro che, passo dopo passo, mi sto avvicinando alla fine di questi miei giorni con un senso di liberazione e perfino di curiosità nei riguardi di una trasferta ed esistenza della mia anima in un altrove che, sicuramente, sarà molto più dignitoso di questo mondo che non sopporto più.

Il futuro non è un posto diverso, è un posto migliore.

 

I L    C O N T R A T T O

 

Miei cari amici,

ognuno di voi percepisce la strana sensazione che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in ciò che vede intorno a sé, in ciò che sente ogni giorno.

Molti, tuttavia, non sanno il perché, né cosa sia.

A prescindere dalle nostre convinzioni o idee politiche, il sistema vigente nel nostro mondo libero si basa sulla tacita accettazione che lega e condiziona ciascuno di noi e che, non a grandi linee, ma dettagliatamente, cerco di esporre qui, a seguito delle mie esperienze di vita.

 

Io accetto:

 

1 – Accetto la competitività come struttura cardine del sistema in cui vivo, anche se mi rendo conto che questo genera frustrazione e rabbia nella maggior parte degli individui.

2 – Accetto il fatto che, per vivere, si debba limitare la propria vita ad un giorno della settimana, mentre gli altri sei devono essere spesi lavorando per produrre, annichilendo un’intera esistenza.

3 – Accetto di essere umiliato e sfruttato a condizione che mi sia permesso di umiliare e sfruttare un altro che occupi un posto inferiore nella piramide sociale.

4 – Accetto che gli indigenti, i malati e coloro che non riescono a restare a galla vengano esclusi e messi ai margini della società e vengano loro negate cure ed assistenza, perché questo costo sociale non può incidere sul benessere dei facoltosi, dei benestanti e dei fortunati.

5 – Accetto di pagare istituti privati affinché gestiscano il mio reddito secondo la loro convenienza e che non mi corrispondano alcun dividendo dei lor giganteschi guadagni.
Guadagni che servono per aggredire stati deboli, creando spirali di debito infinito.
Acconsento che mi si applichi un alto tasso di interesse per prestarmi denaro che viene creato dal nulla.

6 – Accetto che le banche internazionali prestino denaro ai paesi che vogliono armarsi e combattere e così scegliere quelli che faranno la guerra e quelli che non la faranno.
So che è meglio finanziare entrambe le parti per essere sicuri di trarne dei profitti e di prolungare i conflitti il più a lungo possibile, al fine di prosciugare completamente le risorse di quei paesi che non riusciranno a pagare i loro debiti.
Acconsento anche di pagare dei tributi obbligatori al mio governo, prelevandoli dal mio reddito, anche se questi non vengono adoperati per migliorare la mia vita o per i servizi ai cittadini, ma principalmente per rimborsare gli interessi sul debito che il governo ha contratto con dei banchieri privati.
Mi impegno a non pretendere mai che le mie tasse vengano utilizzate per investimenti massivi nella sanità, nella ricerca scientifica e nella cultura.
Compirò il mio dovere, nonostante tutto, contribuendo al buon funzionamento della nostra economia.

7 – Accetto che il debito sia la principale forma di trattativa fra stati e verso i cittadini, anche quando questo porti ad una palese forma di schiavitù e sia economicamente insostenibile.

8 – Accetto che si legalizzi l’omicidio, quando la vittima sia indicata dal mio governo come “il nemico”.
In questo caso non chiederò prove di colpevolezza ed eliminerò il bersaglio senza remore.
Mi adeguo al fatto che la morte possa essere indotta lentamente dai governi per mezzo dell’avvelenamento di intere popolazioni, con l’emanazione e l’ingestione quotidiana di sostanze tossiche autorizzate.

9 – Accetto che si faccia la guerra per avere la pace e che, in nome di questo principio, la principale voce di spesa per uno stato sia quella per la difesa.
Considererò normale che i conflitti siano creati artificialmente per alimentare il mercato delle armi e favorire la crescita delle economie mondiali.

