Numero2909.

 

P O E S I A    A    S A N R E M O

 

M A R I P O S A    di Fiorella  Mannoia         ovvero l’orgoglio femminile

premiata dalla Giuria del Festival 2024 per il miglior testo.

 

Sono la strega in cima al rogo
Una farfalla che imbraccia il fucile
Una regina senza trono
Una corona di arancio e di spine
Sono una fiamma tra le onde del mare
Sono una sposa sopra l’altare
Un grido nel silenzio che si perde nell’universo
Sono il coraggio che genera il mondo
Sono uno specchio che si è rotto
Sono l’amore, un canto, il corpo
Un vestito troppo corto
Una voglia un desiderio
Sono le quinte di un palcoscenico
Una città, un impero
Una metà sono l’intero
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Ho vissuto in un diario, in un poema e poi in un campo
Ho amato in un bordello e mentito non sai quanto
Sono sincera sono bugiarda
Sono volubile, sono testarda
L’illusione che ti incanta
La risposta e la domanda
Sono la moda, l’amore e il vanto
Sono una madonna e il pianto
Sono stupore e meraviglia,
Sono negazione e orgasmo
Nascosta dietro a un velo
Profonda come un mistero
Sono la terra, sono il cielo
Valgo oro e meno di zero
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
E anche nel buio sono libera, orgogliosa e canto
Sono stata tua e di tutti di nessuno e di nessun altro
Con le scarpe e a piedi nudi
Nel deserto e anche nel fango
Una nessuna centomila
Madre, figlia, luna nuova, sorella, amica mia
Io ti do la mia parola
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
Ma nel profondo sono libera, orgogliosa e canto
Mi chiamano con tutti i nomi
Con tutti quelli che mi hanno dato
E per sempre sarò libera, e orgogliosa canto!

Numero2860.

 

Frasi tipiche delle persone insicure

Ana Maria Sepe    Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

L’insicurezza è uno stato emotivo caratterizzato da sentimenti di incertezza, dubbi e mancanza di fiducia in se stessi. Si manifesta attraverso pensieri negativi riguardo alle proprie abilità, il proprio valore e la propria capacità di affrontare le sfide della vita. L’insicurezza può influenzare molti aspetti della vita di una persona, tra cui le relazioni interpersonali, il lavoro, gli studi e il benessere emotivo generale.

Come nasce l’insicurezza

L’insicurezza è un sentimento di incertezza, dubbio e mancanza di fiducia in se stessi. Può influenzare molti aspetti della vita di una persona, tra cui le relazioni personali, il lavoro, le performance accademiche e il benessere emotivo. Le cause dell’insicurezza possono essere complesse e multiformi, risultando dall’interazione di diversi fattori.

L’insicurezza può manifestarsi in diversi modi. Alcune persone possono avere una bassa autostima e una visione negativa di sé stesse. Si sentono inadeguate e pensano di non essere all’altezza delle aspettative degli altri. Altre persone possono manifestare insicurezza attraverso l’eccessiva autocritica e il perfezionismo. Sono sempre preoccupate di fare errori o non raggiungere i propri obiettivi.

Ci sono diversi fattori che possono contribuire all’insorgenza dell’insicurezza. Le esperienze negative del passato, come il trauma, il bullismo o gli abusi, possono influenzare profondamente la fiducia in se stessi di una persona. L’ambiente familiare svolge un ruolo importante nello sviluppo dell’insicurezza. Se una persona cresce in un ambiente in cui manca il sostegno emotivo e l’approvazione, può sviluppare un senso di insicurezza riguardo al proprio valore e alle proprie capacità.

La comparazione sociale è un altro fattore che alimenta l’insicurezza. Le persone tendono a confrontarsi con gli altri, misurando il proprio valore in base a ideali culturali o sociali. I mezzi di comunicazione e i social media possono amplificare questo confronto, portando a una percezione distorta della realtà e a sentimenti di insicurezza. Di seguito, analizzeremo alcuni dei principali fattori che possono contribuire alla nascita dell’insicurezza.

Esperienze negative passate

Le esperienze negative, come il trauma, il bullismo, gli abusi o il fallimento, possono avere un impatto significativo sull’autostima e sulla fiducia in se stessi. Ad esempio, se una persona è stata costantemente criticata o derisa durante l’infanzia, potrebbe sviluppare una visione negativa di sé stessa e una paura costante di essere giudicata dagli altri.

Ambiente familiare

L’ambiente familiare svolge un ruolo cruciale nello sviluppo dell’insicurezza. Se un bambino cresce in un ambiente in cui manca il sostegno emotivo, l’affetto e l’approvazione, potrebbe sviluppare un senso di insicurezza riguardo al proprio valore e alle proprie capacità. Le critiche costanti, l’assenza di limiti chiari o il confronto costante con i fratelli/sorelle possono minare l’autostima di un individuo e generare insicurezza.

Comparazione sociale

La comparazione sociale è un altro fattore che può alimentare l’insicurezza. Viviamo in una società che spesso promuove l’idea di “misure di successo” come bellezza, ricchezza, popolarità e successo professionale. Le persone insicure tendono a confrontarsi con gli altri, misurando il proprio valore in base a queste misure e ritrovandosi spesso in una posizione di svantaggio. I social media, in particolare, possono amplificare il confronto sociale, poiché le persone tendono a mostrare le loro vite sotto una luce positiva, creando una percezione distorta della realtà.

Mancanza di successi o riconoscimenti

L’incapacità di raggiungere obiettivi personali o professionali, o la mancanza di riconoscimenti per i propri successi, può minare la fiducia in se stessi e alimentare l’insicurezza. Ad esempio, se una persona non riesce a ottenere un lavoro desiderato o viene respinta da una relazione romantica, potrebbe iniziare a dubitare delle proprie capacità e del proprio valore.

Messaggi culturali e sociali

Le norme culturali e sociali influenzano anche l’autostima e la sicurezza personale. Ad esempio, i messaggi che attribuiscono maggior valore a determinati tratti fisici o caratteristiche personali possono far sentire le persone insicure se non corrispondono a questi ideali. Inoltre, i pregiudizi legati al genere, all’età, all’etnia o ad altre caratteristiche possono alimentare l’insicurezza, facendo sentire le persone come se non fossero all’altezza degli standard imposti dalla società.

Fallimenti e critiche

L’esperienza di fallimenti o il ricevere critiche può mettere a dura prova l’autostima e generare insicurezza. Le persone insicure tendono a percepire i fallimenti come prove concrete della loro inadeguatezza e si focalizzano maggiormente sui commenti negativi, ignorando gli elogi o i successi che possono aver raggiunto.

Autocritica e perfezionismo

L’autocritica e il perfezionismo eccessivi sono spesso legati all’insicurezza. Le persone insicure tendono ad avere aspettative irrealistiche su di sé e a concentrarsi sugli errori o sulle imperfezioni, senza riconoscere i propri punti di forza. Questo atteggiamento critico può alimentare un ciclo di insicurezza, poiché non importa quanto successo raggiungano, si sentiranno sempre inadeguate.

