Numero3226.

 

da  QUORA

 

Scrive Richard Reese, corrispondente di QUORA

 

Quali sono le abitudini peggiori
da evitare in una relazione.

 

Una relazione sana richiede impegno, rispetto e comunicazione. Tuttavia, alcune abitudini possono danneggiare il rapporto e creare tensioni. Ecco le peggiori da evitare:

1. Comunicazione Tossica

  • Evitare il silenzio punitivo, il sarcasmo e le critiche costanti. Una comunicazione negativa può minare la fiducia e il rispetto.

2. Mancanza di Ascolto Attivo

  • Non ascoltare realmente il partner o interromperlo costantemente dimostra disinteresse e mancanza di empatia.

3. Essere Eccessivamente Critici o Giudicanti

  • Criticare il partner su dettagli insignificanti può farlo sentire inadeguato o non apprezzato.

4. Neglect o Disattenzione Affettiva

  • Non dedicare tempo di qualità o trascurare i bisogni emotivi del partner può creare distanza.

5. Gelosia eccessiva o Possessività

  • La mancanza di fiducia e il controllo soffocante possono portare al deterioramento della relazione.

6. Mancanza di Compromessi

  • Insistere sempre per avere ragione o imporre il proprio punto di vista senza considerare i desideri dell’altro genera squilibri e conflitti.

7. Non Chiedere Scusa Quando Serve

  • Non ammettere i propri errori e non scusarsi può far percepire una mancanza di responsabilità.

8. Trascurare la Crescita Individuale

  • Dipendere completamente dal partner senza coltivare interessi personali o amicizie può creare un rapporto soffocante.

9. Risentimento Accumulato

  • Evitare di affrontare i problemi quando si presentano può far crescere il rancore e portare a esplosioni emotive.

10. Bugie o Mancanza di Trasparenza

  • Anche le piccole bugie minano la fiducia. L’onestà è fondamentale per una relazione duratura.

Come Migliorare?

  • Comunicare Aperti e Onesti: Esprimere i propri sentimenti in modo rispettoso.
  • Praticare l’Empatia: Mettersi nei panni del partner.
  • Dedicare Tempo di Qualità: Ritagliarsi momenti speciali insieme.
  • Coltivare Fiducia: Essere affidabili e sinceri.

Evitando queste abitudini negative, è possibile costruire una relazione più forte, armoniosa e soddisfacente. 💕

 

 

Cosa provoca la mancanza
di attività sessuale?

 

La mancanza di rapporti sessuali può avere vari effetti, sia fisici che psicologici. Ecco alcuni dei principali:

  1. Cambiamenti fisici:
    • Riduzione del desiderio sessuale: La mancanza di attività sessuale può portare a una diminuzione della libido.
    • Secchezza vaginale o problemi di erezione: Nelle donne, può verificarsi secchezza vaginale, mentre negli uomini possono insorgere difficoltà di erezione.
  1. Effetti psicologici:
    • Stress e ansia: La mancanza di intimità fisica può aumentare lo stress e l’ansia, influenzando l’umore generale.
    • Depressione: In alcuni casi, la mancanza di rapporti sessuali può contribuire a sentimenti di depressione o isolamento.
    • Problemi relazionali: Può causare tensioni nella relazione con il partner, portando a conflitti o a una maggiore distanza emotiva.
  1. Cambiamenti ormonali: L’attività sessuale stimola la produzione di ormoni come la dopamina e l’ossitocina, che influenzano il benessere e la connessione emotiva. La mancanza di questi stimoli può portare a uno squilibrio ormonale.
  2. Impatto sulla salute fisica: L’attività sessuale ha anche benefici per la salute, come migliorare la circolazione sanguigna e rafforzare il sistema immunitario. La sua mancanza potrebbe ridurre questi benefici.

In generale, è importante mantenere una comunicazione aperta con il partner e considerare il proprio benessere emotivo e fisico. Se la mancanza di rapporti sessuali è una fonte di preoccupazione, potrebbe essere utile consultare un professionista della salute.

Numero3211.

 

da  QUORA

 

 

M A S C H I L I S M O

 

Scrive Francesco Davini, corrispondente di QUORA

 

 

Eccolo qua. Francesco Davini, per dimostrare che in fondo pure noi siamo maschilisti e quindi l’Islam non fa poi niente di male, tira fuori quello che appare un frammento di Famiglia Cristiana di chissà quale epoca. In realtà non ha niente a che vedere con il famoso settimanale cattolico, ma è un foglio tratto da un opuscolo del 1895 (sì avete letto bene: 1895):

Shot dal blog Il Pozzo dei Miei Pensieri, di Ernesta.