10 – Accetto l’egemonia del petrolio nella nostra economia, e che ogni forma di energia gratuita, non inquinante e libera venga soppressa ed insabbiata.
Il vero motivo è perché ogni forma di energia di questo tipo rappresenta un pericolo per l’umanità in quanto sarebbe la fine del mondo, così come lo conosciamo.

11 – Accetto che si divida l’opinione pubblica, creando partiti di destra e di sinistra, che avranno come unico scopo quello di lottare fra loro, mentre io mi impegnerò a credere che le loro diatribe siano frutto di un sano scontro democratico utile per il nostro futuro.

12 – Accetto che gli industriali, i militari e i capi di stato si riuniscano regolarmente senza consultarci, per prendere decisioni che, sempre regolarmente, compromettono il futuro della nostra vita e del nostro pianeta.

13 – Accetto che il potere di manipolare l’opinione pubblica, prima ostentato dalle religioni, sia oggi nelle mani di uomini d’affari non eletti democraticamente e totalmente liberi di controllare gli stati: sono convinto del buon uso che ne faranno.

14 – Accetto che la verità sui fatti venga raccontata dai media controllati da pochi potenti: questa verrà chiamata “verità ufficiale” e, anche se sarà una versione manipolata e distorta dei fatti, mi impegno a non metterla in discussione e a non informarmi in maniera indipendente.

15 – Accetto che mi si presentino notizie negative e spaventose del mondo ogni giorno, in modo da poter apprezzare fino a che punto io sia protetto dal mio governo, dalla polizia e dai militari e mi renda conto di quanto io sia fortunato a vivere in occidente.
So che mantenere la paura nei nostri spiriti può essere solo un “beneficio” per noi.

16 – Accetto che l’dea della felicità si riduca alla comodità, l’amore al sesso, la libertà alla soddisfazione di tutti i desideri, perché è quello che la pubblicità ripete ogni giorno.
Mi convincerò di essere infelice, perché più infelice sono, più consumo.

17 – Accetto che il valore di una persona sia proporzionale a ciò che possiede e che si apprezzi la sua utilità in funzione della sua produttività e non delle sue qualità umane e che sia esclusa dal sistema se non produce sufficientemente.

18 – Accetto di pagare per essere intrattenuto, nel tempo di cui dispongo, attraverso la visione di spettacoli sportivi e di varietà, vuoti di contenuti, che generano movimenti abnormi di denaro.
Lo faccio perché la cultura è noiosa e pericolosa, mentre sapersi divertire con spensieratezza è il paradigma di una vita felice.

19 – Accetto che la scuola e il nozionismo scolastico siano l’unica forma legittima e riconosciuta di formazione e non di appiattimento del senso critico e della coscienza.

20 – Accetto senza discutere e considero come verità tutte le teorie proposte per spiegare i misteri dell’origine dell’essere umano e considero incontrovertibilmente vero che la natura abbia dedicato milioni di anni alla creazione di un essere il cui unico passatempo, oggi, è la distruzione in pochi istanti della sua specie e dell’ambiente da cui dipende.

21 – Accetto di escludere dalla società gli anziani, perché sono improduttivi e la loro esperienza, pur se potrebbe esserci d’insegnamento, può essere sacrificata in nome del profitto.

22 – Accetto, dunque, il profitto come fine supremo dell’umanità e l’accumulo di ricchezza come invidiabile realizzazione dell’esistenza in vita.

23 – Accetto di sprecare e distruggere tonnellate di cibo, al fine di mantenere sotto controllo, in borsa, i prezzi delle azioni delle multinazionali, piuttosto che permettere l’equa distribuzione delle risorse alimentari sul pianeta ed evitare la morte per fame e sete di milioni di persone, ogni anno.

24 – Accetto l’aumento dell’inquinamento industriale e la dispersione di veleni chimici e di elementi radioattivi nella natura. Ammetto l’uso di ogni tipo di additivo chimico nella mia alimentazione, perché sono convinto che, se vengono aggiunti, gli additivi e i conservanti sono utili e innocui.
Ritengo normale che i laboratori farmaceutici e le industrie agroalimentari vendano nei paesi del terzo mondo prodotti scaduti o utilizzino sostanze cancerogene vietate in occidente.

