Di tutte le buone azioni
la più bella è, senza dubbio,
quella di nascondere
i propri meriti.
Alphonse Karr.
Cosa ci insegna la vita… testamento spirituale di un libero pensatore
Di tutte le buone azioni
la più bella è, senza dubbio,
quella di nascondere
i propri meriti.
Alphonse Karr.
C R E D O I N D I O ? OVVERO IL DUBBIO CATEGORICO
Ovviamente, ognuno è libero di credere quel che gli pare, ma lo riservi alla sua sfera individuale senza pretese di possedere e di dover insegnare qualcosa di universale e di assoluto: lo smentisce qualsiasi osservazione quotidiana del reale e delle persone intorno a noi, raccontando e mostrando sempre tutt’altro da quanto atteso e voluto per fede, autoconvincimento, idealismo, bisogno di sicurezze, paura della morte ed altre pulsioni terra-terra che si pretendono trascendentali. Perché, si sa, ci vengono molto meglio, più comode e più piacevoli le illusioni.
Quello che non sappiamo è assai più di quello che crediamo di sapere.
La scienza naturale è lo strumento migliore di cui disponiamo per illuminare l’universo intorno a noi, ma sarebbe assai arrischiato costruire su di essa una “metafisica”: non possiede certezze assolute ed è in un processo di continua evoluzione.
Non esistono prove schiaccianti per non credere, come non ne esistono per credere.
Per decidere, ognuno deve consultare il suo cuore e mettere in gioco la sua libertà.
Lascio certamente il giusto spazio al libero esercizio intellettuale e alla immaginazione di chi dissente da me.
Seppur le considerazioni scientifiche, ed in particolare quelle socio-antropologiche moderne, debbano necessariamente essere il fondamento per ogni pensiero e giudizio razionale in merito al presente quesito, realizzo, tuttavia, che un certo grado di “trascendentale” possa verosimilmente permeare la nostra vita, eludendo funzioni reali come la ragione.
Rimango diffidente di santoni, predicatori o pensatori/pifferai magici di qualsiasi sorta, come anche delle forme più diffuse ed organizzate di culto, orbitanti attorno ad ogni assetto arbitrario di elementi sacri, salvifici ed imperativi. Ma, per onestà intellettuale, non mi sento di condannare il “credere” in qualcosa di più grande e di metafisico, così come riconosco giustificata la necessità di “umanizzarlo” e renderlo compatibile con la propria cultura e accettabile per il proprio cuore.
Non tutti, però, hanno l’acume o la forza interiore di accettare l'”incertezza” con vera serenità, sia essa fideistica oppure atea. Coltivare una fede è già, di per sé, padroneggiare una certezza. Scade quasi a istanza secondaria, ma non è meno importante, il particolare che essa sia fondata o meno.
Io ho imparato a farlo proprio dalla mia vita: vivo nella “fede del dubbio”, senza certezza alcuna che non sia la morte, ne ho fatto un oracolo di coscienza e un blasone di obiettività mentale e comportamentale e mi ci trovo bene.
Non “credere”, ma “dubitare” è il paradigma di ogni mio passo nel cammino dell’esistenza e, tuttavia, ho passato il mio tempo alle prese con il feroce e martellante assillo del problem solving (metodo per risolvere i problemi), che è per me, in definitiva, il vero e giusto modo di saper vivere. Parodiando Renè Descartes (Cartesio), grande uomo di scienza e filosofo della prima metà del XVII secolo, invece che “Cogito, ergo sum” (Penso, dunque esisto), dico semplicemente: “Dubito, ergo sum” (Dubito, quindi esisto).
Modestamente e umilmente, considero le “certezze” ( non dico solo quelle della fede) un lusso intellettuale che non mi appartiene e che non ho mai preso in considerazione, ancor più quando e perché esse sono dogmatiche, apodittiche, indimostrabili e indimostrate. Esse sono persino un approccio fasullo, una distorsione della realtà ed un allontanamento da essa che inducono a inquadrare l’esistente entro schemi preconfezionati, entro scatole chiuse dove il diverso della natura, l’inatteso della morale, il nuovo del sociale, il razionale del contraddittorio speculativo non trovano mai ospitalità.
Sono un “comodo” rifugio preservativo e consolatorio ed affrancano apparentemente da ogni rischio ed azzardo: sono una specie di salvifica “assicurazione sulla vita”, risarcitoria a beneficio indeterminato, illusorio e tranquillizzante antidoto contro le sorprese squilibranti delle vicende umane.
E queste sono un pericoloso, ma meraviglioso “divenire” in costante aggiornamento.
Oggi semplificherei col dire: “sono agnostico”. Forse in fondo, oltre i miei filtri critici, spero davvero che ci sia “qualcosa” di più grande e vivo, di conseguenza, in pace con me stesso, se non altro perché non vorrei che la vita fosse priva di un significato, se non di un sogno. Se ce n’è uno anche per me, non sia il delirio reazionario di chi ha gli occhi per contemplare la propria natura e la coscienza di non accettarla coerentemente.
E questo é, forse, un modo saggio di vedere la vita. Ma ho, come sempre, i miei dubbi: sono ancora e tuttora un apprendista degli imperscrutabili algoritmi di questo stupendo viaggio che è la mia esistenza. E di questo itinerario, il percorso è non meno importante e affascinante della sua destinazione e della sua meta che rimane, per quanto certa, sconosciuta e misteriosa.
O sol che sani ogne vista turbata,
tu mi contenti sì quando tu solvi,
che, non men che saver, dubbiar m’aggrata.
O sole (riferito a Virgilio), che rendi chiara ogni vista disturbata,
tu mi soddisfi tanto quando risolvi (i dubbi)
che dubitare mi piace non meno che sapere.
Dante, Inferno canto XI, vv 91-93
V I T A D O P O L A M O R T E
da QUORA
Scrive un corrispondente sotto lo pseudonimo di “Tirannoide”:
Dove sono finiti tutti coloro che sono morti? Siamo destinati al nulla?
Logicamente parlando, non è detto.
Prevedo già che qualcuno abbia la tastiera pronta per scrivermi, dopo aver appena letto la prima frase. Calma e leggi prima fino alla fine. La risposta è lunga proprio perché parla di concetti logici complessi che non si sentono tutti i giorni, perché nessuno, né tra gli atei, né tra i religiosi è disposto a pensarci con serietà e onestà intellettuale.
Premetto che sono agnostico (con avversione verso la religione oltretutto).
Agnostico: cioè qualcuno che non crede finché non vede ma, allo stesso tempo, non da per scontato che se non vediamo qualcosa allora questa cosa non può per forza esistere. Diciamo che l’agnostico ha la visione più oggettiva di tutti perché non ha un bias cognitivo né a favore di certi concetti, né contro certi concetti, ma cerca di analizzare la cosa più oggettivamente e imparzialmente possibile andando tanto in profondità. Questa analisi è interamente basata sulla logica.
Quindi perché penso che dopo la morte potrebbe (forse) anche esserci qualcosa ?
La possibilità che ci sia qualcosa dopo la morte (in qualche forma non specificata), ritengo sia del 50 %, dopo una lunghissima analisi durata un decennio, che sto per condividere con voi il più brevemente possibile.
Indice di dimostrazioni/prove a favore della vita dopo la morte:
Cominciamo. Buona lettura !
Partiamo con la dimostrazione che ciò che suona logicamente assurdo (come la vita dopo la morte) può tranquillamente essere reale.
Nei tempi da Newton in giù (la maggioranza della storia), era logico, razionale e pesantemente ovvio che il tempo fosse lineare, universale e costante. Pensarla diversamente era assurdo e andava contro ogni briciolo di buon senso e logica. Poi Einstein scoprì la relatività e che il tempo non scorre linearmente e costantemente ma può essere rallentato e addirittura può scorrere diversamente in due “locazioni” diverse dello stesso oggetto. Ovviamente fu preso in giro per la sua teoria dalla maggioranza della comunità scientifica siccome era andato contro ciò che era pesantemente ovvio e chiaramente innegabile cioè che il tempo è assoluto.
Poi quando Einstein riuscì a dimostrare la sua teoria ricevette i riconoscimenti dalla stessa comunità scientifica. (Vi spiego alla fine di questi esempi cosa implica).
La meccanica quantistica è un altro esempio di sputo in faccia alla logica convenzionale.
Da sempre è stato logico, normale e totalmente innegabile da qualsiasi buon senso che un oggetto può solo essere in una posizione e non in due o più contemporaneamente. Se c’è qualcosa sul tavolo allora è sul tavolo, punto e basta. Non può essere anche in Russia contemporaneamente! Lo era fino a qualche anno fa almeno. Non avrebbe il minimo senso, non meriterebbe nemmeno un pensiero al riguardo.
Poi è venuta la meccanica quantistica che ha dimostrato che qualcosa può avere due posizioni contemporaneamente (superposizione quantistica) e che addirittura ci possono essere due particelle diverse che interagiscono istantaneamente e corrispondentemente appena una di loro subisce un cambiamento (quantum entanglement).
Non fraintendetemi, non sto dicendo che la meccanica quantistica è magia nera. Anche essa segue una logica e delle leggi della fisica, tuttavia segue leggi diverse e si comporta in modo totalmente alieno rispetto al resto della realtà. Immaginare una cosa del genere 100 anni fa era follia totale senza senso, era oltre l’immaginabile, ma poi si è dimostrato reale un evento del genere, sputando in faccia senza sentimenti a ciò che chiamavamo logica.
Il fatto che le cose non possono apparire dal nulla è un dato di fatto logico e innegabile. Però ancora una volta siamo stati costretti a ricrederci.
Quando abbiamo un totale vacum (vuoto), in cui non c’è niente, parliamo del NULLA assoluto, succede che delle particelle vengono generate dal nulla per poi annullarsi con le proprie controparti antimateriche subito dopo. Qualcosa di misterioso, illogico e impensabile, però anche questo si è dimostrato reale.
Non ci pensate spesso però se vi fermate un attimo noterete che il concetto stesso di esistenza è follia totale. Com’è possibile che le cose esistano ? Perché devono esistere ? Perché la materia si è aggregata da sola per creare la vita ? Anche il concetto di vita è assurdità. Si tratta di processi chimici così complessi che la possibilità che tutto questo accada è il numero più vicino allo 0 che puoi immaginare. Però eccoci qui, non ostante la possibilità che qualcosa del genere accada sia praticamente 0. Un’altra prova che anche una cosa infinitamente improbabile e folle può tranquillamente essere reale e accadere per un motivo o per l’altro.
L’esistenza della coscienza e dell’individuo è follia totale. Che la materia possa prendere consapevolezza con delle aggregazioni chimiche è qualcosa di totalmente straordinario. Non conosco bene i particolari della coscienza quindi non mi dilungo troppo a parlare di essa, anche perché ci tengo a dare informazioni corrette nel modo più semplice. Sono tutti d’accordo con il fatto che la coscienza è qualcosa di molto improbabile e complesso e conosciamo ancora ben poco del suoi funzionamento.
Perché vi ho fatto tutti questi esempi storici della vita reale ?
Vi ho fatto questi esempi per farvi capire soltanto una cosa: che anche quando qualcosa suona totalmente impossibile a prima vista, o quando sembra altamente improbabile, può ancora essere reale o accadere (come dimostrato da questi esempi lampanti). Il fatto che suoni illogico o estremamente improbabile non è un motivo per escludere un’ipotesi. Addirittura anche qualcosa di verificato e dimostrato oltre ogni dubbio si può dimostrare falso in futuro (come il tempo indubbiamente lineare prima di Einstein e la fisica classica prima della meccanica quantistica).
Quindi anche qualcosa come la vita dopo la morte potrebbe essere possibile e potrebbe essere dimostrato un giorno, anche se suona assurdo o improbabile per ora.
Che cosa lo dimostra ?
Lo dimostrano tutti questi forti ed estremi esempi pratici del mondo reale nella storia che sono ufficialmente dimostrati dalla scienza. Penso che solidificare questa frase più di così sia impossibile.
2. Il raziocinio e la sua base
In pratica, avevamo determinati strumenti in passato che ci permettevano di analizzare la realtà fino a un certo punto e da li si costruiva la nostra logica. Poi i nostri strumenti sono migliorati e abbiamo scoperto una porzione maggiore della realtà che ha cambiato la nostra logica espandendola e aggiornandola. In futuro accadrà ancora e ancora, possibilmente senza un limite definito. Più diventano complessi i nostri strumenti più scopriamo che la realtà è diversa da come ce la immaginiamo e ciò che chiamiamo “logica” e “raziocinio” cambiano e si aggiornano per comprendere meglio le nuove porte aperte, le nuove possibilità e i nuovi ordini di magnitudine e di comprensione.
Cosa sono quindi il raziocinio e la scienza ?
La scienza, la logica e il raziocinio non sono altro che Il metodo scientifico. Il metodo scientifico non è altro che un’interpretazione che tenta di comprendere la realtà nel modo più realistico possibile in base agli strumenti e alle conoscenze attualmente presenti. Nel momento in cui i nostri strumenti e le nostre conoscenze si aggiornano, allora cambia anche l’interpretazione della realtà e anche il metodo scientifico si aggiorna e diventa più preciso a interpretare la realtà.
Questo è il motivo per cui una volta molte cose che erano totalmente illogiche e folli sono diventate dimostrate e logiche OGGI. Non è perché la scienza si droga, ma perché è migliorata e ha espanso i suoi confini ed è stata capace di vedere angoli della realtà che prima non vedevamo.
Perché il metodo scientifico e i nostri strumenti si sono aggiornati, sono diventati più potenti e sono stati in grado di guardare più in profondità negli abissi della realtà. Questo è destinato a succedere altre infinite volte nel futuro, come è sempre successo fino ad ora. Siamo solo agli inizi della scienza.