Mancanza di fiducia nelle proprie abilità

L’insicurezza può derivare anche da una mancanza di fiducia nelle proprie abilità. Le persone insicure possono sottostimare le proprie capacità o temere di non essere in grado di affrontare nuove sfide. Questa mancanza di fiducia può limitare la propria crescita personale e professionale, alimentando l’insicurezza stessa.

Frasi tipiche delle persone insicure

Le frasi tipiche delle persone insicure possono variare a seconda del contesto, ma ecco alcuni esempi comuni:

“Non sono mai abbastanza bravo/a in niente.”
“Mi sento sempre inferiore agli altri.”
“Ho paura di deludere le persone che mi circondano.”
“Non credo di poter fare nulla di valore.”
“Mi sento sempre giudicato/a dagli altri.”
“Le mie opinioni non contano.”
“Non sono all’altezza delle aspettative degli altri.”
“Mi preoccupo costantemente di cosa pensano gli altri di me.”
“Ho sempre paura di sbagliare.”

“Mi sento insicuro/a della mia apparenza fisica.”
“Penso sempre che gli altri siano migliori di me.”
“Ho difficoltà a prendere decisioni perché ho paura di sbagliare.”
“Mi sento inadeguato/a in confronto agli altri.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza intelligente.”
“Ho timore di mostrare il mio vero io alle persone.”
“Mi sento in competizione costante con gli altri.”
“Non credo di meritare il successo o la felicità.”

“Mi confronto costantemente con gli altri e mi sento sempre inferiore.”
“Mi preoccupo di essere abbandonato/a dalle persone che amo.”
“Mi sento a disagio in situazioni sociali.”
“Ho paura di essere rifiutato/a dagli altri.”
“Mi sento inadatto/a nel mondo del lavoro.”
“Mi preoccupo di essere considerato/a un fallimento.”
“Mi sento inadeguato/a nelle relazioni romantiche.”
“Ho difficoltà a credere nei complimenti che mi fanno.”

“Mi sento spesso fuori posto.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza interessante per gli altri.”
“Mi sento insicuro/a delle mie capacità.”
“Penso sempre che gli altri mi giudichino negativamente.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza attraente per gli altri.”
“Mi sento fuori controllo della mia vita.”
“Mi preoccupo di fare brutte figure in pubblico.”
“Mi sento bloccato/a dai miei timori e insicurezze.”
“Ho difficoltà a fidarmi degli altri.”

“Mi preoccupo di essere considerato/a un peso dagli altri.”
“Mi sento a disagio nel parlare in pubblico.”
“Mi preoccupa di non essere abbastanza bravo/a nella mia carriera.”
“Mi sento in colpa per tutto.”
“Mi preoccupo di essere giudicato/a per le mie scelte di vita.”
“Mi sento inadeguato/a come genitore.”
“Mi preoccupo di essere abbandonato/a dagli amici.”
“Mi sento sempre sotto pressione per piacere agli altri.”

“Mi preoccupo di non essere abbastanza diligente nel lavoro.”
“Mi sento inadeguato/a nel prendere decisioni importanti.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza creativo/a o talentuoso/a.”
“Mi sento sempre insoddisfatto/a di me stesso/a.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza amato/a.”
“Mi sento sempre in competizione con gli altri per dimostrare il mio valore.”
“Mi preoccupo di non essere abbastanza in forma o atletico/a.”
“Mi sento costantemente in ansia riguardo al futuro.”

L’insicurezza può colpire le persone in modi diversi, quindi queste frasi potrebbero non rappresentare tutte le sfumature dell’insicurezza. Se tu o qualcuno che conosci sta lottando con l’insicurezza, può essere utile cercare il supporto di un professionista qualificato come uno psicologo o uno psicoterapeuta.

Come diventare più sicuri

Attraverso l’autoriflessione, il lavoro sul proprio atteggiamento mentale, l’identificazione e il superamento dei modelli di pensiero negativi, l’acquisizione di nuove competenze e il rafforzamento delle relazioni interpersonali, è possibile sviluppare una maggiore sicurezza in se stessi e un senso di valore personale. È un processo che richiede tempo, pazienza e impegno, ma può portare a un benessere emotivo duraturo e a una visione più positiva di sé stessi. Non sei solo/a.

Accetta che provare insicurezza è normale e umano. Riconosci che le emozioni, comprese quelle negative, fanno parte dell’esperienza umana e non devono essere evitate o negate. Considera l’insicurezza come un’opportunità di crescita e apprendimento. Osserva le situazioni in cui ti senti insicuro/a come possibilità di acquisire nuove competenze, migliorare e sviluppare una maggiore resilienza emotiva. Ricorda che superare la paura di sentirsi insicuri richiede tempo e impegno. Sii gentile con te stesso/a durante questo processo e ricorda che tutti affrontano sfide simili. Con il tempo, potrai sviluppare una maggiore fiducia in te stesso/a e affrontare l’insicurezza con maggiore serenità.

Numero2859.

 

Comportamenti tipici di chi si trascina un vissuto difficile

Ana Maria Sepe    Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

Crediamo di essere indegni di felicità, di piacere, d’amore o della realizzazione. Tutti abbiamo una “ferita centrale” nel profondo che varia in base alle nostre circostanze ed esperienze. Questa profonda e fondamentale ferita è il risultato delle credenze che ci hanno insegnato fin dalla nascita, contribuendo alla difettosa immagine di noi stessi che continuiamo a portarci dietro fino ad oggi. Le nostre ferite fondamentali sono i nostri dolori più profondi nella vita. Sono i nostri amici più vecchi e più miserabili. Per la maggior parte di noi, queste ferite interiori sono governate dalle seguenti due convinzioni errate:

  • “Sono imperfetto e quindi una persona cattiva.”
  • “Devo cambiare o sistemare qualcosa di me per essere accettabile.”

Riconoscere di avere una ferita interiore

Può essere molto difficile riconoscere di avere una ferita interiore legata agli errori (spesso involontari o inconsapevoli) compiuti dalla figura di accudimento, quella che più di tutte avrebbe dovuto proteggerci, accudirci, accoglierci e insegnarci a diventare sicuri e forti.

Da bambini infatti, assorbiamo tutto ciò che ci viene detto su di noi come se fosse una “verità incontrovertibile” un dato di fatto solido e assodato che non potrà cambiare mai: “sei pigro”, oppure “sei un bambino cattivo” o altro, sono espressioni che il bambino assorbe e fa proprie senza avere la capacità di poterle mettere in discussione, né di comprendere che spesso si tratta di affermazioni imprecise e parziali. In tal modo cresce diventando un adulto che è ancora – spesso inconsapevolmente – profondamente convinto di essere pigro o cattivo, e si comporta di conseguenza, dando per scontato che si tratti di una verità assoluta e immodificabile.