25 – Accetto la deforestazione selvaggia di terre grandi come nazioni e che sia possibile espropriare, con la violenza, le terre a interi popoli, in nome e per conto di multinazionali che sfrutteranno quei luoghi per arricchirsi, senza condividere nulla con le popolazioni locali.
Ritengo utili ed indispensabili la plastica ed ogni materiale adibito alla produzione che la inciviltà dei produttori e degli utilizzatori riversa come scarti per terre e per mari.

26 – Accetto che gli animali vengano abusati, torturati e, nei migliori casi, fatti estinguere, perché tollero che non venga loro riconosciuto un posto come legittimi abitanti di questo pianeta, al pari degli esseri umani.
Sostengo infatti che gli animali non provino emozioni, non abbiano coscienza, né forme di empatia.

27 – Accetto che le multinazionali derubino le risorse di paesi impoveriti e schiavizzati dalla politica mondiale del debito, nel nome del progresso economico.
Ammetto anche che esistano leggi che permettono di sfruttare i bambini in condizioni precarie e disumane.
Non abbiamo nessuna facoltà di intrometterci, nel nome dei diritti umani, soprattutto se questo ci permette di comprare merci sottocosto.

28 – Accetto che si possa denigrare, distruggere e cancellare dal pianeta ogni forma culturale diversa da quella occidentale, che potrebbe far vacillare i cardini del nostro benessere economico, al quale ambisco quotidianamente.

29 – Accetto che esistano solo due possibilità in natura, cioè cacciare o essere cacciati e, se siamo dotati di una coscienza e di un linguaggio, non è certamente per sfuggire a questa dualità, ma per trovare sofisticate giustificazioni al perché noi agiamo in quel modo.

30 – Accetto di credere che il nostro passato storico sia il risultato di una scia ininterrotta di conflitti casuali e non il preciso progetto, perseguito nel corso dei secoli, da lobby di potere, per detenere e mantenere lo stesso.
Sono certo che siamo all’apice della nostra evoluzione e che le regole che governano il nostro mondo sono la ricerca della felicità e della libertà per tutti i popoli, come ascoltiamo continuamente nei discorsi dei nostri politici.

31 – Accetto di credere di non poter fare nulla per modificare lo stato attuale delle cose.

32 – Accetto di non fare alcuna domanda, di chiudere gli occhi su tutto questo e di non fare alcuna opposizione, perché sono troppo impegnato con la mia vita e le mie preoccupazioni.
Accetto anche di difendere con la vita le clausole accettate in questo contratto, se mi viene richiesto.

33 – Accetto, quindi, definitivamente, nella mia anima e coscienza, questa triste matrice che viene posta di fronte ai miei occhi.
Mi impegno ad astenermi dal vedere la realtà delle cose e mi rifiuto di credere che un altro modo di intendere l’esistenza sia possibile.

Ho fiducia che tutti voi agiate per il mio bene e per quello di tutti e per questo vi ringrazio.

 

QUESTO È L’IGNOBILE CONTRATTO DA ME TACITAMENTE SOTTOSCRITTO PER STARE IN QUESTO SCHIFO DI MONDO DA QUASI OTTANTADUE ANNI.
PROFODAMENTE, ME NE VERGOGNO.

 

A mio figlio Ale, chiedendogli scusa e perdono.

Numero2993.

 

A S S E R T I V I T A’

 

Rischioso è parlare, quando intuisco.

Suprema azione è la non azione.

Suprema libertà è la spontaneità.

Non agendo, non volendo forzare

cose, situazioni, idee, persone,

ecco che tutto naturalmente accade.

Do il meglio alle mie intenzioni.

Questa è la virtù di cui mi nutro,

tanto più potente, se serbata in cuore.

Opero libero, spontaneo, naturale.

Così mi sento assolutamente assertivo.

Numero2991.