E quindi, c’erano anche i doveri dei mariti.

Leggiamoli.

Ahi ahi ahi… come mai Francesco Davini ha saltato questa parte?

Farà mica parte di quella schiera di persone che pur di parlar male dell’Occidente, degli americani, delle democrazie liberali ecc… ossia del mondo in cui viviamo, non esita a legittimare, scusare, nascondere le peggiori nefandezze dei nostri nemici, anche se per farlo deve andare indietro nel tempo, fino al 1895, per trovare qualcosa a cui attaccarsi?

Vecchia storia.

Sia chiaro: il mondo E’ maschilista.

Lo è sempre stato e l’Occidente non ha fatto eccezione ma oggi, in tutti i paesi moderni e civili del mondo occidentale, si parla di maschilismo in termini di penalizzazione sulle carriere e sulle retribuzioni, non certo nei termini in cui il problema si manifesta nei paesi e nelle comunità islamiche.

Vedete qualche differenza? Francesco Davini non le vede…

Perché l’Islam è così maschilista?

Perché è rimasto arretrato. Non ci sono giri di parole su questo. Il semplice fatto di prendere per oro colato gli insegnamenti di un testo religioso, dimostra la profonda arretratezza di una cultura.

Francesco Davini è dovuto risalire al 1895 per trovare una traccia così discriminatoria sulle donne in Italia (e non ci ha nemmeno azzeccato…). Ecco, il mondo islamico, sulle donne (e non solo) è rimasto davvero arretrato e non al 1895 ma ancora più indietro, molto più indietro.

Numero3143.

 

da QUORA

 

L’ A N T R O    D E L L’  I N Q U I S I Z I O N E

 

Scrive Davide Bozzolan, corrispondente di QUORA.

 

Nel cuore oscuro della storia, tra le pieghe più nere della persecuzione e della crudeltà, si nasconde un metodo di tortura tanto agghiacciante quanto poco conosciuto: l’Antro dell’Inquisizione.

Questo terribile strumento di tortura, utilizzato nel tardo Medioevo, rappresenta un capitolo da brividi nella storia dell’orrore umano.

L’Antro dell’Inquisizione non era un’invenzione singola ma piuttosto un metodo combinato di torture che sfruttava l’oscurità e la claustrofobia per massimizzare la sofferenza.

La vittima veniva rinchiusa in una cella sotterranea, una cavità buia e angusta, progettata appositamente per amplificare la paura e la disperazione.

All’interno di questo antro, le condizioni erano spaventose: l’aria era densa, l’umidità alta e la temperatura instabile, creando un ambiente in cui i sensi erano costantemente sollecitati.

Per intensificare la tortura, i carcerieri utilizzavano un metodo psicologico chiamato “la danza delle ombre”.

Utilizzando candele e torce, proiettavano ombre distorte sulle pareti, creando illusioni spettrali che sembravano prendere vita.

Questi giochi di luce e ombra erano accompagnati da suoni inquietanti, come il crepitio di rami e il rumore di passi fantasma, che inducevano un costante stato di terrore nella vittima.

Ma l’orrore non finiva qui. I torturatori avevano l’abitudine di rivelare che la cella conteneva insetti e parassiti, di cui non esisteva alcuna prova concreta, ma che venivano accuratamente descritti in dettaglio.

La paura della infestazione e l’idea di essere mangiati vivi da creature invisibili causavano una grande angoscia psicologica.

Un colpo di scena agghiacciante è che l’Antro dell’Inquisizione non è mai stato documentato in testi storici ufficiali; si parla di esso solo attraverso racconti orali e leggende locali.

I pochi documenti storici che menzionano questa forma di tortura sono stati trovati in archivi segreti, custoditi gelosamente dalle istituzioni religiose che temevano di svelare al mondo l’orrore che avevano perpetuato.

Le vittime di questo metodo subivano anche torture fisiche.

In alcuni casi, i torturatori utilizzavano strumenti appuntiti per infliggere dolore, mentre in altri, i prigionieri erano costretti a rimanere in posizioni scomode per ore, senza cibo né acqua.

L’effetto combinato delle tortura fisica e psicologica portava spesso alla follia e alla morte.

Il mistero e la crudeltà dell’Antro dell’Inquisizione rimangono un macabro promemoria della capacità dell’uomo di infliggere sofferenza. La mancanza di documentazione ufficiale ha solo accresciuto il fascino e il terrore che circondano questa pratica.

Numero3138.