Quindi ripeto. La scienza non è assoluta perché anche essa è in continuo aggiornamento e contraddizione. Quindi, ciò che oggi suona impossibile o improbabile (la vita dopo la morte nel nostro caso) può ancora (non è detto) essere dimostrato reale in futuro dopo i miglioramenti dei nostri strumenti e del metodo scientifico.
3. Possibilità concrete di vita dopo la morte con quello che conosciamo adesso.
Queste che arrivano adesso sono speculazioni di mia mano. Non sono dati dimostrati al 100 % a differenza di tutto quello scritto sopra. Però le ritengo possibilità valide.
Come potete vedere abbiamo già delle possibilità non ignorabili per continuare ad esistere in qualche forma dopo la morte e abbiamo esplorato queste teorie basandoci sulla nostra scienza attuale che è limitatissima.
Immaginate quanto si arricchirà la lista quando la scienza esplorerà meandri inimmaginabili della fisica e del cosmo.
4. I limiti intrinseci
Il concetto lovecraftiano: questa argomentazione è fantastica. Quando eravamo ominidi pensavamo di sapere quasi tutto, non sapevamo nulla; poi quando abbiamo fuso il ferro pensavamo di sapere tutto, non sapevamo nulla; poi quando abbiamo acceso la lampada abbiamo pensato di sapere tutto, non sapevamo nulla; poi è arrivata la fisica quantistica e ha sconvolto la nostra visione della realtà in una maniera incredibile facendoci ancora pensare di sapere qualcosa della realtà. Hai capito dove cerco di arrivare ?
Abbiamo sempre pensato di sapere tutto ma non sapevamo mai niente, e anche adesso è lo stesso, siamo arroganti e ingenui, pensiamo sempre di sapere qualcosa e poi la realtà ci travolge con scoperte che vanno oltre la follia e forse non esiste un limite a quanto non conosciamo. Anche le formiche pensano di sapere qualcosa sul mondo ma non sanno niente, così anche noi siamo come loro. Abbiamo sempre pensato di sapere ma non abbiamo la più pallida idea di quanto siamo ignoranti, siamo limitati tanto quanto quelle formiche che guardiamo al parco. La nostra limitata logica e scienza di cui andiamo confidenti sono come accendere una torcia nell’abisso dell’oceano pacifico e ci aspettiamo anche di potere vedere qualcosa: nulla, non vediamo nulla. La nostra torcia ci illumina a un metro dal naso ma l’abisso intero rimane intorno a noi e quindi cosa abbiamo capito della realtà? Nulla!
Come possiamo quindi essere così arroganti da sapere se c’è o non c’è nulla dopo la morte col nostro limitatissimo raziocinio che probabilmente è diversi ordini di magnitudine meno complesso di quello che serve per poter dare risposta a certe domande dove non c’è nemmeno un singolo modo di sperimentare o fare osservazioni? Leggi della fisica che non abbiamo scoperto, la fisica quantistica che dimostra una regione del micro cosmo che NON segue la logica tradizionale ma ha delle leggi completamente diverse, quasi fantastiche, che non fa altro che dimostrare come il raziocinio sia debole e limitato e come cose che sembrano impossibili possono succedere. Materia oscura e possibili materie ancora più sottili che creano strutture invisibili nell’universo che non vediamo, tante dimensioni e corridoi spaziali sottili sconosciuti, possibilità di esistenza diversa fuori dal buio cosmico e la componente lovecraftiana dell’inimmaginabile, perché bisogna considerare che io ho elencato solo ciò che conosciamo ma bisogna partire col presupposto (al 99,99% corretto) che siamo limitati come i plancton nell’oceano e che ci sono cose che non scopriremo mai e che la nostra mente non è capace fisicamente di processare che aumenta le possibilità nell’infinito.
Possiamo davvero dire di sapere qualcosa così fuori dalla nostra comprensione nella nostra consapevole ignoranza e limitazione ? Non si può dire con certezza perché probabilmente non conosciamo il 99.9 % di ciò che dobbiamo sapere dell’universo e di chissà cos’altro c’è là fuori in quell’ abisso nel buio cosmico e micro cosmico. Il 94 % della massa dell’universo è invisibile anche agli strumenti, ci sono particelle che dovrebbero esistere ma di cui non vi è traccia, il buio oltre al cosmo, i corridoi dimensionali dalla meccanica quantistica e chissà cos’altro che nemmeno immaginiamo. Siamo solo sulla punta della punta dell’iceberg.
L’ultima osservazione è un concetto valido che aumenta la possibilità che ci sbagliamo sulla morte e su qualsiasi altra cosa (parlo di possibilità e speculazioni) per il semplice fatto che ci ricorda che non sappiamo nulla e se ti basi sull’ignoranza allora non scoprirai mai la verità.
Siete ancora sicuri che non ci possa essere nulla dopo la morte ? Io non ne sarei così convinto.
A N I M A S P I R I T O M E N T E C O R P O C O L L O Q U I O
La ricerca spirituale vede il corpo, l’anima e lo spirito come i tre componenti fondamentali dell’essere umano. Essa ritiene che il corpo sia uno strumento attraverso il quale, per mezzo dei sensi, sia possibile farsi un idea dell’esistenza sperimentandola e immergendosi nella realtà.
In poche parole, il corpo permette all’uomo di toccare, guardare, sentire, gustare, e così via. Gli consente di entrare in contatto con ciò che lo circonda, di conoscere cose nuove che servano ad accrescere il suo bagaglio di esperienza.
L’anima e lo spirito sono viste invece come delle entità che vivono all’interno del corpo. La prima è la componente che permette all’uomo di ricavare impressioni personali dalle esperienze. Lo spirito invece ha la funzione di mostrare all’essere umano una visione più completa e globale di tutto ciò che ha attorno.
Secondo questa linea guida quindi, il corpo è una sorta di veicolo terrestre che contiene le altre due componenti. I tre elementi però sono strettamente collegati tra loro, perché uno vive in funzione degli altri. E nessuno dei tre potrebbe esistere singolarmente.
Approfondiamo meglio la concezione di anima e spirito aiutandoci anche con qualche esempio.
Secondo il credo della ricerca spirituale, l’anima è la componente che permette all’uomo di avere una propria visione sulle cose. O meglio, che gli consente di ricavare un’impressione percettiva in base all’esperienza fatta tramite il corpo. Che può essere positiva o negativa.
In sostanza, è il corpo che tocca un oggetto. Ma è l’anima che, tramite quel tocco, fa emergere una sensazione. Per esempio, mettiamo il caso che per sbaglio il vostro dito vada a finire su una fiamma accesa e si bruci.
È il vostro dito ad aver toccato fisicamente la fiamma. Ma è l’anima, invece, che vi permette di provare dolore, é l’essere interiore sensibile che non gradisce questa informazione, neppure vorrebbe riceverla, ma è costretta a registrarla. E dunque vi consente di ricavare una percezione individuale su quello che avete sperimentato. L’anima incontra una manifestazione aggressiva collegata al fuoco perché vi siete feriti toccandolo.
Il significato dello spirito è differente. Come abbiamo detto, questa è la componente che mostra all’uomo una visione più ampia della stessa esperienza. Ciò significa che, oltre alla propria idea, nasce anche un’impressione obiettiva su quello che l’oggetto del contatto è realmente.
Continuando l’esempio, possiamo dire che lo spirito permette all’uomo di capire che il fuoco brucia, ma che non è il fuoco in sé ad essere negativo. Infatti lo sbaglio è stato metterci il dito sopra.
I N S I N T E S I Prendiamo confidenza con un po’ di terminologia, per intenderci meglio sulle definizioni.
ANIMA = dal Greco ànemos cioè soffio, vento, è il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale, origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale. È la parte che dà vita al corpo e ne alimenta l’attività fisica ed emotiva.
SPIRITO = è l’essenza più nobile dell’anima, che ha la capacità di elevarsi al di sopra del finito, a mezzo dell’astrazione, per spingersi fino al metafisico, fino alle vette di trascendenza estetica delle forme dell’arte e, per chi la vuole e la cerca, fino all’entità ideale che viene identificata con la Divinità.
MENTE = è invece, il meccanismo complesso e meraviglioso che, attraverso la razionalità, ci serve per inserirci nell’ambiente, prendere contatto con gli altri e realizzare i nostri obiettivi, i progetti e programmi che abbiamo deciso di portare avanti su questo piano materiale della realtà che ci circonda.
Prendendo alcune lettere delle tre parole sopra indicate e fondendole insieme in una specie di crasi (fusione) un po’ immaginifica, potrei coniare un neologismo (parola nuova) che suona così: SPIRANIMENTE.
Lo spiranimente potrebbe essere l’insieme dei significati concettuali sopra definiti e costituire l’interlocutore immateriale del protagonista fisico dell’uomo, cioè il corpo.
L’essere umano è costituito da questi due coniugi, anima e spirito, uniti dalla natura in un matrimonio sui generis nella mente che ne diventa una specie di “braccio operativo” che mette in azione e in funzione il corpo.
Il corpo rappresenta l’involucro o scafandro entro il quale è ospitato il nostro spiranimente, a vario titolo e secondo criteri molto diversificati, con un algoritmo non teorizzabile dove la casualità è squisitamente quantistica.
Voglio dire, e tutti lo possono constatare, che nessun uomo è uguale ad un altro, proprio perché:
1 – Non esistono corpi fisicamente uguali, neanche nel caso di gemelli.
2 – Non esistono neppure spiranimenti uguali.
Ne consegue che, a maggior ragione, non è dato di trovare sulla faccia della terra e per tutta la durata della storia umana, una persona che sia uguale ad un’altra, tale e tanta è l’eterogeneità delle possibili combinazioni di miliardi di caratteri diversificati, sia di tipo fisico che di tipo immateriale.
Questa lunga premessa, per quanto cervellotica possa apparire, è per annunciare il presuntuoso tentativo di mettere in scena la diatriba fra un corpo e uno spiranimente nella loro coesistenza.
Di chi siano, non serve troppa immaginazione, lo potete intuire facilmente.
Io, piccolo pulviscolo del creato, quasi nullità biologica, indegno rappresentante della razza umana, ho tentato, per 80 anni, di far andare d’accordo le due parti della mia natura, quella corporea e quella spiranimentale, con quali risultati, francamente, non riesco ancora a capacitarmi. Ecco perché, qui di seguito, scriverò per parlarmi addosso e valutare, fra me e me, quale persona e personalità io sia mai stato e sia.
Di questo teatrino, il lettore è invitato ad essere spettatore, spero indulgente e non ipercritico. Anche perché la messa in scena e la recitazione saranno, come si suol dire, “a braccio” e senza “canovaccio”: improvviserò cammin facendo.
S = spiranimente = spirito + anima + mente
C = corpo
Una mattina di questi giorni, S = spiranimente e C = corpo si svegliano dopo una delle solite nottate agitate, un po’ a spizzichi e bocconi, fatta di tappe, fermate e ripartenze, di veglie pensanti e di sonni tranquilli, di assopimenti e di sogni che entrano ed escono uno dall’altro. A questa età è ormai così che trascorre il tempo della notte. Ebbene, quella mattina i nostri due personaggi che poi, come ben capirete, sono le due facce della mia stessa medaglia, tornano per l’ennesima volta alla vita cosciente e, fra di loro, cominciano a dar vita ad un colloquio che mai, in oltre ottant’anni, avevano intavolato seriamente. Quello che si diranno non lo so ancora, ma lo scoprirò io stesso scrivendo, passo dopo passo, tutto quello che mi passa in testa, senza un programma, senza un criterio, senza un ordine temporale, forse anche senza uno scopo, se non quello di rivelare a me stesso, innanzi tutto, e a chi mi segue quello che sono stato e sono tuttora.
Andrò a scovare, anche negli angoli più riposti, tutte le sfaccettature di questa relazione, che ha legato nel passato e lega ancora nel presente, le due componenti di cui è costituita la mia persona, mettendo a confronto e contraddittorio i due punti di vista che hanno peculiarizzato la mia esistenza di essere umano senziente e pensante. Eppure, bene o male esse sono state e sono tuttora intimamente connesse in un tutto unico e, francamente, si può parlare di coabitazione, di collaborazione, di integrazione, di combutta, di solidarietà, di mutuo soccorso, di interazione, di condivisione e quant’altro possa identificare un sano rapporto di coesistenza.
La sceneggiatura non sta scritta da nessuna parte, esiste in embrione soltanto nel mio cervello e mi sto chiedendo se sarò capace di sviscerare dignitosamente gli argomenti e di dipanare con successo la matassa di tutto il garbuglio che è stata ed è la mia vita.
Per intanto comincio. Dove mi porterà la messa in scena non ve lo so dire: scopriamolo insieme.
S – Ben svegliato, buon giorno!
C – Buona giornata a te, caro collega e compagno! Come ti senti dopo la nottata? Nel sonno, sei andato in giro per i fatti tuoi senza di me?
S – Non ti nego che, per qualche ritaglio di tempo notturno, ho avuto l’occasione di vagare liberamente astraendomi dal tuo contatto e sono riuscito a sentirmi proprio strano e diverso, addirittura mi sono sentito bene, perché non erano incubi o situazioni di malessere quelle che provavo, bensì un senso di serenità positiva.
C – Non sono dispiaciuto di queste tue sensazioni, anche se so che, durante il giorno, quando sei cosciente e coabiti con me, non hai tanto spesso manifestazioni di benessere, perché ormai io, come tuo albergo, non sono più tanto confortevole.
S – Non ti sto rinfacciando nulla. Per tanti anni da te ho avuto il meglio che potevi darmi ed adesso, con l’età che ci ritroviamo, dobbiamo fare i conti con una vagonata di malanni ed acciacchi, più numerosi che fastidiosi. Lo dico perché a tutto ci si adatta ma, purtroppo ci sono. Prendi, ad esempio, l’ipertrofia prostatica benigna, di cui da tempo stai accusando i sintomi. Lo sai che di notte non mi fa dormire sonni tranquilli.