Un’altra ragione che rende difficile comprendere di aver avuto relazioni di accudimento disfunzionali, è legata al fatto che ogni bambino tende a credere che ciò che accade in casa sia “normale”, che accada allo stesso modo in tutte le altre famiglie: penserà che suo papà alza le mani perché “è stanco” oppure “perché mi comporto male”, o che la mamma è arrabbiata o infastidita perché “sono un cattivo bambino che dà fastidio”.

Non è infrequente comprendere che qualcosa non va nella propria famiglia, in seguito all’aver sperimentato cosa accade in altre famiglie, dove magari le figure di accudimento sono più gentili, amorevoli e disponibili. E’ difficile accettare l’idea che il dolore che abbiamo dentro, le difficoltà che viviamo nelle relazioni con le altre persone – specialmente con il/la partner – originano dal modo in cui proprio nostra madre ci ha trattati da bambini (se lei è stata la figura di accudimento principale).

Si tende così a normalizzare, giustificare, negare certi comportamenti, senza che vi sia una vera e profonda comprensione di come sono andate le cose, e delle motivazioni che le hanno prodotte, unica via questa per poter passare dalla comprensione all’accoglimento del passato per ciò che è stato e, infine, al perdono.

Cosa ha interiorizzato chi ha avuto un vissuto difficile

Per procedere dal percorso di comprensione e accettazione di ciò che è stato alla costruzione di uno stile relazionale più sano e gratificante, possiamo partire dal mettere in discussione alcuni falsi miti sui quali spesso poggiano convinzioni, atteggiamenti e comportamenti che automaticamente si esprimono nelle relazioni con gli altri:

1. L’amore va guadagnato

Probabilmente, a causa del modo controllante, giudicante o carico di aspettative in cui siamo stati cresciuti, abbiamo imparato che l’amore non è mai gratuito, ma deve essere meritato e guadagnato dandosi da fare per gli altri, accondiscendendo alle loro richieste oppure cercando di “non dare fastidio” con bisogni e richieste.

2. Bisogna nascondere i propri sentimenti

La lezione si impara quando i genitori si arrabbiano o prendono in giro un figlio a causa della sua sensibilità, chiamandolo  “piagnucolone” o accusandolo di essere esagerato o troppo sensibile. I bambini in genere rispondono a questo comportamento, costruendosi una sorta di “barriera” dietro alla quale nascondere i loro sentimenti e le loro emozioni, prendendo le distanze e proteggendosi da queste. Così facendo però, perdono anche l’opportunità di sviluppare adeguate abilità di gestione delle emozioni stesse.

3. La cosa più importante sono le apparenze

Questo si apprende da un genitore particolarmente votato a curare le apparenze, che tratta i propri figli come “estensioni di sé”, pretendendo da questi di fargli/le fare sempre bella figura quando sono in pubblico. Il bambino dunque impara che ciò che conta veramente, per essere “amati” dal genitore, non è tanto esprimere il proprio sé, quanto piuttosto dimostrare le apparenze esteriori e le aspettative che contano..

4. E’ meglio non mostrarsi per ciò che si è

La critica e la svalutazione costanti subite dalle figure di accudimento portano il bambino ad assumere comportamenti finalizzati a soddisfare e accontentare i genitori, a fare qualsiasi cosa per sentirsi approvati e apprezzati da questi. Questo processo può portare alla costruzione di un “sé falso”, finalizzato a piacere al genitore, e a imparare a nascondere e non mostrare ciò che si è veramente, fino a perdere quasi il contatto con ciò che si ama davvero e che rende davvero felici.

(N.d.R.: questo tipo di bambino/a, durante tutta la sua vita, andrà sempre alla ricerca di un partner che lo accetti per quello che è: sarebbe quello l’amore che non ha avuto da piccolo/a, perché le figure genitoriali (una o entrambe) lo “condizionavano”. Invece di ricevere affetto senza contropartite, aveva ottenuto l’accudimento solo a patto di obbedienza e rispetto: un pesante ricatto psicologico che adoperava una leva formidabile come quella inculcata dal senso di colpa, che si instaurava, in un lancinante stillicidio, con la sottolineatura dei difetti e mai dei pregi del bambino/a).

5. Occorre controllare il proprio ruolo nella relazione

Quando si è sperimentato un legame di attaccamento con un genitore non amorevole, la relazione non è mai veramente reciproca, perché i comportamenti del genitore nei confronti del bambino gli insegnano che in una relazione c’è sempre un elemento forte e uno debole e che occorre, per proteggersi, mantenere il controllo, cercando di non essere o diventare l’elemento debole.

6. Non sei abbastanza

Svalutazione, giudizio costante, atteggiamento ipercritico delle figure genitoriali, uniti alla mancanza di validazione e supporto sono responsabili dell’origine di questa convinzione di fondo, che opera silenziosamente e in modo dannoso nella costruzione delle future relazioni.

7. Hai meritato di essere trattato male

In presenza di genitori maltrattanti è molto più facile per il bambino giungere alla conclusione di meritare i maltrattamenti, piuttosto che prendersela con chi dovrebbe accudirli e proteggerli amorevolmente. Prendersela con se stessi del resto, serve a molti scopi, non ultimo quello di mantenere in vita – una volta adulti – una relazione abusante.

(N.d.R.: La relazione abusante diventerà normale in tutta la vita. Inconsciamente il bambino/a, diventato adulto/a, non crede che ci sia un altro tipo di rapporto psicologicamente e affettivamente più appagante di questa “comfort zone”, alla quale si è allenato/a ed adagiato/a. Anzi, se lo terrà ben stretto perché costituirà l’unica certezza garantita, anche a costo di vessazioni, angherie e rinunce alle proprie libertà ed espressioni personali).

8. Devi piacere e accontentare gli altri

Pur di andare d’accordo con l’altro – per averlo accanto, per sentirsi apprezzati o non sentirsi in colpa – ci si limita, si rinuncia a far valere la propria voce e ad esprimere se stessi, fino ad annullarsi.

9. L’intimità è pericolosa

Tipica posizione di coloro che hanno sviluppato uno stile di attaccamento evitante e logica conclusione delle relazioni avute con le figure di attaccamento – verosimilmente fredde e indisponibili – dell’infanzia.

Il primo passo per risanare le nostre ferite interiori

Mettere in discussione queste posizioni ed affermazioni – più o meno consapevoli – apprese durante l’infanzia attraverso le relazioni di attaccamento, è un passo importante verso un maggior benessere e relazioni interpersonali e sentimentali gratificanti. Ma prima ancora di poterle mettere in discussione, occorre imparare a individuarle dentro di noi: possiamo farlo portando l’attenzione consapevolmente su certi nostri comportamenti che tendono a ripetersi, e sul nostro dialogo interno nelle situazioni interpersonali.

Può essere utile iniziare a chiedere a noi stessi cosa pensiamo automaticamente di noi e dell’altro, nelle situazioni in cui magari ci sentiamo più vulnerabili o bisognosi: sentiamo di meritare le cure e le attenzioni dell’altro? Riusciamo a chiedere ciò di cui abbiamo bisogno o desiderio? Ci aspettiamo che l’altro possa venirci incontro? Ci fidiamo?