 

da  QUORA

 

Scrive Simo, una corrispondente di QUORA

 

Cosa ti ha detto un prete che non dimenticherai mai?

 

In una delle rare confessioni che ho fatto, ho detto al prete di aver mentito a mio padre sul suo cancro terminale e sul fatto che stava morendo.

È stata una bugia concordata con mia madre che per me fu un atto d’amore, tenuto conto della sua fragilità di nervi e della sua facile tendenza alla depressione.

Si trattava di tre mesi di vita e finché è stato cosciente ho fatto del tutto per convincerlo che aveva una grave epatite, piuttosto che un tumore al fegato e che doveva fare delle terapie sperimentali.

Tutto questo solo per cercare di dargli più serenità possibile in quel breve tempo.

Di tutto ciò, il prete mi disse che avevo sbagliato e che ogni persona ha diritto di sapere che sta morendo.

Una risposta che mai e poi mai mi sarei aspettata da un uomo di chiesa che, a prescindere da ciò che poi realmente faccia nel suo privato (…), dovrebbe predicare l’amore verso il prossimo.

Ci sono rimasta talmente male, ma talmente male, anzi proprio di merda diciamolo, che non l’ ho mai dimenticato, né perdonato.

Eppure era un prete giovane e mi era sembrato anche molto appassionato e bravo.

Per fortuna non l’ho mai più rivisto, perché mi ha fatto veramente del male, poi detto da lui.

 

N.d.R.: ….dispensatori di terrorismo psicologico….secondo i dettami della Chiesa Cattolica Cristiana.

Numero2959.

 

I L    S E N S O    D I    C O L P A

 

È un condizionatore, un congelatore, un aspiratore, una lavatrice, ma non è un elettrodomestico.
Funziona per mezzo di una corrente che non è quella elettrica.

Che cos’è?

È un condizionatore di spiriti, un aspiratore di credulità, un congelatore di coscienze, una lavatrice di cervelli e funziona con la corrente di pensiero della religiosità.

Per millenni, su miliardi di persone, ha funzionato egregiamente attraverso la religione, e continua a farlo nella vita di ogni giorno di tanti intorno a me: è il giogo del “senso di colpa”.

Un giogo che non è un gioco.

Per la religione Cattolica, ad incutere il senso di colpa è il “il peccato”, addirittura quello originale: la colpa di essere nati e, proprio solo per questo, peccatori.

Colpevolizzare la gente è un “trucco” psicologico perfidamente sottile ma vincente per il controllo delle coscienze.

Non riesci a liberartene. Se qualche volta, in certe rare occasioni, ce la fai a divincolarti da esso, subito dopo ne senti la mancanza e sei tu stesso ad “autoaggiogarti” di nuovo, perché, a starne senza, ti trovi perso.

Allenato come sei ad averlo sempre addosso, ad essere soggiogato, se non ne avverti il peso, ti senti, ancora una volta e sempre, …. in colpa.

Numero2943.

 

 

L A    D E P R E S S I O N E

 

da  QUORA

 

Scrive Riccardo Cecco, corrispondente di QUORA.

 

La depressione è pigrizia emotiva.

 

Premessa: sarò crudo e diretto. Dirò cose che non vuoi sentire. Perciò, se hai paura di sentirti offeso o di uscirne ferito dopo la lettura, NON LEGGERE!

Ho lottato con la depressione per moltissimi anni.

Una cantilena di pensieri ed emozioni negative si era impossessata di me, diventando la colonna sonora della mia vita. Credevo che fosse il mio naturale modo di essere, e ci creai attorno la mia identità.

Ero grasso, povero e senza amici e davo la colpa alla depressione. Poi mi sono reso conto che ero depresso perché ero grasso, povero e senza amici.

Sono stato bullizzato e deriso. Ho avuto problemi con l’alcol e le droghe. Ho sofferto di una forte ansia sociale e ho lottato con dei disordini alimentari. Alcune delle persone più importanti della mia vita sono venute a mancare quando ero ancora un adolescente.