C – Hai ragione e me ne dolgo sinceramente, ma tu sai che, oltre al fatto di avere avuto un padre che soffriva della stessa pecca, mi hai anche trattato piuttosto maluccio, per decenni, con un’alimentazione niente affatto sana e salutare.
S – Devo riconoscere che ho mangiato un po’ alla carlona per tutta la vita. Sai, se si sapessero prima certe cose! Quando ero giovane tutto mi era perdonato e tu, mio caro C, hai assorbito e neutralizzato ogni eccesso o disfunzionalità. Ma più avanti nell’età, dopo aver gozzovigliato impunemente per tutta la vita, anche tu non hai più i mezzi per metabolizzare tossine e veleni che stanno dentro, ahimè, a tutte le cose buone che ingurgitiamo. Maledizione! Perché le cose che piacciono di più sono quelle che fanno più male?
C – Dici bene, così è ed è successo. Solo adesso che ti sei accorto di quanto sbagliavi, hai tentato di rimediare in qualche modo. So che hai studiato, ti sei fatto una cultura, hai preso provvedimenti anche drastici per riportarmi ad una condizione più accettabile ma, come sai, i danni creati sono irreversibili e adesso devi convivere con le conseguenze delle trascuratezze che mi hai fatto sopportare.
S – Caro C, mi pento amaramente di non aver fatto abbastanza per imparare a vivere come si deve dal punto di vista dell’alimentazione: sono stato proprio uno scriteriato! Perché invece di tante materie stupide e farlocche, nelle scuole non insegnano a nutrirsi come si deve e a mandare al diavolo le lusinghe e le tentazioni che ci propongono le pubblicità delle industrie alimentari?
C – Questo sarebbe stato compito tuo: siamo quello che mangiamo! E lo dico io che sono un corpo. Solo ora che hai data una regolata alla tua maniera di nutrirti, sto meglio, assai meglio che non negli ultimi decenni, anche se sono molto più vecchio. Ti ho supportato e sopportato per tanti anni, ma sono segnato dalla tua negligenza nella gestione delle mie esigenze. Eppure ho cercato in tutti i modi di mandarti dei segnali, di quando in quando, per avvertirti che stavi esagerando, trascurando, sottovalutando.
S – Accidenti! Se, come spero e credo, avrò un’altra vita, saprò comportarmi in altro modo. E comunque, chi sa può, chi non sa peggio per lui. È successo tutto come quando vai al ristorante, pensando di non pagare mai. Ti fai portare tutti i manicaretti più sfiziosi, te li godi con gusto, ma poi ti accorgi che devi anche pagare ed allora arriva il cameriere con un conto che più salato non si può.
Se tu avessi chiesto dei piatti più modesti, se ti fossi attenuto a scelte non di rinuncia ma di sobrietà, non avresti pagato tanto. Bastava che ti informassi: dovevi saperlo prima. Prevenire e pagare il giusto è meglio che pagare troppo e… piangere.
C – Caro S, se, come sostieni, avrai nuovamente l’occasione di tornare in vita, credi che potremo ancora instaurare, noi due, una collaborazione vitalizia come quella di cui stiamo usufruendo? Io penso di no, perché a morte avvenuta, io finirò in pasto ai vermi o in cenere e quindi tu dovrai trovare un altro ospitante con cui avere una relazione. Ti sorride l’idea di liberarti di me?
S – Se c’è una cosa per cui io benedirei la morte è proprio la possibilità di incarnarmi in un altro corpo. Ciò che io, adesso, dico non è perché sia questa una verità. La mia è solo una speranza. E sai che ti dico anche? Che il corpo che potrei avere nella prossima esistenza terrena, potrebbe essere a misura del livello spiranimentale che ho maturato nel corso di questa vita. In questo senso, un corpo come il tuo di oggi non mi sarebbe per nulla adatto ed appropriato, ammesso e non concesso che io abbia utilizzato in senso migliorativo il mio attuale percorso esistenziale.
C – Ben detto! E io non sarei invidioso del tuo nuovo corpo fisico. Ho cercato di assecondarti nel miglior modo possibile, non ti ho mai fatto fare brutta figura, per quanto tu mi abbia trattato abbastanza male. Non mi sto appuntando medaglie sul petto, né agitando turiboli d’incenso. Eppure so bene che tu, per certi versi, non sei stato troppo contento di me.
S – Ebbene sì, è vero. Lo dichiaro apertis verbis (chiaramente): ho sempre avuto una pur rispettosa e mai lamentosa riserva sulle tue caratteristiche fisiche. Se io ti ho fatto soffrire per non averti alimentato adeguatamente, confermo che tu mi hai scontentato e deluso per il tuo aspetto, sia morfologico che estetico. Ad esempio la statura: non è questione di vanagloria, ma mi sarebbe piaciuto “abitare” in un corpo un po’ più alto.
C – Ma è mica colpa mia se entrambi i tuoi genitori non superavano il metro e sessanta. Cosa pretendevi! D’accordo, non mi hai scelto tu, ma loro sì che si sono scelti ed assortiti. I caratteri somatici genetici ereditari non si possono cancellare.
S – Due cose ti voglio dire. La prima è che mio figlio è alto un metro e ottantacinque e io misuro uno e sessantacinque e sua madre è alta più o meno quanto me. Sono contento per lui che è stato più fortunato di me. Però l’ereditarietà qui ha fatto un salto. La seconda cosa che ti dico è che, oltre l’altezza, ho sempre avuto da ridire sulla particolare nodosità delle mie giunture ed articolazioni. Mi sarei augurato di essere un po’ più snello e flessuoso, con un’andatura armoniosa e sciolta. Sono invece, in particolare adesso che sono invecchiato, molto legnoso, goffo e ingobbito e la mia andatura è più vecchia della mia età.
C – Bravo tu ad incolparmi anche di questo: è colpa tua se, in primis, hai dovuto trapiantarmi entrambe le anche con protesi artificiali! E questo non mi aiuta certo ad incedere con leggerezza ed eleganza. Ed è, altresì, colpa tua se per tutta la vita ho lavorato quasi esclusivamente da seduto. Prima hai studiato, e tanto: la mia posizione abituale, per ore ed ore, era quella da seduto. Ultimamente, dalla pensione in poi, è quasi peggio: oltre che pigro, sei troppo sedentario. Sto al computer o alla Tv per tutto il giorno, salvo qualche ora di tennis e qualche giretto ogni tanto. Ormai, non mi raddrizzo più.
S – Non ti ripudio, anzi dovrei esserti grato per aver fatto del tuo meglio. Bene o male, nonostante una serie di piccoli handicap corporali, sono riuscito ad avere lo stesso le mie gratificazioni sentimentali, affettive, relazionali. Tutto sommato, se ci penso bene, sono piaciuto a più di qualche donna ed a rappresentarmi ci sei stato tu. Io ho cercato di renderti gradevole il più possibile con le mie doti umane, mentali, culturali, con la sensibilità e l’educazione nei rapporti interpersonali.
C – È così come dici, abbiamo fatto una discreta figura insieme e poi, devo riconoscerlo, mi hai sempre vestito come si doveva, presentandomi in ogni occasione ben agghindato con un tuo stile personale, curato e anche originale, che mi ha fatto, non dico notare, ma distinguere almeno, a dispetto dell’aspetto, perdonami il bisticcio di parole. Riconosco che, stando alle sole caratteristiche fisiche, sarei passato quasi inosservato, a causa della pochezza del look somatico.
S – Non si può avere tutto nella vita. Ma quello che abbiamo avuto insieme non è stato proprio banale o insulso. Ma lascia che ti confessi molto candidamente che mi sono sentito, in alcune circostanze, in certi momenti della vita, in compagnia di alcune donne, poco assecondato da te. Non dico che abbiamo fatto brutta figura, ma probabilmente, lo ammetto, non ho saputo tenere le briglie con la dovuta efficacia per concludere la corsa da cavaliere brillante. La tua resistenza al galoppo a volte non ho saputo gestirla al meglio, probabilmente a causa dei particolari episodi e periodi della vita per cui il mio sistema nervoso non era sereno, ma molto stressato. Qui devo recitare il “mea culpa”, ma quelle occasioni sono state le uniche volte in cui il nostro rapporto è stato distonico e non del tutto soddisfacente dal punto di vista delle performance psicosomatiche.
C – Sono contento che ti sei preso tu il coraggio e l’onestà intellettuale di ammettere le tue responsabilità, ciò ti rende onore. Quando si sono verificate le circostanze per cui il tuo stato affettivo e mentale è risultato all’altezza, io ti ho risposto e assecondato adeguatamente e il benessere non è mancato, né prima, né durante, né dopo. Io ci metto i miei circuiti nervosi e muscolari, nel miglior stato di forma possibile, ma a comandarli sei tu: io faccio la biga e tu l’auriga. Stavolta sono io che ti chiedo di perdonarmi la battuta.
S – Anche le prestazioni sportive ci hanno visto in combutta per ottenere i risultati migliori che potevo raggiungere al mio livello.
Da giovane abbiamo giocato a calcio, praticato un po’ di atletica leggera e poi tanto tennis. Abbiamo imparato da soli, alla buona, ma con grande entusiasmo e costanza. Tuttora, all’età di quasi ottantadue anni , il tennis è lo sport che stiamo praticando ancora con soddisfazione e contiamo di continuare finché reggono le forze e ci facciamo rispettare anche da chi ha 20 anni di meno. Anche perché, ultimamente ho messo in atto una piccola, grande rivoluzione nei miei regimi di vita.
C – Eh, me ne sono ben accorto! È stato un cambiamento drastico quanto inaspettato, pur se auspicabile, quello a cui mi hai sottoposto in questi ultimi mesi. Negli ultimi 10-15 anni, mi hai trascurato tanto, al punto che mi sono trovato costantemente in serio sovrappeso, per quanto ti sforzassi di adottare restrizioni caloriche, sacrifici e rinunce. Non riuscivi a farmi dimagrire con la sola dieta per colpa della sindrome metabolica che si era instaurata in pianta stabile a causa della diffusa infiammazione di tutti i miei sistemi, tessuti e organi. So che hai studiato, progettato e programmato un piano per implementare il metodo del digiuno.
S – Proprio così. A mali estremi, estremi rimedi. Ho capito che non ci sarebbe stato alcun risultato positivo per raggiungere un peso più adeguato alla tua corporatura e alla nostra età, se non ero in grado di realizzare un reset di tutto il tuo organismo, ricorrendo al metodo, tanto severo quanto naturale, del digiuno. Ho cominciato con prudenza cioè con un periodo di tre mesi di restrizione calorica e con il digiuno intermittente. Sono riuscito a farti calare di circa 5 Kg. Poi, quando ho sentito che potevo permettermelo, ho adottato il digiuno terapeutico assoluto per 5 giorni consecutivi: niente cibo solido, solo acqua, caffè, tisane e brodo vegetale. E se ne sono andati altri 4 Kg. Da lì, sentendomi perfettamente in forze, tant’è che non ho mai smesso di giocare a tennis, ho ripreso a mangiare regolarmente, ma modificando le mie abitudini alimentari. Tuttora, sono in una fase di mantenimento che sembra essere addirittura migliorativa. Ho rinunciato, e ormai mi ci sono abituato, a certi cibi che avevo sempre mangiato e che mi piacevano, ma che non sono propriamente salutari. Adesso quello che mangio è altro ed è anche meno, visto che ci sono circa 10 Kg di te in meno che non richiedono più di essere nutriti. Finalmente, il tuo metabolismo risponde e reagisce con prontezza: il rilascio di insulina è sotto controllo e la glicemia, conseguentemente, anche. Ti lascio la parola per sentire da te come ti senti.
C – Ebbene sì, te lo confermo. Avverto un senso di benessere generale, di vigoria e di lucidità che avevo dimenticato. È ben vero che ho perso parecchio tessuto muscolare, ma niente di particolarmente grave, e soprattutto, ho perso molto grasso viscerale e sottocutaneo, anche se si vede, qua e là, la pelle un po’ cadente, perché non ha più il supporto dei cuscinetti adiposi. Il sonno è ulteriormente migliorato e le analisi più recenti hanno evidenziato che sono rientrati nella norma tanti parametri vitali indicatori di uno stato di salute soddisfacente, addirittura migliore di qualche anno fa. E ora non mi pesa più la rinuncia a tante cose che mangiavo e bevevo pensando che fossero giuste solo perché mi piacevano. Accidenti no! Non sono giuste, perché non riuscivo a ritrovarmi, a riconoscermi, continuando così. Insomma, a circa 10 mesi dall’inizio di questo percorso, ho perso ormai 12 Kg e vedo che mangio bene quanto voglio, sono sazio e registro ogni mattina, nudo sulla mia bilancia, le variazioni che si verificano a seconda di come e quanto mi dai da mangiare.
S – Vediamo se mi confermi anche questo: negli ultimi tempi, hai notato che ho cambiato anche l’acqua? Anche qui devo dire di aver preso un provvedimento radicale. Fino a poco tempo fa, bevevo l’acqua Ferrarelle, solfato calcica, ma mi accorgevo che avevo difficoltà ad eliminarla coi filtri renali: ha un residuo fisso molto alto e facevo poca pipì. Così, ho pensato di non berla più e di abituarmi ad un’acqua con residuo fisso molto basso,: l’acqua Sant’Anna che io adopero per la macchina del caffè e con cui, se non elimino, evito le incrostazioni calcaree. Ho pensato che la stessa funzione avrebbe potuto fare anche con i tuoi reni. Cosa hai registrato?