Puoi farcela … A darti quel permesso!!!

Il permesso è quella scelta che fai e che è diversa dalle solite scelte che ripeti da una vita. Esempi. Posso mostrarmi in difficoltà… Mi permetto di dire no… Scelgo di riposarmi… Oppure:

  • Solitamente tieni duro… Ti permetti di mollare!
  • Solitamente fai da solo… Ti permetti di chiedere aiuto!
  • Solitamente trattieni le tue emozioni… Ti permetti di esprimerle!
  • Solitamente reagisci d’impulso… Ti permetti di riflettere un po’ meglio prima di agire!
  • Solitamente non esprimi il tuo pensiero per paura del giudizio… Ti permetti di dire la tua!
  • Solitamente accondiscendi alle richieste altrui anche quando sono eccessive… Ti permetti di dire no e sì in base ad una tua valutazione specifica della situazione!

TROVA IL TUO SOLITO … E DATTI IL TUO PERMESSO!

“Finalmente ce la fai…” perché è veramente la fatica di una vita quella di cambiare ciò che da una vita siamo abituati a fare!!!
Trova l’abitudine di una vita… E prova il permesso per iniziare oggi una nuova vita!
Provando a cambiare ciò che hai sempre fatto, avrai modo di capire perché per te è difficile, perché tendi a ripetere gli stessi schemi da una vita, perché hai paura di cambiare, perché è fondamentale iniziare a fare qualcosa di diverso al fine di migliorare la qualità della tua vita, delle tue scelte, delle tue relazioni.

È proprio necessario cambiare? È proprio necessario darsi questi permessi? Certo che no. È sempre una scelta… Del resto, alcuni modi di essere, pensare e agire che ci portiamo da una vita ancora oggi orientano in modo utile le scelte che facciamo. Quando, allora, è l’ora di nuovi permessi? Quando arriva la sofferenza, quando la vita ci chiede flessibilità, quando le circostanze esterne cambiano in modo significativo, quando stiamo trascurando i nostri bisogni, quando cominciamo ad avere problemi interpersonali importanti, quando siamo confusi, quando arrivano sintomi e malesseri fisici e psicologici ad invitarci a rivisitare il rapporto tra “ciò che devo”, “ciò che non devo”, “ciò che posso”.

La voglia di riscattarsi e… rinascere!

C’è una cosa che hanno in comune tutte le persone che hanno vissuto un’infanzia difficile: hanno voglia di riscattarsi! Il dolore, i torti, annichiliscono ma al contempo alimentano rabbia e frustrazione. È nella rabbia dell’ingiustizia subita che si può trovare il seme della reattività, il motore che può innescare un processo trasformativo utilissimo. Ogni giorno siamo artefici della nostra stessa evoluzione, siamo responsabili delle maschere che indossiamo, delle parole che diciamo… anche se non ne siamo consapevoli.

In realtà, esistono due modalità di vita: la prima ci pone come individui passivi-reattivi, cioè ci fa limitare a reagire alle cose che ci capitano nella vita. Ci fa vivere, quindi, in funzione del comportamento degli altri. Una modalità di vita molto più sudata (perché richiede esercizio, una buona dose di distacco, regolazione delle emozioni e tanta tanta riflessione) è la modalità attivo-reattivo. In questo caso, le persone non si limitano a reagire a ciò che capita ma sono pienamente artefici della propria vita, riescono a gestire le proprie maschere, a ridimensionarle o a distruggerle

(N.d.R.: Ironia linguistica: La parola “maschera”, in latino , che è la lingua da cui deriva l’Italiano, è tradotta dal termine “persona”. I personaggi delle rappresentazioni teatrali antiche così si chiamavano perché indossavano le “maschere”, che erano dei  grossi faccioni di cartapesta o altri materiali, e che avevano due funzioni: la prima era quella di caricaturare gli attori, esagerando le caratteristiche tragiche o comiche degli stessi; la seconda era quella di fungere da amplificatori sonori (il verbo latino personare = suonare attraverso). Non vi erano, infatti, microfoni e, per quanto l’acustica delle cavee degli anfiteatri fosse eccezionale, la voce doveva essere sentita fino agli ultimi posti  delle scalee. Nella “recita” delle nostre vite, noi “persone” siamo veramente delle “maschere”: interpretiamo e recitiamo la parte che gli altri (genitori, coniuge, figli, datore di lavoro, società e via dicendo) ci hanno assegnato. Quando toccherà a noi interpretare noi stessi e il ruolo che ci sentiamo ritagliato, proprio da noi e per noi? Ecco perché un numero sempre più grande di esseri umani, oggi e con la vita di oggi, aspira sempre più ardentemente ad una “second life”, una seconda vita che a loro appartenga compiutamente, e permetta a loro di essere veramente “persone” interpretando se stessi).

Numero2857.

 

Le frasi tipiche delle persone che hanno una intelligenza emotiva superiore alla media

Ana Maria Sepe     Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.

 

Esistono due tipi di intelligenza, una razionale con la quale capiamo le cose concrete, palpabili, e una emotiva con la quale riusciamo ad analizzare il complicato meccanismo delle emozioni umane, i nostri sentimenti e quelli degli altri e ad agire di conseguenza. Ci affidiamo alla logica e alla ragione per affrontare la vita di ogni giorno, eppure dopo lunghe pause di riflessione, arriviamo alle stesse conclusioni a cui potremmo giungere in un batter d’occhio senza pensarci troppo.

Intelligenza emotiva ed emozioni

Le emozioni, siano esse positive o negative, sono mediatori complessi fra mondo esterno ed interno e variano da soggetto a soggetto in base alla loro piacevolezza o meno, alla compatibilità con i sistemi di credenza o norme sociali di riferimento… ma non sono attivate su una base oggettiva (l’evento in sé), quanto dalla lettura che ognuno ne dà in un dato momento e che agganciano o generano ciò che la moderna psicologia chiama un ‘risentito’.

Qui entra in gioco l’Intelligenza emotiva (descritta dagli anni ’80 da “Daniel Goleman”), secondo cui le persone possono gestire e canalizzare le proprie emozioni (fino all’estremo, soffocante controllo), oppure lasciarsi andare emotivamente alle emozioni (fino all’estremo dominio di queste ultime sui vari aspetti esistenziali).

Per Daniel Goleman, il modo di comportarsi dipende da una intelligenza razionale (Quoziente Intellettivo = QI) e da una intelligenza emotiva (Quoziente Emotivo = QE). L’empatia, la gentilezza, la disponibilità, l’umiltà, l’ironia, la simpatia, la voglia di divertirsi anche lavorando: queste sono alcune delle caratteristiche presenti in coloro che invece posseggono una buona dose di QE.

Perché l’intelligenza emotiva è più importante dell’intelligenza razionale?

A differenza dell’intelligenza razionale, quella emotiva ha la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire consapevolmente le proprie emozioni, ma anche quelle degli altri. L’intelligenza emotiva si rivolge, quindi, all’osservazione e all’analisi del meccanismo delle emozioni umane.