 

M I G L I O R A R S I

 

 

“I bambini che vogliono diventare uomini buoni e generosi o donne buone e nobili, dovrebbero cercare di conoscere bene tutta la gente che incontrano. Così scopriranno che tutti hanno qualcosa di buono, e quando vedono in un’altra persona qualche follia, qualche meschinità, qualche vigliaccheria, qualche difetto o debolezza, dovrebbero esaminare attentamente se stessi. Allora vedranno che, forse, anche loro hanno in se stessi qualche difetto simile – forse non altrettanto evidente – e devono cercare di vincerlo.”

Bram Stoker e la possibilità di automigliorarsi

 

Stoker suggerisce che per diventare adulti “buoni e generosi” sia necessario non solo entrare in contatto con molte persone, ma anche imparare da ciascuna di esse. L’autore ci ricorda che nessuno è esente da difetti e debolezze: queste imperfezioni sono ciò che ci accomuna. Vedere una debolezza negli altri diventa, allora, un’opportunità di riflessione personale. Quando ci troviamo di fronte a qualità come la meschinità o la vigliaccheria, dobbiamo ricordarci che siamo tutti potenzialmente inclini a manifestarle.

 

Stoker, con grande sensibilità, esorta a non giudicare superficialmente, ma a fare dell’osservazione un esercizio di auto-miglioramento. Egli propone una forma di umiltà in cui riconoscere che i difetti non ci rendono “peggiori,” ma semplicemente più umani. Secondo Stoker, il vero cammino di crescita si basa su un continuo sforzo di comprensione degli altri e su un’analisi personale delle proprie mancanze, così da trasformare ogni incontro in una lezione che ci avvicini alla nostra versione migliore.

L’idea di Stoker evidenzia una visione matura e profonda del cammino morale: la bontà non nasce solo da una condotta impeccabile, ma dalla capacità di guardare con gentilezza sia agli errori altrui che ai propri. Questo approccio sottolinea un ideale di bontà privo di presunzione, basato sull’accettazione di sé e degli altri come persone imperfette. Riconoscendo i nostri difetti, possiamo meglio accogliere quelli degli altri, senza condannare né emettere giudizi affrettati.

 

La sfida dell’introspezione

 

L’invito di Bram Stoker a una costante introspezione è anche una sfida. Scoprire in noi stessi qualità che talvolta critichiamo negli altri può essere scomodo, persino doloroso. Eppure, è proprio in questa vulnerabilità che risiede la possibilità di crescita. È come se Stoker ci spingesse a lavorare continuamente su noi stessi, non per raggiungere la perfezione, ma per diventare persone più consapevoli e comprensive.

Bram Stoker invita alla generosità d’animo e all’empatia, elementi che, se praticati, rendono i rapporti più autentici. L’autore sembra proporre una “terapia” sociale, un modo per coltivare il miglioramento di sé attraverso l’apertura agli altri. Essere consapevoli dei nostri difetti ci rende più tolleranti e pazienti. In un mondo spesso frenetico e competitivo, la frase di Stoker è un invito a rallentare, a osservare con rispetto, a vivere con umanità.

 

La citazione di Stoker è un insegnamento che invita a guardare con rispetto agli altri e a noi stessi. Il nostro viaggio per diventare “buoni e generosi” non è una semplice strada dritta verso la perfezione, ma un continuo adattamento, una crescita attraverso il riconoscimento delle debolezze comuni. La bontà, per Stoker, è una conquista silenziosa, costruita sulla riflessione e sull’empatia, con la consapevolezza che ogni persona che incontriamo è uno specchio delle nostre stesse imperfezioni.

Inoltre l’automiglioramento è l’unica via per comprendere sé stessi e di conseguenza il mondo che ci circonda, che altro non è che una delle molteplici sfaccettature insite già nella nostra vita.

Numero3135.

 

da  QUORA

 

Perché in questo periodo tutti sono irritabili e si arrabbiano per poco?

 

Scrive Luise, corrispondente di QUORA

 

Se raccogli 100 formiche nere e 100 formiche rosse e le metti in un barattolo di vetro, non succederà niente di speciale.

Ma se prendi il barattolo, lo scuoti violentemente e lo rimetti sul tavolo, le formiche cominceranno ad uccidersi a vicenda.

Le formiche rosse vedono le nere come il nemico, mentre le nere vedono le rosse come il nemico.

Ma il vero nemico è la persona che ha scosso il barattolo.

Lo stesso vale per la società.