C – Proprio così! Devo constatare che, adesso, l’eliminazione dell’urina è notevolissima e, per di più, il colore del liquido organico è parecchio più chiaro e limpido. Significa che i glomeruli renali si stanno pulendo e la funzionalità è assai migliorata. Anche questo è un contributo al resettaggio dell’organismo: le tossine vengono eliminate e tutto funziona meglio. Si vede che hai studiato, ma fammi fare una domanda che è un rimprovero: perché non l’hai fatto prima?
S – È il solito discorso: fino quando non sono arrivato davanti all’ultimo stadio e mi sono accorto che non ci sono altri rimedi, la pigrizia mi ha sempre dissuaso dal modificare le mie convinzioni, le mie abitudini e ho continuato imperterrito ad accumulare tossine. Ma ormai era evidente che tu non avevi più strumenti validi per smaltirle perché i tuoi organi emuntori e filtranti stavano arrivando ad una condizione di irreversibile collasso, diventavano sempre più inefficienti. Allora, posso dire che questa volta ti ho fatto fare un “tagliando”? Tanto ti dovevo, se solo posso aspettarmi che tu sia in grado di proseguire ancora per un po’ di tempo.
C – Il ricondizionamento ha funzionato ed è ottimale. Te lo posso garantire anche perché, ad esempio, sui campi da tennis, mi sento molto in forma, agile e scattante più di prima, sento meno la fatica e la prestazione è all’altezza delle aspettative. Erano anni che non mi divertivo così giocando: mi facevi fare tanta fatica con modesti risultati, ora è diverso. Mi congratulo con te, anche tu avrai le tue soddisfazioni.
S – Sì, sì! Sono proprio contento, ma promettimi di farmi sentire il tuo campanello d’allarme, nel caso in cui io vada fuori dai binari. Può accadere che, talvolta, incorra in qualche trasgressione occasionale. Di solito me ne accorgo, ma tu ricordamelo e protesta sonoramente se vedi che sto perdendo il controllo. Posso recuperare prontamente, perché ormai non mi atterrisce l’idea di saltare un pasto o di rinunciare a questo o quel cibo per qualche tempo. Sai che io non sono un fanatico su nulla, può capitare che faccia una eccezione, di quando in quando, ma posso compensare adeguatamente con una rinuncia per ripristinare la media. Conto sulla tua collaborazione, rigorosa quanto vuoi. Ormai mi sono fatta una ragione. Devo occuparmi di te fino alla fine dei nostri giorni insieme, non ho altri veicoli di ricambio o di scorta. Non lasciarmi a piedi senza preavviso.
C – Se vuoi che continui a farti un buon servizio, trattami bene come ultimamente hai cominciato a fare. Posso fare un appello? Vorrei chiederti di non trascurare mai le funzioni cerebrali. Se mantieni attivo e ben funzionante il cervello, vedrai che il resto, che sarei io, gli verrà dietro, sono pronto a seguirlo con tutti i mezzi e gli strumenti che mi sono rimasti efficienti, al loro meglio compatibilmente con l’età. La cabina di regia deve essere sempre in piena efficienza. Non ci possono essere buone attività senza buoni ordini e programmi. Mi raccomando.
S – Come ben sai, in questi ultimi 5 anni, ho fondato un BLOG dove scrivo continuamente quando, cosa e come mi pare. È la mia valvola di sfogo mentale, morale, intellettuale. Non scrivo per dire o dimostrare qualcosa a qualcuno. Semplicemente mi confesso con me stesso, in una specie di catarsi autoreferenziale. A me piace stare solo e la mia è una “vox clamans in deserto” (voce che grida nel deserto). Non cerco lettori o ascoltatori, non faccio “l’influencer” cultural-intellettuale, ho pochi e qualificati estimatori, che ringrazio per seguirmi talvolta qua e là, su specifici argomenti. Riempio così la mia solitudine parlando con il mondo senza pretendere che mi ascolti. Sai, mi sono accorto che è un’attività terapeutica, specialmente perché, come diceva Kant, è “senza speranza di premio e senza timore di pena”, così come diceva “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Ma lui è stato uno delle menti più alte dell’Illuminismo. Io, invece, mi limito ad accendere, di quando in quando, qualche piccola lampadina su svariati temi dello scibile umano. Anche questo nostro colloquio finirà li, nel BLOG.
C – Così metterai in piazza, spudoratamente, gran parte della tua personalità. Ho capito il tuo scopo: è quello di passare ai posteri la memoria di te e dei tuoi pensieri, per essere ricordato da chi non ti ha conosciuto e capito meglio da chi ti ha conosciuto. Si tratta di un vero e proprio testamento della tua personalità per coloro che si imbatteranno, per volontà o per caso, nelle tue scritture. Li dentro ci sei tutto tu e, magari in secondo piano, ci sono presente anch’io.
S – Comunque, la mia attività cerebrale, stanne certo, ha qui il suo impegno e il suo disbrigo. Fino a quando il lume della ragione rimarrà acceso, mi dedicherò a questo “divertissement”, che è una composizione letteraria di carattere frivolo e giocoso. Lo è per lo spirito con cui ad esso mi sono approcciato e mi accingo, un po’ meno per gli argomenti trattati che sono, piuttosto, seri, controversi, diatribici, divisivi, impegnativi. Su ogni cosa dico quello che penso, perché penso quello che dico. Come ho sempre fatto. E non mi aspetto di essere condiviso e, men che meno, ammirato per alcuna delle mie opinioni. Alla mia età, non ho più tempo per rinunciare ad esprimere alcunché, anche se sono ancora pronto a recepire altri pareri se, putacaso, si avvicinano alla verità più del mio. La verità è mobile e sacra. Nessuno, nemmeno io per primo, può affermare di averne possesso, perché è in eterno aggiornamento. E io, umilmente, ripeto sempre: tutti hanno diritto di avere un’opinione, ma hanno anche il dovere di averla informata. Io sono preparato a cambiare opinione su tutto. Solo i cretini sono pieni di certezze. “Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma, panta rei, tutto scorre”, come diceva Eraclito, ribadito nella chimica da Lavoisier. La vita, come tutta la “Creazione” è una metamorfosi, una trasformazione e ancora lo sei tu, dopo la morte, quando io, Spiranimente, stanco di ogni sforzo, ti abbandonerò, mia buccia, nella spazzatura dei cimiteri.
C – Che brutta fine mi tocca fare! D’altra parte è una legge naturale, quella della morte: che cosa sarei io senza di te? Se ti perdo non mi resta che sparire, povera cosa inanimata che non funziona più. Mi fa piacere pensare che per te ci sarà un altro percorso di evoluzione spiranimentale. Nell’orizzonte degli eventi, ci sarà un tempo e un luogo quando e dove, in un altro veicolo corporeo, proseguirai la tua crescita di raffinazione, salendo di livello rispetto al presente. Infatti, tu adesso, sei molto migliore di quando sei nato, nessuno lo può dire meglio di me, che ti sono stato appiccicato per tutta la nostra vita.
S – Per sommi capi, lo avevo anticipato prima. Fammi definire meglio e più approfonditamente un pensiero che mi solletica e mi intriga da un po’ nei meandri cerebrali che sono sempre in fermento creativo o meditativo. Sai che io intuisco e penso che quello che viene immaginato come inferno e paradiso nell’aldilà in realtà non sono altro che il retaggio di come e di ciò che io mi sento adesso, su questa terra, in questa vita? Se io mi sento bene ora spiranimentalmente, se sono soddisfatto del mio essere e della mia condizione, se lascio intorno a me le persone care e tutti gli altri in pace con me e con un buon ricordo, se non ho fatto del male e ho la coscienza pulita, e tutto questo mi fa stare bene nella mia pelle, io credo che mi porterò nell’aldilà questo “status” d’animo che costituirà il bagaglio di crediti che definiscono il livello di evoluzione che mi è proprio e che mi spetta. Da li posso ripartire alla prossima tornata di vita e posso tentare di raggiungere un altro livello più alto di bene che vuol dire più armonia, più equilibrio, più apertura mentale, più altruismo ed empatia che, lo sento, un po’ mi sono mancati in questa mia esistenza attuale. Insomma, paradiso e inferno hanno la propria sede nella coscienza di ogni individuo, nella consapevolezza intima e leale di avere fatto il bene ed il male che poi influenzano lo stato di benessere o di malessere a cui noi diamo quei nomi altisonanti di paradiso e inferno. Stare bene o stare male con se stessi sono il vero paradiso o inferno in questa stessa vita che stiamo vivendo: noi siamo premio o castigo a noi stessi. La mia è, ripeto, una pura ipotesi, per non dire un augurio che faccio a me stesso, in definitiva una speranza autoconsolatoria che mi aiuta ad affrontare i giorni a venire con maggiore serenità. Da qui scaturisce anche una strana curiosità per la morte e, persino, ma non ti meravigliare, una quasi sfrontata assenza di timore per essa.
C – Complimenti per il tuo filosofeggiare molto creativo e, tutto sommato, assai salvifico. Lascia fare anche a me una citazione forbita: “primum vivere, deinde filosofari” ( prima di tutto vivere, poi fare filosofia). Intendo dire che noi due dobbiamo occuparci ancora per un po’ dei fatti nostri, cioè di quello che abbiamo in comune. E ti voglio chiedere quali sono le tue aspettative e previsioni per gli anni a venire, tenendo conto che il decadimento fisico, che da un bel po’ è cominciato, diventerà ingravescente e arriverà il momento in cui dovrò ammainare la bandiera sotto gli assalti pirateschi di qualche morbo improvviso o degenerativo. Un’altra citazione: “motus in fine velocior” ( il movimento, verso la fine, diventa più veloce). Finché la trottola si ferma.
S – Non mettere già le mani avanti, ti ho appena revisionato il motore e potresti marciare ancora egregiamente per un bel po’ di chilometri. Ti prometto che ti farò procedere ad un regime di giri limitato e congruo con le tue potenzialità attuali e future. Nessuna esagerazione di velocità né sbandamenti incontrollati nell’andatura, una rotta di crociera tranquilla e conservativa: starò attento a non sprecare nessuna delle poche cartucce che mi sono rimaste, risparmiandole per gli attacchi che sicuramente arriveranno, senza preavviso e con sempre maggiore veemenza. D’ora in avanti, sarà mia premura condurre un regime di vita e di alimentazione parco, sobrio e salubre per non compromettere le tue condizioni organiche, già intaccate dal logorio e non più recuperabili. Spero che ti vada bene il mio proposito e conto di essere da te assecondato e facilitato per arrivare in porto senza affrontare tempeste.
C – Sono d’accordo con te. Ma come ti auguri che succederà, quando taglieremo il traguardo? Chi di noi due abbandonerà per primo l’altro? Da chi arriverà la resa e alzerà bandiera bianca: Io con la perdita delle integrità fisiche basilari o tu con l’assenza del controllo di gestione della navicella?
S – E chi lo sa? Non ci è dato di saperlo ancora: forse, intimamente, avvertiamo di non essere, al momento, troppo vicini alla fase finale, perciò le previsioni e le predizioni sono francamente inappropriate. Ogni giorno, di cui i nostri occhi ci daranno la luce del sole, porterà la sua pena e ci aggiorneremo cammin facendo. Teniamoci in contatto, il più stretto possibile. Ecco, l’unica cosa che un po’ mi fa paura è questa di non conoscere o non saper prevedere come sarà la fine. Ma tutto sommato, è un particolare di non decisiva rilevanza: ciò che è alle nostre spalle, la nostra storia insieme, è già un conforto ed un soddisfacente viatico per il dopo, qualunque cosa sia. E così sia.
C – Ma ho un’ultima curiosità: quale fine mi farai fare, quando mi sarò spento? Intendo: mi aspetta una cassa da morto ed un loculo, oppure pensi alla cremazione, che ultimamente è diventata, se non una moda, almeno molto più comune e frequente?
S – Bella domanda! È da un po’ che ci sto pensando, ma devo informarmi ancora e meglio e ti prometto che lo farò e ti darò una risposta. Se ci sono civiltà, come quelle Egizia, che hanno sviluppato un culto dei morti molto conservativo riguardo al corpo, pensa alla mummificazione di cui erano maestri, altre culture in diversi siti della terra, nel passato e nel presente, hanno adottato l’eliminazione dei cadaveri a mezzo del fuoco, che sembra essere per loro un elemento purificatore Tutti si rifanno a dettami teistici, fideistici, religiosi, rituali, a consuetudini e tradizioni che tengono conto anche di sicurezza ambientale e igienica. Gli Egizi addirittura lasciavano nelle tombe del cibo accanto alla mummia, nella convinzione che il corpo del defunto avrebbe potuto materialmente continuare a vivere. Molti popoli lasciavano, invece, nel sacello solo le cose più preziose che il morto aveva portato con se in vita, pensando che avrebbero gratificato il suo spirito. Io penso, e te lo confermerò, che tu, caro C, possa essere polverizzato molto semplicemente e che le tue spoglie mortali vengano ridotte in cenere e contenute in una una piccola scatola, che possa costituire un ricordo della tua, della nostra persona trapassata a miglior vita e che l’urna sia conservata nella casa di chi vorrà custodirla.
Memento, homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris ( Ricordati, uomo, ché polvere sei e in polvere ritornerai). Genesi 3,19.
Fin da piccoli ci insegnano a prenderci cura del nostro aspetto fisico: lavati i denti, fai la doccia, non sporcare gli abiti…E per quanto riguarda la sfera emotiva? Purtroppo da questo punto di vista, la nostra generazione è stata fortemente penalizzata. Nessuno di noi ha ricevuto un’educazione emotiva e tutto è stato lasciato al caso, o meglio, alla sensibilità del genitore che ci ha accudito elargendoci le più disparate cure. E’ stata la quantità e la qualità di quelle cure e dello stesso legame instaurato con il genitore a rappresentare, per noi, l’unica fonte di educazione emotiva e spesso questo non basta o è addirittura dannosa.