Secondo questa teoria psicologica, oramai largamente accettata in seguito alle importanti scoperte della neuroscienza, l’individuo ‘eccellente’ sarebbe dotato di una migliore capacità emotiva , conoscerebbe bene se stesso e le proprie emozioni e di conseguenza possiederebbe gli strumenti per accedere anche ai sentimenti degli altri instaurando rapporti di empatia e di comunicazione molto efficaci nell’ambito della famiglia, del lavoro, delle amicizie e delle relazioni interpersonali in genere.

Frasi che dimostrano un intelligenza emotiva superiore alla media

Esistono alcune espressioni che accomunano quasi tutti coloro che hanno un’intelligenza emotiva maggiore rispetto alla media. Ecco 13 espressioni comuni che, se pronunciate ogni giorno, denotano un’intelligenza emotiva superiore “rispetto alla maggior parte delle persone”.

Nota bene: Naturalmente non è detto che tu non sia più intelligente emotivamente se non ti rispecchi in tutto ciò che trovi di seguito. Potresti anche avere solo uno o due di questi tratti tipici di chi possiede una intelligenza emotiva abbastanza spiccata. Anzi, questo articolo è un invito a riflettere sul modo di interagire con il nostro interlocutore. La capacità introspettiva è la diretta conseguenza dell’intelligenza emotiva.

1. “Potresti dirmi di più al riguardo?”

Le persone prive di autocoscienza si preoccupano solo dei propri pensieri e delle proprie opinioni. Le persone emotivamente intelligenti, invece, sono interessate a come si sentono gli altri e a cosa hanno da dire. Comunicano in un modo tale da incoraggiare le persone a parlare dei loro sentimenti ed esperienze. Fanno tesoro di come la gente si racconta perché è motivo di opportunità di apprendimento.

2. “Ti ascolto”

Dicendo a qualcuno che lo capisci, crei un ascolto empatico. L’ascolto implica riconoscere e accettare l’altro come persona, dando valore e riconoscendone la dignità. “Ascoltare” significa anche comprendere le emozioni dell’altro e ciò che non viene detto. Saper ascoltare veramente genera fiducia e accoglienza reciproca. È la base di ogni vero rapporto interpersonale e sociale

3. “Capisco quello che stai dicendo, ma…”

Questa frase evidenzia un altro aspetto importante dell’intelligenza emotiva: la capacità di agire in modo assertivo quando si tratta di persone e situazioni difficili. Se non sei d’accordo con qualcuno, esprimilo in modo delicato e non conflittuale. L’obiettivo è facilitare il raggiungimento di una soluzione reciprocamente accettabile. Essere educati non è solo un segno di elevata intelligenza emotiva, ma anche un modo di mostrare rispetto per gli altri

4. “Come ti senti al riguardo?”

Per far sentire le persone accettate e rispettate, presta attenzione e prenditi del tempo per capirle ed entrare in empatia con loro. Mentre ascolti, sforzati di metterti nei loro panni in modo significativo.

5. “Non sono sicuro di cosa c’è che non va. Potresti spiegarmi il problema?”

Con questa frase sai che qualcuno sta avendo un problema e, invece di reagire negativamente, lo inviti a condividere i suoi pensieri. Alternative simili: “Puoi chiarirmi meglio?” o “Quello che capisco è che […]. È giusto?”

6. “Cosa vuoi dire?”

Quando chiedi chiarimenti a qualcuno, gli stai chiedendo di dire qualcosa in modo diverso o di fornire maggiori informazioni in modo da capirlo meglio. Ciò è diverso dal chiedere a una persona di ripetere qualcosa.

7. “Ti apprezzo!”

Riconoscere gli sforzi e le conquiste di altre persone è un vero atto di intelligenza emotiva. Mi piace la foto che hai messo, mi piace quello che hai scritto, mi piace quello che pensi. Mi piace, insomma, come appari in quel momento… Altra cosa è comprendere il valore di quella persona, accettandone sia i punti di forza che le debolezze, a prescindere da successi o insuccessi, da pregi e difetti.

Quando fai un complimento a qualcuno, crei immediatamente un’atmosfera positiva.   Un’espressione che comunica il valore a una persona. Una cosa che non ha prezzo. Dire a una persona, o sentirsi dire, “Ti apprezzo”, non ha prezzo. Sembra un gioco di parole o uno slogan pubblicitario, ma la radice di ‘apprezzare’ proviene proprio dall’assegnare un prezzo, dal comprendere il valore di una persona, di un comportamento, di un oggetto.

Dal momento che tutti abbiamo un valore, è un buon esercizio quello di osservare ciò che è da apprezzare in ciascuno, concentrandosi sugli aspetti positivi e su quelli da cui possiamo comunque imparare. Non stupiamoci se il “Ti apprezzo” che abbiamo espresso ritornerà al mittente in breve tempo.

8. “Avete tutti ragione. Vediamo come possiamo lavorare insieme”

Questa frase può aiutarti a superare diplomaticamente dei nodi problematici riconoscendo i diversi punti di vista. Dopo aver incoraggiato tutti a condividere le loro preoccupazioni, puoi risolvere più facilmente un potenziale problema. Gli studi dimostrano che la capacità di risolvere i conflitti è il punto di forza dell’intelligenza emotiva.

9. “Mi piacerebbe il tuo contributo su questo”

Questa frase e altre simili come “Posso avere qualche consiglio da te?” o “Ti dispiace se chiedo qualche spunto?”, sono preziose. Stai permettendo a qualcun altro di sentirsi orgoglioso di se stesso, il che suscita pensieri positivi su di te.

10. “Questa situazione mi rende preoccupato [o confuso o sconvolto]”

Quando si crea un clima di tensione, la persona emotivamente intelligente non si concentra sulla persona che ha innescato tale condizione, ma sulla situazione in generale. In questo modo, non andiamo a incolpare qualcuno e non lo mettiamo sulla difensiva. Invece, stiamo spiegando come ci sentiamo riguardo a quello che è successo, il che ci aiuta a evitare di sembrare passivo-aggressivo o antagonista.

11. “Mi sento così per…”

Quando sei emotivamente intelligente, ti connetti con le tue emozioni mentre accadono, nel momento. Connettersi con sé stessi significa ascoltare le proprie esigenze, osservando attentamente i segnali che il corpo invia alla mente; assecondare le proprie necessità rappresenta il presupposto per vivere in armonia. La possibilità di evolversi emotivamente, conoscendo un po’ più se stesso e ciò che vive dentro non può che portare ad una ricchezza psichica nella propria vita. Un lavoro che ha a che fare con l’implementare l’intelligenza emotiva

12. “Mi dispiace”

A volte si è consapevoli di aver ferito qualcuno… ma di chiedere scusa non se ne parla proprio.​ Sì, perché saper chiedere scusa…implica senso di umiltà e rispetto verso l’interlocutore. Eppure, quella semplice parolina “Mi dispiace” può diventare un modo per entrare in contatto emotivo con sé stessi e con l’altro («mi dispiace se ti ho causato del male»); per imparare a conoscere i confini della propria volontà e la responsabilità verso gli altri; per impegnarsi al cambiamento («cercherò di fare diversamente d’ora in poi»). Il chiedere scusa può assumere quindi un valore che va al di là del singolo gesto; non è solo un modo per chiudere un episodio, ma ci apre a nuove possibilità di crescita.