 

Uomini contro donne

Sinistra contro destra

Nero contro bianco

Ricchi contro poveri

Fede contro scienza

Vaccinati contro Non-vaccinati…

Prima di combattere tra di noi, dovremmo chiederci:

Chi ha scosso il barattolo?

Numero3087.

 

I N T E L L I G E N Z A    U M A N A    E    S T U P I D I T A’    U M A N A

 

da QUORA

 

Scrive Eli Lucchiari, corrispondente di QUORA.

 

LE LEGGI FONDAMENTALI DELLA STUPIDITA’ UMANA

di Carlo M. Cipolla, Professore Emerito di Storia Economica a Berkeley

 

I grandi personaggi carismatici/demagoghi

moltiplicano/attirano gli stupidi trasformandoli

da cittadini pacifici in masse assatanate.

Quando la maggior parte di una società

è stupida allora la prevalenza del cretino

diventa dominante ed ingestibile.

 

Fatti:

 

1. gli stupidi danneggiano l’intera società;

2. gli stupidi al potere fanno più danni degli altri;

3. gli stupidi democratici usano le elezioni per mantenere alta la percentuale di stupidi al potere;

4. gli stupidi sono più pericolosi dei banditi perché le persone ragionevoli possono capire la logica dei banditi;

5. i ragionevoli sono vulnerabili dagli stupidi perché:

* generalmente vengono sorpresi dall’attacco;

* non riescono ad organizzare una difesa razionale perché l’attacco non ha alcuna struttura razionale.

 

Prima Legge

 

Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero degli individui stupidi in circolazione:

a) persone che reputiamo razionali ed intelligenti all’improvviso risultano essere stupide senza ombra di dubbio;

b) giorno dopo giorno siamo condizionati in qualunque cosa facciamo da persone stupide che immancabilmente compaiono nei luoghi meno opportuni.

E’ impossibile stabilire una percentuale, dato che qualsiasi numero sarà troppo piccolo.

 

Seconda Legge

 

La probabilità che una certa persona sia stupida é indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona, spesso ha l’aspetto innocuo/ingenuo e ciò fa abbassare la guardia.

Se studiamo la percentuale di stupidi fra i bidelli che puliscono le classi dopo che se ne sono andati alunni e maestri, scopriremo che è molto più alta di quello che pensavamo. Potremmo supporre che è in relazione con il basso livello culturale o col fatto che le persone non stupide hanno maggiori opportunità di avere buoni lavori. Però se analizziamo gli studenti ed i professori universitari (o i programmatori di software) la percentuale è esattamente la stessa.

Le femministe militanti potranno arrabbiarsi, ma la percentuale di stupidi è la stessa in ambo i sessi (o in tutti i sessi a seconda di come si considerano).

Non si può trovare nessuna differenza del fattore Y nelle razze, condizioni etniche, educazione, eccetera.

 

Terza Legge

 

Una persona stupida è chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.

 

Quarta Legge

 

Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. Dimenticano costantemente che in qualsiasi momento, e in qualsiasi circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.

 

Quinta Legge

 

La persona stupida é il tipo di persona più pericolosa che esista.

Questa è probabilmente la più comprensibile delle leggi per la conoscenza comune:

le persone intelligenti, per quanto possano essere ostili, sono prevedibili, mentre gli stupidi non lo sono.

Inoltre il suo Corollario di base: “Una persona stupida è più pericolosa di un bandito” ci conduce all’essenza della Teoria del Cipolla.

 

Esistono quattro tipi di persone in dipendenza del loro comportamento in una transazione:

– Disgraziato (Sfortunato):

chi con la sua azione tende a causare danno a sé stesso, ma crea anche vantaggio a qualcun altro

– Intelligente:

chi con la sua azione tende a creare vantaggio per sé stesso, ma crea anche vantaggio a qualcun altro

– Bandito:

chi con la sua azione tende a creare vantaggio per sé stesso, ma allo stesso tempo danneggia qualcun altro

– Stupido:

chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita.

Il Professor Cipolla usa un diagramma come quello della figura 1.

L’asse delle X misura i vantaggi ottenuti dalle proprie azioni.

L’asse delle Y misura i vantaggi ottenuti da altri a causa delle proprie azioni.

Chiaramente, le persone nel quadrante I sono Intelligenti, le persone nel quadrante B sono i Banditi, le persone nel quadrante D sono i Disgraziati o Sfortunati, e le persone nel quadrante S sono gli Stupidi.

E’ anche abbastanza chiaro che a seconda della loro ubicazione in questa sistema le persone avranno un maggiore o minore grado di stupidità, intelligenza, banditismo, ecc. Si può sviluppare un’ampia varietà di combinazioni come i banditi intelligenti e i banditi stupidi, dipendendo dal rapporto beneficio/danno.