Durante l’infanzia la mente di un bambino è plasmabile; interpreta ed interiorizza gli eventi e in relazione al suo vissuto, inizia a percepirsi come un’essere più o meno meritevole d’amore. In altre parole, con cure adeguate e legami sicuri, il bambino si sentirà protetto e meritevole d’amore: se la condotta del genitore non è in linea con i bisogni emotivi del bambino, questo si convincerà di essere inadeguato e non imparerà ad amarsi.
In base alle informazioni che il tuo bambino/a interiore ha filtrato con il passare degli anni, oggi, tu riesci a percepirti come una vincente o una perdente. E’ il tuo inconscio a decidere se sei capace o meno di fare una cosa, è sempre lui che ti impedirà di fare un passo importante per la tua crescita, è determinante nella scelta della carriera così come nella sfera sentimentale, tutto questo perché è a livello inconscio che risiede la più ancestrale raffigurazione mentale che hai di te stessa.
Se la tua raffigurazione mentale è positiva, avrai imparato ad accettarti, volerti bene e muoverti in direzione dei tuoi reali bisogni. Se la tua raffigurazione mentale è negativa, dovrai faticare più degli altri per raggiungere determinati traguardi perché dentro di te c’è qualcosa che ti rema contro, qualcosa che senti di non meritare.
Hai già raggiunto qualche tuo obiettivo importante o almeno uno dei sogni che avevi immaginato di realizzare? Se non è successo, può darsi che hai avuto una grossa carenza emotiva e non sei riuscita a riconoscere in te stessa il valore che hai. Come da piccola le tue emozioni sono state invalidate, oggi da adulta, continui a invalidarti senza darti la giusta dimensione.
Ma qual è questa giusta dimensione e soprattutto, come fare per trovarla? Si parte dalla consapevolezza e l’accettazione, due sentieri che all’apparenza sono facili da percorrere ma che possono celare un cammino molto doloroso. L’amara consapevolezza è che a tanti di noi manca l’amor proprio, quella spinta emotiva che ci porta a valorizzarci, apprezzarci e accettarci.
Questa carenza di autostima si traduce in sensi di colpa, sensazione di inadeguatezza, insicurezza. Pensieri disfunzionali che incidono in modo negativo nei vari ambiti della vita: la realizzazione di obiettivi personali e lavorativi, la vita affettiva, relazionale e sociale.
Costruiamo muri e barriere per non avanzare, per non affrontare le nostre ferite, per non dover accettare ciò che in passato ci ha fatto soffrire, per non accettare dei fallimenti o delle ferite passate. Ci nascondiamo da tutto, anche da noi stessi. In altre parole, sei tu stessa l’artefice della tua mancata realizzazione perché non ti muovi, nella vita, in modo armonioso con i tuoi bisogni… ma certo, fino a oggi nessuno ti ha insegnato a farlo.
Tutti, grossomodo, sappiamo cos’è l’autostima ma molti di noi non sanno di non averla e non sanno quanto questo possa danneggiare la qualità della vita. La capacità di vivere conflitti senza sentirsi feriti, la capacità di attivare azioni costruttive anziché distruttive (resilienza), la capacità di affrontare il confronto con il prossimo in modo armonioso (e mai ponendosi su un piano di superiorità o inferiorità), sono indice che la vita è orientata verso un modello di benessere. Sono indice di sana autostima.
L’autostima è come la forza nelle gambe per poter camminare, nelle mani per poter afferrare, sollevare, lanciare… L’autostima è un potere necessario per poter portare a termine qualsiasi compito in linea con i tuoi bisogni primari. Senza di essa le difficoltà della vita divengono insormontabili: una collinetta diventerebbe una montagna, una piccola buca diverrebbe un burrone fino a invalidarsi l’intera vita.
Ormai sei adulta, non ha senso rimuginare sul passato, su ciò che avresti dovuto o potuto fare, su ciò che ti è stato strappato o negato durante l’infanzia. Un vissuto fatto di mancanze è doloroso ma se ti ha fatto soffrire già nel passato, c’è bisogno che tu agisca di forza senza lasciarti invalidare anche il presente. Soltanto tu puoi decidere di fare ciò che ti piace, soltanto tu hai il potere di scegliere ora chi allontanare e chi avere nella tua vita.
E quando finalmente potrai dire a te stessa “Questo è ciò che mi piace, questo è ciò che mi emoziona e mi fa stare bene, questo è ciò che davvero conta per me“, vorrà dire che stai iniziando a volerti bene.
Capirai che hai molti strumenti per prenderti cura di te e il primo consiste nell’empatizzare con te stessa, nel comprenderti e nel darti, in piena autonomia, tutto ciò che ti è stato negato in passato.
Il giorno in cui inizierai a volerti bene, inizierai a capire che puoi fare molto per te stessa, per la tua crescita e per il tuo benessere personale. Inizierai a convincerti che vale la pena investire energie per te e inizierai a scoprire modi di te ancora inesplorati. Credi di conoscerti a fondo? Sappi che quando inizierai ad amarti scoprirai cose del tuo mondo interiore che non avresti mai immaginato.
Inizierai ad apprezzare il tuo coraggio e cambierà anche il tuo modo di vederti allo specchio: inizierai ad apprezzare davvero ciò che vedi, ogni cosa di te, anche quei difetti che fino a qualche tempo prima potevano sembrarti terrificanti.
Solo a partire da quel momento diventerai consapevole del tuo reale valore. Riuscirai a guardare con maggiore chiarezza il tuo vissuto, arrivando a comprendere la natura di molte emozioni di cui prima non capivi la ragion d’essere. Inizierai finalmente a essere davvero padrona della tua vita e non schiava dei più disparati sentimenti. Tutto, nel tuo mondo interiore, avrà un significato e le emozioni diventeranno le tue migliori alleate: potranno finalmente funzionare come una bussola per indicarti la corretta via nella vita. Ti guideranno nelle scelte da compiere mettendo da parte ogni indecisione e ogni indugio. Non ci sarà più spazio per risentimenti e rimorsi perché tutto si muoverà in armonia con il tuo benessere.
Cambierà il modo in cui ti rapporti con le persone. Il giorno in cui inizierai a volerti bene non soffrirai la solitudine, avrai sconfitto la paura dell’abbandono e del rifiuto, avrai sconfitto la paura del fallimento, la paura di non essere abbastanza… ma abbastanza per chi? Quando imparerai a volerti bene capirai che tu sei già abbastanza, lo sei per te stessa e i retaggi del passato non possono mettere in dubbio il tuo valore.
Non avrai paura del confronto perché riuscirai non solo ad accettarti per ciò che sei ma anche a rispettarti. Da quel momento inizierai a fare una cernita nelle relazioni. Avrai ben chiaro il fatto che gli altri non possono riempire nessun vuoto; se ti manca qualcosa, questo qualcosa non si colma con ciò che risiede all’esterno bensì con quello che già appartiene a te. Le relazioni non colmano dei vuoti, semplicemente accompagnano, regalano affetto e creano dei momenti di autentica condivisione. Momenti di reciprocità e di crescita.
Diventerà più semplice vincere la pigrizia o l’ansia nell’affrontare le tue responsabilità. La tua forza di volontà aumenterà e con il tempo i tuoi obblighi ti peseranno sempre meno. Il giorno in cui imparerai a volerti bene, cambierà anche la tua percezione e la tua stessa idea di amore. Acquisterai la consapevolezza che amare vuol dire anche accettare i fallimenti e che voler bene a se stessi, in qualche modo, implica anche accettarsi…. rendersi conto che non serve essere perfetti.
Imparerai che non sono i singoli episodi a darti o a toglierti valore perché tu hai già un valore intrinseco che nessun fallimento potrà mai portarti via. Solo il giorno in cui riuscirai a capire tutto questo, imparerai cosa vuol dire essere davvero libera. Libera da condizionamenti e da modelli operativi interni che niente hanno a che fare con il tuo vero sé e con l’appagamento dei tuoi bisogni più autentici e profondi.
Ecco perché ti ripeto che quando imparerai a volerti bene, scoprirai nuovi aspetti della tua stessa personalità che fino a quel momento avevi ignorato! Concediti la possibilità di conoscerti e apprezzarti per ciò che sei! Per scoprire chi sei, hai solo bisogno di dimenticare chi ti hanno fatto credere di essere.
Ana Maria Sepe Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi.
Quante volte ci siamo sentiti offesi, tristi, arrabbiati dal comportamento altrui? Questo tipo di reazioni sono normali e fanno parte integrante dell’essere umano, il problema si pone quando i sentimenti negativi iniziano a prendere il sopravvento e finiscono per logorarci. In effetti, siamo così abituati a reagire d’impulso quando qualcuno ci fa un torto che finiamo per avvelenarci la giornata o a volte la vita.
In particolare è stato dimostrato che una situazione di rabbia costante porta a contratture muscolari, problemi digestivi, insonnia, emicrania ma anche ulcera o calcoli e problemi agli occhi, ad esempio congiuntiviti e fotofobia. A livello psicologico le conseguenze più gravi si hanno sul piano sociale e relazionale, dato che la rabbia è stigmatizzata dalla società come uno dei comportamenti meno accettabili e chi la prova rischia, pertanto, isolamento e depressione.
Ebbene, la rabbia è un’emozione di base e può essere molto importante e di aiuto in molteplici circostanze. Mentre in altre, questo sentimento può risultare dannoso, portando ad avere reazioni eccessive o facendo perdere il controllo dei propri comportamenti. Nelle forme più forti può trasformarsi in odio o in risentimento e può diventare anche iper-presente nella vita di una persona generando una certa tendenza e propensione a reagire in modo esagerato o eccessivo.
Se ci pensiamo bene, a farci arrabbiare non è mai l’evento in sé, ma l’interpretazione che diamo dell’evento. Chi non riesce a controllare la rabbia tende a leggere il comportamento delle persone in modo negativo e a volte esagerato, giungendo a delle conclusioni infondate che confermano i suoi peggiori timori.
Se pensiamo alla rabbia, possiamo pensare a una maschera, un oggetto che non permette di vedere cosa si nasconde dietro. Questo è quello che accade quando proviamo rabbia e non capiamo quale sia il motivo, oppure non troviamo strategie per gestirla.
Ci troviamo imbrigliati nei soliti meccanismi di pensiero e comportamento, senza riuscire a capirne il motivo, ci trasformiamo in “martiri” arrivando a credere che tutto il mondo ci odi, che la vita sia ingiusta e che nessuno là fuori riconosca il nostro valore. Per questo motivo, dietro la rabbia potrebbero nascondersi:
E’ difficile da ammettere ma è quasi sempre così: chi ti fa arrabbiare esercita un controllo delle tue emozioni. La rabbia se da un lato è una delle emozioni più diffuse, dall’altra è uno dei campanelli d’allarme che ti dovrebbe far capire che ti stanno dominando. Rifletti: chi ti fa arrabbiare è colui o colei che in qualche modo, contro la tua volontà, genera emozioni tossiche, negative.
Spesso ci arrabbiamo poiché concediamo all’altra persone di farlo, di dominarci. Trattenere la rabbia è uno dei gesti meno salutari per il corpo e la psiche, tuttavia è importante riuscire a distinguere le proprie emozioni, riuscire a comprendere da dove provengono in modo da riconoscerle e capire il proprio vero “io”. Si spendono tante energie per comprendere gli altri ma capire se stessi è la vera sfida.
Quando ci arrabbiamo tendiamo ad associare tutta quella rabbia semplicemente alla persona che ha in qualche modo “acceso la miccia”. Le emozioni sono soggette ad una sorta di “effetto domino”, se siamo nervosi, ansiosi, colmi di negatività, molto probabilmente saremo più soggetti ad exploit di rabbia. Tutto dunque dipende da noi, dalla nostra capacità di affrontare la vita con serenità.
Il problema della rabbia, soprattutto quella legata a questioni emotive, di sentimenti, è che tendiamo a percepire la nostra personalità, identificandola con la considerazione che gli altri hanno di noi (ego). In pratica ci facciamo condizionare dalle parole degli altri! Inconsciamente è come se, nel momento in cui riceviamo un’offesa, questa metta in discussione tutto ciò che siamo e dunque ci arrabbiamo. Eppure, le ferite emotive provocate dai momenti di rabbia le stiamo innescando noi in realtà. L’opinione degli altri è solo un’opinione, non rispecchia ciò che siamo.
Rabbia vs controllo. Uno dei problemi della rabbia è l’eccessivo livello di aspettative. Nel momento in cui la realtà si discosta da ciò che avevamo previsto si genera un senso di frustrazione. La mancanza di corrispondenza tra quanto previsto e ciò che è accaduto, può generare un profondo senso di rabbia. Se ad offenderci è uno sconosciuto sicuramente tale offesa non avrà lo stesso peso se fatta da una persona con la quale abbiamo una relazione affettiva. Questo succede perché non abbiamo alcuna aspettativa dall’estraneo, mentre se viene messa in discussione la nostra persona da qualcuno al quale vogliamo bene, il discorso cambia, ci sentiremo feriti.
Siamo noi che cediamo a insulti o provocazioni. È una nostra decisione. Certo è anche vero che spesso la strada che porta ad arrabbiarsi è in qualche modo spianata dall’atteggiamento provocatorio di qualcun altro ma arrendersi a questi comportamenti indisponenti non è la soluzione. Bisogna essere pienamente consapevoli, responsabili del proprio atteggiamento, del proprio modo di comportarsi.
È importante quindi prendere le distanze dal proprio ego e iniziare ad assumersi le responsabilità del proprio essere, delle proprie emozioni. In questo modo riusciremo a non restare emotivamente feriti quando ci arrabbiamo. Sappi che tu sei molto di più rispetto a ciò che pensano gli altri. È facile collegare il proprio “Io” con ciò che è percepito dall’esterno ma non è così. Ciò che appare all’esterno infatti non sempre coincide con quanto sei in realtà.