13. “Grazie!”

La cortesia comune è, purtroppo, non così comune in questi giorni. Dire grazie non è solo sinonimo di educazione, saper ringraziare è una vera e propria capacità emotiva, significa riconoscere, e quindi accettare, il fatto che si ha bisogno l’uno dell’altro. Concetto che è alla base della società! Ma soprattutto, la gratitudine è un valore essenziale per vivere bene con gli altri. Di cosa possiamo essere grati? Di un sorriso incrociato, di una canzone ascoltata alla radio, di una telefonata gradita, di un invito inaspettato, di un parcheggio trovato con facilità. Le cose semplici, non frequenti, non date per scontate, sono i mattoncini di un benessere più duraturo.

L’intelligenza emotiva è la chiave per aprire molte di quelle porte che hai chiuso nel corso della tua vita

Quante volte hai pensato “Se solo avessi reagito diversamente”? Per la maggior parte delle persone è difficile controllare emozioni come impulsività, irritazione o rabbia, salvo poi pentirsi amaramente di quello che hanno detto o fatto. Sviluppare l’Intelligenza emotiva ti metterà al riparo da queste situazioni spiacevoli e imbarazzanti perché ti aiuterà a riconoscere, comprendere e gestire le tue emozioni e quelle degli altri, migliorando notevolmente la qualità della tua vita interiore.

Si nasce due volte, la prima quando vieni al mondo e la seconda, quando decidi di volerti bene.

 

 

 

Numero2718.

 

da QUORA  Raffaella Cattaneo

 

IL NUOVO METODO DANESE PER EDUCARE I BAMBINI ALLA FELICITÀ A SCUOLA E IN FAMIGLIA

 

LA DANIMARCA È DA ANNI AI VERTICI DELLA CLASSIFICA DELLA NAZIONI UNITE SUI PAESI PIÙ FELICI. 

*

COME FANNO?

*

SEMPLICE, EDUCANO I BAMBINI IN MODO EMPATICO ED EQUILIBRATO.

*

VUOI CONOSCERE IL LORO METODO?

*

ORA TE LO SPIEGO!

 

Dopo aver letto il Metodo Danese per crescere bambini felici e aver cercato di applicarlo nell’educazione del mio bimbo con risultati abbastanza buoni ….

… quando è uscito il Nuovo Metodo Danese ho voluto leggerlo subito anche se parla di bambini in età scolastica e adolescenziale ed il mio bimbo va ancora alla scuola materna.

APPLICANDO IL METODO DANESE MI SONO RESA CONTO CHE IL RAPPORTO CON IL MIO BIMBO È MIGLIORATO ED È MENO CONFLITTUALE.

Capita anche a te che il tuo bimbo sia oppositivo in tutto e spesso arrabbiato?

Quando si sente così ho provato a dialogare con lui e a seguire uno dei consigli letti nel Metodo Danese: abbracciarlo almeno 8 volte al giorno.

BEH MAMMA, TI DIRÒ: FUNZIONA!

Ma quando mi spieghi come funziona il metodo?

Eccomi! Ora te lo spiego!

IL NUOVO METODO DANESE, PER BAMBINI IN ETÀ SCOLASTICA ED ADOLESCENTI, SI BASA SU 5 PUNTI FONDAMETALI:

  • FIDUCIA
  • EMPATIA
  • AUTENTICITÀ
  • CORAGGIO
  • HYGGE

Vado ora a riassumerli punto per punto.

FIDUCIA

MAMMA, PROVA A PENSARE A QUANDO IL TUO BIMBO SI ARRAMPICA SU UN ALBERO O SU UNA RECINZIONE.

La prima cosa che ti viene in mente di dirgli è: “Scendi! Stai attento!”, giusto?

Anche a me, è una reazione normale. 

MA DOBBIAMO TRATTENERCI E DARE FIDUCIA AI NOSTRI BIMBI.

Un bambino che si arrampica su un albero sa di essere in grado di farlo. Il suo istinto non lo spinge a fare cose pericolose per lui.

SE IMPEDIAMO AI NOSTRI BIMBI DI ESPLORARE E CONOSCERE LE LORO CAPACITÀ ED I LORO LIMITI NON PERMETTEREMO LORO DI SVILUPPARE L’AUTOSTIMA E LA RESILIENZA, CIOÈ LA CAPACITÀ DI AFFRONTARE E SUPERARE LE DIFFICOLTÀ.

Dire al tuo bimbo “stai attento” significa dubitare delle sue capacità, non avere fiducia in lui.

Molti studi psicologici indicano infatti che i giochi pericolosi, entro i limiti del buon senso naturalmente e spiegando bene loro quali sono i pericoli e come affrontarli, aiutano i bambini a sviluppare la capacità di affrontare le situazioni pericolose. 

Ebbene si! 

Hai capito bene: usare un coltello o arrampicarsi permette loro di capire cosa è rischioso e cosa no. 

I BAMBINI IN QUESTO MODO IMPARANO AD AFFRONTARE IL PERICOLO, COSA CHE NON IMPAREREBBERO SE FATTI CRESCERE SOTTO L’ALA ATTENTA E IPERPROTETTIVA DEI GENITORI.

EMPATIA

PENSA MAMMA, L’EMPATIA È UNA DELLE MATERIE DI INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA DANESE. 

Oltre a scrivere e fare di conto, ai bambini viene anche insegnato a riconoscere le emozioni in loro stessi e negli altri.

Come?

UN’ORA ALMENO ALLA SETTIMANA È DEDICATA AL CONFRONTO FRA I BAMBINI CHE RACCONTANO LE LORO EMOZIONI E SI AIUTANO A VICENDA. 

QUESTO CONTRIBUISCE IN MODO FONDAMENTALE ALL’ELIMINAZIONE DEL RISCHIO BULLISMO.

Anche in famiglia naturalmente il dialogo è fondamentale.

Come faccio?

PARLA TANTO CON IL TUO BIMBO, CERCA DI CAPIRE LE SUE EMOZIONI ED AIUTALO AD INTERPRETARLE. 

Usa con lui espressioni come “ti ho ascoltato e capisco quello che provi”

Devo sempre dargli ragione?

No, naturalmente. Se il tuo bimbo sbaglia devi dirglielo. 

USA PERÒ IL DIALOGO INVECE DELLA PUNIZIONE.

Spiegagli perché sbaglia invece di sgridarlo ed urlare.

Il tuo bimbo capirà meglio e seguirà le tue indicazioni.

Non solo, la prossima volta verrà da te per confrontarsi.