La quantità del danno dovrebbe misurarsi dal punto di vista della vittima e non del bandito, e ciò fa che la maggior parte dei ladri e criminali siano abbastanza stupidi.

Ognuno può utilizzare questo sistema per studiare la stupidità ed elaborare l’applicazione della Teoria del Cipolla in tutte le sue possibili varianti.

Ma la storia non finisce qui.

Se tracciamo una linea diagonale fra gli assi, vedremo che tutta la zona che si trova in alto a destra di questa linea corrisponde ad un miglioramento nel bilancio totale del sistema, mentre gli eventi e la persone dell’altro lato si associano ad un peggioramento.

Si possono effettuare una varietà di analisi interessanti studiando le variabili in ciascuno dei quadranti come Sd e Sb, lb e Id, Ds e Di, o in tanti subquadranti come uno desidera.

Per esempio la corda M nel lato inferiore destro della maglia delinea il bandito perfetto, uno che provoca esattamente tanto danno come a sua volta ne trae vantaggio. Ovviamente da ambo i lati della diagonale si trovano situazioni di banditi imperfetti. Bi corrisponde ai banditi intelligenti e Bs ai banditi stupidi.

In un mondo popolato esclusivamente da Banditi perfetti il sistema rimarrebbe equilibrato; i danni e i vantaggi si eliminano vicendevolmente. Lo stesso effetto si verificherebbe in un mondo popolato esclusivamente da Sfortunati perfetti.

Teoricamente le persone intelligenti forniscono il maggior contributo alla società in senso generale.

Però, per quanto possa sembrare brutto, anche i banditi intelligenti contribuiscono ad un miglioramento nel bilancio della società provocando nel complesso più vantaggi che danni. Le persone sfortunate-intelligenti anche se perdono individualmente possono tenere effetti socialmente positivi.

Senza dubbio, quando la stupidità entra in scena, il danno è enormemente maggiore del beneficio a chicchessia. Ciò dimostra il punto originale: l’unico fattore più pericoloso in qualsiasi società umana è la stupidità.

Cipolla segnala che, intanto che il fattore Y è costante nel tempo, come nello spazio, una società in ascesa tiene un percentuale maggiore di gente intelligente, come una società in declino tiene un allarmante percentuale di banditi con una forte fattore di stupidità (subquadrante Bs) fra le persone al potere ed egualmente un allarmante percentuale di sfortunati (area D) fra quelli che non sono al potere.

Cipolla osserva inoltre che le persone intelligenti generalmente sanno di esserlo, i banditi anche sono consci della loro attitudine e anche le persone sfortunate hanno un forte sospetto che non tutto vada per il verso giusto.

Ma le persone stupide non sanno di essere stupide, e questa è una ragione in più che li rende estremamente pericolose.

E questo fa ritornare alla domanda originale e dolorosa: sono stupido? Ho superato vari test di coefficiente di intelligenza con buoni risultati. Sfortunatamente, so come funzionano questi test e che non dimostrano niente.

Varie persone mi hanno detto che sono intelligente. Però neanche questo dimostra niente. Queste persone possono essere forse molto considerate per dirmi la verità. O al contrario potrebbero star tentando di usare la mia stupidità per trarne vantaggio.

O potrebbero essere tanto stupidi quanto me.

Mi fermo con una piccola speranza: sono cosciente di quanto sono (o sono stato) stupido.

E questo indica che non sono completamente stupido.

 

 

Numero3072.

 

Da  QUORA

 

Scrive Francesco J. Galvani, corrispondente di QUORA

 

Che cosa rende una persona immediatamente poco attraente?

 

  1. Mi piacciono le persone divertenti e tendenzialmente pessimiste nel midollo. Non è un ossimoro, anzi. Solo chi ha ben chiara la tragedia della vita e la follia e idiozia media degli esseri umani può essere davvero interessante e esilarante, e al contempo avere idee per cambiare sé stesso e il mondo. Senza pars destruens, non c’è pars construens. Quindi, se a pelle mi sembri ingenuamente ottimista, mi piaci un po’ di meno, a meno tu non abbia altre virtù.
  2. Se non hai un progetto etico verso il prossimo o non hai una grossissima empatia, e tutto ciò a cui pensi sei tu, o i soldi, o la tua carriera, o il sesso, o i vestiti o il tuo futuro di gloria… beh, non è che mi piaci granché. Sei perfettamente sostituibile con qualsiasi individuo forgiato dalla mentalità contemporanea. Un clone. Una maschera. Uno stereotipo vivente. Per qualcuno potresti pure sembrare carismatico, alla fine c’è tanta gente facile da impressionare, ma non lo sei.
  3. Non devi per forza essere una persona piena di energie, ma se non ti brillano gli occhi per niente (a parte minchiate hic et nunc o i temi rivolti a te stesso testé descritti), e sei sempre “cool” o devi per forza parlare a monosillabi con gli occhiali da sole sempre addosso e hai questo bisogno profondo di fare il figo misterioso e altre minchiate da film, un po’ mi fai pena. Perché stai disperatamente cercando di comunicare la tua superiorità nel modo più inferiore possibile.