Ogni volta che lasci che una persona scateni la tua rabbia è come se stessi dicendo che “quello che questa persona pensa di me è più importante di ciò che penso io”. Ricordalo sempre…ogni volta che lasci che qualcuno ti faccia arrabbiare, stai cedendo il controllo, gli stai dando un’importanza che probabilmente non ha e, soprattutto, gli permetti di strapparti un bene prezioso: la tua stabilità emotiva.
Accettare che le emozioni sono tue e che puoi scegliere come reagire, può farti paura, perché significa prenderti una responsabilità enorme, ma, allo stesso tempo, apre un mondo di nuove possibilità perché ti invita a conoscerti meglio, a immergerti dentro di te per capire perché reagisci in un certo modo. È ovvio che assumersi tutto il peso che comporta l’essere arrabbiati è complicato, ancora di più se siamo abituati a dare importanza ai pareri esterni. È sempre più facile incolpare qualcun altro della nostra rabbia che noi stessi, ma così non arriveremo mai a connetterci con il nostro io interiore.
Se ci pensi, reagire con rabbia a qualcuno è come mettere la tua stabilità emotiva nelle sue mani. Ma affideresti il tuo equilibrio psicologico a uno sconosciuto che, tra l’altro, è scortese e antipatico? Da un punto di vista razionale la risposta è un “no” deciso. Tuttavia, dal punto di vista emotivo, è quello che fai ogni volta ti arrabbi.
Devi avere ben chiaro un concetto, ovvero che le cose non ti colpiscono a meno che non sei tu a concedere ad esse questo potere. Vale a dire, né le persone, né i fatti hanno la capacità di farti del male, perché non esiste una relazione diretta tra i fatti esterni e le tue emozioni. Se stai bene o male dal punto di vista emotivo (sereno o arrabbiato), dipende sempre da cosa e da come ti stai percependo in quel momento.
Allo stesso modo, quando qualcuno ti offende, ti giudica o pensa qualcosa di negativo su di te, semplicemente sta esercitando il suo diritto al pensiero, al giudizio, ma questo non significa che le sue parole o i suoi pensieri ti definiscano. I pensieri degli altri sono degli altri e solo se ci credi, se li acquisisci, permetterai che ti facciano del male. Di conseguenza, sei tu, attraverso il dialogo con te stesso, a provocarti sofferenza. In pratica ti offendi da solo e scegli di farlo con quello che gli altri immaginano di te.
Come non accetteremmo mai che qualcuno scelga al posto nostro gli abiti da indossare tutti i giorni, non dobbiamo permettere che qualcuno riempia il nostro armadio mentale con i suoi stereotipi, opinioni e giudizi. Spesso non ci chiediamo quale sia l’origine delle nostre paure, rabbia e nevrosi quotidiane. Se tu potessi vedere le cose con lo sguardo di un te stesso più saggio forse daresti meno peso alle cose che ti offendono. Ricorda sempre…la rabbia è la risposta di chi ha paura, non di chi vuole migliorare la situazione. Quindi, ogni volta che qualcuno cerca di sminuirti, offenderti o giudicarti impara a chiederti: che cos’è meglio per me?
Questa celebre frase è la citazione di apertura del mio primo libro e anche l’aforisma di chiusura del mio secondo manuale di psicologia. Allora, inizia ogni giorno con un sentito e profondo «mi voglio bene». Non devi pronunciarlo, ma devi sentirlo, puoi imparare a sentire l’amore che nutri per te stesso perché egli è già lì, da qualche parte.
Come avrai capito, quando riuscirai a far entrare le scienze psicologiche nella tua vita, tutto assumerà un significato diverso, riuscirai a sperimentare modalità di esistere del tutto inedite e ti sorprenderà scoprire quanti meravigliosi doni può tenderti il tuo “groviglio”.
F E M M I N I C I D I
da QUORA
Riporta Flavio T. , corrispondente di QUORA.
un autorevole appello ai Padri e a tutti i maschi contro la piaga dei femminicidi nel nostro paese..
19 nov.
Condivido questo articolo dello psichiatra psicoterapeuta, ricercatore e divulgatore Alberto Pellai, che ha dedicato la maggior parte del suo impegno all’adolescenza e alle sue fragilità, con una particolare attenzione a quella maschile:
LETTERA A NOI PADRI
La morte di Giulia ci interpella tutti, noi maschi, uomini, padri, compagni di vita. Non possiamo non sentirci addosso tutto il dolore del mondo. Giulia è anche nostra figlia. Così come il suo assassino. Sono i figli e le figlie che cresciamo nelle nostre vite, nelle nostre famiglie. Sono i figli e le figlie a cui consegniamo la vita con cui li abbiamo messi al mondo perché la rendano quel territorio in cui diventare chi davvero vogliono essere. In questo progetto educativo, devono imparare che non possono esistere parole come possesso, sopruso, sopraffazione. Lo devono sapere le nostre figlie, prima di tutto. Perché se solo un amore si contamina con queste parole allora da lì si deve fuggire. E denunciare. Lo devono però prima di tutto imparare i nostri figli. La sfida enorme con i nostri figli maschi non è solo insegnare loro a non essere violenti, cosa fondamentale, sia chiaro. La vera sfida è quella di insegnare loro ad essere “veri” con se stessi. A comprendere che costruire una storia d’amore significa esercitare tre competenze fondamentali dentro una relazione: rispetto, responsabilità ed empatia. Che vanno insegnate ancora prima della non violenza. Perché se apprendi queste tre competenze, allora la violenza non entrerà mai nella tua vita, il possesso non comparirà mai come bisogno dentro una storia d’Amore.
Cari padri, il cambiamento nella vita dei nostri figli maschi può avvenire a partire da noi. Siamo figli di padri che ci hanno amati e cresciuti, ma che quasi mai sono riusciti a dirci: “Ti voglio bene, figlio mio”. Siamo figli di padri che quasi mai sono stati capaci di vedere le nostre lacrime, anche quando era impossibile non farlo. Siamo figli di uomini che non hanno quasi mai saputo parlarci del sesso, dell’amore, del corpo che cambia, della pubertà. Eppure questi temi sono di importanza cruciale nella vita di un ragazzo.
Noi padri siamo i compagni di viaggio che stanno davanti, di fianco e dietro a un figlio che a sua volta diventerà uomo. Nel vivergli accanto possiamo mostrargli cosa vuol dire per noi uomini essere persone vere. Possiamo aiutarlo a non temere la tristezza e a trasformare la paura in coraggio. Possiamo educarlo a tenere alto lo sguardo sugli altri e sulla vita facendo del nostro sguardo uno specchio in cui lui stesso può riflettersi per cercare quell’immagine identitaria che ancora gli appare sfocata e poco definita, così come deve essere alla sua età.
Noi padri possiamo rendere la relazione con i nostri figli un’occasione di allenamento al rispetto e alla verità, un laboratorio dove si discute dell’amore e della sessualità, uno spazio di vita in cui – aiutando loro a diventare gli uomini che vogliono essere – diventiamo noi stessi uomini più completi e più veri.
Siamo noi padri gli scultori di un nuovo modo di essere maschi e uomini in questo terzo millennio, in cui i nostri figli si trovano spesso sospesi tra il falso mito del vero uomo e il bisogno profondo di diventare uomini veri.
(Tratto da “Ragazzo mio. Lettera agli uomini veri di domani” di A. Pellai, De Agostini ed.).
Con un enorme dolore, oggi, mi sento padre di Giulia e anche padre del suo assassino. Sento dentro di me tutto il dolore del mondo. E comprendo che la rivoluzione più necessaria oggi è quella che dobbiamo fare noi padri.
Se volete e potete condividete questo messaggio con un uomo.
da QUORA
**Che cosa succede quando si muore?**
Il possesso di queste informazioni ci rende dei privilegiati. Quel che è assolutamente sbalorditivo è l’uniformità che caratterizza le informazioni riguardanti ciò che accade quando si muore, nonostante esse provengano da luoghi, popoli ed epoche differenti.
Il grande scienziato Dott. Robert Crookall, Look, Feel, & Smell your best. Ph.D., ha intrapreso uno studio sistematico di molte delle fonti succitate e di centinaia di altre comunicazioni provenienti dall’Aldilà, e ha pubblicato i risultati nel libro The Supreme Adventure (L’avventura suprema) del 1961.
La sua opera è considerata **scientifica ** **nel senso che essa esamina le prove con scrupolo e obiettività, è intrinsecamente coerente e fornisce delle ipotesi conformi alla gran massa delle prove fattuali disponibili.**
Crookall si sorprese della concordanza fra le prove giunte dalle diverse parti del mondo. Le comunicazioni provenienti dai vari Paesi – dal Brasile all’Inghilterra, dal Sudafrica al Tibet, dall’Europa all’India e all’Australia – erano tutte concordanti fra loro. Si stupì anche del fatto che esse fossero identiche alle credenze dei nativi delle Isole Hawaii, isolate da tutte le altre civiltà della Terra fino alla loro “scoperta” avvenuta nel 1788 ad opera del Capitano Cook. Crookall si sorprese anche della loro concordanza con le testimonianze rese da coloro che avevano avuto un’esperienza extracorporea o un’esperienza di premorte e con le comunicazioni trasmesse dai medium di alto livello.
Crookall era un membro della Churches’ Fellowship for Psychical Study (Confraternita delle Chiese per gli Studi sul Paranormale), una confraternita fondata in Inghilterra allo scopo di consentire a coloro che avevano avuto delle esperienze personali di natura metafisica o spirituale di condividerle ed esaminarle alla luce degli insegnamenti tradizionali della Chiesa in merito all’Aldilà. La prefazione del suo libro fu scritta da un ex Presidente della Corte Suprema di Giustizia della Gran Bretagna, il quale concluse che:
Il suo utilizzo si addice a chiunque, su questa Terra, sia stato ordinato Ministro di culto.
Testimonianze oculari di eccezionale importanza trasmesse dall’Aldilà
Messaggi di eccezionale importanza trasmessi nel corso degli ultimi decenni dalle Intelligenze Superiori agli esseri umani dei diversi Paesi della Terra ci informano RIPETUTAMENTE del fatto che (in parole povere):
• **Tutti gli esseri umani sopravvivono alla morte fisica, a prescindere dalle loro convinzioni.**
• Al momento della morte portiamo con noi la nostra mente insieme a tutte le esperienze che abbiamo vissuto, il nostro carattere e il nostro corpo eterico (lo spirito) – che è un duplicato del corpo terreno. Esso fuoriesce dal corpo fisico al momento della morte ed è collegato ad esso per mezzo di un filo argentato. Quando questo filo argentato viene reciso dal corpo fisico allora si verifica la morte. Silver Birch, un’Intelligenza molto evoluta dell’Aldilà che ha trasmesso più di nove libri, ci mette al corrente del fatto che nell’Aldilà il corpo eterico e ciò che ci circonda saranno solidi proprio come ci sembra il mondo adesso.
• Lo stato mentale che si ha al momento della morte è di importanza cruciale. Alcuni muoiono coscientemente e hanno piena consapevolezza delle persone amate che li accolgono all’arrivo; altri si trovano in stato di incoscienza e vengono portati in un posto speciale dell’aspetto di un ospedale o di una casa di cura. Chi è morto a seguito di una lunga malattia avrà bisogno di tempo per ricostruire la propria immagine mentale.
• ATTENZIONE: Alcune droghe allucinogene hanno il potere di far fuoriuscire il corpo eterico da quello fisico. Visti dalle entità dell’Aldilà, i tossicodipendenti “… hanno un aspetto patetico, quasi come se non avessero un’anima … il loro sguardo è perso nel vuoto. Quando i tossicodipendenti escono dal corpo, altre entità inferiori provano ad entrarvi – in quel caso si verifica la possessione.”
• Non esiste un paradiso che si trova “nel cielo” o un inferno che si trova “sottoterra”: l’Aldilà è collocato nel piano terrestre – è costituito da diverse sfere sovrapposte l’una all’altra – dalle vibrazioni più elevate a quelle più basse.
• È altamente probabile che coloro che hanno una concezione immutabile e dogmatica di ciò che ci si deve attendere immediatamente dopo la morte incontreranno seri problemi.
• Gli atei e gli agnostici potrebbero non avere alcuna difficoltà nel passare alle sfere superiori – quello che conta è ciò che si è fatto nel corso della propria vita e il motivo per cui lo si è fatto, non quello in cui si è creduto.
• **L’amore, quello incondizionato, è la forza più potente che esista nell’universo.**
• L’amore incondizionato è il legame inscindibile con i nostri cari che si trovano nell’Aldilà.
• La gente corretta viene accolta dai propri cari – le anime gemelle si ricongiungono. Le Intelligenze Superiori ci informano del fatto che nell’Aldilà il nostro aspetto fisico può ritornare quello dell’età migliore – per la maggior parte delle persone quello che si ha tra i 20 e i 25 anni.
• Le persone amate che si trovano nell’Aldilà, sia quelle arrivate di recente sia le altre, hanno la facoltà di visitare coloro che vivono sulla terra.
• Alle persone amate arrivate di recente, normalmente entro i tre mesi dal trapasso viene data la possibilità di trasmettere messaggi visivi – per mezzo di sogni, apparizioni o in altro modo – per attestare che sono ancora vivi.
•** I****l ****genere di vita che ci attende nell’Aldilà – bellezza, pace, luce e amore – è inimmaginabile.**
• Nell’Aldilà si possono sempre apprendere lezioni di carattere spirituale per progredire verso sfere superiori e perfino più belle.
• Una volta entrati nell’Aldilà, si prova una sensazione di enorme luminosità.
• Qualunque inabilità fisica si sia avuta sulla Terra sparirà – non ci saranno più malformazioni, malattie, cecità e ogni altra avversità che abbia caratterizzato la vita terrena.