PARLAGLI ANCHE DI QUELLO CHE PROVI TU, SENZA NASCONDERE NULLA.

Ma il mio bimbo è piccolo!

Non fa nulla, coinvolgilo comunque in quello che ti succede, sii sempre sincera con lui e lui lo sarà con te.

E RICORDA SEMPRE: ALMENO 8 ABBRACCI AL GIORNO! 

AUTENTICITÀ

Abbiamo già detto mamma che essere sinceri con i nostri bimbi è molto importante.

TANTO SINCERI DA PARLARE CON LORO APERTAMENTE ANCHE DI ARGOMENTI CONSIDERATI TABÙ COME SESSO E MORTE.

Davvero? Mi imbarazza!

Anche io mi sento imbarazzata quando devo parlare di questi argomenti.

Se i nostri bimbi però ci fanno delle domande su sesso o morte, non serve a nulla raccontare loro storielle di cicogne o di lunghi viaggi.

I bambini sono molto più svegli di quanto crediamo.

Se ci fanno delle domande abbiamo il dovere di soddisfare la loro curiosità.

Dobbiamo rispondere con un linguaggio semplice e comprensibile ma in modo sincero.

Se ti senti ancora imbarazzata all’idea di parlare di sesso con i tuoi figli, pensa questo:

È SICURAMENTE MEGLIO CHE I TUOI BIMBI RICEVANO INFORMAZIONI SUL SESSO DA TE IN MODO EQUILIBRATO.

Pensa se le prime informazioni sul sesso arrivassero ai tuoi bimbi da amici altrettanto disinformati o peggio ancora dai social network??

È meglio che i tuoi bimbi possano elaborare le informazioni ricevute dall’esterno attraverso la conoscenza trasmessa loro da te, non credi?

E ricorda sempre: se parli con i tuoi bimbi in modo aperto e sincero loro continueranno a parlare con te!

LO STESSO DISCORSO VALE PER LA MORTE

È inutile nascondere la verità ai nostri bimbi. 

Evitiamogli cocenti delusioni quando cresceranno.

La delusione non solo di scoprire che esiste la morte.

Ma anche la delusione di scoprire che fino ad allora i genitori hanno nascosto loro un aspetto fondamentale della vita.

Questo consiglio è fondamentale, mamma:

SII SEMPRE SINCERA CON I TUOI BIMBI E LORO LO SARANNO SEMPRE CON TE!

CORAGGIO DI SBAGLIARE

LODARE CONTINUAMENTE I BAMBINI HA UN EFFETTO NON STIMOLANTE PER LORO.

Lo so, anche a me viene da dire “Bravo!” al mio bimbo anche se ha fatto un disegno un po’ pasticciato.

Se sappiamo però che il nostro bimbo può fare di meglio, invece di dirgli “Bravo!”, dovremmo dirgli “Bel disegno, ma so che puoi farne uno ancora più bello.”

LA LODE IMMOTIVATA FA CREDERE AI NOSTRI BIMBI DI AVERE UN’INTELLIGENZA INNATA CHE NON SERVE STIMOLARE E RINFORZARE. 

Questo non li stimolerà quindi ad impegnarsi a migliorare.

DOBBIAMO QUINDI AVERE IL CORAGGIO DI DIRE AI NOSTRI BIMBI CHE STANNO SBAGLIANDO O CHE NON HANNO FATTO UN BUON LAVORO MA LODARE SEMPRE E COMUNQUE IL LORO IMPEGNO.

Insomma mamma, sproniamo i nostri bimbi ad impegnarsi lodandoli e facciamo presente loro quando non hanno fatto un buon lavoro ma impegnandosi potranno sicuramente migliorarlo!

CORAGGIO DI FERMARE IL BULLISMO

Il bullismo nasce dalla sensazione di non sentirsi parte di un gruppo.

L’INSEGNAMENTO DELL’EMPATIA NELLE SCUOLE E NELLE FAMIGLIE DANESI HA PERMESSO DI LIMITARE FORTEMENTE, DI QUASI ELIMINARE IL BULLISMO.

HYGGE

LA HYGGE È LA STRAORDINARIA CAPACITÀ DANESE DI STARE BENE INSIEME.

Candele, giochi di società, empatia e condivisione sono alcuni degli elementi che compongono la Hygge,

NEL SISTEMA SCOLASTICO DANESE LA HYGGE SI PRATICA NELL’ORA DI CONFRONTO IN CLASSE DI CUI ABBIAMO PARLATO NELLA VOCE EMPATIA

UN ALTRO MODO PER PERMETTERE ALLE FAMIGLIE DANESI DI PRATICARE LA HYGGE È DARE POCHI COMPITI A CASA. 

Le scuole danesi infatti danno pochissimi o nessun compito a casa ai loro studenti. 

Davvero??

Certo!

Secondo i danesi i bambini devono avere tempo per giocare e stare con la propria famiglia una volta usciti da scuola!

CONCLUDENDO

Mamme, io trovo che come è impostata la scuola danese sia splendido.

CREDO CHE I BAMBINI DANESI ABBIANO LA FORTUNA DI CRESCERE SERENI ANCHE GRAZIE AD UN SISTEMA SCOLASTICO IDEALE.

VOI COSA NE PENSATE?

SCRIVETEMELO NEI COMMENTI QUI SOTTO!

E soprattutto….

IL MIO ARTICOLO È SOLO UN ESTRATTO DEL METODO DANESE:

COMPRA IL LIBRO PER APPROFONDIRE!

Sono sicura che sarà illuminante anche per te, così come lo è stato per me!!

Numero2641.

 

Da  QUORA

 

  • Il cervello è una macchina. La macchina più perfetta che si possa trovare. Funziona grazie agli impulsi elettrici.
  • Il cervello è plastico. Ciò significa che è in grado di cambiare in base alle esigenze e al modo in cui viene utilizzato.
  • Più lo si usa, più cresce.
  • La personalità è regolata dal cervello e cambia con l’età.
  • Gran parte del cervello è costituita dai cosiddetti neuroni specchio. Ciò significa che si può imparare una nuova abilità semplicemente guardando qualcun altro che la fa.
  • La parte che collega i due emisferi del cervello si chiama corpo calloso e crea nuove connessioni ogni volta che si impara qualcosa di nuovo.
  • È possibile resettare il cervello semplicemente non facendo nulla per 24 ore.
  • Ciò che differenzia il cervello umano da quello animale è lo sviluppo della corteccia prefrontale. Questa è la sede della nostra capacità di pianificare, ricordare, comunicare, creare e pensare in modo logico.
  • Il nostro cervello emette onde elettromagnetiche in hz.

Numero2068.

 

Dopo aver ascoltato, su YOUTUBE, una bella canzone della mia gioventù, leggo, fra i tanti dello stesso tenore, un commento rilasciato da un utente:
“….che tempi! Non avevamo niente e avevamo tutto. Oggi i giovani hanno tutto ma, poverini, non hanno niente!”

Numero1996.