Numero3066.

 

O S S I M O R I

 

C’è chi dice che ci vorrebbe un po’ di sana dittatura.

Come no, e magari anche un po’

  • di salubre malattia
  • di opulenta povertà
  • di sfacciata timidezza
  • di religioso ateismo
  • di fedifraga fedeltà

E, se avanza spazio, di lussuriosa castità…

Ecco, per l’appunto: tutto e il contrario di tutto,

così tutti sono contenti.

Numero3015.

 

da  QUORA

 

Scrive Bortignon, corrispondente di QUORA

 

È vero che Madre Teresa di Calcutta lasciava morire i malati dicendo che assumere medicinali li avrebbe fatti andare all’inferno?

 

In realtà la domanda fa sorgere delle ipotesi interessanti sostenute da alcune prove e fatti.

Nel 1995, nel suo scritto “The Missionary Position: Mother Teresa in Theory and Practice” Christopher Hitchens scrive:

“Lodava povertà, malattia e sofferenza come doni dall’alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia”

E, quando nel 2001 fu chiamato a testimoniare per la santificazione di Anjzë Gonxhe Bojaxhiu (il vero nome di Madre Teresa), disse:

“La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era altro che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire. Un posto dove le cure mediche erano poche, se non assenti”

Successivamente anche il The Lancet ed il British Medical Journal denunciarono le scarse cure mediche prestate.

Lo scrittore indiano Aroup Chatterjee, nel suo manoscritto “Mother Teresa, the final verdict” critica le continue posizione politiche espresse da Teresa e ne critica anche la gestione monetaria delle donazioni.

Donazioni che sono state ricevute anche da personaggi discutibili, come l’ex dittatore di Haiti e Charles Keating, che donò all’associazione buona parte dei suoi proventi ricavati da truffe.

Nelle 60 lettere che Teresa scrisse e rilasciate nel libro “sii la mia luce” nel 2007, scrive:

C’è un oscurità terribile in me, come se qualsiasi cosa sia morto, sin dal primo giorno di lavoro.

Da questo piccolo estratto si può evincere una mancanza di lucidità da parte sua.

Una persona con questo genere di pensieri sarebbe stata allontanata dalla comunità medica e, continuando:

“Mormoro le preghiere della Comunità e mi sforzo per trarre da ogni parola la dolcezza che essa deve regalare, ma la mia preghiera di unione non esiste più, io non prego più”

Teresa, prima della sua morte, aveva chiesto esplicitamente di bruciare le lettere.

Serge Larivée, professor dell’Università di Montreal assieme a Geneviève Chénard e a Carole Sénéchal (psicologa dell’Università di Ottawa) proseguirono una ricerca su di lei, confrontando più di 300 documenti e scrivono una tesi dalla quale si evince che:

“il modo piuttosto discutibile di prendersi cura dei malati, i suoi contatti politici e, soprattutto, la sua gestione sospetta delle enormi somme di denaro che ha ricevuto con le donazioni”.

Infatti al momento della sua morte, la missionaria aveva aperto 517 missioni per accogliere i poveri ed i malati in più di 100 paesi.

Le missioni però sono state descritte come “case per moribondi” da parte di medici che le hanno visitate.

La mancanza di igiene, il cibo inadeguato e l’assenza di antidolorifici non erano legata ad un problema di soldi – la Fondazione creata dalla religiosa ha raccolto centinaia di milioni di dollari – quanto piuttosto ad una particolare concezione della sofferenza e della morte di Maria Teresa.

“C’è qualcosa di bello nel vedere i poveri accettare il loro destino, vederli soffrire la passione di Cristo. Penso che il mondo tragga molto giovamento dalla sofferenza della povera gente”

Così, Maria Teresa di Calcutta rispose alle critiche.

Numero2917.

 

Come si fa a capire chi è veramente un buon amico?