La verità è che tutti abbiamo problemi e la vita non è fatta per essere semplice.

La società di oggi, però, ci incentiva ad essere flaccidi e a comportarci da vittime. Di conseguenza, siamo portati a dare la colpa a qualcosa di esterno per delle difficoltà che ci troviamo ad affrontare interiormente.

Non sopporto quando sento qualcuno dire “soffro d’ansia”. Che cazzo vuol dire? Tutti soffriamo d’ansia. Non è altro che un’emozione che si viene a creare nel momento in cui decidiamo di preoccuparci per qualcosa che potrebbe accadere in futuro.

Non sopporto nemmeno sentir dire “ho la depressione.” Di nuovo… Che cosa significa? Non si tratta di un tumore o di un virus. Non vai a fare una passeggiata senza il giubbotto e ti prendi la depressione. Non è una malattia che cade dal cielo da un giorno all’altro.

La depressione è circostanziale.

Se non sei a conoscenza del motivo per cui sei depresso, significa che dovresti cominciare ad esaminare la tua vita e imparare a conoscerti meglio, invece che passare le giornate davanti a Netflix.

È difficile? Ci sono dei mostri che non vuoi affrontare? Ti capisco, ed è del tutto comprensibile. Ma se decidi di distrarti piuttosto che affrontare la realtà, non cambierà mai nulla.

Potresti avere l’istinto di ribattere con mille scuse, e lo comprendo. Ci sono passato anche io attraverso quella fase. Quando sei depresso, fai di tutto per difendere la tua depressione: è più facile trovare delle giustificazioni per non cambiare, piuttosto che darsi da fare per farlo.

Qualche tempo fa, un mio amico stava attraversando un brutto periodo. Era rimasto senza lavoro, la ragazza lo aveva lasciato, suo padre stava molto male e non aveva idea di che cosa volesse fare nella sua vita. Vedeva il suo mondo andare a pezzi e disintegrarsi un pezzettino alla volta, giorno dopo giorno.

Mentre bevevamo un caffè è crollato: si è messo a piangere e a parlare di quanto tutto fosse insopportabile e ingiusto.

Lo ascoltai e mi si spezzò il cuore a guardarlo in quello stato. La mia propensione iniziale fu quella di appoggiargli una mano sulla spalla e proporre i soliti luoghi comuni: “dovresti farti aiutare da qualcuno,” oppure “mi dispiace, vedrai che con il tempo passerà.”

Grazie al cielo, ho avuto la freddezza di riflettere e ricordare che cosa avesse aiutato me a superare quei momenti difficili. E non fu di certo l’accondiscendenza del mondo esterno: quella non faceva altro che alimentare il mio vittimismo.

“Cazzo, che vita di merda che stai vivendo! Non vorrei mai essere nella tua situazione,” gli dissi.

Smise di piangere. I suoi occhi si sbarrarono. Mi guardò sorpreso, confuso e intimorito: inconsciamente, stava aspettando la classica parola di conforto.

“Che cosa vuoi dire?” mi chiese.

“Che hai ragione. Stai vivendo una vita di merda e non ti invidio per niente. E ora?”

“E ora cosa?” rispose.

“Che cos’hai intenzione di fare? Aspettare che passi? Aspettare che succeda qualcosa che ti cambi la vita da un momento all’altro o che un angelo venga a salvarti? Oppure vuoi muovere il culo e fare qualcosa?”

Rimase in silenzio per qualche secondo. “Muovere il culo,” disse.

Lo abbracciai e gli dissi che per qualsiasi cosa sarei stato a sua disposizione, poi me ne andai e lo lasciai solo con i suoi pensieri.

Ormai è passato più di un anno e sta continuando a lottare con i suoi mostri ma, a poco a poco, sta imparando a sconfiggerli e a migliorare la sua vita. Mi ha ringraziato più volte per come mi comportai in quella situazione. Dice che avrebbe voluto una pacca sulla spalla, ma ciò di cui aveva bisogno era guardare in faccia la realtà, e io lo aiutai a farlo.