 

L E   D O N N E   E   LA   C H I E S A

 

Il Cristianesimo, come il Giudaismo e l’Islamismo, è stato progettato per realizzare un altro punto fondamentale del Ordine del Giorno Rettiliano: la soppressione dell’energia femminile, cioè del legame intuitivo con i livelli superiori della nostra coscienza multidimensionale. Se sopprimi la tua energia femminile, la tua intuizione, spegni la tua coscienza superiore e finisci per essere dominato dalla coscienza inferiore.
Così facendo, non puoi accedere alla tua più elevata dimensione di amore, saggezza e conoscenza, e sei in balia di informazioni “manipolate” che ti bombardano occhi ed orecchie.
È questo il motivo per cui la Confraternita Babilonese ha cercato di creare un mondo in cui l’energia maschile fosse dominante, almeno a livello superficiale. L’atteggiamento che noi definiamo da “uomo macho” è quello tipico di una persona privata dell’energia femminile e, quindi, profondamente squilibrata.
Notate che, nel Credo Niceno di Costantino, non vi è alcun riferimento alle donne. Si dice che Dio si è incarnato in Gesù “per noi uomini e per la nostra salvezza”.
Il Cristianesimo fu una roccaforte maschile fin dalle sue fondamenta, creata per sopprimere  la riequilibrante  energia femminile. I padri fondatori della Chiesa, come Quinto Tertulliano, bandirono le donne dall’ufficio sacerdotale, proibendo loro persino di parlare in chiesa.
Fu solo al Concilio di Trento, nel 1545, che la Chiesa Cattolica decise ufficialmente che anche le donne avevano un’anima, e questa decisione fu presa con un margine di soli 3 voti!
I semi di questo dogma antifemminile tipico della Chiesa Cristiana si riscontrano anche in quello specchio del Cristianesimo che è lo Zoroastrismo, la setta del profeta (mitico Dio-Sole) Zoroastro.
Questa religione nacque, ancora una volta, in Persia, in una zona oggi appartenente alla Turchia, dove sorgono le montagne del Taurus e la città di San Paolo, Tarso.
(N.d.R. Si vede che, da quelle parti, era diffusa questa mentalità).
Zoroastro mostrava un violento atteggiamento misogino e affermava che “nessuna donna può entrare in Paradiso, eccetto quelle che si sottoponevano al controllo da parte dell’uomo e che consideravano Signori i loro mariti“.
Quest’intera filosofia è quasi una ripetizione letterale del Brahamanesimo, l’orrendo credo induista introdotto in India dagli Ariani molti secoli prima.
San Paolo continuò ad attuare il suo piano ostile alle donne, in conformità con i dettami Cristiani, aprendo la strada alla tremenda persecuzione delle donne che si consumò nei quasi duemila anni successivi.
Tra le perle di San Paolo si legge:

“Mogli, sottomettetevi ai vostri mariti, poiché il marito è il capo della moglie, come Cristo è capo della Chiesa. Ora, se la Chiesa si sottomette a Cristo, allo stesso modo le mogli si devono sottomettere, in ogni cosa, al marito“.
(N.d.R.   Cristo non era il capo di nessuna Chiesa. È stato proprio Paolo di Tarso a fondare la Chiesa Cristiana, ma non aveva il mitico carisma di Cristo. Inoltre trovo il parallelismo del tutto fuori luogo, capzioso e arrogante).

E:

“Non tollero né che una moglie educhi, né che usurpi l’autorità dell’uomo, ma solo che resti in silenzio”.

Sant’ Agostino di Ippona, come la maggior parte dei personaggi della Chiesa, proveniva dall’Africa del Nord.
Da giovane nutrì insaziabili voglie sessuali, ma, all’età di 31 anni, dopo la presunta conversione al Cristianesimo, cambiò drasticamente condotta di vita e decise che il sesso era una cosa orrenda. Sapete, un po’ come fanno i fumatori quando smettono. Non permetteva a nessuna donna di entrare in casa sua se non accompagnata, e questo valeva persino per sua sorella. Ma non riuscì ad escogitare un modo alternativo di procreare, per cui fu costretto ad accettare il sesso, per evitare l’estinzione dell’umanità.
Tuttavia, insistette sul fatto che, per nessuna ragione, esso dovesse essere una fonte di piacere.
Io ci ho provato, ma non funziona.
Ma questa era l’idea della sessualità che aveva Agostino:

“I mariti amino le loro mogli, ma le amino castamente. Indugino nella carne solo nella misura in cui ciò è necessario per la procreazione dei figli. Dal momento che non è possibile generare figli in alcun altro modo, dovete abbassarvi a ciò contro la vostra volontà, poiché questo è  il castigo di Adamo”.

Queste posizioni portarono, per gradi, all’imposizione del celibato al clero da parte di Papa Gregorio VII nel 1074.
Esatto, oggi nella Chiesa Cattolica i sacerdoti sono celibi perché questo è quello che ha deciso un Papa un migliaio di anni fa, e un’infinità di bambini, violentati da uomini di Chiesa, frustrati e squilibrati, ne hanno pagato le conseguenze.
Agostino collegava il sesso al peccato originale, all’idea, cioè, che nasciamo tutti peccatori, poiché discendiamo da Adamo ed Eva. Gesù, secondo la sua teoria, fu l’unico a nascere senza peccato originale, poiché fu concepito da una vergine.

Miliardi di persone sono state controllate e manipolate in questo modo, poiché il Credo Cristiano ha insinuato la paura, il senso di colpa e la violenza nel profondo dello spirito umano.
A dire il vero, anch’io credo nel peccato originale. Alcuni dei miei “peccati” sono stati molto originali.
Se dovete proprio peccare, fatelo in modo originale, questo è ciò che vi dico.

David  Icke         Il segreto più nascosto.

 

N.d.R.    Mi piacerebbe raccogliere qualche commento da parte delle rappresentanti del gentil sesso.

Numero1515.

Quando un capolavoro ci emoziona,

sentiamo dentro di noi

lo stesso richiamo della verità

che ha spinto l’artista

verso il suo atto creativo

.

Andrej Arsen’evic Tarkovskij.

 

N.d.R.  Io aggiungerei: …lo stesso richiamo della verità e della bellezza ….. che ha spinto l’artista ….

Numero1325.

Ci sono momenti in cui la vita

regala attimi di bellezza inattesa.

Smetti di fare qualcosa e ti accorgi

che, attorno a te, tutto è perfetto,

il dono di un Dio

meno distratto del solito.

Tutto sembra sincero.

La nascita di una nuova vita,

l’alba di un cambiamento,

di qualcosa di profondo

oppure, semplicemente

di un sentimento segreto,

tenuto nascosto,

custodito in silenzio

dentro di te con pudore.

O, anche, la fine di qualcosa,

la fine di un momento,

di un periodo difficile,

sempre più faticoso

da sostenere nella mente.

Quando terminano i respiri corti,

lasciando spazio ad uno profondo

che riempie e svuota il petto,

in quei momenti

non mi manca nulla.