 

da QUORA

 

Scrive Emanuele De Feo, corrispondente di QUORA

 

Papà mi diceva…
per capire chi è un buon amico
organizza una festa
fai una festa bellissima
prendi buone birre
e dei vini sopra i tredici
prendi del buon cibo
e che la musica di sottofondo
sia bella, che possa accogliere tutti
mettila alta
ma non troppo
lascia che i vostri dialoghi
non vengano coperti dagli assoli,
invita amici, mi diceva, invitane tanti,
invita tutti gli amici che conosci

e poi finita la festa
lascia che ognuno prenda la via
che preferisce,
non forzare nessuno a rimanere
non convincere
non prolungare mai la festa
che le feste hanno origini più antiche di noi,
sanno loro quando finire,
tu saluta e augura la buonanotte a tutti
e osserva

osserva bene chi di sua volontà
resta ad aiutarti,
chi ti aiuterà a lavare i piatti
chi ti aiuterà a rimettere a posto
a sistemare le cose,
questi saranno i tuoi buoni amici,
quelli che non ti staranno accanto
solo quando la musica e il vino
gioiranno con le tue buone lune,

i buoni amici
sono quelli che rimarranno
anche quando la tua vita
avrà da offrire solo briciole e disordine

e alla fine di tutto,
mi diceva papà
ricorda, alla fine di ogni bellissima festa
alla fine di ogni momento epico
di ogni grande successo
e di ogni impresa riuscita,
vedrai che accanto a te
resteranno sempre pochissime persone,
ma quelle pochissime
ricordalo sempre,
valgono tutto.

Questo è il metodo che suggerisce Gio Evan, noto scrittore italiano.

Se capisci chi rimane quando la vita ha da offrire solo disordine, allora capirai veramente chi potrai chiamare “amico”.

Numero2892.

 

da QUORA

 

A T E I S M O    E    M O R A L I T A’

 

Alla domanda: Gli atei vogliono fare quello che gli pare senza vincoli morali?

 

Risponde Domenico Zampaglione, corrispondente di QUORA.

 

Questa idea che la morale non possa esistere se non viene dal Dio Cristiano è il fulcro della mente zotica, dell’incultura più bieca. Ma veramente voi baciapile credete che gli antichi prima di Cristo non abbiano avuto principi morali, un timore anche dei loro dei ma pure filosofie che si ponevano il problema del Bene e del Male? Veramente credete che non esistessero anche istituzioni che garantivano uno stile di vita ordinato e delle leggi che ne dettavano i principi? Pensate che i dieci Comandamenti siano la quintessenza della saggezza e che nessuno ben prima abbia pensato a considerare l’omicidio, il furto, la falsa testimonianza e l’adulterio come comportamenti vietati e dannosi per una sana convivenza? Era necessaria una mente divina per concepire queste norme che sembrerebbero ovvie anche a un bambino di quinta elementare? Eh no, Dio le ha incise con il fuoco sulle tavole della legge. E, naturalmente, non attribuite un interesse morale neanche al pensiero laico moderno che, manco a dirlo, ignorate. Bambini siete ma non è colpa vostra, vi hanno formattato la testa come un disco fisso fin dalla più tenera infanzia, tenendovi sotto schiaffo per tutta la vita con la paura dell’inferno. Invece di aver paura dell’intelligenza artificiale dovremmo aver paura della demenza naturale.

 

Risponde Pierangelo Gold, corrispondente di QUORA

 

Questa domanda è una non-domanda. Ti svelo un segreto, pure i teisti fanno quello che vogliono senza vincoli etici e morali, anche perché, per tutte le dottrine teistiche in cui vi è una morale assoluta prescrittiva, questa è indovina un po’, decisa e imposta dal credente. Nel caso ateo hai l’uomo che dice all’uomo cosa deve e non deve fare. Nel caso teista, almeno per quanto riguarda tutte le filosofie morali teocentriche (dato che puoi avere dio senza religione, morale senza religione, religione senza morale e dio senza morale), hai l’uomo che dice a dio o agli dei cosa dire all’uomo riguardo a ciò che l’uomo può o non può fare.

L’unica differenza è che con dio o dei hai una parvenza di assolutezza dato che hai dio che fa da garante della tua morale. Ma non hai nulla che ti garantisca dio in primo luogo e per questo il ragionamento è fallace. Inoltre l’assolutezza dei tuoi principi morali la puoi usare come assioma, togliendo dio dall’equazione (ragionamento ugualmente fallace, ma perlomeno supportato dal guadagno in semplicità strutturale favorito dal rasoio di Occam).