Se in quel momento mi fossi mostrato come l’amico comprensivo e compassionevole, potrebbe ancora essere nella stessa situazione, se non peggio.

Sì, perché la depressione non nasce da un giorno all’altro: si crea nel tempo, man mano che evitiamo di affrontare i problemi e che li lasciamo accatastare dentro di noi sotto forma di pensieri incompresi ed emozioni inespresse.

La vita non è facile per nessuno e c’è chi ha ricevuto delle carte di gran lunga peggiori delle tue. La differenza nel lungo termine, tuttavia, non la fanno le carte che hai in mano, bensì come decidi di giocarle. Se altre persone in situazioni più difficili sono riuscite a conquistare un’esistenza più serena, perché non dovresti riuscirci anche tu? Che cosa ti rende così speciale da poter evitare il lavoro che va fatto?

Al mondo non interessa che cosa ti è successo, quali sono i tuoi problemi, se sei grasso, se sei stato bullizzato, se la tua ragazza ti ha lasciato o se è morto un tuo familiare.

La vita continua ad andare avanti, con o senza la tua depressione. Sta solamente a te decidere quale giocata fare con le carte che ti sono state consegnate.

Sostanzialmente, la scelta da fare è sempre una: essere una vittima o assumerti la responsabilità per la tua vita e cambiare il tuo modo di giocare. Entrambe le scelte implicano dolore, ma la prima porta sofferenza, mentre la seconda porta crescita e maturità.

Se non sai da dove cominciare, parti dal tuo stile di vita.

Usa la prima ora del giorno per allenarti, comincia a mangiare meglio e a regolarizzare il tuo sonno. Poniti dei piccoli obiettivi e perseguili.

Vedrai che, in un tempo relativamente breve, ti renderai conto che la depressione non è una malattia, bensì un insieme di abitudini sbagliate e assenza di introspettiva.

Non hai voglia di allenarti? Non ti piacciono le verdure? Non hai la motivazione necessaria per cominciare? Va benissimo, almeno sarai consapevole che non desideri davvero cambiare. Per lo meno, non abbastanza.

Forse hai bisogno di toccare il fondo per trovare l’energia e la motivazione, ma non te lo consiglio.

Io stesso ho toccato il fondo prima di dare una svolta alla mia vita. E se è vero che mi ha dato la motivazione per cambiare, è anche vero che è svanita dopo qualche giorno. Alla fine, ho dovuto comunque introdurre disciplina e resilienza per stare sul pezzo.

Ora… Andare in palestra, imparare nuove abilità e prenderti del tempo per conoscerti meglio, risolveranno tutti i tuoi problemi?

No, no e no.

Tuttavia, ti assicuro che, se migliorerai le tue abitudini, ti porrai qualche domanda in più e farai maggiore chiarezza sui tuoi desideri, la tua vita cambierà completamente. Ma sappi che avrai del lavoro da fare! E sarà dura, molto dura…

Puoi accettarlo e agire di conseguenza o continuare a vivere come hai sempre fatto, ma senza il diritto di dire che la vita fa schifo o che sei sfortunato.

Sono chiacchiere al vento e a nessuno interessa sentirle. Nessuno ti verrà mai a salvare. Non ti salverà un amico, né una pillola e nemmeno uno psichiatra. Solo tu puoi salvare te stesso.

La depressione è una scelta, non una malattia, e assumertene la responsabilità è l’unica cosa in grado di cambiare le carte in tavola.

Ogni ausilio esterno può essere utile e importante. Uno psichiatra o il supporto di un buon amico possono essere d’aiuto ma, in fin dei conti, l’unica cosa che conta è l’azione. La mera compassione non cambia nulla; anzi, rischia di farti sentire giustificato, rendendo la metamorfosi ancora più difficile.

Che tu sia d’accordo con me oppure no, a me non interessa. In realtà, non interessa a nessuno. Ma se trovi un senso in ciò che dico, sai già qual è il prossimo passo da fare e sai anche che devi cominciare ora.