• Nell’Aldilà la mente ha un potere enorme. Può creare la materia e può far viaggiare il corpo alla velocità del pensiero. È sufficiente immaginare un qualunque luogo del mondo e ci si trova là istantaneamente.
• Chi è considerevolmente incline al male viene attratto nelle sfere inferiori più oscure, ritrovandosi da solo o in compagnia di coloro che possiedono le sue stesse bassissime frequenze vibratorie e il suo stesso bassissimo livello di spiritualità.
• Per alcuni la transizione dalla Terra all’Aldilà è migliore che per altri – maggiore è la conoscenza che si possiede dell’Aldilà e più agevole è la transizione.
• Alcuni rimangono bloccati “fra i due mondi”. Si tratta di coloro che, sentendosi ancora solidi, non riescono ad accettare l’idea di essere morti. Molti provano uno stato di confusione mentale e possono perdersi per decenni o anche più.
• Chi sulla Terra era profondamente incline a vizi e forme di dipendenza – fumo, alcol, gioco d’azzardo, stupefacenti, un eccessivo attaccamento al sesso – può rimanere bloccato sul piano astrale e ritrovarsi nell’impossibilità di progredire finché non riesca a rinunciare a tali forme di dipendenza.
• L’energia – positiva o negativa che sia – è come un “boomerang”. Se si trasmette a qualcuno dell’energia positiva, prima o poi questa tornerà indietro. Allo stesso modo, se con la disonestà, l’imbroglio, la menzogna, la molestia, la calunnia o l’offesa si trasmette dell’energia negativa, anche questa, inevitabilmente tornerà al mittente.
• “Si raccoglie ciò che si semina” è la ben nota legge spirituale universale. Il termine karma significa non potrai farla franca. Tutti gli atti negativi commessi nei confronti del prossimo devono essere sperimentati in prima persona per favorire una “continua evoluzione spirituale”.
• Ogni pensiero, ogni parola e ogni azione vengono registrati … e se ne dovrà rispondere …
• Nelle sfere superiori si ha la possibilità di ricordare e rivedere in modo tridimensionale ogni evento e ogni periodo della propria esistenza.
• L’abuso di potere e l’offesa arrecata sistematicamente al prossimo sono due delle azioni più karmiche. Un karma terribile attende chi, pur avendo il compito di proteggere la società, abusa volontariamente del proprio potere, trasgredisce deliberatamente e arreca danno e pregiudizio al prossimo.
• NON ci si potrà giustificare per il proprio comportamento malvagio sostenendo che si stavano eseguendo degli ordini.
• La crudeltà – sia essa fisica o psicologica – nei confronti degli uomini o degli animali è altamente karmica e non viene mai giustificata.
• È certo che chi abusa degli altri o li danneggia in maniera considerevole, nell’Aldilà si troverà faccia a faccia con le proprie vittime per espiare il male commesso.
•** L’inferno che dura per l’eternità e la dannazione eterna NON esistono** – essi sono stati inventati dall’uomo per manipolare la coscienza e il pensiero della gente inconsapevole. Sebbene nell’Aldilà CI SIANO delle sfere inferiori particolarmente oscure, sgradevoli e perfino terrificanti – al punto che qualcuno le chiama “inferno” – NON ci si finisce per l’eternità. La Legge universale dell’Evoluzione assicura che prima o poi coloro che possiedono vibrazioni inferiori riusciranno a sviluppare vibrazioni più elevate e raggiungeranno le sfere superiori, anche se ciò dovesse richiedere secoli o addirittura millenni.
• Non si è giudicati da nessuno né si è condannati da qualcuno a rimanere nelle sfere inferiori (l'”inferno”). Ci si condanna da sé, acquisendo durante la vita terrena delle basse vibrazioni (un basso livello di spiritualità).
• La conversione in punto di morte? Gli spiriti superiori ci hanno ripetutamente informato del fatto che immediatamente dopo la morte le nostre vibrazioni non cambiano – nemmeno se ci si pente poco prima di morire. Ci portiamo dietro quel livello vibrazionale (spiritualità) che abbiamo guadagnato o perduto nel corso dell’intera vita terrena. Il Battesimo e il pentimento sono assolutamente inutili se la loro finalità è quella di ottenere “un trattamento migliore” subito dopo la morte.
• Se si è aiutata anche una sola persona ad acquisire la vera conoscenza, si sarà giustificata la propria esistenza sulla terra – Silver Birch.
• Impedire al prossimo di avere accesso alla vera conoscenza è un’azione altamente karmica.
• Nessuno, né sulla terra né altrove, può farci del male spiritualmente.
• Gli esseri umani non nascono tutti con lo stesso livello di evoluzione spirituale.
• L’egoismo è una delle maggiori trasgressioni che si possano commettere contro la spiritualità ed è un atteggiamento altamente karmico.
• **Non tutti hanno la necessità di “reincarnarsi”.**
• Non si viene a questo mondo per fare una gita di piacere – la vita non è mai senza dolore, senza sofferenza e senza problemi. Quanto più la propria esperienza è variegata, tanto più si apprende dai propri errori, e tanto maggiore è il valore della propria vita.
• Tanta gente viene ingannata, diffamata, perseguitata ingiustamente … ma ci sarà una giustizia … forse non in questo mondo, ma certamente in quello che verrà.
• Le leggi universali operano, che se ne sia consapevoli o meno.
• Ogni qual volta ci sia un’incongruenza tra la scienza e ciò in cui si crede – sia esso la religione, la tradizione o lo scetticismo – la scienza prevale inevitabilmente.
• Essere religiosi non significa necessariamente essere spirituali.
• Non partecipare ai rituali religiosi, come, ad esempio, i battesimi, le confessioni, e non credere ai dogmi NON impedisce a nessuno di conseguire degli alti livelli di spiritualità o di accedere alle sfere più elevate dell’Aldilà.
• Nell’Aldilà la comunicazione avviene per mezzo della telepatia.
• La comunicazione tra il piano terrestre e l’Aldilà può avvenire (e avviene) per mezzo della telepatia.
• Esistono potenziali pericoli nel comunicare con le entità dell’Aldilà.
• Coloro che vivono nell’Aldilà hanno la capacità di leggere la nostra mente e di suscitare in noi pensieri e idee. Le entità inferiori e maligne possono suscitare in noi pensieri e idee di carattere negativo, mentre le entità positive e più elevate ci assistono mediante pensieri e idee di carattere positivo. Molto è, tuttavia, rimesso all’esercizio del libero arbitrio.
• Abbiamo la possibilità di rivolgerci ai potenti protettori dell’Aldilà affinché ci aiutino ad affrontare i problemi quotidiani, ma non sono loro a prendere le decisioni per noi.
• I materialisti si preoccupano tantissimo dei loro ultimi dieci o venti anni sulla Terra, ma non utilizzano nemmeno una frazione minima del tempo a loro disposizione per pensare a quel che succederà loro nei prossimi dieci, venti, cinquantamila anni… e molto più.
• Quel che succede a una persona che commette un suicidio dipende da un numero di fattori. La motivazione è sempre molto importante. Ad esempio, esiste una grossa differenza tra chi commette suicidio a causa di una morte inevitabile e chi lo commette per evitare delle responsabilità. Coloro che si tolgono la vita per l’incapacità di affrontare dei problemi, nell’Aldilà accresceranno i loro problemi e le loro responsabilità.
• Nell’Aldilà esistono sfere di diverso livello – da quelle a vibrazioni più basse a quelle a vibrazioni più elevate. Al momento della morte fisica ci rechiamo nella sfera che meglio si adatta alle vibrazioni che abbiamo accumulato nel corso della nostra vita sulla Terra. Detto in maniera semplicistica, la gente più coscienziosa va nella “terza” sfera – quella che alcuni chiamano la terra dell’estate perenne. Quanto più le vibrazioni sono elevate, tanto migliori saranno le condizioni di cui si godrà. Ci è stato detto che le sfere più elevate sono talmente belle che è perfino impossibile immaginarle. Per coloro che, invece, hanno accumulato delle vibrazioni particolarmente basse esistono problemi molto seri.
•** In base alla Legge del Progresso, alla fine, anche se ci vorrà molto tempo, tutti accederanno alle sfere più elevate.**
• Nell’Aldilà i simili si attraggono fra loro. A differenza del piano terrestre, coloro che sono dotati di vibrazioni inferiori non possono mescolarsi liberamente a coloro che si trovano nelle sfere più elevate.
• Esiste realmente una guerra tra le Forze della Luce e le Forze delle Tenebre. Coloro che disseminano in continuazione l’oscurità – l’ignoranza, la propaganda falsa e dannosa, l’odio, la persecuzione del prossimo, l’abuso di potere, la menzogna, l’inganno, il dominio e lo sfruttamento del prossimo e altre forme di energia negativa – attraggono ed è probabile che entrino a far parte delle Forze delle Tenebre. Coloro che, invece, si impegnano a diffondere una maggiore comprensione, la conoscenza, la pace, l’amore, la luce, l’armonia e altre forme di energia positiva, attrarranno e diverranno parte delle Forze della Luce.
• La responsabilità è personale – in ultima istanza, ciascuno è responsabile delle azioni e delle omissioni commesse nel corso della propria esistenza terrena.
COSE NEGATIVE PER LA NOSTRA SALUTE MENTALE
MANCANZA DI MOVIMENTO: sì, proprio il movimento fisico. Se trascuri di muoverti a sufficienza, impigrendoti sempre di più, cadrai in uno stato di abulia e di inefficienza accidiosa che finisce per diventare il tuo standard di vita. Evitalo accuratamente.
INCAPACITA’ DI RICONOSCERE I TUOI BISOGNI: se non capisci cosa ti dà energia e cosa te la toglie, tutti i pensieri e le azioni della tua vita saranno fuori dal tuo controllo. La vita è tua e la devi gestire tu. Tieniti informato e stai accorto.
ABUSO DEI “SOCIAL”: questi ti creano dipendenza, distorcono la realtà, ti formano dei canoni morali, estetici e comportamentali fasulli e artefatti. Confrontali con la realtà e capirai.
NON CONOSCENZA E REPRESSIONE DELLE TUE EMOZIONI: sii consapevole dei tuoi sentimenti e degli impulsi emotivi del tuo animo, perché la forza mentale ed emozionale sono alla base di ogni successo umano.
INCAPACITA’ DI NON FREQUENTARE PERSONE TOSSICHE: se non sei in grado di riconoscerle ed evitarle, a lungo andare, ti danneggeranno profondamente. Loro sono quello che sono e vogliono avvicinarti. Dipende da te tenerle lontane.
DIPENDENZA DAL PERFEZIONISMO: questo è la tendenza negativa della mente a raggiungere, a tutti i costi, certi standard. Esso ti porta a vivere in continuo stato di attivazione dei glucocorticoidi, cioè degli ormoni dello stress, che ti avvelenano costantemente.
IL SENTIRSI IN COLPA: è uno stato d’animo che ti rovina la vita. Passare il tempo a rimuginare sul passato è una pessima abitudine per la tua salute mentale. Quello che è stato è stato: non potevi fare di meglio. Perdonati e cerca di imparare per la prossima volta.
PROIEZIONE NEGATIVA NEL FUTURO: struggerti per quello che potrebbe accadere di negativo, in seguito ad una scelta, tua o di altri. Se lo fai in maniera ricorrente, quasi ossessiva, non farai che limitare ogni tua azione in funzionalità e riuscita.
ASSENZA DI INTEGRITA’: nel pensare, nel dire, nel fare cerca di essere e mantenerti coerente. In caso contrario, il primo a sentirne il peso sarai tu e la tua autostima peggiorerà. La menzogna e l’ipocrisia sono tossiche, anche e soprattutto per chi le mette in opera.
LA FORMULA DI SOCRATE
di Cristina Dell’acqua.
Fate meditazione? Pensate che sia importante conoscere se stessi? (parliamo spesso di consapevolezza). Dubitate, senza per questo scivolare nel complottismo? Forse non lo sapete, ma siete potenziali discepoli di Socrate. Proprio lui, il filosofo greco.
Per usare un lessico moderno dovremmo dire che era un rompipalle (gli Ateniesi lo definivano un “tafano”), uno che insinua il dubbio, manda al macero le certezze. Un tipo provocatorio. Gentile, ma ribelle. Però più contemporaneo di altri, vicino al nostro presente.
Non ha lasciato niente di scritto. Tutto quello che sappiamo ce lo racconta Platone nei Dialoghi, dall’arte del dubbio alla cura, dall’amore alla condanna a morte con l’accusa di non credere negli Dei tradizionali e di corrompere i giovani. E se fosse arrivato il momento di riscoprirlo?
È l’idea di Cristina Dell’Acqua, appassionata di sperimentazione didattica, che insegna latino e greco al Collegio San Carlo di Milano, con La formula di Socrate, un saggio moderno senza esagerare ( le avevano suggerito di mettere in copertina Socrate con un cellulare e ha detto di no) che rivaluta la “tafanitudine” del filosofo e invita a tirar fuori il meglio di sé.
E allora proviamo a portare la formula di Socrate ai giorni nostri.
Il mondo è cambiato, la provocazione è lo sport nazionale: ne abbiamo ancora bisogno?
Sì, ma come la intendeva il filosofo. La provocazione oggi, non è dubbio, ma urlo, arroganza, egoismo. È marketing. È far parlare di sé, conquistare l’attenzione. Il metodo Socrate è l’opposto: ha la pacatezza delle opinioni, la forza dello spirito critico, senza il punto di vista del partito preso.
Facciamo un esempio?
L’intelligenza artificiale: chi la ama, chi la odia, chi ne ha semplicemente paura senza conoscerla. Piuttosto che scegliere l’opinione di un altro, ragionare, farsene una propria. Non demonizzare i vari Chatbot, ma dar loro valore nella maniera giusta. Non si tratta di saper fare e basta, ma di saper pensare. Uno che ti obbliga a riflettere è fastidioso, ma ti fa crescere, fiorire. Lo dico soprattutto per i ragazzi.