Ma in ambo i casi hai l’uomo che dice all’uomo come comportarsi. Dato che dio non parla mai se non c’è qualcuno che parla per lui.

Quindi la domanda non solo è sbagliata perché parte da presupposti sbagliati (che gli atei vogliano fare quello che vogliono e i teisti no), ma è logicamente mal posta, in quanto si assume si possa avere vincoli etici o morali in primo luogo, quando questi esistono solo in quanto imposti da se stessi o dagli altri. Non esiste legge fisica che ti impedisca di premere il pulsante rosso di annichilazione missilistica termonucleare globale alla Casa Bianca o al Cremlino, le limitazioni sono di tipo pratico o autoimposto. E questo indipendentemente dalla tua posizione filosofica relativa all’esistenza di dio.

Come ultimo appunto voglio inoltre notare l’ipocrisia che caratterizza molti che seguono una morale prescrittiva che può essere di base teistica e/o religiosa, specie per quanto riguarda le religioni abramitiche. Molti sono i principi morali imposti chiaramente dalla dottrina che si afferma di seguire che vengono poi all’occorrenza ignorati, reinterpretati, ridimensionati o comunque piegati alle proprie convenienze. Quindi sia atei che teisti vogliono fare ciò che più pare e piace a loro (anche perché è un identità questa: uno vuole fare quello che vuole fare), senza vincoli morali/etici (che non esistono in senso assoluto), l’unica differenza è che se uno segue una dottrina filosofica che impone una morale allora si ha questo tipo di timbro/certificazione, doppio timbro se ci metti anche dio/gli dei in mezzo, che però non vale assolutamente nulla per tutti quelli che non seguono quel tipo di morale lì e che perciò non riconoscono l’autorità o il significato di quel timbro. Dopotutto se uno non è cristiano le uova benedette sono totalmente identiche e irriconoscibili dalle uova non benedette.

 

Risponde Vincenzo Chiaravalle, corrispondente di QUORA

 

Non credere che esista un dio è una questione che niente ha a che vedere con ciò che uno pensa sia giusto o sbagliato. Non viene da chiedersi qual è la fonte della morale per i vegetariani, o qual è la fonte della morale per i programmatori di software… L’ateismo non è una posizione sul bene e sul male, non è una posizione etica. Perciò, ogni ateo deriva la propria morale da quello che gli pare, come gli pare.

Non esiste per gli atei una filosofia morale univoca o vincolata. Sarebbe come chiedere qual è la fonte della moralità per i credenti in generale, mettendo da parte il fatto evidente che credenti diversi hanno fedi diverse e sistemi morali completamente diversi tra loro, spesso anche tra denominazioni diverse della medesima confessione religiosa. Non tutti i credenti aderiscono a teorie del comando divino, perciò non si può neanche dire che siano tutti concordi sull’individuare nella divinità la fonte della morale. La verità — se vuoi saperla tutta — e che non ho mai conosciuto due cristiani convinti che frequentassero la stessa chiesa tutti i giorni e che la pensassero allo stesso modo. Se vuoi farli litigare, fagli domande elementari su quello che pensano, e scopriranno in cinque minuti che non hanno un fico secco in comune…

Pensare che la religione sia morale è già una forzatura. Pensare che la religione abbia qualche particolare vantaggio dal punto di vista etico, sia un presupposto necessario della morale, o che addirittura abbia un’esclusiva sulla morale, sono stupidaggini alle quali non mi applico neanche. Chi lo pensa è libero di pensarlo, ma non voglio averci niente a che fare.

Nessuno si comporta in maniera moralmente corretta grazie alla religione. Tanti religiosi riescono a compiere buone scelte morali nonostante le imposizioni della loro fede, che è ben diverso.

 

Risponde Cesare, corrispondente di QUORA

 

I vincoli morali che derivano dalla società in cui viviamo, ben più precisi e aggiornati rispetto a quelli di antiche tribù di pastori, bastano e avanzano per vivere rettamente e fare del bene.
Siete voi credenti che avete bisogno di un ente immaginario per comportarvi bene, secondo il principio del bastone (inferno) e della carota (paradiso) fondato su caratteri comportamentali tipici degli asini.

 

 

 

Numero2877.

 

G R A N D I    V E R I T A’    D E L L A    S T O R I A    (Anche quella di tutti noi)

 

“Sono venuto a seppellire Cesare,

non a farne l’elogio.

Il male che un uomo fa

gli sopravvive;

il bene, spesso, resta

sepolto con le sue ossa.”

 

Orazione di Marco Antonio     dal    “Giulio Cesare”   di  William Shakespeare.