Oggi molti preferiscono diventare influencer per avere seguaci, successo, fama. Come si fa?
Capisco l’idea di appartenenza che rafforza gusto e passioni, ma ecco il “tafano” socratico. TiKTok, Istagram, i social media in genere ti fanno credere di essere sapiente, invece non è così. L’obiettivo dovrebbe essere diventare influencer di se stessi, soggetto e non oggetto, non preda delle mode altrui, non cortigiani, ma prìncipi. Dovremmo avere il coraggio di essere tutti un po’ più fastidiosi, un po’ più “tafani”.
Cerchiamo di essere accomodanti, ma in realtà è il dubbio – e chi invita a esercitarlo – a farti crescere. Dovremmo tirare fuori il filosofo che è dentro di noi. Socrate deve questa immagine alla madre, che faceva la levatrice
N.d.R.: la Maieutica era l’arte della levatrice: come la madre estraeva il parto dal ventre della gestante, così Socrate estraeva le idee dalla mente del giovane interlocutore che questi già aveva in sé, ma che non erano mai state espresse e manifestate, neanche a lui stesso.
Va bene, abbiamo cominciato a dubitare. E dopo?
Invece che verso l’esterno, dobbiamo proiettarci verso l’interno. Il boom di pratiche come mindfulness (consapevolezza) e meditazione ci dicono che ne abbiamo bisogno, che è la via giusta. “Conosci te stesso” era la frase scritta sul frontone del tempio di Apollo a Delfi. Sapere chi siamo, e soprattutto chi non siamo, è la formula dell’equilibrio di ogni esistenza. Altrimenti finiremo per vivere la vita di qualcun altro.
da QUORA
Maat (“Giustizia”) era l’antico concetto egizio dell’equilibrio, dell’ordine, dell’armonia, della verità, della legge e regola, della moralità e della giustizia. Era inoltre personificata come una dea antropomorfa, con una piuma in capo, responsabile della disposizione naturale delle costellazioni, delle stagioni, delle azioni umane così come di quelle delle divinità, nonché propagatrice dell’ordine cosmico contro il caos. La sua antitesi teologica era Isfet.
Mandata nel mondo da suo padre, il dio-sole Ra, perché allontanasse per sempre il caos, Maat aveva anche un ruolo primario nella pesatura delle anime (o pesatura del cuore) che avveniva nel Duat, l’oltretomba egizio: la sua piuma era la misura che determinava se l’anima (che si credeva residente nel cuore) del defunto avrebbe raggiunto l’aldilà o meno.
Le leggi di Maat.
1) Non uccidere e non permettere che nessuno lo faccia.
2) Non tradire la persona che ami o il tuo coniuge.
3) Non vivere nella collera.
4) Non spargere terrore nelle persone.
5) Non assalire e non provocare dolore al prossimo.
6) Non sfruttare il prossimo e non praticare la schiavitù.
7) Non fare danni che possano provocare dolore all’uomo o agli animali.
8) Non causare spargimento di lacrime.
9) Rispetta il prossimo.
10) Non rubare ciò che non ti appartiene.
11) Non mangiare più cibo di quanto te ne spetti.
12) Non danneggiare la Natura.
13) Non privare nessuno di quello che ama.
14) Non dire falsa testimonianza.
15) Non mentire per far del male ad altri.
16) Non imporre le tue idee agli altri.
17) Non agire per fare del male agli altri.
18) Non parlare dei fatti altrui.
19) Non ascoltare di nascosto fatti altrui.
20) Non ignorare la Verità e la Giustizia.
21) Non giudicare male gli altri senza conoscerli.
22) Rispetta tutti i luoghi sacri.
23) Rispetta e aiuta chi soffre.
24) Non arrabbiarti senza valide ragioni.
25) Non ostacolare mai il flusso dell’acqua.
26) Non sprecare l’acqua per i tuoi bisogni.
27) Non inquinare la terra.
28) Non nominare il nome dei Neteru invano.
29) Non disprezzare le credenze altrui.
30) Non approfittare della fede altrui per fare del male.
31) Non pregare né troppo né troppo poco gli Dei.
32) Non approfittare dei beni del vicino.
33) Rispetta i defunti.
34) Rispetta i giorni sacri anche se non credi.
35) Non rubare le offerte fatte agli Dei utilizzandole per te stesso.
36) Non disprezzare i riti sacri anche se non ti aggradano.
37) Non uccidere gli animali senza una ragione seria.
38) Non agire con insolenza.
39) Non agire con arroganza.
40) Non vantarti del tuo benessere di fronte ad altri.
41) Rispetta questi principi.
42) Rispetta la legge se non contrasta con questi principi
S T R E S S
Ho deciso di non stressarmi per NULLA. LO STRESS E’ UN ASSASSINO SILENZIOSO.
Ieri è passato. Rimuginarci sopra non lo farà mai riaccadere. Allora perché preoccuparsi? Il futuro non è stato MAI promesso. Quindi perché preoccuparsi di cosa potrebbe o non potrebbe accadere domani? Vivete il momento. Siate felici. Rendete gli altri felici.
Tutti noi pensiamo di essere invincibili, che ogni giorno ci sveglieremo e che ogni cosa continuerà come al solito. Lavoro, pagare le tasse. Litigare. Ridere. Giocare.
Questo non è assolutamente vero. Quindi, prendetevi cura di voi stessi. Gli uni degli altri, dei vostri cari, degli amici, della famiglia. Non andate a letto arrabbiati. Potreste non svegliarvi più! Fate la pace con tutti. Perdonate e dimenticate!
Ricordate che la vita non è solo lavoro e pagare le tasse!
Divertitevi. Fate ciò che vi rende felici. D’altronde, quando siete felici, siete in grado di trasmettere la vostra felicità anche agli altri!
Che Dio vi benedica!
da QUORA
A D O N O R D E L V E R O
Nell’Italia medievale del XIII secolo, il numero di credenti cristiani era elevatissimo, praticamente un plebiscito religioso.
In realtà, una parte di questi, si limitava a professarsi fervente credente ma in realtà non lo era.
Una curiosa vicenda evidenzia propria questo assunto, che vide protagonista il vescovo di Parma, Gregorio Romano.
Secondo il racconto del frate Salimbene de Adam, Romano trascorse tutta la sua vita lavorando per la Chiesa e professando con passione la parola di Cristo.
Ma giunto in punto di morte rifiutò l’ostia consacrata, dichiarando di non aver mai creduto in Dio.
Quando i presenti gli chiesero sbalorditi perché mai avesse fatto il vescovo, rispose candidamente: “Soltanto per le ricchezze e per gli onori”.
N.d.R. : Riporto il seguente commento di un corrispondente di QUORA , Paolo Pelizzon, che scrive:
“Boh, colui che spreca la sua vita nel fanatismo religioso, fra deliri, vessazioni, ottusitá, esaltazioni psicopatologiche, goduria nel poter manipolare le ingenue zitelle che vanno a . . . confessarsi, che si ritiene membro di una associazione delinquenziale chiamata Chiesa, che ha commesso stragi in America Latina, roghi inquisitori in Europa bruciando vivi coloro che dicevano che la Terra gira attorno al Sole, che ha squartato vivi i dissidenti, che proclama che se racconti al prete di turno le tue voglie andrai tu in paradiso, mentre lui . . . con gli amichetti seminaristi . . . direi proprio che quest’uomo importante non lo é proprio e che la sua opinione non conta assolutamente nulla.
Il Padre Universale Inconoscibile ed Incomprensibile non centra nulla con i lestofanti.”
N.d.R. : Riporto anche l’intervento di un altro corrispondente di QUORA, Paolo Peverelli, che scrive sul tema: HA SENSO CREDERE IN DIO E NON NELLA CHIESA?
Dal mio umile punto di vista di uomo della strada, osservo:
Gesù detto il Cristo (che vuol dire Messia, in ebraico, o unto, scelto da Dio) faceva e predicava alcune cose.
La cosiddetta Chiesa Cristiana (nelle sue varie denominazioni Cattolica, Ortodossa, Evangelica), che DICE di ispirarsi a lui fa cose diverse e spesso contrarie.
Gesù prediligeva i poveri, gli sfigati, gli umili: pescatori, contadini, prostitute, ciechi e storpi che vedeva in mezzo alla strada a chiedere elemosina. NON ha mai chiesto denaro, dicesi MAI, per quello che faceva e diceva.
Come esempi delle sue illustrazioni (o parabole) usava spesso le persone più disprezzate e derelitte. Tipica l’illustrazione del Samaritano, che fa la miglior figura in confronto a un “prete” (un sacerdote), ad un “sacrestano” (un levita) e ad un normale cittadino ebreo rispettato. Solo che i Samaritani erano tanto disprezzati che gli ebrei seri nemmeno rivolgevano loro la parola…. peggio degli zingari o degli stranieri accattoni di oggi, che almeno ci si parla anche solo per dire “no grazie, non ti do nulla”.
NON SI È MAI INTERESSATO DI QUESTIONI POLITICHE, e, fosse solo per questo, lo odiavano tutti. Di sicuro non suggeriva a chi dare il proprio sostegno (oggi diremmo il voto).
Non aveva dove posare la testa, QUINDI NON ERA RICCO né di famiglia né di suo. Quando morì, l’unica cosa “sua” di valore erano i vestiti che aveva addosso, regalatigli da qualcuno. Lo seppellirono nella tomba di un altro.
Era cordialmente odiato e disprezzato da chi aveva potere e denaro, ai suoi tempi.
Ora, guardate le Chiese Cristiane, e ditemi se vedete la stessa cosa.
Decidete voi se sono degne di fiducia in quanto “imitatrici” di Cristo.
N.d.R. : ancora un parere da QUORA, di Andrea Lenzi, su questo tema.
Esiste una categoria numerosissima che è composta dai “Credenti fai da te”.
Contaminati indelebilmente dalla propaganda cattolica fin dalla culla, sono incapaci di allontanarsene, però, una volta che comprendono le sciocchezze scritte nella Bibbia e con i propri occhi assistono al male che Dio avrebbe potuto impedire, si creano una personale divinità tutta amore e compassione che pregano quando hanno paura.
Ciò vale tanto più quanto più viene fuori l’inciviltà della Bibbia, con la sua intolleranza verso gay, donne e non credenti ed il continuo ricatto divino:
Vi amo tutti ma solamente se mi riconoscerete come unico Dio e vi comporterete come dico io; altrimenti non avrete che la dannazione eterna.
Inoltre, da un punto di vista logico:
se Dio esiste ed è onnipotente, allora è responsabile di avere creato questo mondo, tra tutti quelli possibili, dove ogni forma di vita muore di fame se non uccide altre forme di vita e le mangia.
In sintesi, ha creato il bisogno di mangiare e la relativa lotta per la sopravvivenza, alla base di ogni conflitto umano ed animale.
Oltre a ciò, ha creato virus e batteri, giusto per parlare di attualità, oltre a terremoti e vulcani.
Quindi esistono solamente 2 possibilità:
-Dio onnipotente e creatore o esiste ed è disinteressato alle forme di vita o è sadico.
-non esiste alcun Dio onnipotente e creatore.
N.d.R. : Dario Perna, altro corrispondente di QUORA, risponde alla domanda: “Perché avete smesso di credere nella Chiesa Cattolica?”
Perché sono stato (ormai ex) un francescano secolare.
Ho studiato per anni in convento, ma più approfondivo la Bibbia, più aumentava il numero dei brani contraddittori e delle domande di logica alle quali i vari prof di teologia o i vari confessori non riuscivano a rispondere.
Tutto questo unito ai retroscena di un ordine religioso che predica bene, ma al cui interno si chiede una quota mensile di adesione e i cui fondi delle donazioni vengono spesi per tutto tranne che per la carità, mi ha portato ad abbandonare tutto quel mondo.
N.d.R. : ancora da QUORA; Paolo Lo Re risponde alla domanda:” È più facile credere in Dio se hai una vita serena e non hai particolari disagi?”
No, credo sia più facile credere in Dio se hai una vita disagiata e piena di problemi.
E’ bello e confortante, trovandosi in una situazione così, pensare a un immaginario “regno dei cieli” in cui si starà meglio.
Ed è anche comodo per chi ha il potere politico ed economico che quelli che vivono in condizioni disagiate pensino al regno dei cieli e si accontentino così, invece di agire per sovvertire il potere politico ed economico.
In questo senso la religione può essere usata, ed è stata usata, per fermare sul nascere le rivendicazioni sociali e placare la sete di giustizia sociale delle masse oppresse con la gratuita promessa di un aldilà felice.
Disse giustamente uno famoso (Karl Marx) che in questo senso la religione è una droga che addormenta le menti. E’ oppio per i popoli…
Prediligi chi cerca
la verità, ma diffida
di chi la trova.
Voltaire (Francois-Marie Arouet)
G I O R D A N O B R U N O
“Verrà un giorno che l’uomo
si sveglierà dal suo oblio e
finalmente comprenderà chi è
veramente e a chi ha ceduto
le redini della sua esistenza:
a una mente fallace, menzognera
che lo rende e lo tiene schiavo.”
Queste parole si possono considerare il compendio del pensiero filosofico, sociale e morale di Giordano Bruno (Nola 1548 – Roma 1600) filosofo, scrittore e frate domenicano.
Lui, uomo di Chiesa, scriveva questo indicando proprio nella Chiesa la “mente fallace, menzognera”.
Per le sue teorie filosofiche, giudicate eretiche ed essendosi rifiutato di rinnegare i propri principi e le convinzioni maturate nella sua esperienza di vita clericale, dal Tribunale dell’Inquisizione fu condannato al rogo e arso vivo a Roma, in Piazza di Campo dei Fiori, il 17 Febbraio 1600.